domenica 28 ottobre 2012

Gite a : lo zoo di Pistoia.

A distanza di un buon due settimane finalmente è giunta l'ora di raccontarvi come ho trascorso il giorno del mio ultimo compleanno (e chissene! Avete ragione pure voi, ma lasciatemi almeno questo piccolo spazio di autocelebrazione).
Considerato che l'anno scorso andò così, possiamo dire che stiamo facendo progressi?
Direi di no.
Stavolta abbiamo optato per una destinazione estremamente romantica ed esclusiva, da veri radical chic. Ora siccome avrete letto tutti la destinazione nel titolo del post, la faccio finita e passo a illustrarvi le mie impressioni e i miei suggerimenti, magari vi venisse in mente di imbarcarvi in un'iniziativa simile con i vostri pargoli.
Ecco a voi: la nostra super gita allo Zoo di Pistoia!

 

Suggerimenti logistici:
Allo zoo di Pistoia si cammina molto, anzi: molto! Quindi nel caso non ci aveste pensato, come la sottoscritta che parte sempre iperequipaggiata, se avete bambini al di sotto dei -- anni, o che comunque non camminano molto volentieri da soli, portatevi il passeggino.
La pupa normalmente cammina abbastanza volentieri, soprattutto se c'è qualcosa che la coinvolge molto e che scatena il suo entusiasmo, ma in questa occasione per l'appunto, povera, non era in gran forma: aveva dormito poco e per giunta era un po' raffreddata, inoltre ha lamentato a tratti malesseri di varia origine, e chiedeva di continuo di esser presa in braccio. In poche parole mi ha spompato, e solo verso la fine il padre è riuscito a darmi il cambio mettendosela sulle spalle, perché si sa che quando la pupa non è al top, vuole mamma (solo che la mamma di questi tempi ha il fiato corto e la schiena a pezzi, come spiegarglielo?).

Poi: magari non avrete i miei problemi di guardaroba, ché quando ho cercato un paio di pantaloni comodi da indossare ho dovuto constatare di non averne di adatti che mi stessero (lo dico per chi si collegasse adesso avendo googlato "zoo di Pistoia": al 4° mese inoltrato di gravidanza il guardaroba inizia a ridursi drasticamente), quindi credo che non avrete problemi a sapere già come vestirvi. Io ho optato per una stupida gonna lunga in tessuto nepalese allacciata in vita, o meglio, sotto la vita, ove la panza lo consentiva, finendo in pratica raso terra, e naturalmente, poiché aveva piovuto e il terreno era piuttosto fangoso, ha fatto da strascico per l'intero tour, riducendosi a una schifezza e rendendo molto penosi i miei spostamenti. Quindi: vestite comodi e in maniera da potervi sporcare senza rimpianti.




Terzo: all'ingresso del giardino vi verrà consegnata una mappa su cui sono segnate tutte le attrazioni dello zoo e i viali. Però non vi sono suggeriti percorsi prestabiliti, e questo potrebbe indurvi a fare scelte non proprio consigliabili circa l'itinerario da seguire, e ora vi illumino di immenso sul perché.
Tenendo presente questa mappa sappiate che scegliere di iniziare il tour percorrendo il sentiero che a destra porta a costeggiare gli stagni per poi svoltare a sinistra là dove si vede il lupo, è un grande errore, da non ripetere, quando, tra almeno altri 2 anni e mezzo, ci azzarderemo se mai a farvi ritorno.
Da questo lato le attrazioni del giardino sono infatti molto poco interessanti per una bambina piccola come la pupa (grandi recinti, grandi spazi, animali poco visibili).
Ci sono gli orsi bruni, recentemente inseriti nel parco, ma dovrete giocare di immaginazione, perché pare se ne stiano spesso e volentieri rintanati, e non abbiano tanta dimestichezza e voglia di contatto con il pubblico.
Ora, quando hai pagato 27 euro di ingresso ti può anche rodere un po' il passare davanti a recinti di animali dove gli animali non sono visibili, ma da adulto puoi anche pensare: però, meglio così, che queste povere bestie abbiano lo spazio per poter condurre una vita almeno in minima parte autonoma e "libera".
Ma se hai una bambina (ma immagino che chi va allo zoo ci vada con dei bambini, in genere è così) che hai accuratamente preparato a suon di "adesso vediamo gli orsi" e poi gli orsi non ci sono, dovrai prima rispondere della sua delusione e della sua aspettativa frustrata, maledicendo quei dannati orsi misantropi (ecco, forse perché si dice: "Non fare l'orso!"), poi via via maledire anche linci, lupi e uccelli acquatici, che in quanto a latitanza, gareggiano con gli orsi, e ci hanno lasciato intravedere di volta in volta, chi una groppa fuggente, chi una coda da dietro un albero, chi una vaga sagoma ad aguzzare proprio la vista, mentre se ne stava svaccato sopra un sasso al fresco di una frasca.

A questo proposito: fotografare gli animali. Magari non è il massimo mettersi a fare fotografie ad animali chiusi in stato di cattività, ma se volete portarvi a casa un ricordo fruibile di quella gita, è strettamente necessario avere a disposizione un teleobiettivo piuttosto lungo, o un buono zoom, se no finite come me che, con un inadeguatissimo 18-50 mm, non sono riuscita a scattare mezza foto che fosse appena appena decente.

Per quanto riguarda Mimi questa caccia all'animale giocata più sull'immaginazione che sull'effettivo contatto visivo, ha stufato molto presto, e l'iniziale entusiasmo dell'arrivo se n'è andato a farsi benedire, tanto che ha dato segni di insofferenza e indifferenza persino quando ci siamo trovati davanti a degli spettacolari caproni  asiatici dalle corna tortili (dicasi markor), desiderosissimi di dare sfoggio di sé.
Invece partendo dall'altro lato dal giardino (dall'ingresso svolta subito a sinistra) si trovano tutti gli animali "classici" (elefanti, giraffe, ippopotami) nei recinti, che, per quanto possano fare un po' di tristezza a noi adulti così reclusi e demotivati, magari avrebbero tenuto vivo l'interesse e l'entusiasmo di lei per poter continuare il giro in maniera un po' più arzilla e pacifica. Noi ci siamo arrivati alla fine ed eravamo già tutti mezzi morti, e abbiamo dovuto accelerare sul finale, perché eravamo in chiusura (lo zoo chiude alle 6).
Dunque: occhio all'itinerario! (E ai tempi).



Infine: l'ingresso e il vostro soggiorno finiranno per essere piuttosto impegnativi per le vostre tasche, per cui non c'è bisogno che ci aggiungiate il carico di una merenda, pranzo o colazione consumati all'interno dei locali-bar-tavola calda dello zoo. Se avete dei bimbi (sempre come sopra) consiglierei di portarvi appresso uno spuntino da consumare durante una pausa-ristoro della lunga passeggiata, a maggior ragione se poi uno decide di andare la mattina e di pranzare lì (anche se ora la stagione volge al maltempo e forse l'indicazione è superflua) ci sono spazi attrezzati con tavolini in legno e panche appositamente per consentire alle famigliuole la consumazione del loro pranzo al sacco. Se vi fa schifo l'idea del pranzo al sacco e non vi crucciate del di più di spesa, come non detto. Io so solo che mi sarei data martellate sugli alluci quando Mimi ha iniziato a piagnucolare che voleva un biscotto con la ciliegia, perché in effetti era normale che avesse fame (la nostra visita è durata circa tre ore e mezza, e non abbiamo visto nemmeno tutto) e io non avevo portato niente di più che un succo di frutta e una mela. Partite attrezzati!

Detto questo: portare i bambini allo zoo, per quanto uno possa essere obiettore di coscienza e sensibile al tema "animali selvatici in cattività", è a mio parere un'esperienza bella, divertente, indimenticabile per loro, ma forse 2 anni è davvero un po' poco per poter apprezzare a pieno la straordinarietà di quegli esemplari, visto che Mimi sembrava assai più interessata a un bacarozzo che strisciava tra i suoi piedi (Vieni vieni cca'abeo, vieni da Mimi!), che ai movimenti e alle improvvise apparizioni della tigre; si è spaventata invece terribilmente alla vista del (per lei) enorme e oltremodo grasso leopardo che ci veniva incontro da dietro il vetro della sua gabbia (quello sì, era davvero un po' triste) a fauci semiaperte e lasciando intravedere i canini aguzzi, innervosito dal gran vociare che gli facevano intorno i marmocchi e , peggio ancora, i di loro genitori.


Non so se sono una dannata snob insofferente della gente, lo so che in fondo un zoo non è un museo nè una biblioteca, ma un minimo di urbanità e decoro in un luogo pubblico farebbe sempre piacere; se io sono rimasta oltremodo infastidita da quegli schiamazzi idioti e sguaiati che echeggiavano da ogni dove, che manco alle scuole medie, e invece trattavasi di persone adulte, padri e madri di famiglia per giunta, immagino quanto possano girare le scatole a quelle bestie impossibilitate a sottrarvisi ogni dannato giorno della loro vita. Ma forse loro oramai ci sono abituati, e ci guardano con sprezzante superiorità da dietro ai loro claustrofobici recinti.
Io credo che questi animali abbiano diritto a un minimo di rispetto da parte dei visitatori, e forse il personale della struttura dovrebbe insistere di più su questo aspetto.

Cosa ci è piaciuto: all'incirca a metà percorso, al centro dello zoo, si trova l'area degli animali da fattoria, affiancata da uno spazio gioco per i bambini, e dall'area ristoro di cui sopra. Inaspettatamente la vista di capre, mucche, galline e asini, coi quali la pupa ha già una discreta familiarità, è servita a risvegliare il suo sopito interesse per la nostra passeggiata zoologica, forse perché gli animali sono più a portata di mano, letteralmente a portata di mano, e anche lei ha potuto allungare la sua per offrire pochi tronchetti di crusca a qualche intraprendente capretto, e sentire sulla sua pelle il ruvido molliccio della sua lingua.
Mai sottovalutare l'impatto che possono avere questi incontri ravvicinati sui più piccoli: nel nostro modo viziato di localizzare i punti di interesse, tendiamo a classificare queste bestiole più "ordinarie" come attrazioni di serie B, ma così non è agli occhi di un bambino.


 



A Mimi sono piaciuti molto gli animali della fattoria, più abituati e disponibili (per non dire impazienti) al contatto con il pubblico.

Per quanto riguarda noi grandi, abbiamo apprezzato molto il fatto di trovarci fortuitamente lì nel momento in cui veniva presentato uno degli spettacoli Incontri bestiali, un'intelligente iniziativa di presentazione di alcune specie animali.
Nel nostro caso si trattava di Terrore dall'alto, spettacolo bestiale che aveva come protagonisti alcuni esemplari di uccelli rapaci ammaestrati (un falco, un gufo, un barbagianni e una minuscola civetta): una presentatrice-addestratrice mostrava al pubblico, cui veniva preventivamente chiesto di rimanere seduto composto e in silenzio su una piccola tribuna, le prodezze di questi animali, illustrandone di volta in volta caratteristiche e abitudini. Il pubblico (soprattutto infantile) veniva poi coinvolto in maniera blanda, con indovinelli e domande di ordine generico (possibile che in mezzo a tutta quella platea di giovanissimi, sia stata io l'unica a sapere che il gufo di Mago Merlino si chiamava Anacleto? Ah, questi bambini di oggi! Non si spingono oltre a Winx e Gormiti!) e invitato a goffi approcci con i rapaci (estremamente pazienti nel prestarcisi, devo dire).
Una bella e piacevole iniziativa, mirata,  credo a invogliare in un pubblico troppo spesso distratto e negligente a un reale avvicinamento e a una conoscenza più approfondita del mondo animale.
Gli Incontri Bestiali a quanto pare includono anche altri spettacoli, che variano a ruota, ma noi ci siamo accontentati di questo, perché la pupa recalcitrava, anche se ci sarebbe piaciuto assistere alla colazione dei pinguini, che seguiva di una mezz'ora questo.


I costi: ok, gente, passi pure l'ingresso di 13,50 €, che moltiplicato per due fa già una discreta sommetta (poi diciamo che apprezziamo il fatto che i bambini sotto i 3 anni non paghino), ma mi sembra un'enorme presa per... i fondelli il dover pagare il parcheggio, visto che non hai molta scelta riguardo a dove lasciare l'auto: non sei in città, non c'è vicino alcuna area di servizio, sei su un cavolo di svincolo autostradale, non hai altre vie di accesso se non per strada. Visto che già le tariffe di ingresso allo zoo impongono un obolo di tutto rispetto, forse sarebbe stato un atto di grande galanteria e umanità concedere ai visitatori il posteggio gratuito. Non so, un'idea mia, un po' bislacca magari.



Il responso della pupa:
- Allora Mimi, ti è piaciuto lo zoo?
- Tììììì!
- Cosa ti è piaciuto di più?
- La gi'appa.
- Ah! E il leopardo?
- No, il leopaddo mi fa pau'a!
- Mh... senti Mimi, ma ti è piaciuto di più lo zoo o il Museo di Marianna*?
- (Senza alcuna esitazione) IL MUDEO! IL MUDEO! IL MUDEO!
(Sob!)

Cioè: a lei sono piaciuti di più gli animali impagliati che quelli vivi.
Questo dovrebbe far riflettere...

*amica di Suster che lavora(va) nel museo.

giovedì 25 ottobre 2012

Lettera al marmocchio.


Caro marmocchio.
Ché mi fa strano ancora considerarti un pupo. Ti immagino là dentro tutto accartocciato e un po' traslucido, come leggo che tu debba essere in questo momento, magari anche un po' pelosetto, insomma, non certo il roseo e rubicondo pargolo di una réclame di Benetton. Marmocchio ti sta meglio, dico io.
Caro Marmocchio, dunque, se puoi sentirmi, ma non ricordo se a questo punto tu possiedi già il senso dell'udito, per quanto so per certo esserti spuntate già le orecchie, quello che volevo dirti è: non mi aspettavo di rivederti già così presto, chè ero andata solo per una normale visita mensile di routine, e in genere mai mi era stata concessa tanta grazia come quella di scrutare nelle mie interiora per una semplice visita mensile di routine. In genere si risolveva tutto con una palpatina là in mezzo, e due annotazioni sul libretto.
Ma stavolta c'era la Gestapo.

Poi te lo spiegherò, un giorno forse, perchè gli assistenti dei professori all'università si rivelano in genere in sede di esame molto più stronzi dei professori (fai finta di non aver sentito la parola "str...", sempre che tu l'abbia sentita), perché le tirocinanti della mia (e tua, per ora) dottoressa, siano assai più fiscali, saccenti e intimidatorie della dottoressa stessa, che nelle loro mani ci ha abbandonate, dedita al vizietto inestinguibile della sigaretta tra una visita e l'altra, e all'occasione anche in sede di visita, se le è permesso.
Così ti spiegherai anche perchè, dopo avermi sottoposta a un'interrogatorio che manco la mia temuta prof di greco alle superiori, ci hanno dovuto visitare addirittura tre mani di tre diverse persone, ravanando là in mezzo a turno nel loro guanto di lattice mentre tua madre si esibiva a gambe spalancate come la più lasciva delle pornodive e rammentava tempi in cui aveva pur avuto una dignità di persona, e non solo di portatrice di apparato riproduttivo...
Ché poi chissà perché si sono accanite su quella storia del diabete gestazionale, e giù a chiedermi se avevo parenti diabetici, ah, uno zio paterno? Uhm, molto interessante... E nessun genitore? Nessun fratello di primo grado (scusate, perché: un fratello può essere anche di secondo o terzo grado?). Ma è proprio sicura? (Uè, bella mia, guarda che io e te ci passiamo massimo massimo tre-quattro anni di vita, eh! Il fatto che io stia qui a farmi interrogare da te sul mio reale o presunto stato di salute e abbia già all'attivo un figlio e mezzo, non ti autorizza a darmi del lei e della "signora"!) Insomma, i "suoi" genitori (a ridaje!) sono entrambi in buona salute? Ehm... non proprio, sa, mio padre sarebbe anche un po' morto. Ah! Fa lei con sguardo truce da chi ti ha beccata impreparata e mo' te la farà pagare, E di cosa sarebbe morto? Ehm, di tumore, nulla di grave, sa, cose che capitano. Ah, allora va bene. E sua madre sta bene? Eccheccazzo mi auguro di sì! (Va be', l'"eccheccazzo" lo solo pensato, ma ci stava tutto).

Ok, marmocchio, cancella dalla tua giovanissima memoria questo grottesco dialogo.
Dicevamo che queste della Gestapo non si sono fatte mancare nulla, e con mia grande sorpresa mi hanno infine mostrato in diretta ciò che accadeva qualche centimetro al di sotto del mio basso ventre, e lì c'eri tu, proprio sullo schermo del monitor, che non la finivi di agitarti e di esibirti in evoluzioni di un virtuosismo insperato. Tanto per inciso: vacci piano con quelle piroette, e capriole, e salti mortali tripli carpiati. Non tanto per i calci, che io proprio se non ti avessi visto con i miei occhi, non ci avrei creduto che lì dentro vigeva quel concitato regime di attività fisica, vista la calma piatta che emana dalle mie budella (anche se, non crederai mica di continuare a fare tutto quel bordello anche tra qualche mese, mio caro, quando sarai già un bel po' più voluminoso di ora, mi auguro!), non tanto per i calci che infliggi alla tua povera genitrice, quanto perché, ti ricordo, sei attaccato a un cordone, bello mio, e va a finire che prima o poi ti ci strangoli, o ti ci imbraghi per bene, e poi alla fine chi ti tira più fuori di lì? Eh? Me lo dici? Ché poi mi tocca pure farmi aprire la panza come il lupo dei sette capretti, solo che quello manco si rende conto, al suo risveglio, di aver subito a sua insaputa un intervento cesareo plurigemellare mentre si schiacciava una pennica. Chiedilo a tua sorella che di queste cose se ne intende. Se no non sarebbero fiabe, che devo dirti, la vita è un'altra cosa.

Ma tornando a noi, vedi, io ci avrei un presentimento, che dopo averti visto mi pare più di un semplice istinto materno, roba che io poi non ho mai potuto vantare, roba da madri olistiche, madri medium, che di notte sognano il bimbo che parla loro e che rivela loro la sua occulta identità.
Tu per fortuna non hai mai ancora avuto l'alzata d'ingegno di apparirmi in sogno, e te ne sono grata.
Però ugualmente io non mi tolgo dalla testa questo presentimento, ché un pochino l'ho letto anche negli sguardi e nelle mezze frasi di quelle della Gestapo, che farfugliavano tra loro, quando ho chiesto timidamente se per caso non si vedesse il sesso: No, è troppo presto per sbilanciarsi. Anche se... che ne dici? Guarda qua. Uhm... Ma non possiamo dirlo con certezza. Sì però qua in mezzo... vedi? Sì, potrebbe anche essere, ma non è detto. E alla fine mi hanno confermato un buon 50 % di probabilità che tu fossi maschio. Ottima percentuale, dico io, ma ugualmente devo confessare che un po' mi rode.
E non so se mi rode più per non averlo saputo (del resto già sapevo che avrei dovuto ancora aspettare un altro mese), o perché da quegli ammiccamenti medici io ho inteso si parlasse di un pisellino in auge.
E se devo dirtela tutta un po' mi spiazza questa cosa.
E poi ti ho visto che casino che fai lì dentro, cosa credi che non ho capito?
E che, non li vedo i bimbi degli altri al parco quando si rotolano per terra e buttano ghiaia sullo scivolo, e si tolgono le scarpe e infilano i calzini nella terra, e si tirano addosso manciate di sassolini e si fanno inseguire lungo il perimetro dei giardini dalle povere madri agonizzanti per sette volte come Ettore e Achille intorno alle mura di Troia (no, ti dico che non è una parolaccia, in questo caso), mentre Mimi se ne va leggiadra per aiuole a raccogliere ciclamini e margherite e mi dice: "Mamma, guadda che bello il pio'e piccolo!", e si sprimaccia il vestitino per togliersi di dosso la polvere dello scivolo allordato di terra e pietrisco?
C'è una distanza abissale di fondo che non voglio per ora spingermi troppo in là nel sondare, ché già inizio a sentirmi un pochino male al pensiero di una tale eventualità, e mi crogiolo nella dolcezza delle nostre passeggiate culturali, con Mimi che mi dice: "Andiamo a vede'e la galle'ia?" o "Andiamo a vede'e le ttatue?" riferendosi alle brutte sculture bronzee che adornano il viale dei giardini.

Ecco, io ho pensato un po' a tutto questo, prima ancora che a quanto sarebbe bello avere un maschietto dopo una femminuccia.
E' che devo interiorizzare. Dammi il tempo. Non sono pronta.
In fondo ancora non ci conosciamo. E' stato così anche con tua sorella, all'inizio; ce n'è voluto di tempo perchè ci amassimo come ci amiamo ora.
E tu sei ancora un estraneo, mi riesce difficile immaginare di riuscire a trovare lo spazio anche per te, nel mio mondo affettivo.
Non è colpa tua, chiaro. Tu in fondo non hai fatto nulla di male, e ti limiti ad esistere.
E' che se mi sforzo con tutta la mia immaginazione riesco ancora a immaginare un doppione della pupa da amare almeno quanto ora amo lei. Più difficile mi riesce con un pupo.
In fondo quando mi hanno detto che Mimi era femmina ci ho rosicato anche allora.
Le femminucce sono tutte smorfiose e stronzette, pensavo allora. Che poi è un po' vero, Mimi sa essere smorfiosa e stronzetta a meraviglia, ma questo non mi impedisce di amarla così.
E' che dovremmo smettere di pensare ai figli come a qualcosa che possiamo determinare con la nostra volontà, come a qualcosa che arriva a soddisfare i nostri desideri e le nostre aspirazioni mancate, come a qualcuno che finirà per essere un prolungamento della nostra esistenza.
E voi invece siete solo persone che chiedono di essere accettate e amate così, a prescindere dalle ambizioni e dai progetti materni o paterni. Ed è giusto così.

Ma non biasimarmi ancora, io ne sono quasi sicura, che ti amerò tantissimo.
Anche se dovrò rifarti da capo l'intero guardaroba mettendo al bando l'intera gamma di sfumature che va dal rosa carminio al violetto, e dovrò adattarmi a comprare brutte T-shirt marroni o blu con sù stampati disegni di scarpe da tennis e palloni da rugby, macchine rombanti e robottini ammiccanti. Purtroppo è quel che passa il convento.
Anche se dovrò andarti a ripescare in cima agli scaffali di casa e prestarmi a faticosi e rumorosi giochi  con palloni e rotelle.
Sì, già lo so che comunque vada, sarai il mio... o la mia!

Solo una cosa temo: chi glie lo dice poi a tua sorella che non avrà una TOELLINA? Non è che mi tocca subito subito metterne in cantiere un altro pur di farla stare zitta?

mercoledì 24 ottobre 2012

Lei e l'adinello...

All'inizio non è stato proprio amore a prima vista.
Si sono studiati. Lei ha provato. Lui è stato recalcitrante, come tutti gli asinelli.
Le avevano detto: è una mucca. Ma lei ha detto, decisa: no, è un adinello!
Inconfutabilmente un asinello, quindi.
La sorpresa di trovarlo in casa al suo risveglio, quel giorno, era stata grande, da rimanerci senza fiato, senza parole, solo un'espressione sognante sul viso, un po' incredula.
Poi si sono quasi ignorati, per lunghi mesi.


"Siamo sicuri che era dai 18 mesi in su?"
"Così diceva nel catalogo".
Non era interessata, forse, alla deambulazione assistita.
Forse per la testa aveva al momento ben altre urgenze, lei, con le sue fiabe, il suo mondo di burattini e principesse, i suoi libri, i suoi racconti, le sue canzoni.
L'approccio fisico alla realtà è sempre arrivato in un secondo momento per lei.
E così l'asinello è rimasto senza la sua amazzone.

Poi lui si è infortunato. Ha perso le guaine alle ruote. Due su quattro.
Abbiamo fatto un tentativo estivo senza, fuori ai giardini, sul sentiero dell'elefante, ma non è andata bene. Si è abraso tutto il legno delle ruote.
Infortunato. Convalescente.
Ancora mesi di inattività.
E poi finalmente.
Guarito, dall'intervento eroico della mamma, (che perde mezz'ora in fila al ferramenta più grande della città, imboscata tra titolari di ditte edili, elettricisti, idraulici, manovali e operai, ma ne esce trionfante con due serie di guaine per ruote di adinello di diversa misura) l'adinello è su strada.

Da allora è stato amore.

Lei lo conduce per calli e vicoli, terrazze e lastricati.
Lui sorride e mostra la lingua.


Lei posteggia, scende, rimonta, medita le prossime mosse.
Lui la lascia fare.


Lei elabora manovre complesse, si destreggia in virtuosismi da Formula 1, evoluzioni ardite.
Lui si lascia manovrare docile, senza lasciarsi intimidire dalle dimensioni ridotte della sua carrozzeria.


Insieme vanno e vengono a piacimento, in lungo e in largo per le vie del centro.


Investono passanti...


E sperimentano il fuori strada.


Volendo funziona anche a spinta...


Un disgraziato giorno hanno provato anche a scendere dal gradino del marciapiede.
E' finita che lui si è ribaltato e lei è volata in avanti, muso a terra, incidendosi il labbro inferiore e grattuggiandosi gli incisivi superiori.

Del resto anche la mamma da piccola cadeva sempre e solo di muso, e da quelle storiche cadute dell'infanzia non ha più un incisivo integro. Ma amava fare la selvaggia, pur non essendo dotata di un fisico gran che atletico.

La mia pupa sa osare all'occorrenza, ma non è dotata di grandissima destrezza fisica e della prontezza necessaria per reagire alle situazioni di emergenza.
Ma si rialza e riprova. E impara dagli errori precedenti. E sa sperimentare nuove forme di movimento.


Ah, se tutti noi avessimo avuto un asinello così!

martedì 23 ottobre 2012

R.d.G. in: Ciotole vuote.

Che strazio doversi sottoporre a quello sguardo accusatore, a quell'insistenza di chi attende e non te lo manda a dire, a quegli occhi fissi puntati su di te, ogni volta che ci passi accanto, le corse forsennate ogni volta che fai per dirigerti verso la cucina, con tanto di sgommata e derapage.
E va be', capita a tutti di dimenticare una cosa così, prima o poi, che sarà mai?
Neanche l'avessi fatto apposta! E poi è da venerdì che sono a casa con Mimi malata e che non esco per fare la spesa. Cosa credete che mi sia divertita?
Ohè, poi, ragazzi, andateci un po' pianino, mondo boia! Fateveli durare quei cosi, che costano!
E cos'è quell'aria da vittima innocente, quell'atteggiamento di fiducioso affidamento, quel trasporto speranzoso di chi si mette nelle tue mani, come se potessi fare altrimenti.
Lo volete capire che non ci sono? NON-CI-SO-NO!
Va bene va bene, oggi vado a prenderli! Che storie però!
(Uff! Che seccatura!)


Quando una ciotola è vuota


non c'è nulla di più triste.
(Da straziarti il cuore proprio!)

Zorro e Panzumen per: Roba da gatti, la rubrica del martedì quando capita.

Questa settimana partecipa anche mafalda.

venerdì 19 ottobre 2012

Comportamenti domestici anomali e loro possibili cause. Uno studio antropologico.


Ottima intuizione, direi, quella di mettermi a fare "il cambio dell'armadio" col caldo di stamani!
Ma tranquilli, non vi delizierò con la cronaca accurata dei miei inscatolamenti e sali scale e scendi scatoloni, e svuota cassetti, e dividi per mucchi:

  1. "roba estiva da mettere via",
  2. "roba troppo invernale e prematura da mettere in stand-by",
  3. "roba che con la stagione ci siamo ma che non mi ci entra manco una gamba da mettere in speranzosa attesa indeterminata"
  4. "roba che non avrei mai pensato avrei utilizzato più, ma che a quanto pare mai dire mai"
  5. "roba che finalmente conoscerà il cassonetto, dopo un soggiorno decennale nei miei meandri domestici".

E nemmeno vi delizierò con la terrificante fase "camerino di prova", quando il mucchio di roba di cui alla categoria 3 cresceva vertiginosamente inglobando pure i capi in cui riponevo disilluse speranze. Che poi quando è stato il momento di provare i maglioni peggio mi sono sentita, e allora sì che c'è stato da sudare. Lasciamo dunque stare, e per oggi rimandiamo pure il cambio di roba della pupa, che non è mica detto che un piccolo guardaroba dia problemi minori rispetto a uno grande.
Per esempio io il sistema di taglie per indumenti infantili non l'ho mica ancora del tutto metabolizzato in due anni e rotti di pratica.
Perché a un tratto gli abiti di taglia 2anni diventano enormi? E perchè la gente ha iniziato a regalarci abiti taglia 3anni saltando a piè pari la 2anni? E perchè le dimensioni dei suddetti abitini di medesima taglia variano anche di 15 centimetri col variare delle marche?
Fatto sta che nei cassetti della pupa c'è da impazzire, e sono costretta a vestirla ancora con il suo guardaroba dei 18mesi, visto che il 24mesi è prevalentemente costituito da capi estivi e come detto nei 2anni ci nuota... magari è un po' modello zompafosso, ma per ora ci adattiamo.

Giusto per specificare un poco di cosa si sta parlando quando vi parlo di "sindrome del nido".
Non è quella cosa che fa la pupa quando non ha voglia di andare al nido, cioè interpretare a meraviglia la parte della piccola Regan ne L'esorcista.

Trattasi invece di una serie di comportamenti e pulsioni anomale variamente giustificabili, ma che si tende a spiegare facendo riferimento in genere a uno stato di consolidata consapevolezza della propria gravidanza.

Il soggetto in questione in questi casi inizia a provare insofferenza e/o idiosincrasia per la casa in cui vive pacificamente da svariati anni, consulta ossessivamente annunci immobiliari cartacei e on line, perde sonno e salute psicofisica per star dietro a suoi standard abitativi difficilmente realizzabili, ed è sporadicamente colpito da raptus di riordino forsennato, pur sapendo che trattasi di impresa disperata.
Vuota armadi, setaccia vecchie carte e gode quando riesce a buttarne via una cospicua percentuale, spazza dietro a frigoriferi, si ripromette di dichiarare guerra alle ragnatele ed escogita nuove sistemazioni innegabilmente più logiche e gestibili per conservare oggetti di uso quotidiano, documenti e altro materiale di importanza vitale, di cui immancabilmente non riuscirà  rintracciare la nuova sede nel momento in cui ne avrà urgente necessità, e perderà giornate intere a buttare di nuovo all'aria tutto nel disperato tentativo di venirne a capo.

Ora però non è detto che tutte le donne in stato di gravidanza debbano necessariamente essere affette da tale pericolosa forma di psicosi.

Diciamo che una delle concause che può aiutare un suo manifestarsi è l'assenza prolungata di una pupa di due anni da casa, che giusto da pochi giorni ha iniziato l'inserimento al nido nel tempo pomeridiano, cosa che da un lato sgravia il soggetto in analisi da un serie di oneri gravosi, quali l'addormentamento diurno di detta pupa, sempre più lungo e combattuto, sempre più difficile da portare a buon fine e sempre più tardi. Dall'altra comporta nel soggetto in esame uno strano senso di vuoto esistenziale, un languore se vogliamo, accompagnato da dubbi amletici quali: "Ma sarà proprio necessario lasciarla lì tutto questo tempo visto che in fondo non ho una mazza da fare?"
E allora ecco che scatta la sindrome autogiustificante per attenuare forse il senso di colpa matterno neppure troppo latente.

E' che il soggetto in questione inizia a chiedersi come farà a gestire con panza un trasloco totale di tutto  ciò che possiede se dovrà anche star dietro al recupero della pupa dal nido e ai suoi sonni pomeridiani, e anche un poco teme il momento in cui dovrà gestire un pupo appena sfornato in concomitanza con una riottosa e scalpitante pupa lanciata sui due anni, e così alla fine, dopo una combattuta lotta interna e ripensamenti vari, ha deciso di provare con questa cosa del tempo pieno, giusto per veder come va.

Lei del resto, la pupa, pare che per ora si diverta un mondo a dormire al nido, con la sua amica Emma, e che finalmente si riesca ad addormentare ad orari decenti, e a svegliarsi a metà pomeriggio, quando ancora c'è luce e tempo a sufficienza per sfruttare un poco la giornata e stare all'aperto, e non al calar del crepuscolo, e la sera riesca infine ad andare a letto finalmente ad un'ora degna di una bambina di due anni, e non di un'adolescente scapestrata, e in fondo credo che ciò sia un bene, almeno finché dura.

Che poi questo c'entri qualcosa con la sindrome del nido, è ancora tutto da dimostrare.

CVD

giovedì 18 ottobre 2012

Il bello di questo "periolo"

Però poi ci sono anche tante cose belle, tanti bei momenti, che mi si dischiudono davanti agli occhi come boccioli inattesi, tra tante insicurezze, e sono quelle sensazioni che da tempo non provavo, che forse pensavo di non provare più o che avevo dimenticato di aver mai provato, momenti che si creano così su due piedi, senza programmi e senza averli messi in conto.
Come quello di fare dei progetti in due, costruire un futuro insieme, fantasticare su un obiettivo comune.
Come i nostri viaggi su e giù per il contado circostante la città, gli appuntamenti per vedere, confrontare fotografie con impressioni di prima mano, confrontare impressioni reciproche, interrogarsi con gli occhi di fronte a estranei, risalire in macchina e iniziare a raccontarsi a vicenda gli appunti presi mentalmente.
"Hai visto la cucina? Se ce la lasciano è buona."
"Hanno ripitturato da poco ma l'intonaco sotto è tutto fracico."
"Il giardino è bello ma la casa è un po' una tristezza."
"Hai sentito come gli puzzava l'alito al proprietario?"
"Non mi fido di questa agenzia, mi sembrano un po' furbastri."
"Rispetto all'altra, questa è più bella, ma non ha spazio fuori."
"Dice che va rifinita, ma solo per il tetto ci vorranno almeno 5000 euro!"
"Va bene, prendiamo l'altra casa più il giardino di questa, si può?"
"Lì magari ci mettiamo un'altalena, e una poltrona a dondolo."
"Quella stanza sotto è utile quando viene a trovarci tua madre."
"La camera dei bambini è troppo piccola"

Come se tutto fosse fosse possibile, già tutto in mano nostra.

Come sentire la tensione dello star per compiere un passo importante, il silenzio carico di attese e pensieri, che entrambi avvertiamo e non abbiamo modo di interrompere, quando sai che l'altro sa cosa ti ronza per la testa e sono più o meno gli stessi pensieri che ronzano in testa a te, e ti stringe la mano forte, o una carezza indugia sul ginocchio, a dire ci sono, siamo in due, e tu capisci.
E ritrovare complicità, e tenerezza, e sentirsi compresi, cercare un punto d'incontro, saper rinunciare alle proprie priorità.

Come quando di notte non si dorme in due, e ci si rigira e ci si rigira, illudendosi che sia colpa della posizione scomoda, del caldo, delle zanzare, del cuscino, ma poi dici: "Non dormi neanche tu?"

E decidere all'improvviso di passare una domenica diversa, prendere e andare, per una volta senza pensare a quanto spenderemo.

E avere una conversazione al telefono con mia madre più lunga di cinque minuti, e riuscire a dirle tutto quello che provo, e sentirmi finalmente appoggiata, sostenuta, aiutata.

E ricevere tante visite di amici e passare insieme giorni piacevoli, tranquilli, senza bisogno per forza di fare chi sa che, recuperare consuetudini allentate, incontrarsi per caso al supermercato e cercare una data comune per organizzare una sera insieme, ridere constatando che il primo week end disponibile per tutti e quattro sarà tra più di un mese, e fissare il promemoria sul cellulare, ché se non si fa così ci si perde di vista di nuovo, e la pupa intanto nel carrello protesta che si sta annoiando, allora rimaniamo così, che si cena insieme tra un mese e mezzo.

E il sole che torna ad affacciarsi dalla cortina di nuvole dopo i primi giorni di grigio e i primi freddi e ti scalda la pelle e il cuore.

E sentire la necessità di tenere traccia di questi momenti, di fissarli nella parola scritta, di scattare foto a casaccio, sapendo che ripenserai ad essi come ai momenti forse più belli della tua vita, e ti viene in mente una canzone triste che dice: supponiamo dei giorni a creare ricordi...

E sapere che tra di noi c'è già un'altra persona, che non si vede e non si sente ancora, ma che già esiste, e per una volta evitare di pensare al dopo, al come sarà, al ce la farò? Ma provare a godermi l'ora, questi ultimi istanti di noi tre, sapendo che dopo, ancora una volta, tutto cambierà in maniera irreversibile, e non sarà necessariamente più bello o più brutto, ma sarà diverso, e allora provare a mantenere dentro queste sensazioni, dell'attimo che precede, di quel che siamo e che non saremo più, senza rimpianti.

E trovarti in fila alle poste con due studentesse alle prime armi, l'accento smaccatamente cagliaritano, la testa piena di progetti e di argomenti accademici, le parole dense di entusiasmo per un mondo a loro nuovo e adulto, e rivedermi in loro, ma accorgermi che in fondo quei dieci anni che ci separano, si sono scavati una trincea che somiglia più a un'abisso, e che ci sono, eccome se ci sono, e che non sono passati inutilmente, ché per fortuna non sono più quella persona, e non lo rimpiango.

E gli occhi nocciola della mia bambina che ride e cresce e scherza e le sue parole inventate, le sue canzoni improvvisate, il suo modo esilarante di raccontarmi il contenuto dei suoi sogni e cosa ha fatto a scuola, le canzoni nuove che impara al nido e che tenta di insegnarmi.

E gli abiti di qualche taglia fa riesumati dal mio armadio per adattarsi alla mia nuova conformazione fisica, chè dopo tutto meglio che li sfrutto ancora che se no non li avrei più messi, e per fortuna che non li avevo ancora buttati.

E la pupa che dice: "Mamma, guadda come sono grrrande in questo periolo". E ancora la pupa che canta Tanti auguri a mamma per due giorni di fila, e quando poi è arrivato il momento di cantare se ne esce con "Tanti auguri a Pinocchio".

E accorgerti di quanto sia fuorviante l'insana abitudine di stilare bilanci ad ogni nuovo avvicendarsi di quella data fatidica, che sempre porta con sé un po' di malinconia e sconforto, quando ti sembra che i tuoi obiettivi siano andati persi per strada, e invece poi a guardare le cose da un'altra prospettiva pensi che è proprio così che avresti voluto festeggiare i tuoi 31 anni, con una bambina in braccio e un'altro dentro, e il tuo uomo accanto.









martedì 16 ottobre 2012

Smaramba di pensieri (tra le righe: sindrome del nido).


Cielo in grande movimento.
Sole. Caldo. Pioggia. Acquazzone. Vento. Freschetto. Piumone. Afa. Zanzare. Boh.
Mi sveglia poco prima dell'alba un violento scroscione. Il mio pensiero va alle magliettine stese della pupa, in terrazza: pazienza. Poi alla bicicletta, esposta alle intemperie perché gli operai che lavorano all'appartamento del piano terra non vogliono che la lasci più sotto la tettoia; dicono che li intralcia nei lavori. Mah.
Mi alzo a fatica e così come sono (in pigiama, eh. Niente gocce di Chanel per me!) infilo il poncho impermeabile, le ciabatte e scendo a spostare la bicicletta, rischiando di ammazzarmi sulle scale bagnate, ché si scivola. E' praticamente buio e mette un po' di depressione. Non si capisce bene se il sole è già sorto o meno.
Raramente riesco ad anticipare le due sveglie feline sonore e tattili.
Un pensiero: lasciar dormire la pupa, che russa nel lettone col padre, mezza raffreddata e distrutta dalle scarpinate del giorno prima* e uscire per sbrigare alcune faccende che devo, che non avrei voglia, che preferirei rimandare, ma che devo.

(*In programma prossimo post sulle nostre gite domenicali, se ci riesco)

La maternità ha migliorato in me molti aspetti in cui ero prima assai carente.
Puntualità, rapidità di azione, organizzazione.
Chi mi conosce sorriderà di certo, pensando che non lo sono affatto nemmeno ora. Ma ora posso imputare gran parte dei miei insuccessi in questi campi alla di lei presenza, che ce la mette tutta per creare elementi di disturbo, per quanto è in suo potere.
Senza la pupa sono pronta in mezz'ora, lavata, vestita e colazionata, esco di casa con un'ora di anticipo rispetto al consueto, quando porto lei al nido, e sono di ritorno, a faccende sbrigate, all'ora in cui normalmente riesco ad uscire di casa.
Mi piace la città scintillante di pioggia, il cielo minaccioso che incombe sopra i Lungarni plumbeo, pesante, i colori più vividi dopo la lavata notturna, il sole che filtra di quando in quando creando spettacolari contrasti di luce.

E' un periodo strano. Come il cielo di questo ottobre fin troppo canonicamente autunnale mi oscuro e mi rassereno, altrettanto subitaneamente, mi abbatto per ostacoli tutto sommato ordinari, mi faccio coraggio e mi butto nell'ignoto con una discreta incoscienza, rinsavisco e muoio di strizza, crollo di stanchezza alle nove di sera, resuscito alle due di notte e non riesco a prendere sonno assediata da millanta dubbi e pensieri, ansie solo parzialmente razionali e problemi che in fondo a pensarci sono del tutto affrontabili, con la dovuta calma, mi riprometto metodo e efficienza diurni e poi mi perdo in tergiversazioni del tipo dovrei fare 'sta cosa ma siccome la sola idea di farla mi mette su un bel po' di ansia, magari prima faccio quest'altra, ritrovo a tratti la calma atarassica e mi sembra tutto perfettamente sotto controllo, mi mostro affabile, disponibile al confronto, diplomatica, fin troppo comprensiva e accomodante a tratti, esplodo di collere verso ignoti o verso noti in differita, rimugino risposte pronte non date in tempo, e quindi non pronte, ma tardive, in quanto tali inutili.
Chè non è la stessa cosa mandare un messaggino postumo dicendo, tipo: a proposito di quel che mi ha detto tre ore fa, ho pensato che la cosa più giusta sarebbe stata risponderle così:..."
Ormai è andata. Mi incazzo anche per l'immagine che proietto di me, affabile  e sprovveduta, docile alle manipolazioni, poi alzo la cresta e magari pecco un po' in presunzione e saccenza.
Non è così che vorrei, o che dovrei affrontare queste battaglie. Vorrei mostrarmi più calma, consapevole, riflessiva e cauta sì, ma non indecisa e titubante, determinata ma non in preda alla fretta e all'ansia.
Chè a me sembra proprio una battaglia questa estenuante ricerca di casa.
Una battaglia a tratti senza speranza.
A tratti mi sento così stanca, ma così stanca.
E getterei la spugna, sì. Chi me lo fa fare. Chi ce lo fa fare.
Ah, che senso di leggerezza, di libertà, al sol pensiero di non dover più combattere tutti quei duelli verbali, la diffidenza, il tastare il terreno, le mosse false, gli azzardi, le stoccate, la ricerca di un compromesso.... AH! Cazzo! L'ho detto! Ho detto quella parola! Compromesso!
Parola che da sola basta a mandarmi in fibrillazione.
Quasi quanto "mutuo", "notaio", "accatastamento", "visura catastale"... Aaaaah! Ma che è sta roba? Voglio morì!
Ricerco le mie onde Theta. Yuhù? Onde theta? Ci siete?

Hasuna una sera mi ha detto: allora, visto che tu non vuoi proprio venire in Libia potremmo vendere la macelleria e andare in qualche Paese tropicale, prenderci una casetta, aprire una piccola attività e vivere lì, senza tutti questi casini che ci sono in Italia.
L'ho guardato non capendo se stesse scherzando oppure no.
Era serio.

La verità è che a me piace vivere in questo porco Paese.
Non sono di quei topi che scappano quando la nave affonda, sono se mai di quei topi, se ve ne sono, che si rintanano in attesa che passi la tempesta, pronta a colare a picco con lei, con la nave in cui sono nata, che conosco, che amo, in cui mi sento al sicuro, a torto o a ragione, in cui ho progettato di navigare mari più limpidi, e chissà che non si riesca ad arrivare al porto sani e salvi, invece, non è mica detto che debba finire in un naufragio.
Io sono speranzosa. Ma allo stesso tempo tremo.
Oltretutto fa freddino e non trovo un pantalone che mi stia. Mi tocca andare in giro con variopinte gonne di cotone come una hippie fuori stagione.
Oh, accidenti alla panza accidenti!

Non volevo parlare qui di questa cosa della casa, ma i post su quanto è bella e simpatica la pupa e sui suoi librini stavano nauseando persino me.
Del resto dico di non essere scaramantica, ma in mancanza d'altro, uno prova tutte le strade.
Dicono si chiami sindrome del nido, e che sia colpa sempre dei soliti ormoni della gravidanza.
Voi ci avete capito qualcosa in questa smaramba?

venerdì 12 ottobre 2012

Storie di gatti, topi, uccelli... amicizie e alleanze fuori dagli schemi.

Sarebbe la prima volta che riesco a tenere il passo con la scadenza settimanale del venerdì del libro.
Sta ancora da vedere se riesco a terminare il post prima che lei si svegli!
Breve preambolo (e se iniziamo così inizio a disperare di farcela): stamani vado a riprendere Mimi al nido e lei rifiuta di mettersi le scarpe se prima non le leggo un libro di cui da giorni mi chiede la lettura, ma tra una cosa e l'altra, gli accompagnamenti e i recuperi e le maestre che scalpitano per affrettare le procedure di ingresso-uscita, non c'era mai stato tempo.
Insomma, a tempo di record le leggo il librino mentre le infilo le scarpe. Ma lei insiste che ne vuole leggere ancora un altro (ossignore, che figlia secchiona mi è toccata!)
Allora la mando dalla maestra Adriana a chiedere: "Maestra Adriana, mi puoi prestare un libro?" (Manda avanti i bambini quando non hai voglia di chiedere un favore che ritieni inopportuno).
Ed è così che scopro che il nostro nido è dotato di piccola biblioteca a disposizione dei bimbi, che possono su richiesta sceglierne uno o due e portarseli a casa per poi restituirli il giorno dopo, o a inizio settimana (sempre che i genitori siano corretti, ma io sono dell'avviso che la fiducia molto spesso ripaga in correttezza. Speriamo).
Quindi credo che attingeremo molto spesso a questa nuova fonte di materiale, visto che i soldini ultimamente scarseggiano sempre più e nella mia personale spending-review ho messo un interiore momentaneo blocco a nuovi acquisti editoriali per la nostra personale biblioteca casalinga.

Dunque abbiamo preso questo:


Titolo: Rosso Micione

Autore: Eric Battut

Editore: Bohempress

Età indicata: 2-5 anni

Voto: 9


martedì 9 ottobre 2012

Chicche di pupa.


Trimamma mi ha appioppat  insignita di questo premio, e io non sto nella pelle di andare a spulciare i miei contatti mamme per vedere a chi di loro ancora mancasse e poter così mollare a mia volta a loro questa bella patata bollente. In ogni caso dispero di riuscire a trovarne dieci.
Vedrò che riesco a fare.
Dunque le regole per partecipare a questo giochino innocente sono le seguenti:
  1. Apporre il banner (immagine sovrastante) sul proprio blog;
  2. Avere figli in grado di esprimersi (e se non li avete verrete esclusi dal concorso. Tranquilli: non si vince mica nulla!);
  3. Scrivere (almeno) una "chicca" (leggi: uscita esilarante) del piccolo (anche plurale) in questione;
  4. Passare il premio ad altre dieci mamme (o padri, aggiungo io) blogger (se ci riuscite) e prendersi le loro maledizioni.
Allora, siccome ogni tanto mi annoto (mentalmente o sulla mia utilissima agenda) delle cose della pupa che mi fanno ridere, mi commuovono, mi sorprendono o semplicemente voglio ricordare, però non è detto che sempre devo trascriverle qui, se no sai che palle, credo che potrò sfruttare questa occasione per riversarne qualcuna nel blog.

Per esempio:

I bambini sono la voce della verità.

Quest'estate al mare io Hasuna e Mimi; ci passa accanto un tizio sulla sessantina munito di enorme appendice addominale ('na cofana proprio). Lei esclama festante: "Guadda, mamma! C'ha i'ppanzone il tigno'e!" E siccome noi, ormai di tutti i colori dall'imbarazzo, continuavamo a fare i vaghi e non sapevamo più da che parte voltarci, insiste, sentendosi ignorata: "Hai vitto che panzone c'ha il tigno'e? C'ha i'ppanzone il tigno'e!" Tanto che non era possibile proprio fare finta di niente. Quello alla fine si volta e dice: "Eh, sì, hai visto? C'ho un bimbo dentro!"
Un classico, ma fa sempre effetto quando ti capita in prima persona.

Sottigliezze.

Sempre al mare, quest'estate. Mimi indica una signora e mi fa: "Mamma, guadda, temba zia Iene quella tigno'a!". La signora in questione, pure lei voluminosa sessantenne con un'ottava di puppe cascanti e un'enorme ventre, in effetti con la povera zia Iene aveva in comune solo le dimensioni della pancia (peccato che quella della zia fosse dovuta solo al suo ottavo mese di gravidanza!).
"Mimi, a me sembra che ha solo la pancia simile a quella di zia Irene..."
"No, mamma: è popio uguale a zia Iene" (Ah, beh, se lo dici tu! Povera cognata...)

Nel fantastico mondo di Mimi.

La pupa si sveglia lacrimevolmente e chiamandomi a gran voce dal suo sonnellino pomeridiano.
La mamma accorre, consola e poi chiede: "Cosa è successo, Mimi? Perché piangevi?"
Lei ci pensa un po' su, seria seria, poi mi fa, tutto d'un fiato: "Pecché il Gatto e la Volpe, quei bibbanti, mi hanno rubato le monete d'oro di Geppetto!" (Ebbene sì: ho creato un mostro).

Personaggi notevoli (sempre della nostra estate).

Sulla spiaggia di Marina la pupa nota un bagnante piuttosto alto e corpulento nell'ombrellone avanti al nostro, un omaccione pompato che indossa una bandana in testa da cui spunta una brizzolata e ricciuta coda di cavallo, uno slippino nero alquanto aderente, esibisce orecchino e una serie di vistosi tatuaggi.
Lei mi si avvicina e dice piano, con tono cospiratorio: "Mamma, hai vitto? C'è un pi'ata!"

Cose che accadono.

Alla pupa piace provarsi le mie scarpe. Le mette e poi dice: "Hai vitto, mamma, come sono bella? Guadda, come sono elegante!" Cioè, anche se si mette gli zoccoli Birkenstock fa questa manfrina: è proprio senza speranza. Ma in genere predilige quelle un po' più... da femmina.
Così un bel giorno se ne andava sciabattando per casa con un paio di leziose scarpette nere con ideogrammi stile cinese da me acquistate anni fa per un matrimonio o giù di lì, che io forse avrò messo due volte in vita mia. A un certo punto se ne viene e mi fa: "Mamma le ccappe tono nello ggabuzzino: tono tutte bagnate, le ho lasciate là." Mah! Lì per lì non ci ho fatto caso, finchè tempo dopo mi accorgo che è lei ad essere tutta bagnata. Si era ai primi tentativi con il vasino e nulla di strano che ogni tanto la facesse per via, ma... "Mimi, non avrai mica fatto pipì nelle mie scarpe?" "Eh tì, mamma: tono tutte bagnate!" (Come a dire: te l'avevo pur detto, no?)

I rischi del metodo Stanislavskij.

Ve l'ho detto che Mimi si trasforma.
In questi giorni di pioggi ama mettere la sua mantellina da pioggia rossa, i suoi stivali da pioggia variopinti, e uscire a passeggio fare cik-ciak nelle pozzanghere. In questi casi è Cappucetto Rosso che va a far visita alla nonna. Camminiamo nel vialetto dei giardini pubblici sotto casa. Lei si ferma a sguazzare in una pozza, io vado avanti a camminare, la aspetto un po', mi raggiunge, proseguiamo, poi di nuovo pozzanghera, lei rimane indietro e così via. A un tratto mi raggiunge correndo e terrorizzata: "Mamma! Mamma! Ho pauva! C'è il lupo nel bocco che mi vuole mangiae!" (Eccesso di immedesimazione).

Gratitudine nei confronti del creato.

A Mimi piace tanto quando il babbo la porta in campagna a vedere le mucche in una fattoria che conosce. In queste occasioni vede un sacco di animali, dà da mangiare alle caprette e alle galline, va a cercare il gatto, si spaventa dei cani, non si schifa dell'odore e dei cumuli di cacca e ha modo di osservare il processo di mungitura delle vacche da latte.
Una mattina dopo aver versato, aiutata dalla mamma, il latte della colazione nella tazza, fa per portarla alle labbra, poi si ferma, volge gli occhi al cielo e dice, con voce commossa: "G'azie mucche, che ci date il latte pe'ffa'e colazione!" (So che non avrei dovuto ridere, ma mi è scappato!)

Per interposta persona.

La mattina al momento della separazione all'entrata del nido le maestre tentano l'approccio della distrazione per slacciare la pupa dall'abbraccio simbiotico con la mamma (ora l'ingresso al nido è diventato abbastanza indolore, ma si verificano ancora quegli slanci di mammite al momento dei saluti), proponendole diversi argomenti allettanti. Lei senza nemmeno guardarle, mi fa: "Mamma, peffavo'e, puoi di'e alle maettre che non ho voglia di chiacche'a'e con lo'o?" (Della serie: risparmiate pure gli sforzi per oggi).

Consapevolezza di sè.

Mimi viene apostrofata per strada da una signora in vena di complimenti che le fa: "Ma guarda qui che bella bambolina che abbiamo!" Lei la guarda contrariata, poi agitando davanti al naso l'indice ammaestratore corregge: "No, tigno'a: tono una bimba, io!"

Ecco, credo che questa carrellata di esilaranti episodi pupeschi sia sufficiente ad aver dissuaso molti lettori fedeli dal continuare a seguirmi. Sono inoppugnabilmente, incontrovertibilmente, irrecuperabilmente e ufficialmente una mom-blogger, ma di quelle pese, eh!
Lo so che il testo diceva: "almeno una chicca" e io ne ho riportate 24, ma l'errore è stato il non aver fissato un tetto massimo (ci fosse stato scritto "almeno una e non più di tre" sarebbe stato diverso!).
Impossibile scegliere, per me. Beccatevele tutte.
Ed ora stilerò la lista delle possibili future vittime del giochino scorrendo l'elenco dei miei contatti, in ordine di apparizione (scartando quelle che per differente conformazione del blog già so con relativa certezza che non accetteranno il gentile invito). Se già vi fosse toccato in passato, fa niente. Abbiate pazienza.
Dunque, giro il premio a:

Sei cuori e una casetta (anche se dovrebbe averlo già ricevuto, ma non mi pare abbia assolto ai suoi doveri di cronaca, e poi mi piace sempre leggere delle avventure dei suoi quattro. Curiosa di leggere ciò che scriverà)
The Queen Father (oh, uno ci prova)
(Uff! A quanto sto? Ancora tre???)
E va bene così (Giusto per darle l'input a ricominciare a scrivere, visto che è decisamente da troppo tempo che latita! E a me manca).

Ok, nessun rancore gli esclusi, nessuno gli inclusi. Se vi infastidisce basta ignorare il giochino!
E ora vado ad avvertire i "fortunati" assegnatari.
Vostra Suster.

venerdì 5 ottobre 2012

Libri di pupa: A spasso col mostro.

Scommetto che era da un po' che vi chiedevate che fine avesse fatto la rubrica dei libri della pupa.
Eh, sì, come no, Suster. Ma se proprio devi, ecco: siamo pronti. Cosa ci presenti oggi?
Vi ricordate quando vi ho parlato della Strega Rossella e del gustoso umorismo di Julia Donaldson?
Ebbene, siccome mi era piaciuto assai, e anche alla pupa, mi sono procurata (le ho procurato, ma mi sa che anche la prima persona in questo caso è appropriata...) un altro "classico" realizzato da questa coppia di bravissimi autori, la cui collaborazione mi ha conquistata.

Eccolo:

Titolo: A spasso col mostro.

AutoreJulia Donaldson

IllustratoreAxel Schleffler

Editore: Emme edizioni

Età: dai 2-3 anni

Voto: 9

Protagonista di questa favola modernissima, ma assolutamente in linea con lo spirito e con l'impostazione della migliore tradizione favolistica da Esopo a Lafontaine, è un piccolo topino, un topino allegro e gioioso, come ci viene subito definito dalla voce narrante, ma senza dubbio anche scaltro e per nulla indifeso, che grazie alle sue capacità dialettiche e alla sua arguzia riuscirà ad avere la meglio su avversari ben più temibili, dalla baffuta volpe alla pennuta civetta alla squamosa biscia, facendola in barba a tutti dimostrando così una volta di più come cervello e sangue freddo riescano assai più utili nello scontro diretto che non artigli e muscoli.
Il nostro topino è insomma l'archetipo del personaggio debole ma non privo di risorse intellettuali, capace di tirarsi fuori dalla situazione più pericolosa solo in virtù della rapidità di pensiero e della battuta pronta.



C'è da dire che i suoi avversari in questo caso si dimostrano bersagli di beffa fin troppo vulnerabili, piuttosto creduloni e codardi, al punto da darsela a gambe al solo pensiero dell'esistenza del terrificante Gruffalò, mostro dalle zanne e artigli affilati, che a quanto pare è solito fare grandi scorpacciate di volpi, civette e serpenti.



Troppo facile per il furbo topino cavarsela facendo affidamento sulla sua fervida immaginazione.
Ma cosa è bugia e cosa verità, nel mondo delle favole dove ciò che si racconta pare prender vita dalla parola stessa?
Vittima della sua stessa menzogna, topino se la vedrà infine col Gruffalò in persona... Ma allora esiste davvero! Riuscirà ad averla vinta anche col mostro?
Certo che sì, come è facile immaginare, sfruttando quelle stesse bugie che già in passato gli hanno salvato la pelle, e facendosene scudo come una sorta di lasciapassare riuscirà ad acquistare credito e riverenza presso tutti i suoi nemici più temuti, in un gioco di specchi riflessi dove è difficile capire chi ha paura di chi e chi deve aver paura di chi, e dove pare che l'unico a non lasciarsi spaventare da nulla sia proprio lui, il più piccolo e apparentemente inoffensivo tra tutti gli animali del bosco.



Naturalmente in tutto ciò non poteva mancare la vena umoristica della divertente narrazione in rima, che serve a sdrammatizzare un contesto che altrimenti avrebbe anche un che di inquietante, trattandosi qui di scontri ancestrali per la sopravvivenza, dove è in gioco niente meno che la pelle, e dove in una sorta di reciproco cannibalismo non si vede nell'altro che una possibile preda per riempirsi la pancia, in un'esilarante susseguirsi di metafore mangerecce, volpi impanate, serpenti al funghetto, e Gruffalò col salame...
Un mondo alla rovescia dove all'apice della catena alimentare vediamo trionfare quel furbo piccolo roditore, di fronte al quale anche il temuto Gruffalò alla fine batte in ritirata (per cui potremmo aggiungere: chi mangia chi?).



E naturalmente le illustrazioni sono quelle, accurate e realistiche ma caratterizzate e divertenti di Axel Scheffler, perfettamente integrate al testo, praticamente un tuttuno, al punto da farti pensare che si tratti di un unico autore-illustratore, che cala i suoi personaggi nel cuore di uno scenario boschivo particolareggiato e vivo, sempre animato dalla presenza furtiva di qualche fugace comparsa, qua una rana, là un picchio, un colibrì o uno scoiattolo, piccoli particolari che rendono quasi una continua scoperta lo scorrimento di queste grandi pagine illustrate.


I vostri bambini si divertiranno a scovare ad ogni nuova pagina la presenza di tutti questi piccoli animali, e voi vi divertirete a interpretare le tante voci dei personaggi... sempre che vi piaccia prestarvi come lettori!

Con questo post partecipo a: I venerdì del libro.
Se ti interessa puoi leggere anche le altre recensioni de I libri di pupa.
Trovi la libreria della pupa anche su Anobii.