venerdì 17 maggio 2013

Tempo e bambini: quello che ho imparato.


Prima che il tempo mi voli via assieme a questo vento di maggio, e che, come già accaduto per marzo e aprile, perda l'occasione di farlo, tenterò di scrivere il post per il blogstorming di questo mese. Ché il tempo è così, ti scivola tra le mani come sabbia nella clessidra e tu nemmeno te ne accorgi e già del mese appena iniziato ne hai scollinato la metà, e il tuo post è lì, tra le bozze, incompleto e informe, e rischi di scordarti quel che avevi da dire...
Perciò, orsù, senza por tempo in mezzo, e chi ha tempo non aspetti tempo (va bene, la smetto).

Il tema proposto da Genitoricrescono a maggio è molto stuzzicante e, oserei dire, ha del filosofico.
Del resto, chi di noi non si è soffermato una volta nella sua vita a riflettere su questa entità così astratta eppure così imprescindibile nella sua effettività, tanto che non ci è possibile nemmeno immaginare un mondo che ne sia privo?
Dunque mi pareva di non avere gran che da scrivere in proposito (del resto pure troppo è già stato detto a riguardo, da tanti e tanti pensatori ben più forniti di argomenti), finché non mi ci sono fermata a riflettere un poco, sul binomio tempo-genitorialità, e allora gli spunti di riflessione mi sono piovuti a grappoli.
Tenterò qui di riassumere in maniera più o meno ordinata e per sommi capi ciò che ha significato per me il divenire genitore in relazione al mio tempo.

Il tempo dei neonati

Partiamo dal presupposto che il tempo di un neonato non è uguale al tempo di un adulto.
Che banalità, direte voi. Eppure credo che valga la pena metterlo nero su bianco a premessa di tutto, visto che, no, per chi si ritrova a dover gestire per la prima volta un neonato, questa verità non è affatto scontata.
Allora: come funziona il tempo di un neonato? Cioè: come mi devo regolare? Quando deve mangiare/dormire/svegliarsi/essere cambiato? Come funziona il suo tempo?
Per la verità all'inizio sembra facile: quando piange lo allatti, quando puzza lo cambi, per il resto dovrebbe dormire quasi tutto il tempo, no?
Questo è quello che credevo io, PRIMA.
In realtà non è detto che un bambino appena nato sappia di aver bisogno di dormire, e che comunque lo faccia anche senza arrivare ad essere cosciente di averne bisogno.
E neppure tu lo sai, mamma, quanto deve dormire un neonato a un mese, e poi a un mese e mezzo, a due, a tre...
E così vai a leggere. ti informi, cerchi, googli. Ed ecco cosa trovi:
"Un neonato almeno fino a tutto il quarto mese di vita dorme in media dalle 16 alle 20 ore al giorno".
E allora ti disperi. Perché diamine la tua non ne dorme che 8 scarse (e spesso interrotte), e per il resto del tempo ti dorme solo in braccio e come la metti giù si sveglia e frigna?

- Si vede che a lei quelle ore notturne bastano -ti dice tua sorella- e le bastano quelle che dorme quando è in braccio.
Ma la cosa, lungi dal rassicurarti, ti getta nel panico più totale. Ma come? Noo! Io voglio che lei dorma DA SOLA anche di giorno, e mi lasci libera di respirare almeno un due-tre ore di seguito, che possa darmi una lavata, farmi un piatto di spaghetti e mangiarmelo in santa pace, seduta, e non mentre ballonzolo in piedi con una neonata appollaiata sul braccio che non ne vuole sapere di arrendersi al sonno.

- E' normale: più crescono, e meno dormono. Cosa credevi?
Ti dice tua madre. E tu vorresti morire: porca miseria, ma ha solo 2 mesi e mezzo! E già dorme quanto me. Di questo passo a sei anni mi farà orario no-stop?

La verità è che hai bisogno di entrare nel suo tempo, dimenticarti come era PRIMA, capire come funziona il tempo per un neonato.
E ogni tanto ti capita pure di imbatterti in qualche dritta utile.
Imparare a gestire il tempo di un neonato è cosa fondamentale per la sopravvivenza genitoriale, e ora vi dico cos'è che, alla lunga e sulla mia pelle, ho imparato, sperimentato, messo in atto e interiorizzato sull'argomento:
  • Scandire i tempi.
Prima lezione appresa. Nel magma ininterrotto delle mie giornate (primo mese e mezzo) con mia figlia, annaspavo disperata alla ricerca di un appiglio, di una Stella Polare, di un qualcosa che mi facesse capire come potevo organizzare i miei tempi intorno ai tempi biologici di lei.
Ho capito che dovevo scandire tutto in unità più piccole, in piccoli cicli fatti almeno di quattro passaggi: sveglia-pannolino-poppata-nanna. In tutto ciò è FONDAMENTALE ricordarsi di guardare di continuo l'orologio, almeno per chi è alle prime armi con un neonato. E' vero: i neonati non tengono conto degli orari, ma questo rapportarvi di continuo ai tempi esterni e universalmente riconosciuti, può aiutare voi a darvi una tabella di marcia che sia sempre più o meno quella. E all'inizio tutto ciò non durerà che un due ore massimo, perché poi il neonato sclera, a star troppo sveglio, e tutta la giornata di conseguenza sarà un disastro. Quindi: si è svegliato alle 6? Alle 8 non è troppo pretendere che vi dorma di nuovo.
  • Adattarsi.
Altra cosa che ho ben presto capito a mie spese, è stata che, se volevo uscirne, dovevo puntare alla sopravvivenza, e se volevo sopravvivere, dovevo adattare la mia vita al suo tempo e non pretendere che fosse lei ad adattarsi ai miei. E questo significa rinunciare a fare le cose in un certo ordine, quello nel quale eravamo abituati a farlo prima (per esempio: svegliarsi e fare una doccia, e poi colazione, sono attività che verranno postposte al primo ciclo pannolino-poppata-nanna) oppure rinunciare del tutto a qualcosa (non lo rimpiangerete, perché riuscirete a guadagnarci in una relativa tranquillità).
  • Trovate i "vostri" ritmi.
Come noi adulti, anche i bambini piccoli non sono tutti uguali, hanno ritmi e abitudini, equilibri che in parte avete trovato insieme, in parte avete dovuto "accettare". Siccome che mi capita di continuo di imbattermi in una serie di luoghi comuni duri a morire, ci tengo a specificarlo.
Per esempio: "Non lasciarla dormire tutto il giorno, se no poi la notte ti rimane sveglia"; oppure: "Beh, magari ti è rimasta sveglia tutto il giorno, ma almeno poi stasera ti dorme bene"; o ancora: "Ma ancora la fai dormire? Si è svegliata appena due ore fa! Attenta che poi ti scambia la notte col giorno"
E altre genialate affini.
Mia figlia è sempre stata una bimba piuttosto nervosetta. Non mi è mai successo che mi "crollasse" di stanchezza a fine di una giornata di veglia intensa. Invece più riposava bene di giorno, meglio e più a lungo dormiva la notte. E' un'equazione semplice: più dorme, più è tranquilla e più dormirà; meno dorme, più è nervosa e meno dormirà. Vallo a spiegare al mondo.
Per cui se ancora oggi che ha quasi tre anni mi dicono: "Ma non è grande per farle fare ancora il sonnellino a metà giornata? Certo che poi la sera ti va a letto tardi!", me ne sbatto allegramente, e pazienza se mia figlia la sera si addormenta alle dieci e mezza-undici e non alle nove come la maggior parte dei suoi coetanei. Almeno non arriva isterica all'ora di cena e ciò significa più pace per me, più armonia familiare in genere, meno rischio infanticidio per le cronache.
  • Essere flessibili.
Pian piano i tempi dei neonati si modificano, di pari passo con la loro crescita, e tendono ad allungarsi, e allora sarete già diventati abbastanza bravi da accorgervi delle mutate loro esigenze, e pian piano allungherete anche la durata dei loro cicli vitali sonno-veglia. Verrà (quasi) naturale, ve lo garantisco. Inutile impuntarsi sul voler a tutti i costi mantenere i due sonnellini mattutini a un pupo di sei mesi vispo e attivo che ti costringe a un'ora e mezza di ninna-nanne a manetta. Vorrà dire che è giunto il momento di sottrarre un sonnellino, e di "allungare" i tempi di veglia tra gli altri. I bimbi per fortuna si adattano in fretta, e voi ci guadagnerete in qualità della vita, potendo disporre di intervalli più lunghi, più conformi ai nostri ritmi adulti.
  • Darsi tempo.
Ricordo bene la disperazione che a giorni mi attanagliava la gola nei primissimi mesi di vita di Mimi: non faccio più vita, aiuto! Rivoglio il mio tempo! Rivoglio il mio diritto a orinare in pace! La mattina mi sveglio e vorrei morì.
OK. Non pretendere di venirne subito a capo: ci vuole tempo, anche qui. Tempo e attenzione. Bisogna saper osservare un neonato, coglierne le sfumature, capirne le esigenze, interpretarne il pianto e agire di conseguenza. Ma per fortuna anche se si sbaglia non succede niente di grave: "Ah, ma allora piangevi perché eri pieno di cacca fino al collo! Bene: la prossima volta prima di farmi cadere le braccia a forza di ninnarti ti sottoporrò alla prova olfattiva.
  • Mantenere basse aspettative.
Sembra brutto, eh, detto così. L'ho pensato anche io la prima volta che l'ho letto, su un depliant lasciatomi dall'ospedale al momento delle dimissioni. Ma come? Tutta la vita ci insegnano che bisogna "puntare in alto", che se miri al lampione sei un perdente, che devi mirare alla luna, e poi pazienza se arrivi al lampione e via dicendo. Solo dopo ho capito forse il senso dei quel "mantenere basse aspettative", o comunque l'ho interpretato a modo mio. Se io mi aspetto che la mia vita con un neonato possa rimanere la stessa che avevo prima, compreso uscire la sera un tre volte a settimana, stare al bar un'oretta al giorno con gli amici, guardare un'oretta di tv dopo pranzo, leggere una media di due libri a settimana più quotidiani e articoli on line... probabilmente mi schianterò con la più amara delle disillusioni. No, non è possibile tutto ciò. Se invece parti da un obiettivo più semplice, tipo: una passeggiata col pupo, allora capace che ci riesci, e almeno ti eviti la frustrazione.
  • Avere sempre un piano B.
Visto che lui/lei non ne voleva sapere di dormire, avete deciso di uscire, e cogliere l'occasione per incontrare un'amica in centro. tempo di preparavi, infagottare il pupo nella carrozzina, e quando siete sulla porta, lo vedete che è collassato. Ora dorme, il bastardello! E anche voi avreste tanta voglia di buttarvi a pesce sul letto e collassare un'oretta... In questi casi che fare? Cambiare idea e cogliere l'attimo (non dimenticate che è fuggente) è il mio personale consiglio. Improvvisare. Cambiare programma. Concedersi deviazioni.
  • Il tempo ben speso.
Il mio rapporto col tempo è sempre stato pessimo, anche prima di avere Mimi. Non ero quella che sapeva gestirselo con parsimonia e saggezza. Ero quella che quando preparava gli esami non rispettava mai le tabelle di marcia che si faceva da sola, e se aveva un mese a disposizione se ne macinava tre quarti e si riduceva a dover studiare l'80 % del programma nel giro delle ultime 48 ore utili, compreso il tempo di attesa del proprio turno fuori dall'aula. Sono quella che arriva sempre in ritardo e  trafelata, perché nel frattempo vuole sempre ficcarci dentro più cose possibili da fare. Non mi piacciono i tempi morti: cerco sempre di mettere a frutto ogni istante e mi ritengo soddisfatta se alla fine della giornata ho depennato il maggior numero di faccende da espletare.
Ma con un figlio si rischia il collasso: semplicemente non si può. Non tutto il tempo va messo a frutto in maniera attiva; sono arrivata a considerare in maniera diversa il concetto di "tempo ben speso", ovvero quello che ti fa arrivare sano e salvo alla fine della giornata  e senza inutili spargimenti di sangue e crisi isteriche. Se si tratta di rinunciare a un impegno preso o a una puntata al supermercato ché la dispensa piange carestia, perché il pupo ha le coliche ed esige che lo teniate in braccio a oltranza massaggiandogli la panza, quello è tempo ben speso, se poi alla fine sarete riusciti a metterlo finalmente a letto.
  • Relativizzare.
Lo so: ve lo dicono tutti: i bimbi, per fortuna, prima o poi crescono. Tenete duro solo qualche mese.
Qualche mese??? La prospettiva ora come ora pare agghiacciante, vero? Come "qualche mese"? Ma se ha appena 20 giorni e già fantastico liberatori harakiri! Lo so che il tempo a volte sembra immobile, ha il potere di dilatarsi a dismisura, e a volte una vostra giornata pare infinita. Ma a un certo punto vi sveglierete e vostro figlio avrà 4 mesi, e forse non soffrirà più di coliche, e poi ne avrà 6, e poi 12, e stare con lui/lei sarà sempre più divertente e gratificante, e magari anche (un po') meno faticoso. Perciò guardate in prospettiva: tra un anno penserete a questi giorni come chi se li è lasciati alle spalle, e magari lo farete sorridendo...
  • Il tempo degli altri.
In tutto ciò il tempo degli altri continua a non tener conto del fatto che il vostro tempo ora è cambiato.

- Allora arriviamo alle 5, va bene?
- Sì, mi raccomando, se ritardate avvertitemi.
Vi è mai capitato che gli amici in questione si presentino alle 5 e quaranta, mentre voi tentate disperatamente di tenere occupato il pupo che a quell'ora in genere, già dorme da una buona mezz'ora?
Eh, dai: mezz'oretta che sarà mai!
Ma per un bambino piccolo è tanto. E' tantissimo. Per cui, cazzarola: se vi accorgete che fate tardi, avvertitemi, e io metterò a letto il pupo prima. Per quando sarete arrivati già avrà fatto in tempo a svegliarsi di nuovo, e voi potrete fare la conoscenza di un pupo riposato e sereno, e io non dovrò spalleggiarmi un marmocchio isterico mentre vi ringrazio per il pensiero ma ora vi sbatto fuori dai coglioni perché il lui/lei urla.

- Pronto, amicamia, puoi venire a tenermi il pupo un'oretta, che sono distrutta e vorrei uscire un attimo e sbrigare alcune cose, e non sono ancora riuscita a pranzare?
- Certo, cara, arrivo subito! Dammi dieci minuti.
E fu sera e fu mattina.
Non scherzo: è successo davvero.
A me. Dalle due del pomeriggio arrivò che erano quasi le cinque.
E io continuavo a dirmi: ora arriva, ora arriva, dai, si sarà solo fermata stradafacendo, tieni duro...
E intanto avevo mia figlia in braccio che quel giorno mi voleva prendere per sfinimento, e avevo fame, e le lacrime agli occhi, e la pentola sul fuoco con l'acqua della pasta che per la terza volta mi era evaporata finché ci avevo rinunciato, e il soffritto di cipolle carbonizzato in padella e la tisana nel microonde che continuavo a scaldare ma che poi era sempre fredda, nemmeno tiepida, quando mi ricordavo di andarla a prendere, e i nervi a pezzi.
Per cui, vedete: il tempo per lei era ridotto solo a un banale "scusa, ho fatto un po' tardi", ma per me corrispondeva a un: "Se non arriva subito muoio".
Perciò: non confidate nella comprensione altrui. Siate chiari, precisi, puntigliosi fino alla pedanteria. Se non vi capiscono, lo capiranno presto (a loro spese), a meno che non si rifiutino di procreare a loro volta...
  • Il tempo di lui
- Eh, dai, quanto la fai lunga perché ho ritardato un po'!
- Ma sono quasi le dieci!
- Ma ho finito tardi. Poi mi sono fermato al bar a parlare con i ragazzi, ho fumato una sigaretta qua sotto con Tizio e sono arrivato SUBITO.

Lui secondo me alle volte ci marcia.
Magari avete il marito/compagno migliore del mondo, per carità, che queste cose NON le fa.
Resta il fatto che per chi continua ad avere una vita "fuori" rimane difficile capire del tutto chi passa l'intera sua giornata a stretto contatto con un neonato, e anche capire perché una persona che è appena riuscita ad addormentare suo figlio dopo aver rischiato varie volte di farselo cadere dalle braccia perché assalita da ripetuti colpi di sonno, esca alle dieci dalla camera ove il pupo dorme ora beato, crolli su una sedia e scoppi in lacrime.
Successo, anche questo. E lui non ha capito, credo, cosa significasse veramente la parola "sfinimento".
Comunque il consiglio in questo caso è: cercate di lasciare che anche lui sperimenti l'ebbrezza di qualche ora in compagnia del suo frugoletto (loro due, da soli solissimi). Io lo sto facendo ora, con la secondogenita, con la scusa che la mattina accompagno l'altra al nido mi eclisso per un'oretta-due, tipo per andare a fare la spesa o alle poste, o cazzeggio in giro per negozi e poi mi invento scuse per il ritardo.
Lo ritrovo puntualmente in piena crisi, che mi molla la secondogenita urlante e piena di cacca (lui non pensa mai di provare a vedere se magari deve cambiarle il pannolino) e mi dice: "Era ora, finalmente!".
"Ma se sono uscita appena un'oretta fa!" (è fondamentale a questo punto dire "un'oretta" e non "un'ora"). Ecco, so' soddisfazioni.
  • Il tempo del pediatra.
Il pediatra infine ha una scansione temporale tutta sua.
Inutile cercare di venirne a capo e prima lo capite meglio è.
Per esempio la prima volta che ci sono andata mi chiese quante volte al giorno mangiasse la bimba.
Cosa? Solo cinque volte? Sbagliato! Sbagliatissimo! Bambini così piccoli devono mangiare almeno 7-8 volte al giorno. Dovevo assolutamente aumentare le poppate. Ok.
La volta successiva gli dissi, orgogliosa, che era stato un po' faticoso, ma finalmente ero riuscita a portare le poppate a 6-7 al giorno.
Cosa? A due mesi??? Sbagliato! Sbagliatissimo! La bimba è TROPPO GRANDE per mangiare ANCORA così spesso! Dovevo assolutamente diminuire le poppate e portarle a massimo 5 nell'arco delle 24 ore (ma vavangulo dottò!).

Ora con la secondogenita mi ha regalato un'altra chicca:

- Bene, ora quanto ha? Quasi un mese? E' grande...
(Grande? Beh, sì: un'adulta direi)

- ...basta farla poppare una volta sola durante la notte...
(Ne parli con l'interessata, dottore: magari a lei darà ascolto...)

- ..per esempio se ti mangia a mezzanotte e poi si sveglia alle 3, magari prendi un po' di tempo... tirala un'oretta-due... fino almeno alle 5!
(Eh! Che saranno mai due ore a "tirare in lungo" una neonata affamata nel cuore della notte? Caro dottore: mi chiedo seriamente se si diverte a pigliarmi per il culo a volte...)

Io nel frattempo ho imparato la strategia del "dici-di-sì-e-poi-fà-come-ti-pare", che è meglio (come direbbe il puffo quattrocchi). Sapevatelo, e poi fatelo.



Il Blogstorming è candidato al Fattore Mamma Award, per votarlo questa è la pagina.

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