venerdì 16 novembre 2012

I libri di Cappuccetto: un'impietosa stroncatura.

Un commento lusinghiero di una blog conoscenza mi spinge oggi a scrivere un altro post librario.
Purtroppo per i due malcapitati librini di Pupa che ho scelto oggi di recensire, e per il loro disgraziatissimo autore, però, nella disposizione d'animo in cui ultimamente mi trovo, il dente avvelenato contro non si capisce bene chi, il destino, la vita, o chiunque mi capiti a tiro, credo che questa sarà la prima e forse l'unica, memorabile stroncatura della mia lunga carriera da critica letteraria infantile, carriera peraltro circoscritta e confinata entro le pagine di questo oscuro blog.
Sarà che sono rimasta profondamente delusa da questi libri, che avevo ordinato on line (senza per altro averli mai visionati fisicamente), fidandomi di un giudizio positivo trovato in rete, in uno dei passati Venerdì del libro, sarà che conoscevo l'autore e mi aspettavo qualcosa di meglio, sarà che l'idea mi era parsa geniale e immaginavo quante potenzialità, quante fantasiose varianti potesse generare, e invece: flop.



Allora: inizio col dire che il mio giudizio è come è ovvio che sia, personale, opinabile, e legato a un mio personalissimo modo di scegliere, individuare e valutare i libri che propongo a mia figlia per la lettura congiunta (di me insieme a lei, visto che ancora non ha acquisito una totale autonomia di lettrice, come è anche giusto per la sua età), che in quanto tale deve soddisfare anche me. Se un libro non riscuote la mia approvazione, leggerlo a lei sarà per me ogni volta un supplizio, ed è per questo che spesso finisco per inguattare (leggi: occultare, celare in maniera che siano irreperibili) i libri capaci di arrecarmi un qualche fastidio o sofferenza morale o estetica, oppure semplicemente li relego a casa di mia madre, dove vanno ad ingrossare la mia personale "biblioteca degli scarti".
Certo: durante le visite a casa di nonna è una bella sofferenza tenere testa a tutte le richieste di quegli "arretrati" non disponibili normalmente, e quindi oggetto di grande interesse da parte sua, ma almeno non me li ritrovo per casa, a farmi venire i nervi. E' stato il caso di molti cartonati da due soldi, regali da mercatino, o eredità superstite di una nostra infanzia assai poco elettiva e selettiva in fatto di proposte editoriali.

Insomma: io sono esigente, me ne rendo conto.
Questo non significa che a mia figlia questi libri da me ritenuti "indegni" non piacciano. Lei non è snob, non sta a guardare la qualità grafica, l'orrore sintattico, la mediocrità metrica, ma è vivamente interessata e rapita dalle storie, dai mondi di ogni libro, e credo che quello in fondo sia l'essenziale.
Secondo: magari un libro da me disprezzato o criticato, a un altro adulto può piacere, perché di quello stesso libro saprà apprezzare elementi per me secondari, o che io dal mio singolarissimo punto di vista non sono stata in grado di notare.
Quindi penso che ogni segnalazione, in positivo o in negativo, vada presa con le dovute cautele, le mie comprese.
Detto questo, ecco dove avevo letto di questi libri: in questo post di MammA giochiamo? che tra l'altro è stata bravissima a tirarsi fuori da una situazione che a me avrebbe fatto incacchiare parecchio, inventandosi un  modo creativo di coinvolgere una bambina delusa nella re-interpretazione di un libro al di sotto delle aspettative.
Ecco: a me quella testimonianza aveva dato da pensare. Se io avessi acquistato un libro per mia figlia al prezzo di un libro illustrato (e rilegato, aggiungerei) e mi arrivasse a casa un fascicoletto con le pagine completamente bianche, semplicemente mi incazzerei.
Bella trovata, certo, senza dubbio, un'idea che molti definirebbero un'originale invito a giocare con la fantasia... Una furbata diciamo! Perché a questo punto io a mia figlia compro una raccolta di fiabe popolari in formato tascabile priva di illustrazioni, e allora sì che la invito a lavorare di fantasia, però magari ci spendo la metà e so cosa aspettarmi.
Insomma: io ho sempre considerato fondamentali le illustrazioni nei libri per bambini, soprattutto se molto piccoli. Ora non posso credere che un artista del calibro del nostro autore non abbia saputo trovare un escamotage un po' più accattivante per rendere il senso dell'invisibilità data dal manto di neve che tutto occulta nella fiaba di Cappuccetto Bianco.
Caro Bruno, lasciatelo dire: non si fa così, come direbbe la pupa agitando l'indice, e dopo te lo direbbe pure in Arabo (Ma-dirush ikki!), lei, in maniera da mettere in atto il tormentone che usava mia madre quando da piccoli ci faceva le ramanzine: "Come te lo devo dire? In Arabo?"

Ecco il motivo per cui mi son guardata bene dall'ordinare Cappuccetto Bianco, ma ho ripiegato su due colori decisamente rientranti nello spettro del visibile, e ho trepidato nell'attesa che arrivassero a casa i due volumi, inequivocabilmente illustrati, di Cappuccetto Giallo e Cappuccetto Verde.


Titolo: Cappuccetto verde

Autore: Bruno Munari

Editore: Corraini

Età: ?

Voto: un benevolo 6

Titolo: Cappuccetto Giallo

Tutto il resto: Idem come sopra, con un deficit di 8 pagine, equivalenti al 50% in meno sul totale rispetto al precedente, ad una quasi parità di prezzo, ed una scarsa volontà dimostrata nel variare i temi e lo sviluppo della trama.




Partiamo dal soggetto: divertente, accattivante l'idea di riprendere in chiave alternativa un classico della tradizione emblematico come Cappuccetto Rosso. Non certo originalissima l'idea di lavorare sulle fiabe della tradizione, visto che di rifacimenti in tutte le salse se ne vedono a volontà, sfruttatissime dal filone comico a quello pornografico, ma queste varianti cromatiche io credo che potessero offrire l'opportunità di variare di volta in volta, non solo ambientazione ed elementi secondari (come infatti fa Munari, inserendo nella narrazione rane e tartarughe piuttosto che canarini come co-protagonisti, cestini con lattuga e thé alla menta piuttosto che limoni e pompelmi), ma anche sviluppi della trama e tematiche affrontate.
Invece?
Invece il nostro si limita e riproporre con un minimo di variabilità il solito polpettone della bimba che va dalla nonna e incontra il lupo, ma per fortuna i suoi amici di turno la aiutano a scappare e lei arriva sana e salva, anche se un po' spaventata a destinazione.
A parte che la trama è davvero elementare e scarna al limite dell'imbarazzante in entrambe le storie, priva di trovate davvero originali e risolta con improbabili sequenze di eventi dallo sviluppo confuso (riporto testualmente: "Il lupo segue Cappuccetto Verde con lo sguardo rabbioso, nascosto dietro un cespuglio, e già pensa di saltarle addosso quando sarà arrivata a casa della nonna". Ma come? Il lupo rimane nascosto dietro un cespuglio o pensa di saltarle addosso? E' un lupo con le idee un po' confuse, anche perché dall'illustrazione si evince chiaramente che Cappuccetto è ormai decisamente fuori dalla sua portata), ma, dicevo, dalla storia originale, senza che venga apportato alcun arricchimento apprezzabile, viene sottratto tutto ciò che rappresentava la forza e la supremazia incontestabile della fiaba di Cappuccetto su qualsiasi altra fiaba esistente nell'universo mondo, ciò che mi faceva correre a nascondermi sotto il letto non appena voltavo il 45 giri nel mio piccolo giradischi che proprio a quel punto si interrompeva costringendomi a venire fuori dal mio nascondiglio giusto nel momento in cui avrei desiderato restarci rintanata; ciò che pur tuttavia costituiva l'irresistibile attrattiva di quella fiaba, e di quel disco, perché in fondo nessuno mi obbligava a sentirla e risentirla sfidando la mia paura, e che rappresentava il potenziale catartico di ogni angoscia infantile: quella di dover fronteggiare situazioni al di sopra della nostra portata, quella dell'insidia che si nasconde anche dietro le spoglie più rassicuranti che uno possa immaginare, la cuffia e gli occhiali dell'amata nonnina, quelle domande timorose che la bimba rivolge al lupo travestito in un climax terrificante di indizi inquietanti (come mai quelle orecchie? E come mai quegli occhi? E quella bocca così grande?), quella infine di finire divorati, ingoiati chissà dove in qualche ventre oscuro senza fondo, la paura inafferrabile ma ineludibile dell'ignoto, del buio, di tutto ciò che non si conosce, che dal punto di vista di un bambino è quasi la totalità delle cose esistenti.

Ecco, la delusione: il depauperamento della favola più amata-temuta della mia infanzia senza il riscatto di una contropartita.
No perché questa di variare il finale delle fiabe, io credo, è una fantasia che almeno una volta ha attraversato l'immaginario di qualsiasi bambino. Io per esempio sognavo da piccola di scrivere un sequel dei Tre Porcellini dove il lupo non andasse a finire così male come sempre finiva, perché in fondo in fondo, questo lupo spaventoso, mi faceva una gran pena, poveraccio: anche lui dovrà pur mangiare per vivere! E anche uno di Cenerentola dove le sorellastre vivevano avventure memorabili accanto a personaggi ben più accattivanti che non lo scialbo principe. Uno si sarebbe chiamato Genoveffa, dove Genoveffa abbandonava le altisonanti pretese della mamma che l'avevano sempre costretta ad un confronto impari con Cenerentola e se ne scappava con un pirata a compiere scorrerie nei sette mari. Per Anastasia dovevo ancora trovare un destino altrettanto degno, ma poi ci ha pensato la Fox facendone un'eroina della Russia zarista...

Insomma: Cappuccetto poteva per esempio fare amicizia con il lupo, e scoprire che in fondo in fondo anche lui possedeva un animo gentile e sensibile, che però si sforzava di nascondere sotto gli artigli per mantenere alta la sua reputazione di cattivissimo (finale filantropico); oppure la nonna poteva far parte di un circolo di caccia al lupo e sfidare il cacciatore ad una battuta di caccia grossa, mentre cappuccetto, giovanissima attivista di Green Peace poteva indire un sit-in per rivendicare i diritti delle specie selvatiche in pericolo di estinzione (finale ambientalista).
Ora le mie sono idee bislacche dell'ultimo minuto (del resto io non mi sono permessa di scrivere e pubblicarci sopra un libro), ma le possibilità di modernizzare la storia in chiave un po' ironica erano infinite, e non mi pare che siano state adeguatamente sfruttate.

Ora io capisco l'intento di fondo dell'autore: da uno che cerca sempre di far riferimento e ispirarsi all'universo dell'infanzia, al modo infantile di vedere e percepire il mondo come fa Munari in tutti i suoi lavori, non dovevo aspettarmi qualcosa di troppo cervellotico ed elaborato. Diciamo che queste storie sono volutamente scritte alla maniera di come le avrebbe scritte un bambino. Il problema e che sono di una noia esasperante e di una banalità disarmante! (Bene per una bambina di 2 anni come Mimi, ma io credo decisamente troppo elementari per un bambino in età scolare, da qui l'incapacità mia di definire un'età adatta per queste letture).
Del resto senza troppo sforzo di immaginazione ho intavolato in quattro e quattr'otto, dietro richiesta pre-nanna della pupa, la fiaba di Cappuccetto Blu, sul calco dei queste due, e la cosa è venuta da sé. Ora non ho che da realizzare la mia versione illustrata della favola e presentarvela, se mai riuscirò a concretizzare questo mio progetto campato in aria.
E poi scopro che qualcuno prima di me l'ha già fatto, e con risultati anche più apprezzabili di quelli dell'esoso Munari: guardate qui.

Per concludere: caro Bruno, la sufficienza te la concedo, ma solo in virtù del fatto che a Mimi i tuoi libri son piaciuti, ed io ho grande stima della sua opinione in merito. E' lei l'autorità in materia.
E anche per il virtuosismo delle illustrazioni che hai ancora una volta esibito negli sfondi di entrambi i libri. Magnifiche le ambientazioni, spettacolare la tecnica a stamping utilizzata per realizzare l'infittirsi del bosco in Cappuccetto Verde, e quella a collage futurista-pop utilizzata per rendere l'idea del caos cittadino in Cappuccetto Giallo. Ma brutti i personaggi nel loro stile infantilmente naive. E sconclusionati i passaggi narrativi.
Poi scusami la mia grettezza, ma io a quel prezzo lì mi aspettavo come minimo due albi rilegati con copertina rigida, non quattro pagine di cartoncino spillate insieme.

Finito?
Sì, per oggi può bastare.
Da Suster è tutto, per:

I venerdì del libro;
I libri di pupa.

PS.
Quasi dimenticavo: la solita blog-conoscenza che mi ha ispirato questo post con questo suo, mi segnala quest'altro Cappuccetto, e io non so se resisto: lo voglio!

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