lunedì 2 marzo 2015

Il lavoro che nobilita.


Però, questo lo devo confessare, in realtà non è stato tutto da buttare.
Sì, lo so, lo so, me ne esco come i proverbiali cavoli a merenda (ai miei tempi si diceva "Come le scorregge", ma scriverlo qui abbasserebbe il livello del mio eloquio): sto parlando del famoso lavoro in pettorina gialla, per voi che seguite le mie peripezie esistenziali e partecipate commossi.
Forse, è probabile, ma certo, è innegabile, la verità è che uno a un certo punto ha bisogno di partire da qualcosa, qualsiasi essa sia, e per farlo va bene anche un noiosissimo, per nulla gratificante, molesto lavoro in pettorina gialla, come il sandwich-man dei Simpson.


La verità è che dopo tanto tempo che conduci la tua esistenza, tranquilla, al riparo dagli occhi giudicanti del mondo, da una parte non muori proprio dalla voglia di ributtarti nella mischia del mercato della carne umana, a svendere le tue reali o presunte capacità a emeriti sconosciuti incaricati di valutarti e poi assegnarti, se mai, l'ambìto posto tra le fila dei gloriosi lavoratori dell'avvenire, incaricati di contribuire al benessere di questa società a suon di CO CO PRO...
Da un'altra parte invece, in chissà quale altro luogo di te, inizi a dubitare in cuor tuo, dopo tanta inattività, sulle reali tue competenze, sulle reali qualità che dici e pensi di possedere, e necessiti di un metro di misura, una prova del fuoco, un'occasione per poterti confrontare con quel mondo, con "la ggente", dimostrare a loro che non hai nessunissimo bisogno di elemosinare briciole di lavoro svilente e sottopagato, non certo perché tu non sia in grado di farlo, non certo perché non sia disposta ad abbassarti, a cominciare dall'ultimissimo gradino, umilmente, con la stessa costanza e solerzia che metteresti in qualsiasi altro impiego dignitoso, ahem... più dignitoso. Non perché tu non abbia il coraggio di provare, ma perché puntavi a ben altro, e se pure hai smesso di puntare, continui a sperare, e sai che meriteresti qualcosa di diverso.
Dimostrare, poi, a te stessa che non ti sei arrugginita, che non ti sei rincretinita, hai bisogno solo di un'oliatina qua e là, nelle giunture, ma il fatto che tu ora sia più adulta, più matura e più vissuta di qualche anno fa non può che essere un tuo punto forza; eh, sì, sarà così. Non hai mica passato questi ultimi anni a rigirarti gli alluci, o a tentar di farlo, ché non lo so mica se ci riuscirei.
Sì, insomma, accidenti, io valgo! Se dovevo imparare qualcosa dagli slogan a manovella della tv, che sia almeno qualcosa di salutare per la propria autostima!
Solo che prima hai bisogno di una conferma. Eh, sì, per prima cosa, di fronte al meno indulgente dei tuoi giudici: la tua coscienza al fosforo.
Quindi provi, ti fai un giro di giostra, e solo una volta terminato quello, all'omino che ti si avvicina sorridente dicendoti: "Ehi, sei brava! (Chi l'avrebbe mai detto!) Ora che ho appurato questo, che ne dici, se ti offro un altro giro a condizioni più vantaggiose?".
A quel punto, sì, sdegnosa e sicura di te, puoi rispondere: "Grazie, ho provato, ma non credo che reggerei a lungo questo lavoro. Non tanto per la fatica o la difficoltà delle mansioni, a quella ci si abitua, quell'altra la superi con l'esperienza, nel caso. No no, è proprio per rispetto verso me stessa".
E te ne vai, sdegnosa, i lunghi capelli sparpagliati nel vento, tu, novella Pocahontas.

Questo ovviamente avvenne nel mio immaginario ideale.
Nella realtà mi sono trita e contrita nel valutare i pro e i contro del mio abbandono consapevole, manco stessi valutando l'offerta di ingaggio di una squadra di calcio di serie A. Perché?
Perché mi son chiesta se avrei davvero trovato qualcosa di meglio.
Perché mi sono chiesta se non stavo cedendo alla fatica, e alla pigrizia di tornarmene alla mia vita domestica e tranquillizzante, senza gli occhi giudicanti del mondo addosso e senza orari e turni da coprire, senza gratificazione monetaria per quanto svolto quotidianamente ma con tanta soddisfazione umana.
Perché c'era sempre quella parte di me che continuava a dirmi che se mi fermavo, proprio ora che mi ero rimessa nell'ingranaggio, poi avrei dovuto ricominciare da capo, e già sentiva lo stomaco contorcersi disgustato al pensiero dei millemila form da compilare sempre con le solite elettrizzanti enumerazioni dei miei trascorsi lavorativi, a cui avrei diligentemente aggiunto la mia ultima esperienza "in pettorina gialla", ché non dimentichiamoci mai che uno dei principali motivi per cui oggigiorno si lavora è quella: che fa curriculum.
E già ripensavo alle mie vane sessioni di attività "curriculare", come chiamo io, quando parlo con le mie colleghe, le altre me cerebrali, l'andar di calle in calle distribuendo in giro i miei eccezionali CV con tanto di foto della me di tre anni fa, con la stessa sciarpa, stessa giacca, stessi capelli, ma una figlia in meno.

Insomma, sì, ti fai le milleuna seghe mentali previste dal contratto che firmasti all'atto della tua venuta al mondo (io sottoscritta nascitura Suster mi impegno a farmi sempre millemila seghe mentali per la qualunque, da adesso fino al giorno della mia dipartita. Amen), e stili bilanci e controbilanci.
Coinvolgi la pressoché totalità dei tuoi amici/conoscenti/vicini del piano di sotto/passanti della domenica nella sofferta decisione, collezioni consigli e controbatti.
Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniquo impiego in pettorina gialla, o prender l'armi e i bagagli e tanti saluti?
Arrivi a scomodare persino il sommo drammaturgo.
Poi azzeri tutto, butti al cesso bilanci e controbilanci, ti fermi un attimo, e decidi, come si suol dire, di pancia: decidi in base al fatto che quel lavoro lì ti fa stare male, non ti fa sentire né soddisfatta né realizzata, e sacrificare ad esso il tuo sempre incerto equilibrio emotivo e familiare, no, non ti sembra proprio che valga la pena.

Ti rendi conto che forse un tempo sì, in un universo parallelo, in un'altra te, saresti potuta entrare in crisi di fronte ad una proposta lavorativa che davvero poteva porti di fronte a un bivio esistenziale, ma non oggi, non adesso, non per questo, e, caspita, se questa non è una incredibile fortuna!
Finalmente proprio tu che sei sempre così irresoluta su tutto, puoi per una volta prendere una decisione a cuor leggero, sapendo che l'occasione a cui rinunci non è affatto un'occasione, ma l'ultimo dei ripieghi per illuderti di poter trovare il tuo posto nella società, di averci almeno provato, e che se non ci riuscirai non sarà certo stato per colpa tua.
Eh, no, cara Suster, parliamoci chiaro: viviamo in un frangente storico in cui l'impiego fisso non è garantito, il lavoro ideale non te lo vengono a offrire a domicilio, e quel che trovi spesso non arriva alla dignità di poter essere barattato con altri beni ben più preziosi che hai.
Difendi ciò che hai, tientelo stretto e non vergognartene.
Questo è il tempo di arrangiarsi, non quello di sistemarsi, come si diceva un tempo.
Ma a te per fortuna di sistemarti non te ne è mai importato un fico. Allora?
Di cosa ti crucci? Non lo vedi? Sei sfuggita all'ingranaggio della grigia vita impiegatizia che paventavi da adolescente, sei nell'imponderabile no-zone dove tutto può accadere, sempre che tu riesca a farlo accadere.

Sì sì, noi siamo quelli che "ci si deve arrangiare". A noi la scelta se considerarci dei poveri sfigati o degli incompresi bohémien.
Ho capito, grazie, mi arrangerò, farò come tu mi hai detto. Verranno momenti migliori (il tempo è una ruota che gira).
Nel frattempo hai pur sempre la fortuna di poter impiegare il tuo tempo facendo ciò che ti piace fare.
E poi, cosa mi dicevi prima? Prima quando? All'inizio, dai, quel discorso che non è stato tutto da buttare.
Beh, dicevo che... un pochino mi vergogno quasi a dirlo, ma dicevo che ci son state delle cose che mi sono piaciute del lavoro in pettorina gialla.
Ah, sì? Beh, non è detto che ciò sia male. E cosa, di grazia?
Beh, mi piaceva lasciare la mattina le bimbe a scuola e sapere di avere un impegno, sapere di dover andare in un posto a una data ora, non di dovermi strutturare da sola la mattinata con doveri più o meno derogabili.
Poi mi piaceva lavorare col cielo sopra la testa, e non chiusa nella penombra di un ufficio muffoso, o sotto le volte a botte di un ristorante finto-rustico ché ti ci viene la claustrofobia, e insomma, sì, va bene che era gennaio e faceva un freddo, ma un freddo, che magari non mi avrebbe fatto schifo starmene un po' anche chiusa in un ufficio muffoso, ma il cielo sopra la tua testa è un lusso che pochi hanno, e poi...

Poi ho parlato con la gente. Praticamente non facevo altro, fermavo la gente e parlavo.
Che palle, eh? Sì, ma la cosa incredibile è che è stato quasi divertente a tratti, perché la gente se ti ci fermi a parlare, scopri che non è poi così male come pensavi. Solo che, ovvio, a chi verrebbe in mente di piazzarsi in mezzo alla strada e fermare la gente che passa per parlare, e magari vedi che una ghigna subito ti si trasforma in sorriso, e che la gente sta ad ascoltare quello che hai da dire, e poi in qualche modo cerca di elaborare, e ti tira fuori di quelle cose esilaranti!
Tipo quella che voleva convincermi che io non ero felice e che dovevo abbracciare Buddha e lo sarei stata.
O quella che: - Signora mi scusi...
- No, grazie, già ce l'ho! Ho preso tutto, io! C'ho pure il calendario!
- Calendario? Ah... Dei diritti umani?
- No! (Mi guarda perplessa) Dei cani no? Non siete quelli dei cani?

O quell'altro che mi guarda serio serio negli occhi e poi, dopo un quarto d'ora che gli parlavo senza capire bene se mi stesse ascoltando o no: - Tu hai ragionissima su tutto, ma mi spieghi solo una cosa? Perché nessuno per strada parla mai delle scie chimiche? Nessuno vuol scomodare le logge massoniche perché avete paura! Se mi parlavi delle logge massoniche e delle scie chimiche, ti firmavo tutto quello che volevi.
E se ne va risentito.
O ancora: - Ma questa associazione di cosa si occupa?
- Dei diritti dell'uomo, signora.
- Ah, no: io i diritti dell'uomo... a me mi fanno schifo! Solo i diritti della donna mi interessano. Ma ai diritti dell'uomo non gli dò un soldo!

Insomma, Suster, ti sei divertita alle spalle della gente?
Divertita? E tu me lo chiami divertirsi?
Io a volte rientravo verso casa e volevo solo piangere, ma piangere seria, eh, di quei bei piantini a dirotto che non mi facevo più da un bel po'. Non mi sono né divertita, né tanto meno alle spalle: se mai in faccia. E' fantastica, la gente, sul serio. E tu, dovresti essere meno misantropa.
Insomma, tutto qui?
No.
Poi c'era la cosa più bella di tutte.
E sarebbe?
Quando poi arrivavo a casa, lasciavo la bici, salivo le scale, e rientravo a casa, e loro erano lì che le sentivo giocare insieme dalla camera, le volte in cui le lasciavo col padre di pomeriggio, e non si accorgevano subito che ero rientrata.
Allora ne approfittavo per svestirmi con calma e rilassarmi un po'. Anche perché era molto bello stare a sentirle che chiacchieravano tra loro senza le interruzioni della mia voce che sono abituata a intercalare quando sono a casa con loro.
Insomma, questa cosa del non vederle tutto il giorno era per me cosa nuovissima, e dello stare altrove a fare tutt'altro. Ma la cosa incredibile è che funzionava! E funzionava meglio che in qualsiasi mia possibile previsione. Questo significa che loro sanno stare benissimo anche senza di me, ma anche io so stare benissimo anche senza di loro, e chi l'avrebbe mai detto!
Allora io entravo in camera e loro interrompevano di colpo tutto quello che stavano facendo e mi si buttavano addosso al grido di "Mamma!" ed era allora gioia pura il rivedersi, e lo stare insieme. Assai più di quei pomeriggi interminabili di battibecchi in cui ci stiamo tutte un po' sulle palle a vicenda.
Invece no, in quei giorni lì lontane, ci rivedevamo a fine giornata ed eravamo davvero, davvero, davvero felici di stare insieme di nuovo. E tutto andava bene per almeno una buona mezz'ora.

E questa era la cosa più bella di tutte. Tornare a casa, e trovarle.

4 commenti:

  1. E allora tu non smettere di cercare un lavoro che ti soddisfi. Chi li sa cosa ti aspetta dietro l'angolo, magari lo trovi davvero! !

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    1. Vedremo, Sfolli, vedremo. Non smetto, ma faccio le dovute pause, onde non impazzire e/o deprimermi. Grazie! ;-)

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  2. la gioia di ritrovarsi è meravigliosa,davvero.Ed è bello tornare a casa e trovarle/trovarli, questi meravigliosi pezzetti di noi e raccontarci le nostre giornate.
    Sono un'esperta di lavori precari, con tre figli più o meno tuoi coetanei che ora fanno i lavori più diversi e disparati. E posso solo dirti, vivendolo e vedendolo qua in casa, che devi continuare ad inseguire i tuoi desideri ed a coltivare i tuoi talenti, che ne sei piena. Vedi? Posso dirti che Silvia, dopo anni, dalla laurea in poi, in cui ha praticamente " fatto la fame" cercando di fare l'artigiana-orafa ( e arrotondando facendo l'artista di strada ...) da dicembre ha iniziato ad inserire le tessere al posto giusto! Certo, non ha due bimbe, forse questo ha reso tutto più semplice ma, da un lato, le ha dato meno forza. E penso che non dovresti dubitare nè delle tue reali capacità nè delle tue reali tue competenze, ha i una capacità di auto- analisi notevole.....certo, magari ogni tanto, come dici tu, sfocia nelle seghe mentali, però hai, per fortuna, una bellissima realtà che ti circonda! un abbraccio Emanuela

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    1. Emanuela, è la terza volta che provo a rispondere al tuo commento, ma la sorte e Google mi sono avversi.
      Bon, ritentiamo.
      Dicevo che, sì, di seghe mentali me ne faccio fin troppe (e scusa la volgarità, tu le chiami con ben più finezza e garbo "capacità di autoanalisi". Grazie!), ma l'importante è rendersene conto e saperci dare un taglio, anche saperle ridimensionare.
      Poi: sono abbastanza consapevole delle mie capacità e anche dei miei punti deboli, però un conto è che lo sappia io, un conto è riuscire a dimostrarlo al mondo. Avevo bisogno davvero di misurarmi con qualcosa per ricevere una conferma e per conoscere un po' la persona che sono diventata. Sono ormai 5 anni dal mio ultimo impiego retribuito, e mi chiedevo come mai mia sarei rapportata al mondo del lavoro, al pubblico, sì, anche ai datori. Ho avuto il riscontro effettivo di una persona che si relaziona in maniera diversa con tutte queste cose, e anche con i problemi che si trova a dover affrontare. Questo, malgrado tutto, mi è servito davvero.
      Grazie per le tue (preziose) testimonianze di vita. Sempre bello leggerle.

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