mercoledì 23 maggio 2012

La vita è un viaggio o i viaggi aiutano a vivere? (Marzulliamoci)


Sono una sempre a metà.
Sto in un posto ma so che potrei stare anche altrimenti. Mi tengo un'alternativa.
Sentirsi a casa in due posti diversi è un po' come non sentirsi a casa mai del tutto. Avere sempre un altrove.
Il mio viaggio è sempre un po' fuga e un po' ritorno, in qualunque direzione viaggi il mio treno, da nord a sud a nord della linea litoranea tirrenica.

Partire mi piace e non mi piace. Ne ho bisogno e ne ho orrore.
Del viaggio non mi piace: il mio nervosismo del pre-partenza, l'ansia immotivata, che non riesci a tenere a bada, il dover programmare, il dover rispettare i tempi.
Il fatto che finisco sempre per prendermela con le persone che ho intorno, la fretta inconcludente, la sensazione di dimenticare sempre qualcosa. L'accorgermi sempre troppo tardi di cosa ho dimenticato.
Non mi piace quando perdo il treno. Non mi piace la malinconia di quando lasci qualcuno caro anche se sai che lo rivedrai a breve, quando ti dici che avresti pure potuto salutarlo un po' più affettuosamente, invece di essere occupata ad essere impaziente e ansiosa, e nervosa.
Non mi piace dover partire col cibo appresso. Non mi piace dovermi incaricare di commissioni altrui, oberarmi di pacchi di dolci e bistecche crude sanguinolente da portare a spasso per l'Italia, come se fossimo in tempi di carestia, come se fossimo profughi rifugiati.
Non mi piace congedarmi con una frase aspra e insofferente, arrabbiarmi per una bistecca in più, un sorriso riparatore tardivo e forzato sempre insufficiente a farmi partire serena.
Non mi piace la sensazione di lasciar qualcosa in sospeso, a metà, di perdere il filo.

Del viaggio mi piace: mi piace partire leggera, riuscire a ridurre all'essenziale, scremare, alleggerirsi anche l'anima per via di togliere.
Non mi piace accorgermi di quanta fatica mi costi riuscire a staccarmi da alcuni oggetti, anche per pochi giorni. Il portatile, la reflex, appendici come zavorre che mi incatenano alla mia nicchia di esistenza.
Mi piace riuscire a fare a meno.

Mi piacciono le stazioni, tutte, ma soprattutto quelle che sanno ancora un po' di passato, non ancora stravolte da megaschermi pubblicitari a ogni binario e boutiques in franchising, fast-food come se piovesse, sempre affollatissimi e librerie mega-store. Non mi piace la Stazione Termini. Mi piace la stazione di Pisa Centrale.
Non mi piacciono gli aeroporti, perché sono troppo grandi e mi perdo sempre.
Mi piace, delle stazioni del treno,  l'idea che sono sempre ferme e che tutti ci passano per andare via o arrivare, e i treni partono e arrivano, e sono come porte per altri mondi, per altre dimensioni: sono la potenzialità dell'altrove. E ogni giorni ci passano un sacco di persone, e il giorno dopo chissà dove saranno andate a finire. Anche negli aeroporti, è chiaro, ma in treno le senti più vicine, e magari addentano un panino sulla panchina accanto a te sulla banchina. E poi i treni hanno percorsi già definiti, sempre quelli, e non possono andare dove gli pare, seguono i binari della ferrovia ed è bello sapere che quel percorso è stato già tracciato, apposta per te, da qualcun altro, e qualcuno l'ha fissato al suolo con l'acciaio ed è sempre quello, non puoi sbagliare, a meno che non sali sul treno sbagliato.
Mi piace il treno, come mezzo di trasporto "pubblico", ancora, malgrado le tariffe sempre più care, il mezzo di trasporto del popolo.
Mi piace quando viaggio con gruppi di studenti pendolari, mi piace sentirli parlare delle cose di tutti i giorni, la scuola, il compito in classe, i professori, i programmi per il week end, mentre aspettano di scendere ognuno alla propria stazione, alla spicciolata, e che sembrano tanto arroganti e sicuri di sé, ma che poi si imbarazzano se solo gli rivolgi la parola.
Mi piace pensare che per loro quella tratta ferroviaria fa parte del quotidiano e farà sempre parte della loro Storia, della loro memoria, del loro bagaglio di ricordi, come per me la linea urbana del 341, strapieno di teen-ager vocianti intorno alle due del pomeriggio, costipati tra zaini e le porte a soffietto, che sembravano sempre chiuderci in mezzo qualcuno, ma poi, chissà come, c'entravamo sempre tutti.

Mi piace viaggiare in treno e mi piace la mia tratta. Mi piace perché ormai la conosco e la considero mia: la conosco, mi appartiene. E so quando la vista del mare mi si sta per aprire davanti, azzurrissima, subito dopo quella galleria, lasciata Livorno, e quando potrò ammirare dall'alto le baie di Cala Furia, col grande arco del viadotto stradale a sovrastarla, e Cala del Leone, nascosta, e il castello sul promontorio del Sonnino.
Mi piace perché costeggia campi e uliveti, e colline a sinistra e campagne e covoni di fieno e distese di gialle rape e rossi papaveri e lavanda color lavanda, e a maggio è tutto molto poetico.

Mi piace il treno Diretto, che costa meno di tutti e non devi prenotare, e ferma a tutte le stazioni e ci mette una vita e mezza, e non c'è l'aria condizionata a bloccarti la cervicale e gli scompartimenti sono aperti e puoi vedere la gente intorno a te, e puoi muoverti e alzarti senza doverti disincastrare dal tuo loculo di un metro quadro, e ci sono i venditori abusivi di orologi taroccati e altro, con le loro bustone azzurre stipate nei portapacchi che a volte mi sa che non hanno il biglietto, e rimangono in piedi sul corridoio, guardando a ogni fermata se sale il controllore.
Mi piace anche se dura quattro ore, ma mi piace solo se non è a ridosso di qualche festività, perché allora il treno è pieno e si sta tutti pigiati tra enormi valigie impilate a torre sui sedili e puzza di sudore.

Non mi piace l'Eurostar perché costa troppo e poi devi prenotare e ti mettono sempre pigiato in uno scompartimento completo quando il resto del vagone è vuoto, e tutti hanno le cuffie nelle orecchie e il pc davanti e sembrano molto impegnati e molto abituati al viaggio, tanto che non guardano più nemmeno dal finestrino.
A me piace guardare dal finestrino.

E mi piace viaggiare con la pupa, che è una piccola donna e si vergogna quando qualcuno le rivolge la parola, ma poi sfila a passeggio su e giù per il vagone a distribuire sorrisi e occhiate sornione e a raccogliere complimenti e esclamazioni ammirate.
E guarda i ragazzi grandi giocare a carte e a sasso forbice carta e imita i loro gesti divertita.
E indica le persone che passano accanto, per il corridoio descrivendo il modo in cui sono vestiti e se portano il cappello o la borsa,e se sì di che colore.
E si vuole sedere da sola sul sedile e poi esclama "Che bello tta'e tul t'eno!" E mi ascolta mentre le dico che ora ci fermeremo in tante città fino ad arrivare a Roma, dove vive Nonna, e Nonna ci verrà a prendere, con la sua macchina azzurra, e lei continua a chiedere: "E poi?". Ed è già proiettata nel suo futuro prossimo e si scorda che siamo appena partite, e alla prima fermata pensa che sia già tutto finito e dice: "Anco'a teno!"
E poi mi piace che il viaggio sia per lei una realtà naturale e tangibile, mi piace che sappia già viaggiare, così piccola com'è, e che mangi senza scomporsi la sua pasta fredda dalla vaschetta del gelato Carte d'Or e che poi si addormenti alla solita ora, e se ne stia lì, sbragata sulle poltrone scomode e la testa tutta storta, una lama di sole che filtra da sotto la tenda blu tirata a infastidirle la guancia, e il respiro regolare, coperto dal rumore conciliante delle ruote sui binari.
TU-TUM TU-TUM
Mi piace il rumore delle rotaie.

Mi piace portarmi un libro da leggere e sapere che per una volta so esattamente di potermi dedicare alla sua lettura senza altri impegni più importanti da sbrigare prima. Mi piace portarmi sempre un libro sul treno, anche se poi non lo leggo quasi mai.
Il tempo sul treno è un tempo sospeso che non ti senti in dovere di riempire in maniera "produttiva" per sentirti a posto con la coscienza e pensare di averlo "impiegato". Ma solo di farlo passare, senza che tu possa o debba fare nulla perché passi, perché si arrivi prima.

17 commenti:

  1. Mi piace (tantissimo) questo post.

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  2. Anch'io amo il treno, quell'andare sapendo che il punto di arrivo è fermo, stabilito in precedenza.
    Amo meno la gente che fa casino in treno, coi cellulari, con le conversazioni urlate e lasciando bambini urlanti allo stato brado.

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    1. A volte poi accade che non sopporti neppure i vicini di poltrona che devono attaccare bottone a tutti i costi... ma questo dipende dallo stato d'animo del momento. intanto uno si gode i momenti idillici del viaggio, che ogni tanto ti capitano pure.

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  3. Reminescenze di una vita passata da pendolare... Chi ha fatto quelle tratte si è immancabilmente chiesto "Perché il Diretto si chiamata 'diretto' se fa tutte, ma proprio tutte, le fermate?"

    Adesso che sono costretto a spostarmi in auto rimpiango quei momenti di viaggio in treno che permettevano di riempire il percorso da un punto ad un altro con quello che preferivi: giornali, libri, chiacchiere o pensieri a occhi chiusi.
    E veramente la distanza più corta tra due punti diventava un arabesco.

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    1. Io più che una pendolare sarei classificabile come una "fuori sede", anche se non si capisce bene da quale sede sarei fuori, e fuori poi rispetto a cosa? Ma sono stata una studente fuori sede, e ora sono una persona fuori sede, con una vita fuori sede e una figlia fuori sede!

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  4. mi manca tanto viaggiare in treno, perchè anche per me è proprio come lo descrivi tu. Conosco bene anche l'ansia pre-partenza che mi tocca fare sempre una colazione moooooolto leggera altrimenti mi sento malissimo...
    ma poi durante...mi lascio proprio cullare, scivolare il tempo addosso, mi incanto su cose e persone, mi invento storie in testa su chi ho di fronte, leggo scrivo..
    ammazza quanto mi manca, mi hai fatto venir su una voglia indescrivibile!!!

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    1. Diciamo che ha i suoi pro e i suoi contro...
      Se si viaggia in un anonimo lunedì mattino di un qualsiasi periodo lavorativo può ancora essere piacevole. Viaggiare per esempio un venerdì 22 dicembre può essere devastante! (e soprattutto: non sempre puoi fare economia sui bagagli. Io se mi porto già solo mia figlia e i miei due gatti devo abolire del tutto le valigie!)

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    2. con camilla abbiamo viaggiato solo in macchina finora e già pensiamo che tocca cambiarla con tutta la roba che bisogna portarsi dietro.. poi io non ho il dono della sintesi neanche in viaggio! le gatte non ne parliamo... ne ho due e le ho portate con me in tutta europa, hanno vissuto anche 2 anni a barcellona!!

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    3. Quando la sintesi diventa una necessità, impari a ridurre, per sopravvivenza! Viaggiare con i gatti è più difficile che viaggiare con i bambini perhè loro non puoi intrattenerli, e come fai a dire loro di avere pazienza, che tra un po' si arriva? devo dire che i miei gatti sono molto pazienti e non mi hanno mai dato problemi, ma in passato ho avuto gatti che soffrivano molto i viaggi, ogni volta era un tormento portarseli dietro!

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  5. Io che viaggio poco, sempre mi stupisco di tutta la gente che si incontra nelle stazioni, negli aeroporti, ma anche in autostrada... come se tutti dovessero rispecchiare la mia sedentarietà.
    Mi piace questo bel viaggio che ho fatto in buova compagnia, con un panorama davvero favoloso!

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  6. é tutta questione di abitudine...

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  7. Hai raccontato perfettamente sensazioni che conosco, avendo viaggiato in treno per 15 anni per mezza Lombardia. Rimpiango molto di non avere più quell'unico spazio in cui mi dedicavo alla lettura. Mi affascinano anche gli aeroporti e i voli aerei, mi piacerebbe avere la tua capacità di descrivere cosa provo quando viaggio via aria ma anche solo quando guardo il cielo e mi fermo incantata a guardare il percorso di un lontanissimo aeroplano. La notte soprattutto... ho avuto la fortuna di viaggiare più che altro al buio ed è molto più affascinante e magico.
    Ancora poi non ho risolto la mia sfasatura, sono attaccata alla mia terra ma allo stesso tempo affascinata dal viaggio e succede così che vivo sempre con la nostalgia del posto che ho appena lasciato, mai che questo sfasamento si riallinei e goda del presente...

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  8. Anche io sono una accanitissima sostenitrice del "diretto Roma-Pisa"! Un po' perchè mi porta dalle mi amichette un po' perchè passando per montalto di castro tocca luoghi che conosco un po' perchè negli ultimi 10 anni mi sembra rimasto sempre lo stesso. Mi piace anche per tutte le ragioni da te illustrate e mi piace molto di più da quando non si può più fumare nei vagoni e non si sente più quell'odore tossico impregnato nei sedili già di loro abbastanza intrisi di troppi odori (o fetori che dir si voglia). Mi piace arrivare alla stazione di pisa senza il mal di testa che i primi anni mi veniva respirando quella robaccia e incamminarmi senza sapere ancora bene la strada sul quel percorso visto su google che so che sicuramente mi porterà a passare prima vicino alla casa di via catalani, poi vicino alla prima residenza pisana della mia amichetta studentessa fuori sede, quindi alla macelleria del beduino e infine all'ultima casa della mia famiglia preferita

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  9. E' bellissima questa descrizione del viaggio, e del treno.
    Anche io lo adoro, detesto abbastanza guidare l'auto, mi mette sempre un pò di ansia, mentre sul treno si ha quella sensazione di leggerezza di non dover fare nulla, se non aspettare. Pensavo fosse difficile far stare una bimba sul treno, ma da come lo descrivi tu sembra decisamente bello e fattibile!!!
    Ecco, dall'ultima affermazione avrai capito che non viaggio molto, direi quasi per niente, ok diciamo pure zero. Bisogna ricominciare (ma che ansia partire......)

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