mercoledì 17 aprile 2013

Presentazioni.

Come al solito sono una gran cafona.
Mi capita sempre, eh! Che quando sono in compagni di qualcuno, tipo di un amico, e incontro qualcun altro, tipo un altro amico, e i due non si conoscono, mi fermo magari a parlare mezz'ora, e solo dopo aver chiaccherato amabilmente tra loro, ignorando i reciproci nomi e ruoli, i due alla fine si rassegnano: "Io comunque sono Tizio..." "Piacere, io sono..." Perchè io puntualmente non li presento.
Non lo faccio con cattiveria, né per gelosia, né per altro sentimento malevolo, sia chiaro, ma solo per rincoglionimento.
E cafonaggine aggiungo.
Ci credete?
Beh, chi vuole crederci lo faccia.
Tutto ciò per dire che l'ho fatto anche stavolta: ho saltato le presentazioni, e sono passata subito alla fase successiva, quella dei miei post sfasati in cui elenco a casaccio persone ed eventi dando per scontato che uno li debba conoscere.
Diciamo che l'ho fatto per esigenze di tempo, e mancanza di concentrazione necessaria a scrivere un post decente di presentazione, e mancanza di coordinazione bioritmica delle mie due pargole, che mi hanno reso assai difficile il proposito di dedicarmi seriamente a queste pagine...
Ma la faccio finita, ché se no non concludo nulla neppure ora, e ci provo, a fare una presentazione come si deve, anche se mi sento molto fuori allenamento, e se non dormo sodo una notte di fila da un po', e anche se nel frattempo tendo l'orecchio ai rantoli di lei che provengono dalla carrozzina accostata qui a fianco, quella che fu di Mimi, e che ora circola di nuovo per casa, inchiodandosi contro stipiti di porte e incastrandosi tra il tavolino di legno dove Mimi realizza le sue opere d'arte e il cumulo di scarpe di Hasuna, incarnando i desideri più irrealizzati dei gatti, che puntualmente ci riprovano, a farne il loro giaciglio, ma vengono malamente dissuasi e frustrati in questa loro inconfessata aspirazione.

L'abitante della carrozzina.
Colei che ha fatto saltare tutti gli equilibri umani e relazionali di questa casa, probabilmente spingendoci a migliorarli, e comunque rendendo necessario un ridefinirli.
Colei che ha reso urgente un ennesimo resetting delle nostre vite, e anche un parziale refreshing abitativo, ancora in fieri per la verità, portando ancora una volta sull'orlo del baratro esistenziale la mia autocoscienza, costringendomi a cercarmi in una nuova identità, perché in quella vecchia non riesco più a riconoscermi, e quella che sono ancora non so... e tu che pensavi che ormai il grande salto l'avessi fatto quando sei diventata mamma la prima volta. E invece eccoti qua ancora che stenti a raccogliere tutti i fili, spiazzata dalle tue emozioni, disorientata da una vita che non c'inzerta più con quella vecchia, con i ritmi che avevi preso, con i tempi e le cose che facevi per riempirli, con i tuoi propositi a breve e a lunga scadenza.
Tergiversi, intanto, e ancora non hai iniziato a parlare di lei, ma solo di te, e ancora una volta sei scivolata dalla prima alla seconda persona, nel riferirti a te stessa, indizio evidente del tuo attuale smarrimento d'identità...

La prima volta che l'hai vista hai pensato: "Ammazza, che capoccia! E ci credo che mi so' fatta un mazzo tanto per farla passare da lì sotto!" Più o meno, ma la prima frase l'ho proprio pensata para para: "Ammazza che capoccia!"
La prima cosa che ho visto è stata la sua capoccia, bella tonda e liscia di capelli neri, ben spartiti a ciocchette sulla fronte, paonazza per lo sforzo o forse per la contrarietà di esser stata così brutalmente sfrattata dalla sua conca di comfort e oblio, bruscamente espulsa in un mondo fatto di stimoli per lo più fastidiosi, e mani che ti prendono, e luci che ti abbagliano, e voci che ti confondono...
Poi me la sono presa con calma e ho provato a conoscerla meglio.
Ho scoperto che non era semplicemente un doppione di sua sorella, l'incarnazione inquietante di un mio deja-vù esperienzale, un temporaneo lapsus della memoria.
Lei era una persona nuova, con sue attitudini e peculiarità caratteriali già parzialmente definite, evidenti all'occhio di una mamma, sia pure la più rinco, quale io mi ritengo, almeno quanto evidenti sono le differenze che ho riscontrato nella sua fisionomia, che a un primo sguardo mi richiama tanto quella di Mimi neonata.
Le orecchie tonde anzicchè a punta, da elfetto, come le aveva Mimi, le ciglia sottili e quasi invisibili, le guance e la pappagorgia da bambolotto pacioccone, contro la precisione miniaturistica dei lineamenti fini di Mimi, che sembravano dipinti dal pennello sottile di un artigiano sul volto impeccabile di una bambolina di porcellana...

Lei spalanca strani occhi grigi e senza ciglia e ti scruta seria, ché sembra ti interroghi, o forse solo che cerchi di capire il senso del tuo stare là, e del suo stare qua, o forse solo che ti dica: "Eccomi, conosciamoci. Tu sei mamma, giusto? Io sono quella della pancia, quella per la quale hai già perso tante notti insonni, che ti ammaccava le costole, che ti costringeva lo stomaco trasformando in bruciori e reflusso ogni tuo pasto, e finanche il tuo più esiguo spuntino. Sono quella che sentivi gli ultimi tempi traslocare da un lato all'altro del tuo utero con grandi stravolgimenti di addome. Sono quella. Mi riconosci? Io ti riconosco."
Perché quando lei ti guarda ti senti riconosciuta, e quasi sgamata.
E rimani a chiederti cosa mai starà pensando dietro quella fronte aggrottata, quando poi alla fine socchiude gli occhi e la vedi che medita, medita, talvolta appoggiando la mano al mento, ché lei, signori, è una gran pensatrice, oltremodo riflessiva, una filosofa, forse, chissà. Medita e gesticola, che pare stia provando tra sé un'orazione, atteggiando il volto a una serie ininterrotta di espressioni mimiche di rara intensità.

Lei per lo più è tranquilla, e raramente si lascia andare a scenate isteriche o ad immotivati explois vocali. Non sbraita, pigola. Protesta al limite, se è contrariata da qualcosa, soprattutto se le sue rimostranze vengono a lungo ignorate.
Per esempio detesta stare nuda. Ma è paziente, e aspetta di venir spogliata, cambiata e lavata all'occorrenza. Collabora perché ha capito che è un fastidio a breve termine. Perde la pazienza solo se la cosa si prolunga più del dovuto.
Si gestisce abbastanza in autonomia in fatto di mangiare e dormire. Ha imparato presto e bene  l'utilizzo e il funzionamento della tetta, è paziente e si impegna a fondo quando non si ritiene soddisfatta del rancio, senza inutili proteste e rimostranze, allora, si concentra e ci dà giù di suzione con una costanza e un'energia ammirevoli.
Dura cosa la lotta per la vita: procurarsi il cibo è un lavoro che sfianca, e non parliamo della digestione... e dell'evacuazione! Eppure lei dimostra anche qui un non comune stoicismo nell'affrontare le rognose coliche neonatali. Un po' di lamenti, qualche ué-ué, ma poi la vedi al pezzo, concentrata, determinata, focalizzata sul problema, aggrotta le sopracciglia e... parte lo scorreggione. E poi relax.

Non ha preferenze in fatto di musica, ma non le piace il silenzio. Per ora dimostra di apprezzare molto melodie soffuse, flauti irlandesi, arpe new age e tollera fin troppo le strida e gli schiamazzi della sorella maggiore, che non ha alcun riguardo per i suoi stati di sonno o di veglia. A quanto pare ama la compagnia, e non disdegna le occasioni di vita sociale.

Pare proprio non abbia difetti... se solo dormisse un poco di più la notte!

Signori e signore, ecco a voi: Rania.



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