lunedì 15 dicembre 2014

Un Dio pittore che narra storie (dialoghi illuminati con mia figlia)


Mimi tra le mie figlie è quella che rappresenta ai miei occhi l'incarnazione del pensiero speculativo.
Rania è quella istrionica, espansiva, che punta all'obiettivo immediato, quella che si riesce a esprimere attraverso la modulazione dei toni della voce più che dall'articolazione dei suoni.

Mimi ha un'emotività implosiva, a volte ne è succube, a volte le emozioni la devastano, altre volte la vedi che vorrebbe avvicinarsi e non sa come, che vorrebbe cedere e non riesce, che si sforza di mollare il passo, e non glie la fa.
Rania al contrario fornisce sempre la giusta risposta emotiva, quella che ti fa sbollire in quattro secondi la rabbia per un pasticcio combinato, perché quando la sgridi abbassa gli occhi e fa la contrita in un angolo, poi ti si avvicina remissiva e ti chiede di abbracciarla.
Mimi invece controbatte sempre, per la qualsiasi, e qualsiasi contrappunto si trasforma in guerra di logoramento di nervi; quando vorrebbe essere consolata si arrabbia e strepita, fa la voce grossa e tira botte; quando viene contraddetta pesta i piedi e fa l'isterica; quando non si sente considerata diventa molesta e ottiene il risultato opposto, che uno tende ad allontanarla ulteriormente.

Questo ormai l'ho capito, ma ciò non vuol dire che lo sappia gestire meglio. Anche se ci stiamo lavorando, entrambe.

Avere un termine di paragone diverso mi aiuta a capire molte cose di lei. E di me.
Perché in realtà solo gli atteggiamenti esteriori sono differenti, tra le due, mentre le esigenze sono le stesse, sono quelle di essere rassicurate, confermate nell'affetto, sostenute nell'errore, perché a tutti può capitare di sbagliare, ma non sempre è facile accettare che un altro ci faccia notare il nostro errore, sia pure tua madre.

Mimi però ha questa sensibilità dialettica, questa spiccata propensione per la fantasticheria e questo amore per la parola, che ne fanno un'interlocutrice formidabile.
Parlare con lei è fonte di infinite illuminazioni per me.
Mi solleva argomenti di difficile gestione e arriva a conclusioni sorprendenti, ché io rimango lì a chiedermi per giorni se in qualche modo le ho suggerito io quella soluzione o se in fondo era abbastanza naturale che ci giungesse da sola, in quanto individuo senziente, e pensante.
Mimi è un po' filosofa.
Nel mio immaginario di madre lei è quella che coglie l'essenza delle cose, quella che rumina e scava sotto il senso comune dei comuni detti e va a indagare. E scopre.
Rania è quella che arriva a soluzioni pratiche smaneggiando, quella che mi reimposta lo screensaver del cellulare in due touch quando io non sono mai riuscita a farlo, quella che vede e vuole ripetere, quella che ha fiducia in sé e nel mondo e vuole imparare a gestirlo, perché sa che può farlo.

Mimi funziona un po' ad aree tematiche.
Ci sono gli argomenti del mese che la interessano particolarmente, così a novembre ad esempio era tutto un domandare e arrovellarsi sulla morte, con tutto ciò che ne derivava di magone per la sottoscritta, che a volte sa cosa è giusto rispondere, ma preferirebbe di no, e che cerca sempre di risponderle la verità, anche se questa è triste, ma cerca di presentarla in maniera tale che non appaia triste, ma solo naturale, e come tale rassicurante.

Ora è il turno di grandi dibattiti a tema divino.
Ora Mimi ce l'ha con Dio, ed è molto difficile per me destreggiarmi in un terreno che sento minato sotto i piedi, stretta tra necessità opposte e non del tutto conciliabili tra loro, come quella di non contraddire la religione paterna, e di riunirla in una visione unitaria del pensiero che preveda anche le nozioni apprese dai frequenti colloqui in materia con la nonna, e insieme non mi va neanche di raccontarle storie in cui io per prima non credo, perché poi in realtà lei se ne accorge sempre, se sono poco convinta, e un po' per onestà intellettuale, diciamo, ché non mi va di smentire me stessa e il mio convinto agnosticismo che coltivo fin dalla più tenera età.
Tutto ciò amici miei, è un bel casino con l'avvicinarsi del Natale, ora che lei se ne torna da scuola ogni giorno con la testa infarcita di nuova retorica da catechesi prescolare (devo ricordarmi di chiedere alla maestra se per caso non si fosse dimenticata che non ci avvaliamo dell'insegnamento della religione cattolica, o non le fosse sfuggito. Mah!)

- Mamma, ma ora Gesù nasce di nuovo?
- Eh?
- L'ha detto la maestra Loredana. Mamma, ma Gesù non era morto sulla croce? Come fa a nascere di nuovo?
- Eh, infatti. Me lo chiedo anch'io...
- La maestra dice che Gesù è nostro fratello. Ma è anche tuo?
- Senti, Mimi. Sono tutti modi di dire, capito? Non è davvero nostro fratello. Tutti gli uomini sono fratelli... è questo che insegnava Gesù, capisci? Mi sa che la maestra non ha capito.
- Ma nasce a Natale, Gesù?
- No, Mimi; Gesù è già nato... tanti, tantissimi anni fa. Più di 2000 anni fa, pensa. E' anche morto. Però le persone festeggiano il Natale ricordando la sua nascita perché lui ha fatto e detto delle cose molto importanti, che in qualche modo hanno cambiato il mondo.... Ha insegnato alle persone a volersi bene... Il Natale è il compleanno di Gesù, ecco.

Mimi mi chiede di raccontarle la storia di Gesù e mi chiede se era figlio di Dio.
No, le dico. Questo è ciò che pensano alcune persone, che si chiamano cristiani. Come nonna.
Tu non lo credi, mi dice.
Io no. Uff... che fatica. Voi pensate sia facile?

- Ma Dio, mamma, quando è morto?
...

E poi lei non molla, eh.
Comunque io rispondo. Rispondo sempre. E' la mia regola prima: niente tabù. Niente risposte elusive, che lasciano intuire che dietro ci sia qualcosa che non sia dato sapere. Niente "te lo dirò quando sarai più grande" perché ricordo bene quanto mi facevano incazzare.
Se me lo stai chiedendo, significa che sei grande abbastanza. Fine della storia.

Ma lei poi una mattina mi chiama vicino a sé, che è ancora nel suo lettino, fresca fresca di sogni rivelatori notturni e mi sussurra un segreto.
Dice proprio così, dice: "Mamma ti svelo un segreto. Lo sai cosa ho pensato? Ho fatto un pensiero: ho pensato che ci sono una mamma e una bambina. Fuori dal mondo. E stanno raccontando una storia. Quando la storia finirà, noi moriremo".
E' bellissimo, Mimi, le dico, e dentro intanto mi si torcono un po' le budella, che mia figlia abbia di questi pensieri così esistenzialisti, che parli tranquillamente di argomenti su cui si arrovellarono fior fior di pensatori, che contempli già la morte come un'inevitabile epilogo drammaturgico.

Poi ci ritorno su a freddo e mi dò mille spiegazioni, sul fatto che, infarcita come l'ho di letture di storie a scatola cinese, sia abbastanza naturale l'equazione che l'ha portata a fare il processo inverso: così come i personaggi letterari esistono nell'arco di tempo della loro narrazione, così anche la nostra esistenza potrebbe non essere altro che una parentesi narrativa, in un eterno più grande che noi nemmeno riusciamo a concepire.
La verità è che lei sta avanti a me anni luce, ed aggira le mie esitazioni di fronte a risposte che non arrivano soddisfacenti, attingendo metafore dal suo poetico modo di leggere il mondo.

Un giorno che ci avviamo in strada sotto un cielo dalle duemila sfumature di luce e piombo, indaco e granata, un cielo elettrico di temporale indeciso sul da farsi, lei guarda in alto, verso quelle nubi spesse e cangianti e dice:
- Mamma, guarda quanti colori ha il cielo! Tutti i colori del dipinto scolato!
- Davvero, Mimi, sembra proprio un dipinto, dico io.
Lei rimane un po' in silenzio, mentre io pedalo verso la meta, ignara che le sue rotelle cerebrali stanno ancora lavorando.
Poi mi dice:
- Mamma, anche noi siamo fatti di tinta scolata. Siamo dentro un grande disegno di un pittore e siamo fatte di tinta scolata!
Io, vi dico, un altro po' finivo fuori strada.
Trasecolo e mi guardo questa bambina di un metro e tre centimetri, capelli castani, anzi, color del miele di castagno come dice lei prendendomi in giro, e un pochino tremo al pensiero di doverle segnare la pista. A volte mi chiedo se davvero, come dice mia madre, le ho fornito strumenti troppo complessi, troppo presto, se non correrà il rischio di farsi  male maneggiandoli incautamente. Altre volte mi chiedo se sarò all'altezza di fornirle tutti gli strumenti di cui lei dovrebbe poter disporre, per fare a fette il Mondo come sarebbe capace di fare.

Mi ha detto che lei in Dio non ci crede tanto.
Le ho detto che non è vero, perché quello che ha detto sul pittore e sul mondo fatto di tinta scolata è una bellissima immagine di Dio.
Si è arrabbiata e ha piazzato un casino di un'oretta buona, perché, dice, quello non era Dio: era un altro pittore che io non conosco.

E' così che son fatti i filosofi e gli artisti, i geni e i poeti.
Se non vengono compresi poco male: il mondo non era ancora pronto.
Ma guai a travisare il loro messaggio!

10 commenti:

  1. Straordinaria, tua figlia! Dev'essere l'annata comunque, Elisa mi spiazza con le sue riflessioni sulla morte e sulla religione. Perché "Gesù è come Babbo Natale, o ci cledi o non ci cledi".

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    1. Ahahah! Io credo a Babbo Natale e anche a Gesù. Vedi, siamo proprio sulla stessa lunghezza d'onda! :-)

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  2. Agnostica pure io..tendente all ateo..però non so, forse è una ricchezza poter conoscere queste stories Gesù, così poi potranno farsi un'idea loro. Quella della mamma con la bambina ha stesa proprio. Loooove

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    1. Ma lei le storie le conosce. È tutta la congerie di dogmi legati ad esse che non sento l'esigenza di trasmettere.
      Soprattutto poi se solo la prima a non credere.
      (Sì fa molto Io mondo di Sofia. Il prossimo anno glie lo prendo per natale ;-))

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  3. Piena di dubbi come sono io, ammetto di non riuscire sempre a rispondere quello che sento...
    Però è vero che i bambini sembrano provenire da un "altrove"!

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    1. Guarda, la mia esperienza personale è che parlare con i bambini spesso aiuta a far chiarezza prima di tutto a noi stessi. L'importante è rispondere sempre con sincerità

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    2. Vero, verissimo. Peccato che mio figlio non accetti mai come risposta un sincerissimo "non lo so!" :-/

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    3. Ahahah! Certo, non è mica possibile che tu non sappia qualcosa!

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  4. Sulla prima parte del post posso solo dirti che ti capisco, data la somiglianza di reazioni tra mimi e il piccoletto: una splendida bomba ad orologeria di sensibile delicatezza, irascibile fragilità, splendida capacità di leggere il mondo in poesia. A me quel bambino mi torce le budella, mi porta in paradiso e poi mi scaraventa nel fuoco della collera per le sue reazioni incontrollate. E per le mie. Ma stiamo imparando, come dici. O ci proviamo.

    Sulla seconda pure.
    Ho fatto la tua medesima scelta: niente tabù, trasparenza, semplicità. Ammissione d'ignoranza, nel caso. Conferma che il dubbio, nella vita, esiste. Inutile girarci intorno: scegli tu come gestirtelo, risolverlo, o eventualmente conviverci e amorevolmente coltivartelo.
    Ho scelto di lasciare che mia suocera e mia cognata quando passano tempo con loro gli diano la loro versione sul mondo.
    Quando vedo che mi torna a casa con certe nozioni mi piglia il panico, l'istinto bieco mi direbbe di alzare il telefono e chiarire "hei tu, vacci piano. te lo lascio portare in Chiesa, te lo lascio accendere le candeline, so che gli hai detto che la preghierina la sera è un segreto tra di voi e ok e questa cosa ha anche qualcosa di bello. Ma vacci piano, perdio, vacci piano."
    Poi lui mi parla e mi dice proprio come mimi "ma tu non ci credi. Non ci credo tanto neanche io. Mi sa che Dio vive solo nel bosco."
    e E mi tranquillizzo.

    Susibita

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    1. Beh... se devo immaginarmi Dio da qualche parte... il bosco lo vedo più adatto dell'iperuranio.
      Il Dio Pan?

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