martedì 21 gennaio 2014

Tre mondi.


M. C. Escher, Tre mondi, 1955

Specchio d'acqua, superficie, riflesso.
Ma l'acqua è anche volume, contenitore. L'acqua è anche fluidità, elemento mobile per eccellenza, fluttuante.
Fluttuano al suo interno creature guizzanti. Fluttuano le foglie morte sulla sua superficie. Fluttuano le immagini riflesse, restituendoci visioni ora nitide ora incerte, dissolvenze concentriche, tremolanti, ad ogni guizzo affiorante dalle profondità, ad ogni nuova foglia che atterra, volteggiando, sulla sua superficie.


E' una sintesi di tre mondi, tre realtà, tre visioni. Finestra o specchio o piano di appoggio.
La sintesi mi affascina sempre, forse proprio perché non mi riesce. La sintesi non è scontata.
Amo le immagini che con pochi elementi dati, ti inducono a cercare, a riflettere, che ti lasciano intuire significati impliciti. Cosa voleva dire qui? Sotto la superficie. L'illusione dell'occhio che inganna la mente, un piccolo sforzo in più per riordinare gli elementi, ricollocarli al giusto posto nel paesaggio delle nostre conoscenze assodate.
L'opera che è superficie fisica, immagine impressa, ma anche rappresentazione simbolica, finzione di realtà a tre dimensioni, e infine veicolo di pensieri e connessioni, guizzanti e vibranti.
L'arte che in fondo è un mondo a sé, riflesso del pensiero, dell'immagine del mondo e del mondo stesso, e sintesi delle tre.
Arte come analisi, sintesi, ricerca e mai come punto di arrivo, ma solo come fase della conoscenza.

Dio, come amo quest'artista!

Suster in preda alla sindrome di Stendhal vi ha presentato: Maurits Cornelis Escher per M'Artedì, la rubrica del martedì.

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