mercoledì 12 novembre 2014

L'ora in cui dormono le asce.


La sera deponiamo l'ascia di guerra.
Quasi sempre cioè.
Prima ci sono ancora un po' di urlacci, e un po' di NO!
Prima c'è ancora qualche obbiezione, Vostro Onore.
Prima c'è magari "Dovevo tirarla io la catena! Ti avevo detto che dovevo tirarla io! Bwaaaah!".
Prima ci sono catene di Sant'Antonio di libri da leggere sul tappeto psichedelico in camera delle bimbe, e fare a botte e a chi grida più forte perché devo leggere Peppa Pig Una gita in treno o La casa dei gatti piccini piccini picciò secondo una, no invece, secondo l'altra, che schifo Peppa, leggimi questo, mamma, e ti tira fuori volume di storie di Principesse da 150 pagine, un'ora e quaranta di lettura per finirlo.

Prima c'è tutto questo rituale, che io non ho certo contribuito a mettere a punto, ché non son mai stata brava coi rituali e con le routine, con gli orari e con le tabelle di marcia, ma si è stabilito così da sé, per tentativi e un po' assecondando loro, che finita la cena mantengono quel quarto d'ora di stato di grazia in cui riescono a essere sufficientemente autonome da permettermi di lavare grossomodo i piatti e pulire la tavola.
A meno che la piccola non cominci a urlare.

Allora significa che la sorella l'ha immotivatamente chiusa fuori camera, barricandosi dentro con il piccolo pianoforte davanti alla porta (troppi action movie?), tanto che una vota se l'è anche fatto cadere sull'alluce comportando la morte per acciaccamento dell'unghia; una schifezza che non vi dico, quando poi è caduta.
Oppure che si stanno litigando la scatolina con le gemme colorate.
Oppure non lo so, esistono un'infinità di variabili sui motivi delle urla raniesche sul far della sera.
Comunque poi passa. Il bello di lei è che passa sempre tutto abbastanza rapidamente.

Poi ci sono i librini, dicevo.
Poi ci sono i denti e il pigiama, passaggio questo che mi eviterei volentieri, se non mi stessi sforzando con tutto il mio essere di incarnare l'ideale inarrivabile della brava madre.
Quindi lo bypassiamo solo a volte. I denti intendo. Il pigiama anche, se lei si impunta a voler dormire coi collant. Poi al limite la spoglio quando dorme, tanto ormai non si sveglia più nemmeno se la facessi roteare sopra la mia testa tenendola per una caviglia (aspetto speranzosa che arrivi a un tal grado di sonno profondo anche la secondogenita, ma lei si sveglia al primo fruscio di lenzuola, ancora. Merda.)

E' allora che deponiamo le armi, e ci ricordiamo quanto siamo importanti l'una per l'altra.
Saliamo sul lettone, tutte e tre. La mamma, cioè la sottoscritta, solleva le lenzuola, scopre il materasso e le due ci si infilano dentro, tra le lenzuola e il materasso intendo.
Mi infilo anche io, tra le due.
Le luci vengono spente in casa. Rimane la piccola abat-jour a illuminare di lato.
Rania pretende a oltranza "Nanna! Nanna! Nanna!" piagnucolando, col tono di voce di chi stia morendo per privazione di sonno.
Mimi invece mi sfodera il suo immancabile: "Mamma, mi racconti la storia di..." e qui inserite a piacere: di quando io sono nata? Di cappuccetto rosso? Della torre di Babele? Di Elsa e Anna? Della sirenetta di waldisney (non quella in cui lei muore)? Di te quando eri piccola? Di cosa abbiamo fatto oggi? Della puntata di Peter Coniglio?
- Mimi non l'ho vista la puntata di Peter Coniglio. Non l'ho guardata. Cioè, non stavo seguendo. Non mi ricordo.
- E vabbé. Allora inventatela, no?

Quindi una si sforza di mettere insieme un numero sufficiente di neuroni e tirare fuori un racconto coerente, senza intrusioni di elementi inconsci affioranti nella fase pre-sonno, ma è dura, durissima, e va spesso  finire che i personaggi improvvisino dialoghi dell'assurdo su quel che hanno mangiato a cena, il più delle volte mal tollerati dalla destinataria del resoconto di quelle gesta.

La prima a cadere è sempre la più piccola.
Sì addormenta così come ha sempre fatto da ché è venuta al mondo. Ebbene sì: ancora la tetta (chi l'avrebbe mai detto che mi sarei ridotta a questo punto?). Ma è comodo e indolore e noi ce ne freghiamo dei dibattiti sui forum sull'opportunità di accelerare il momento dell'independenza fisico-emotiva dal corpo della madre. Rimane tra le nostre lenzuola, come il sesso, come i sogni, come la pipì a letto quando sei grande abbastanza per vergognartene, come il pelo dei gatti, la sabbia del mare dopo una giornata in spiaggia e l'odore dei corpi. Finisce così per lei ancora la giornata, con quell'appiglio sicuro da cui attingere tranquillità e sicurezza.

Mimi invece a volte si addormenta nell'attesa speranzosa della seconda storia promessa in malafede dalla madre: "Quando Rania dorme, ché ora mi devo  un po' riposare".
E' difficile da definire con precisione il momento in cui anche la seconda guerriera cede infine al sonno, perché spesso mi vien meno la coscienza per appurarlo, come un medico che dichiari l'ora del decesso. Perché spesso non ci arrivo neanche io, indenne.
Altre volte invece no. Le dico: "Vuoi venire addosso a me?" Lei si sdraia sulla mia pancia, pancia contro pancia, la testa all'altezza del mio petto.
Poi le dico: "Lo senti il mio cuore?" E lei, concentrata nell'ascolto di quel battito ancestrale, come quelle fossero le parole magiche della tregua da ogni conflitto, si lascia andare, diventa pesante, sempre più pesante, e infine è scivolata dentro quel battito con tutta se stessa.

Finisce così. La casa silenziosa, il tepore dei corpi caldi sotto il piumone.

E io ora mi dovrei alzare; sono appena le nove, non posso mica andare a letto a quest'ora.
Ho tante di quelle cose da fare. Tante di quelle cose signori miei, voi sapeste. Ho tante di quelle cose che nemmeno saprei da dove cominciare. Ecco, non so nemmeno da che parte cominciare. Com'è faticoso cominciare, quando il giorno finisce, e la casa è fredda, e tu stai tanto bene, qui, tra i loro respiri regolari. Ancora un poco e poi mi alzo. Ancora un poco.

Buonanotte.

3 commenti:

  1. Non so se sia consolatorio ma da me -te lo giuro- uguale. Tranne per la cosa della routine, che io in quello sono una fottuta macchina da guerra.
    Comunque anche io mi addormento sul loro letto (ora dormono insieme nella parte sotto del letto a castello) e mi sveglio alle 10 come fossero le 3 di notte.

    Susibita

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  2. Che bel racconto.
    Amo la fine della giornata, e amo anche addormentarmi nel suo letto, per poi rinvenire e dirmi "non posso dormire a quest'ora!" :D

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  3. Il fatto di non essere la sola un po' mi consola! :-)

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