domenica 5 ottobre 2014

Tendenzialmente nuvoloso, con locali schiarite.

O alle offerte imperdibili da Mondo Convenienza.

E poi è arrivata la pioggia.

Pioggia a secchiate a lavar via l'ultimo ricordo di un'estate che non ha mai ingranato del tutto.
A lavar via strascichi di stagioni finite, indugi di infradito e zeppe, ti dà uno scroscione e ti rimette in riga.
Mette per te un punto.
Magari domani tornerà il sole e la strada sarà di nuovo tutta asciutta, si potrà andare ai giardini e sulle altalene, dovrò tornare a negoziare con mia figlia l'opportunità di andare a scuola col vestitino sbracciato, a bretelline, e la gestione dei pomeriggi tra passeggiate al parchetto e cartoni animati in casa.

Ma per il momento la pioggia è una pausa forzata che a volte ci vuole.
Se il sole splendesse tutto l'anno sarebbe un bel problema, per me.
Ci vuole l'alternanza della penombra per apprezzare di più la luce piena.
Abbiamo bisogno anche di chiuderci un poco nel nostro bozzolo, prima di tornare ad abbracciare il mondo a braccia spalancate.
Abbiamo bisogno delle secchiate d'acqua per poi tornare a tuffarci in un fuori scintillante e stillante d'acqua, di facciate di palazzi umide e asfalto lucido.
Il mio umore altalena come il tempo, mi rannuvolo di pensieri cupi e mi rassereno poi con grandi dosi di sticazzi, mi sottopongo a periodiche lavate di pensieri.
Piove sulle tamerici... com'era? Sui nostri vestimenti leggeri, sui freschi pensieri... Ah, ecco, e io che pensavo di essere originale.

Due giorni fa eravamo ancora al mare, approfittando di un insolito ritorno di fiamma estivo di fine settembre, oggi ci siamo destate in un'alba livida e senza barlume alcuno di sole, infilate mantelle e impermeabili, e uscite di casa in un panorama annacquato in ogni dove, di sopra, di sotto, d'intorno.

Niente di strano, direte voi, è l'eterno giro delle stagioni, cosa stiamo ancora qui a farci tante menate su? E' l'autunno, il rientro, le bimbe di anno in anno un po' più grandi, i grembiulini dell'anno scorso che vanno un po' più corti, e ora le arrivano sopra il ginocchio, il prossimo anno, chissà, le arriveranno a metà coscia, prima di passare di testimone alla sorella.
Ci sono nuove routine da inaugurare, giornate da inventare a casa, gli appuntamenti pomeridiani con le amichette, le scarpe da ginnastica da comprare di una misura più grande, e ravanare negli scatoloni guardaroba a trovare i vestitini della taglia giusta per la stagione giusta, mentre ancora ci barcameniamo tra insalata di riso e minestrone, piumino e canottiera, e l'ombrellone non è stato ancora riposto in alto, nello sgabuzzino.
E piove.

E poi è arrivato il vento.
Libeccio o Scirocco, o che ne so io, vento secco da nord-ovest, vento caldo appiccicoso da sud, carico di sabbia gialla, in direttissima dal deserto libico. Vento teso da non so dove che ha fatto brillare di azzurro ceramico il cielo, e ci ha inondato di luce dorata, di quella luce obliqua autunnale ancora calda, ma non tanto da riuscire anche a scaldarti la pelle, ché il vento ci batte su. E ti butti in strada col vento in faccia e la bandana in testa, in bicicletta rabbrividisci un po', ma ti senti tanto tonica, e piena di energia.
Il vento mi è sempre piaciuto, sì, mi trasmette forza e spazza via tutto: malumori dalla testa, nuvolaglie di tempesta e foschie della mente, torpori e afe sonnolente, pigre commiserazioni e vittimismi, di quei giorni che vedi tutto grigio, in cui tutto ti sembra andare nel modo sbagliato.
La luce della cucina che non funziona, la maniglia della porta da cambiare, la bici che dà avvisaglie di prossima débacle (leggi: mi sa che tra poco la devo buttare), le sere solitarie coi documentari su Rai5 e il ronzio del frigo. Perché fa tutto 'sto casino 'sto frigo? Ho usato il dialettismo "'sto" per ben due volte nella stessa frase. Che tristezza è guardare la tv da soli seduti su una sedia scomoda in cucina alla luce deprimente di un'abat-jours? (Lampada da notte. Ah, i francesismi! Che tentazione!)
Era così che immaginavi la tua vita dieci anni fa? Sei felice? No, cazzo, questa domanda alle 11 di sera te la potevi risparmiare. Sai che faccio, mo'? Vado a letto.
Arriva il vento e tutto cambia.
Tu, granitica, contro le avversità quotidiane, e niente ti può scalfire, oggi, che c'è tutta questa luce gialla obliqua a dorare il mondo intorno. Sì, va bene, sono giusto un po' bohemién. In fondo non me ne faccio un cruccio, e pedalo a testa alta, io, in un mondo di superficiale idiozia, in un mondo che è tutto un Mondo-Convenienza, e i pomeriggi da Ikea. A me quel mondo non manca, il mondo del consumo scriteriato, sempre e comunque, io non rimpiango quel mondo di salotti perfetti, e famiglia perfetta, chiacchiere del dopolavoro e colleghe con le unghie laccate. Io non sono perfetta, e sticazzi?
Tu, eroica, che pedali nel vento con le tue figlie appollaiate dietro e davanti, che cantano incuranti della loro posizione socioeconomica, tu che non ti arrendi e che credi ancora che essere felici sia altrove da tutto questo superfluo, tu che sei consapevole delle molte fortune che hai avuto in sorte di ricevere nascendo. Tu che ti rispondi: "Certo che sono felice, testa di cazzo. Sono felice nonostante tutto. Posso forse far dipendere la mia felicità da un frigo che ronza e da un lampadario fulminato?"

E poi è arrivato il sole.
Sole pacato, senza voler strafare. Sole che dice: amici, ho brillato per voi per quanto mi è stato possibile tutta l'estate, date le particolari circostanze meteo che non son dipese dalla mia volontà. Ora faccio quel che posso in questo scorcio di ottobre, non pretendete miracoli da me. Posso riverberare i miei raggi sulle foglie stanche orlate di bruno e regalarvi quel languore malinconico ma tutto sommato sereno che vi fa venire ogni anno voglia di casa, di intimità, di piaceri piccoli e di piccole gioie. Ma scordatevi la spiaggia.
Ma, guarda, caro il mio sole, tienti pure la spiaggia, che qui non se ne ha più la voglia né le forze. Io mi accontento di una motivazione per alzarmi dal letto al mattino, che non sia quella di dover portare mia figlia a scuola. Mi accontento di guardarmi allo specchio e piacermi, tutto sommato, mi accontento dei giochi delle mie bimbe in altalena, di una telefonata di un'amica che mi dice che appena trova un po' di tempo fa un salto da noi, della promessa vaga di chi deve venire ad aggiustarmi la lampada della cucina, di cucinare ogni sera più o meno le stesse cose, e di lavare i piatti alla luce dell'abat-jour, sapendo che questa cosa non destabilizza più di tanto il mio equilibrio psicofisico, mi accontento di essere un pizzico bohemién, sì, nella mia mansarda-superattico in affitto, ma senza essere alcoolizzata né oppiomane, mi accontento della mia normalità senza stravaganze forzate da artistoide nichilista e della mia atipicità nella ordinarietà rispettabile del ceto medio, mi accontento di questo autunno, coi suoi sbalzi di umore tanto simili ai miei, che tinge il mondo ora di grigio, ora di nero, ora d'oro e sembra tutto diverso quel che è sempre uguale.

Non è che sono un tantino meteoropatica?

2 commenti:

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