martedì 29 gennaio 2013

La prima festa di compleanno non si scorda (tanto facilmente).


Allora sì: lascerò ancora incompiuto il post-in-progress che rimando già da una settimana su Mimi e il signor Kandinsky (non vi avessi già rotto le palle a sufficienza), per aggiornarvi su un evento assolutamente insulso, e scrivere una serie di patetiche banalità da madre apprensiva e un tantino disadattata, sbrodolandomi sull'implacabilità del tempo della vita, sull'io, il sé, gli altri, la crescita, il distacco, l'indipendenza, le aspettative, le tare caratteriali e quant'altro, il tutto frullato nella testa di una trentunenne gravida che perde le chiavi della macchina dopo averci chiuso dentro sua figlia di due anni e mezzo e non sapere più come fare ad aprirla, perché le sovviene il dubbio di averle lasciate all'interno della stessa autovettura.
Insomma: questo il trailer. Se nel frattempo siete tutti scappati, meglio così: almeno avrò pista libera ai miei vaneggiamenti, senza dover render poi troppo conto in giro di ciò che scrivo.

Allora, tutto è cominciato con Mimi che è stata invitata a una festa di compleanno delle amichette del nido.
E per la verità non è stata la prima volta che ciò è accaduto: avevamo già ricevuto un paio di altri inviti, infilati nell'armadietto guardaroba del nido, con tanto di RSVP, roba da mettermi addosso la tachicardia già con una settimana di anticipo.
Insomma, quel RSVP, in genere mi aveva definitivamente convinta (se già non lo fossi a sufficienza) a declinare gentilmente l'invito, campando diverse scusanti plausibili.
Ma stavolta no, non è stato possibile.
O meglio: non me la son sentita, perché la mamma in questione è forse l'unica persona con cui sono riuscita a stringere un qualche tipo di rapporto che vada oltre il buongiorno e buonasera e con cui sento di avere una certa sintonia di intenti e di vita.
E quindi, in definitiva si va: aggiriamo l'ostacolo del sonnellino pomeridiano di Mimi, che puntualmente la domenica pomeriggio (soprattutto se abbiamo in programma di fare qualcosa con lei) entra in uno stadio letargico irreversibile, svegliandosi quasi in prossimità della cena. Non ha fatto eccezione stavolta, ma ho messo in atto uno spietato programma di smaronamento di scatole, che alla fine l'ha avuta vinta sulla sua recalcitranza alla veglia.
Per dire: l'invito era previsto per le quattro e mezza, e noi eravamo pronte ad uscire di casa già alle sei meno un quarto: un successone.
Vi confesso che ho indugiato nella debolezza di prenderle in saldo (in previsione del grande evento mondano) un completo maglietta-pantaloncini di vellutino color malva (forse) e un paio di scarpine di vernice che lei ha gradito molto (sempre in saldo, ma... ehi! Salasso!), tanto per non fare sempre la figura della sfollata che porta la figlia alle feste in tuta e golfino sformato mentre le altre bambine sfoggiano abitini di popeline a palloncino e vezzose gonne a piegoline: di stonato, con due enormi spalline e le maniche rimboccate, c'era solo la giacca di feltro rossa, rimediata non ricordo bene da chi (perché il suo cappottino figo era in lavanderia), ma quella, una volta fatto il nostro ingresso, è stata tolta di mezzo, occultata nella stanza-guardaroba.
Si è lasciata vestire da Barbie ancora mezza intontita dal sonno, allettata dalla prospettiva di andare alla festa di "Maua e Pede'ica", ha detto al padre: "Buia, noi andiamo alla pesta, tu appettaci qua eh!" E siamo uscite.

Va be', mo' non è che vi devo fare il resoconto minuto per minuto di quelle due ore e mezza del nostro party-time casalingo. Riassumerò per sommissimi capi.
I bambini: appena mettiamo piede nell'ingresso della casa, un casino che non vi dico, piccoli selvaggi senza scarpe sotto il metro di altezza, correvano da una stanza all'altra senza soluzione di continuità trascinando e/o spingendo veicoli di varia natura, dal passeggino per bambole al monopattino, soffiando dentro trombette di carnevale in plastica e urlando come aquile su varie tonalità e volumi, mandando nel panico prima me (vi giuro: la bimba mi ha sussultato in grembo, perdonatemi la blasfemia), poi Mimi, che non mi ha mollato l'orlo della maglia per tutta la prima ora di permanenza.

I grandi: normale situazione da public relations tra persone che si conoscono mediamente poco e che in linea di massima si stima abbiano meno del 20 % degli interessi e delle abitudini in comune.
Solo che io, in queste normali situazioni di interazione sociale mi ci son sempre trovata come un cammello in una grondaia, tanto per dirla alla Battiato. Un tempo, è vero, ovviavo mettendomi a fare cose, ai bei tempi andati (belli forse proprio perché sono andati) delle deliranti feste studentesche che organizzavamo nella rimessa di casa nostra, sempre esagerate in quanto ad invitati, alcool, e orari, perché ci metteva lo zampino il Beduino, mentre io gestivo la parte pratica, e me la sfangavo dalla necessità di dover a tutti i costi intrattenere conversazioni con semisconosciuti, apparire divertita, muovermi a ritmo di musica e mischiare intrugli alcoolici per poi sentirmi male a metà serata.
Non potevo perché poi a partire dalle due di notte, ero io che dovevo rimanere vigilante a ricevere le visite di carabinieri, polizia, finanza e quant'altro, che periodicamente passavano a vigilare sul rispetto della quiete notturna, turbata dai nostri schiamazzi e da tamburelli vari.
Me la sfangavo anche perché, dopo poco, erano tutti abbastanza sbronzi da non richiedere la doverosa chiaccherata di circostanza, e uno poteva anche mettersi sbracato da qualche parte ad ascoltare la musica con un bicchiere in mano, senza pericolo di esser tacciato di antisocialità.

Ma qui era tutt'altra roba. L'argomento comune a tutti erano i bambini, ed ovviamente sui bambini verteva la maggior parte dei nostri discorsi.
A parte che poi, chi si frequentava un po' di più di quanto non facessi io, aveva modo anche di scambiarsi informazioni personali su famiglia, lavoro, rapporti... io come al solito vagavo da un gruppo all'altro genitoriale mostrando facce interessate ai discorsi dell'oratore di turno, capendo meno della metà, e non riuscendo ad intervenire se non con inutili e pressocché ignorate interazioni affermative, che del resto nemmeno io riuscivo ad udire in quel casino, perché ho sempre avuto il tono della voce piuttosto basso, e non amo alzarlo, nemmeno in circostanze di strettissima e urgente necessità.

Ma siccome tanto ero preparata a una situazione tipo di questo genere, così come a fare la figura dell'allocca disadattata che non ci sta a fare niente, e che è palesemente a disagio, sono adulta, ehi, ci avrò fatto pure il callo, oramai, poco male.
Ciò che mi è dispiaciuto è stato osservare in Mimi un comportamento abbastanza analogo al mio, ma magari accentuato dal contrasto che balzava agli occhi tra il suo silenzioso avviticchiarsi alla mia gamba e giocare in solitaria con cucine e pentoline e quello dell'orda selvaggia, che sciamava ancora di stanza in stanza col suo allegro carico di casino a strascico.
Che io un po' ci ho provato a star loro dietro ("Andiamo a vedere dove sono i tuoi amici), e a tentare di inserirla ed emanciparla dalla mia presenza ("Dai Mimi, vai a giocare con gli altri, ché io sto un po' qui con le mamme, se mi cerchi sono qui"); puntualmente, non appena prendevamo postazione in uno degli ambienti più "animati" della casa e tentavamo interazione, subito subito era l'esodo, e ci ritrovavamo di nuovo io e lei, e qualche sporadico gruppetto di conversanti adulti (con le tempistiche dei party ci ho sempre fatto a cazzotti, io).

Alla fine ho smesso di fare pressione perché si unisse all'orda barbarica, ed ho accettato il fatto che lei preferisse starsene tranquilla a giocare da sola con i giochi che aveva a portata di mano, tenendomi d'occhio perché non sfuggissi alla sua visuale, e rendendomi ogni tanto partecipe delle sue scoperte: "Guadda, mamma, quante cose ho messo nel tacchettino?".
Che poi, mi son chiesta, perché mai deve per forza unirsi ai giochi collettivi? Se lei si trova meglio così che male c'è? Sono solo io che proietto su di lei i miei disagi sociali e la vedo in crisi quando invece lei sta benissimo così come sta, e magari è solo caratterialmente più incline ad occupazioni di tipo riflessivo e organizzativo, che non caotico ed esplosivo-distruttivo. O forse... la mia influenza continua e perpetuata in questi due anni e mezzo di frequentazione pressocché esclusiva, l'ha irreparabilmente alienata da una normale e sana interazione sociale?
Ma dai, rispondeva l'altra me, Mimi ha in media mezzo anno in meno della maggior parte di bimbi che sono qui, essendo lei nata a luglio, ed essendo stata inclusa tra gli invitati, credo solo in virtù della frequentazione intercorsa tra noi genitori. Difatti le sue amiche più strette del nido, non erano presenti.
Insomma, libertà di essere se stessi, cribbio! Che forse a ben pensarci è proprio ciò di cui mi sento privata in questi contesti non proprio tagliati sui miei panni, in cui mi pare quasi di dimenticarmi in che ruolo e in che posizione io mi debba porre, quale registro di me sfoderare, quanto lasciarmi andare nei miei rapporti di confidenzialità e convenzionalità.
Mah, quante seghe mentali di fronte a quei vassoi di panini all'olio farciti alla nutella, focacce con prosciutto cotto e mozzarella, arancini e bignè, e poi, attenzione attenzione, arriva la torta mimosa, rigorosamente, tutto fatto in casa ("Oh, quanto sei brava, tu!" "Ma dove lo trovi il tempo, la voglia per organizzare tutto così bene?" "Mimi, ti va qualcosa di dolce o di salato?")

"Eh, ma non ti stacchi mai dalla mamma, tu?"
" Rilassati, guarda che non succede niente se la lasci un poco da sola". Mi dicevano, le dicevano.

Poi lei, che piangeva in silenzio, come al solito ingoiando le lacrime che quasi non me ne accorgevo nemmeno che piangeva così accorata, chiusa in se stessa, ferita, perché l'amichetta più grande di lei di una spanna e mezza le aveva sòlato la bacchetta magica con cui lei stava pacificamente giocando ("Io ce l'avevo la becchetta, e lei me l'ha p'esa!" Grande singhiozzo di petto. No, non piangere, non piangere, bimba mia: inseguila e tirale i capelli, dalle uno spintone e ripigliati la tua bacchetta magica! Ma in realtà le ho detto: "Non fa niente, guarda che bello: ho trovato una bellissima corona da principessa!)

Francamente non credo di essere una madre morbosa, attaccata alla figlia, incapace a lasciarle i suoi spazi di autonomia, ma non posso neppure obbligarla a comportarsi come non le viene spontaneo di fare.
Mi sono accorta che la mia insistenza a che lei si integrasse nel gruppo era più riferita a me stessa e agli altri, per dimostrare e dimostrarmi che così non fosse, che non a lei e alle sue esigenze.
E poi bisogna dire che Mimi ha sempre funzionato a diesel, come dice mia cuniata: lei per carburare in determinate situazioni ci mette anche un'ora o più. Lo dimostra il fatto stesso che al momento di andar via, alle otto di sera suonate (wow! Che mondanità!), quando già i compagnucci del nido si erano dileguati da un pezzo e rimanevano soltanto i familiari, zii e cugini, delle festeggiate, lei ha avuto un picco di baldanza psico-fisica, ha iniziato a saltellare, a scorrazzare appresso a quel che rimaneva dell'orda selvaggia con una manica del giacchetto sformato infilata, e l'altra a strascico, e a lanciare entusiastiche quanto commoventi esclamazioni quali : "Che bello che tto alla pesta di Maua! Mi divetto!"
Beh, Mimi, alla buon ora, mi verrebbe da dire.
No, perché io seduta sul divano ad ascoltare ancora per altri cinque minuti i resoconti nipoteschi della nonna di Maua e Pede'ica, francamente, non me ne volere, ma non ce la posso fare.

Insomma, bilancio? Mah, non saprei, diciamo che ci abbiamo provato.
Rimandiamo però a parecchio più in là per la prossima, ché io non è che ci ho soldi da spendere per fare regali collettivi (e che palle però! Ma ora si usa fare le collette anche per i treenni???) a ogni marmocchio che compie gli anni da ora alla Maturità; ché io non è che impazzisca all'idea di trascorrere altre 20 domeniche del restante anno scolastico (ché tanti sono i bimbi della sezione quest'anno) in odore di divertimento forzato in mezzo a semi-estranei e aio loro figli esagitati; ché io me ne sarei volentieri rimasta a casa a farmi i cavoli miei visto che Hasuna si era sorprendentemente offerto di portare la pupa a fare un giro con lui (ogni lasciata è persa, cara mia); ché io ora, per fortuna, ci ho la scusa che sono incinta, stanca e appesantita, e tra poco ci avrò quella della neonata da accudire, e tempo per trastullarmi tanto non ne avrò, ma se proprio devo far qualcosa preferisco vedere Mimi scalmanarsi come una Menade furiosa al ritmo di tarante e tamburelli ad una cena tra amici, anche se alla fine è l'unica bambina presente, che giocare da sola in mezzo al caos di bimbi festanti. Per altro ci sarà tempo, quando sarà lei a chiedermelo, e allora certo non mi troverà poco disposta ad accontentarla.

E comunque lei era uno splendore: c'è bisogno di dirlo?




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