venerdì 30 settembre 2016

No time for a post

Avrei voluto riaffacciarmi qui.
Avrei voluto.
La piccola si è svegliata e io devo uscire a prendere Rania a scuola.
I panni da stendere sono accatastati nella bacinella sul davanzale, il mio pc ha una reattività da far invidia a Flash il bradipo della motorizzazione di Zootropolis.
Quindi lascio in sospeso loro e il post.
Il blog non è morto, o almeno così mi dico.
Tornerò, e allora... Ah ah ah!Allora vedrete. (Mah. Boh!)
Che confusione. Sarà perché vi amo.
Niente. Noi, intanto, siamo più o meno a questo punto:


Tante care cose!

mercoledì 1 giugno 2016

Miriam è nata e lotta insieme a noi

Miriam è nata una mattina di maggio.
Quel giorno l'ho visto sorgere dalla finestra della sala travaglio; l'ho visto albeggiare sbigottita, perché poche ore prima mettevo a letto le mie bambine più grandi dopo una faticosissima lettura dei soliti due tre libri, che immancabilmente diventano otto nove, soprattutto quando non sai opporti perché in cuor tuo già sanguini al pensiero che domani non sarai lì con loro a leggerne altri; dopo aver perso per l'ennesima volta la pazienza e aver declamato, a voce chiara e scandita: "Mimi, ora mamma si incazza!" perché continuavano a litigare e non si infilavano sotto le coperte; dopo aver detto loro che forse quella notte sarei andata in ospedale, perché mi faceva "un po' male la pancia" e di non preoccuparsi, se svegliandosi non c'ero, ché le lasciavo con la zia, in buone mani; dopo aver col cuore grosso e l'utero in subbuglio, contenuto l'angoscia di Mimi che mi diceva non voleva che andassi; dopo aver soppresso l'ennesimo nuovo brutto presagio, perché mi sembrava davvero di star andando al patibolo, e realizzavo che sarei potuta anche non tornare più; dopo averle salutate in silenzio, con gli occhi, che dormivano nei loro letti, sicure e fiduciose in un domani noto, dunque, mi sono sistemata la valigia, ho lasciato un patetico post-it alla mia figlia maggiore, in stampatello, dove scrivevo di volerle bene, e sono andata in ospedale.
Da lì, qualche ora più tardi, ho visto albeggiare.

Miriam è nata il giorno in cui sua sorella avrebbe ricevuto il diplomino della scuola dell'infanzia, e si sarebbe esibita davanti a tutti con il suo saggio di musica e movimento. Io non c'ero.
Ma ho visto un pezzetto di video, dopo. Non è proprio la stessa cosa, ma lei è arrivata in sala degenza con in testa il tocco da laureata di cartoncino nero, e il diploma arrotolato di finta pergamena, chiuso da un nastrino rosso, e dopo mi ha dedicato anche un remake personalizzato delle coreografie del saggio, tutto per me, anche se si è incazzata a bestia perché Rania voleva danzare pure lei, invece quello era il SUO momento, suo di Mimi, e io dovevo guardare solo lei, Mimi.

Quando Miriam è nata, io dopo ho pianto.
Proprio lì, sul trespolo da parto, mentre a cosce divaricate ancora un'esperta equipe di medici mi rattoppavano e rimboccavano il rimboccabile e rattoppabile dello straboccato e sbrindellato.
Piangevo tra i complimenti dello staff medico, piangevo via tutta la paura e i brutti presagi e la sofferenza fisica delle ultime ore.
Ho pianto mentre uscivo di casa, lasciando le mie figlie nei loro lettini, e mentre salutavo mia sorella.
Ho pianto mentre l'auto varcava la soglia dell'ospedale.
Ho pianto anche tra una contrazione e l'altra, regredita a stadio infantile.
Miriam si è portata via tutte le lacrime.
Il mio corpo l'ha salutata con le ultime rimaste, la paura si è diluita in acqua salina, lavandosi via dagli occhi, abbondante, finalmente esorcizzata.

Dalla finestra della mia camera, in ospedale, vedevo via Risorgimento, e la torre campanaria che svettava da dietro le chiome dei pini e dei cedri, in piazza dei Miracoli. dalla finestra un cielo afoso di maggio che presto si è mutato in temporalesco. Il cielo di maggio ha salutato Miriam con una potente scrosciata d'acqua, ha lavato l'asfalto e i tetti di cotto, gli intonaci gialli, poi glie li ha restituiti brillanti e stillanti.
Miriam si è affacciata alla vita e ha salutato come il Papa benedicente dal balcone dei Palazzi Vaticani.
Ha detto: la pace sia con voi. Andate in pace.
Ora finalmente mi sento in pace.



giovedì 19 maggio 2016

Tempo sprecato


Io me ne starei qui, sulle piastrelle tiepide della terrazza, scaldate dal sole di maggio.
Me ne starei qui, tra un acquazzone e l'altro, ché di corsa tiro via le lenzuola dallo stendino, prima che diluvi.
Il vento burbero le ha asciugate in poche ore, io farò finta di metterle da parte per dar loro una stirata, poi finiranno nell'armadio così come sono, tanto stirarle che gran perdita di tempo.

Me ne starei qui a veder passare il tempo con le mie bambine che si rotolano sul pavimento, libere di impolverarsi quanto pare loro.
La primavera porta sempre un sacco di polvere e in fin dei conti chi se ne frega se in casa ce n'è a ditate. Credo sia un'accettabile scotto da pagare per la meravigliosa stagione che ogni nuovo anno ci è concessa.

martedì 10 maggio 2016

Memorie sparse e bipolarismi di una donna gravida quasi a termine

Beh... sto per dire delle gran banalità, ma è da non credere come il tempo a volte scivoli via insidioso e silenzioso, veloce che non lo afferri, subdolo che non te ne accorgi, finché...
Dove cazzo è andato a finire tutto questo tempo?
E tu avevi un sacco di progetti, un sacco di cose da fare PRIMA, quando ancora ti sembrava di averne più che a sufficienza. Ma insomma.
Il succo è che il mio tempo è quasi scaduto, e io non è che mi senta proprio preparata al grande salto ma babbé, come dice Rania, che è la diplomatica della famiglia, accomodante per costituzione, e quando fa un guaio smorza ogni incazzatura sminuendone la gravità: "E babbé, mamma, non shuccede nulla". Come darle torto.
Ogni tanto occorre lasciarsi andare al corso degli eventi, dare voce ad un certo fatalismo che risiede negli strati più sotterranei del nostro animo, e allentare il controllo, o almeno quello che crediamo di avere sulle cose, sulla nostra vita, sul tempo, appunto, che non ci sembra mai sufficiente, chissà perché.



domenica 1 maggio 2016

Tra due fuochi. E mezzo.

Malgrado l'assenteismo dal blog, siamo sempre qui, quella più piccola dentro la pancia, le due più grandi fuori a tormentarmi, il beduino che va e viene, io che altaleno secondo il tempo e gli umori e, forse, gli ormoni, secondo la curva energetica del mio bioritmo, che ultimamente è pericolosamente instabile.

Rania è una bambina solare, gioiosa, divertente, piena di energie; è fantastica e simpaticissima, ti riempie le giornate, ma mi mangia il cervello, e, cazzarola, non sta mai zitta.
Ha un volume di voce costante a 120 decibel , mi chiama 830 volte al giorno, mi martella di "perchèèè?", con un accento grave sulla "è" apertissima che spesso non attendono risposta, e se la ottengono la dribblano o la ignorano e si ripropongono all'infinito; mi sfinisce di "Mamma!" di "Ti ricordi quando ero piccola che", di "Ho fame!", di "facciamo qualcosha!", di "Ho un'idea: facciamo che" e francamente ho quasi sempre voglia di sbolognarla.
Certo poi il senso di colpa va a mille, perché, come ho detto, è tenera, adorabile, affettuosa.

Mimi è una bambina molto sensibile e ricettiva, ha attenzioni e delicatezze che mi lasciano sempre col cuore gonfio di gratitudine e grondante rimorso per tutte le volte che calpesto senza tatto quella sua sensibilità così difficile da manipolare, da non urtare, mai ferire. Però ci sono giorni che la prenderei per i piedi e la lancerei lontanissimo da me perché mi annienta, con i suoi sfoghi, i suoi malumori repentini, i suoi isterismi, le sue indisponenze, ché per come la prendi la prendi non va mai bene, e più cerchi la via della conciliazione più lei sceglie la provocazione e rilancia in atteggiamenti stizzosi o fastidiosi.

venerdì 8 aprile 2016

Ottimista e fiduciosa (ma è fiducia malriposta)


E comunque di fondo, rimango un'inguaribile ottimista.
Dimostrazione ne è la fiducia incondizionata che continuo a nutrire verso il genere umano, quando dimentico le chiavi inserite nel quadro della macchina e i finestrini completamente abbassati nel parcheggio del supermercato (a parte il fatto che le portiere sono sempre aperte perché se chiudo a chiave poi mi tocca entrare dal bagagliaio come spiegai tempo fa).
E questo malgrado le mie recenti disavventure per cui ancora non ho rimpiazzato la vecchia reflex e ancora oggi, dopo mesi dal fattaccio, mi ritrovo a dover richiedere il duplicati della tessera di smaltimento dei rifiuti persa assieme al mio portafogli.

lunedì 21 marzo 2016

Col mio corpo, nel mio corpo

Illustrazione di Maja Vaselinović
Con estrema fatica ho finalmente finito Il corpo delle donne, bel saggio di Lorella Zanardo sulla rappresentazione della donna nella tv italiana. Il saggio è stato scritto a complemento e commento a un documentario uscito nel 2009 (per chi non lo conoscesse è visionabile on line su TouTube: questo il link) e a seguito del grande sucesso riscosso da quest'ultimo.
Un successo che io non ho nemmeno lontanamente percepito, giacché fino al mese scorso non sapevo nulla dell'esistenza di questo lavoro. Talvolta mi chiedo dove caspita io viva mentre il mondo gira, le cose accadono, la gente parla, boh. Il fatto è che prima o poi ci arrivo, ma il mio disinteresse per i media e l'attualità mi portano in un primo momento ad ignorare anche quegli spunti positivi che potrebbero far luce nel mare magno della mediocrità e della volgarità.
Non che io spenga la tv per snobismo o per scelta aristocraticamente intellettuale.
Se penso a dove fossi nel 2009, arrivo facilmente a dedurre che all'epoca di tv non ne guardavo per semplice incompatibilità di orari lavorativi, visto che tutte le sere in linea di massima servivo piatti in un ristorante della mia città.
Il varietà mi ha sempre annoiata, comunque, sin da piccolissima, e il tipo di fisicità urlata che la tv "di intrattenimento" propone l'ho sempre sentito lontano e alieno da me, dal mio modo di vivere il corpo e sentirlo, anche se forse troppo a lungo gli ho lasciato ben poco spazio.

venerdì 11 marzo 2016

Ora e sempre, dalla parte delle bambine

Com'è come non è, mi sono ritrovata ad esser genitrice di due femmine, anzi, ora ve lo posso anche dire, quasi di tre.
Non so come avrei preso questa notizia, se me l'avessero detto, che so io, dieci anni fa.
Il fatto è che non mi ci vedevo, e penso che il motivo di fondo sia il fatto che non mi sono mai identificata con l'immagine della femminilità che sempre ci hanno propinato, proposto e imbellettato fin dalla primissima infanzia.
Non io, cresciuta tra tre fratelli maschi e dedita a intrattenimenti tutt'altro che leziosi.
Non io che preferivo giocare al wrestling sul lettone dei miei piuttosto che servire il thé alle bambole.
Non io, che trovavo la maggior parte dei cartoni animati di target femminile insulsi, noiosi e inguardabili.
Non io che, ora, da grande, ho provato più emozione entrando da Briko che da Desigual.
C'ero io, e poi c'erano le altre, le donne vere, le femmine; loro, che da piccole giocavano con le barbie, io, chge reprimevo il desiderio di possederne una perché implicitamente avevo appreso che quello era un passatempo da femminucce sceme, ed io non lo ero.

mercoledì 2 marzo 2016

Comunicazione di sistema dal Matrix

Illustrazione di Lucia Salemi

Tu te ne stai lì, al caldo circoscritto del tuo spazio vitale, cullata dallo sciabordio della vita che corre fuori, rassicurata dai rumori noti, che ti accompagnano fin dall'inizio di tutta questa storia, la tua; tu te ne stai lì rannicchiata, accoccolata, protetta e non sai.
Non sai quasi nulla di me, e non sai che so molte cose di te, molte più cose forse di quante tu stessa ne sappia.
Non sai che tra qualche mese tutto per te cambierà drasticamente, e non so se ti piacerà, non subito almeno.
Non sai che esiste un fuori, non sai forse nemmeno che il tuo mondo finora è limitato a un dentro, che per te è tutto (pillola blu o pillola rossa? Nessuno te lo chiederà, temo. Quando vedrai Matrix per la prima volta, capirai anche questo).

lunedì 29 febbraio 2016

Amata solitudine


Avere un compagno che saltuariamente si assenta per periodi più o meno lunghi ha i suoi pro e i suoi contro.
In genere, quando è a casa, riesco a vedere più facilmente soprattutto i pro del non averlo tra i piedi.
Gli aspetti negativi emergono solo dalle assenze più prolungate, e riguardano soprattutto le bambine e la difficoltà di gestire le loro (legittime) reazioni emotive alla distanza paterna.
Sarà che quando è a casa è incredibilmente, straordinariamente inattivo, ingombrante, intralciante, invadente gli spazi e i tempi altrui.
Sarà che nell'ambito dell'organizzazione familiare il fatto che lui sia presente o meno è un particolare assolutamente poco rilevante, non fosse per il fatto che c'è più bucato da infilare in lavatrice e più pasti da preparare, più piatti da lavare e via dicendo con le lamentazioni della casalinga frustrata.


venerdì 12 febbraio 2016

Libri: domande importanti

Io chi sono? Cosa ci faccio qui? Perché esisto?
Mimi ha iniziato a porsi domande di questo tipo molto presto, cogliendomi spesso alla sprovvista, e nell'imbarazzo di non avere una risposta adeguata alle sue richieste, a volte perché si trattava di domande volutamente destinate a non averne, che si confrontavano direttamente con la vertigine dell'infinità: del tempo, dello spazio, con il prima del prima e con l'oltre dell'oltre, con l'eterno, con l'infinito, e con la loro assurdità logica.
Sembrano domande troppo grandi per una bambina piccola. In genere pensiamo che i bimbi non se ne pongano di questa portata, non subito, almeno, perché i bambini, si sa, prendono per buono ciò che c'è, sono troppo presi ad imparare, prima, ciò che possono toccare, vedere, e che i loro perché riguardino solo il mondo contingente.
Forse troppo spesso li sottovalutiamo, senza renderci conto che loro, più di noi, devono spesso sentirsi come dei piccoli astronauti piovuti, non si sa come, in un mondo sconosciuto di cui stanno, con fatica, curiosità, entusiasmo, incredibile spirito di adattamento e intuito, gradualmente scoprendo regole e funzionamento.

E' di questo, forse, che parla Il bambino tra le pagine, delizioso albo illustrato di Peter Carnavas (un autore che credo valga la pena tenere d'occhio):




Titolo: Il bambino tra le pagine

Autore: Peter Carnavas

Editore: Valentina edizioni, 2015

Età: dai 4 anni


lunedì 8 febbraio 2016

Del perché non amo il carnevale

Immagino in parte sia dovuto al mio carattere di merda.
Come si può non amare il Carnevale? No, dico: la festa della spensieratezza, dell'irriverenza, della libertà espressiva, l'occasione per tutti di tornare un po' bambini.
Sarà che la mia ostilità risale proprio ai tempi gioiosi della mia infanzia, quando l'imperativo di divertirsi era legato indissolubilmente al concetto di "maschera figa", ed io, puntualmente, finivo in un angolo a vergognarmi della mia.
Sì, non c'è niente da fare: quando uno nasce storto, storto rimane.
In me è presente il velenoso seme del non-divertimento. Credo che in fondo tutto si riduca ad una mia cronica incapacità di lasciarmi andare, di staccare la spina e fregarmene.
Un po' come alle feste universitarie, quegli enormi coacervi di gente sfatta che periodicamente si ritrovavano nel garage di casa nostra, lunghi after-hour che si concludevano nella tarda mattinata del giorno dopo, quando gli ultimi superstiti si riprendevano dal loro momentaneo stato di incoscienza etilico, raccattavano i boccioni residui di vino scadente coi loro fondi di vino scadente, le ultime lattine di birra dell'Eurospin, e finalmente si levavano dai coglioni.
Io c'ero, ero sempre lì, in fondo era casa mia, malgrado il ruolo di padrone di casa buontempone toccasse sempre al beduino. Io ero quella che puliva alla fine, che raccattava durante, che mediava coi carabinieri e coi vigili sul far dell'alba, quella che si prendeva l'onere della responsabilità. Per cui ero anche quella che non sbragava mai del tutto. Ero quella che in un marasma di gente dall'attività neuronale praticamente azzerata, doveva mantener vivo un barlume di lucidità.
Di quelle feste ho sempre prediletto in effetti il momento in cui si sbaraccava tutto.

martedì 26 gennaio 2016

Appunti quotidiani.


Il gelo dei giorni passati ci ha portato un nuovo ciclo di malanni: siamo stati mali a turno, tutti quanti.
Rania, che continua a produrre quantitativi importanti di muco di tutti i colori, ha smesso di fare l'aerosol unicamente per esasperazione materna e ha il naso screpolato a sangue a furia di sfregamenti di fazzoletti.
Il beduino è stato letteralmente steso dall'influenza rantolante nel letto per la durata di tre giorni netti, incosciente del mondo circostante come solo un uomo sa fare. Un pomeriggio gli ho lasciato le bimbe per andare a una riunione, con l'accorgimento di lasciare cena pronta e il DVD di Pinocchio inserito. Sono ritornata di gran carriera intorno alle otto e ti trovo Mimi arrampicata sul lavandino intenta a tirar fuori piatti per apparecchiare la tavola per la cena, Pinocchio in stand by sul menù dei titoli, Rania vagante per la terrazza che mi cercava, lui sempre nel letto, sempre rantolante, sempre totalmente incurante delle proprie responsabilità paterne.
Va be'.

lunedì 18 gennaio 2016

Le cose che poi dimentichi.

Ché poi, si dice, dimentichi tutto.
Almeno finché non ti ricapita. Allora a un tratto ti ricordi di nuovo. Ah, già! Anche l'altra volta era andata così!
La nausea del primo trimestre, il fastidio per gli odori, la letargia.
L'ansia notturna, l'insonnia insensata.
Gli attacchi di fame, mangiare come un uomo e crollare alle nove di sera come un pupo.
Le manie salutiste, le spese improbabili al supermercato, le paste integrali, la verdura bio.
Gli hackeraggi della tua volontà alle buone intenzioni salutiste: la dipendenza dai cornetti di mais, le pringles alla paprika, la focaccia farcita della COOP mangiata di furia tra gli scaffali del reparto frutta e verdura.
I vestiti che non ti stanno più, i pantaloni slacciati, maglioni sformati.
I forum di gravidanza, le malattie esantematiche, la toxoplasmosi.
"E coi gatti come fai?" Li metto in quarantena. Li iberno. Li sopprimo. Secondo voi?
(No: continuo a pulirne la cacca dalla lettiera con la paletta. Ciò non comporta infezione da toxoplasma. Vi assicuro).

mercoledì 13 gennaio 2016

Giorni azzurri


E poi arrivano quei giorni azzurri, di cielo terso, dopo la sfuriata dei venti del nord, che tu pedali in bicicletta e i colori ti appaiono più vividi, e vorresti fermarti a fotografare tutto: i rami spogli degli alberi, le facciate delle case, le biciclette appoggiate ai muri, le strade e le persone che vi si aggirano, strette nelle loro sciarpe e piumini scuri, che contrastano con tutta questa luce. Sembrano tante formiche allo sbando.
Ho fatto un giro in centro, lasciate le bimbe (finalmente!) alle rispettive scuole, perché avevo faccende da sbrigare. Ho respirato l'aria fredda e mi sono riempita gli occhi di bellezza.
In quei giorni tutto diventa all'improvviso perfetto, splendente, cristallino, anche ciò che hai dentro.
Allora ami la città in cui vivi, i suoi scorci, i suoi vicoli, il suo essere sempre così vicina e familiare, la prevedibilità dei suoi abitanti, che hai imparato a conoscere e ad accettare, anche nei loro aspetti più ruvidi e spigolosi, anche nelle loro imperfezioni.

martedì 12 gennaio 2016

E buon anno!


Come sempre puntualissima nell'aggiornare il blog in tempo reale, per questa volta risparmierò ai miei venticinque lettori, se pure ce ne fossero tanti, la riflessione retrospettiva sul mio anno appena trascorso.
Del resto sono stata talmente incostante nello scrivere quest'ultimo anno che mi sembra giusto chiuderla così, e voltare pagina.
Lascerò un piccolo spazio vitale giusto per i buoni propositi, e prima di tutto mi ripropongo la costanza, tanto per restare in tema, anche se questa promessa, mi sa, parte male, e lo dico inaugurando il nuovo anno in data 12 gennaio.
Ma buongiorno! E come vi sono andate le feste?
Le mie, mmmh. Grazie a Dio il Natale passa: non è poi tutto questo dramma, e tu ti riguardi indietro dicendoti che scema, che ti ci sei fatta tante paturnie, quando si avvicinava, e come ogni anno ti fai prendere dalla malinconia.
Un po' come la laurea, che ci perdi le notti, i giorni, la salute, poi in venti minuti è tutto fatto e tu dici: beh, tutto qui?
Niente di apocalittico: quasi un giorno come un altro, ma a casa di tua madre, con le tue figlie che scartano i pacchetti ancora con la meraviglia negli occhi, chissà poi ancora per quanto e quando per loro inizierà ad essere una sorta di farsa anche quella fede finora indiscussa nel fantomatico mittente dei doni in barba bianca.

mercoledì 23 dicembre 2015

Bambina nel tempo


- Mamma ti ricordi quando sei uscita e mi hai lasciato tutta sola per un sacco di tempo?
- Ma quando, Mimi?
- Quando sei uscita da sola con Rania. E hai detto che tornavi subito invece sei stata via tantissimo.
- Ah, quando sono andata a fare la spesa sabato mattina e tu ti eri appena alzata! Ma dai. Sono tornata appena ho finito di fare tutto. Tu stavi guardando Tom e Jerry... Non avrai aspettato tanto.
- Sì. Ho guardato Tom e Jerry e ho pianto tantissimo, perché tu non tornavi più.
- Ma su! Sono stata via solo un'oretta, non farla tragica, Mimi!
- Mamma, tu lo dovresti sapere che per una bimba come me che piange sola senza la mamma un'oretta è tantissimo! Non è come per voi umani.

Io mi scompiscio a volte.

venerdì 18 dicembre 2015

Libri: cercare se stessi

Qualche buona idea per i regali di natale di quest'anno?
E va bene, per questa volta vi accontento.
Era da tempo che avrei voluto parlare di questi due libri, che, giunti per vie traverse e forse non da subito apprezzati come si conviene, circolano già da un po' in casa nostra.
Ve ne parlo nello stesso post perché questi due libri illustrati hanno in comune la tematica di fondo: la ricerca di sé  e l'acquisizione della propria autoconsapevolezza, nell'unicità e nella specificità di ognuno.
Lo fanno apparentemente offrendo due punti di vista un po' diversi, forse divergenti: "io chi sono VERAMENTE?" O "io chi voglio essere? Chi voglio DIVENTARE?"
Il fatto è che, a ben guardare, la risposta univoca di cui si fanno portavoce le due storie, di personaggi in cerca di un'identità definita, è tutta nella rivendicazione della libertà di ognuno di essere ciò che è, nella maniera in cui meglio gli si adatta e passando attraverso le esperienze che gli permettono di conoscersi, accettarsi, piacersi.

Partiamo dal primo:



Titolo: Il pinguino verde, 2012

Autrice: Valentina Muzzi

Editore: Sinnos

Età: dai 2 anni



martedì 15 dicembre 2015

Ci scrivo un post

Immagine mentale di me in relax, presa in prestito da Yelena Bryksenkova
Allora, stavamo dicendo?
Dimenticavo di avere un blog.
No, non è vero, non lo dimentico manco per cazzo.
Mi correggo: non lo dimentico neanche per sogno (detesto la volgarità gratuita).
Infatti stavo pensando di scrivere altro pippone su famiglia, il Natale, il crescere...
No, meglio di no, sono nauseata di me stessa persino io.
E poi quel giorno dovevo sistemare la libreria Billy scomponibile di tre metri e mezzo che non ho idea di dove entrerà nei nostri 50 metri quadri di casa, ma, ehi! Era in regalo sul gruppo FB Te lo regalo se vieni a prenderlo, e io me la sono aggiudicata, poi ho mandato il beduino a prenderla, tanto meglio: eviterò di spendere quei circa 200 € da Ikea (che non ho) per sistemare l'ammasso di scatole impilate a fianco dell'armadio nella camera delle bimbe.

martedì 24 novembre 2015

Poesia del quotidiano


I disegni di Mimi sono fantasie caleidoscopiche: figure allungate e fluttuanti, con lunghe vesti ondulate a fasciare gambe infinite, abiti drappeggiati di ghirigori, arabescati e arricchiti di decorazioni mai troppo ridondanti: fiocchi e pizzi, cuori e farfalle; trecce  lunghissime o svolazzanti ciocche di capelli a riempire tutto lo spazio intorno come un'aureola dorata.
I disegni di Mimi sono una tavolozza di colori sapientemente scelti e accostati, una continua sperimentazione e contaminazione di tecniche, dal glitter allo scotch colorato, dal collage misto al frottage alla cera gocciolata.

I disegni di Rania per ora sono tentativi di tracciare volti umani, grandi cerchi irregolari all'interno dei quali prova a inserire con enorme difficoltà connotati incerti. Si demoralizza presto perché il risultato spesso non corrisponde alle intenzioni e mi chiede di farlo io.
Mimi ha una grande fiducia in sé e nelle sue capacità, e non emette quasi mai un giudizio negativo sulle sue creazioni, anche sulle più bislacche.