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sabato 10 marzo 2012

Le mie prime dieci righe.


Un po' smarrita tra memorie e cronache quotidiane, continuo a ondeggiare, tentennante tra le mie bozze inconcluse, e siccome vorrei spendere bene questo tempo in cui lei, finalmente, dorme, dopo avermi fracassato le pal... frantumato i co... un tantinello tediato nel corso di due lunghissimi giorni di degenza casalinga di convalescenza da non si sa bene che, ne approfitto per partecipare a questo giveaway, conosciuto grazie a Stima e al Viaggio Emotivo.

Partecipo al giveaway di Primediecirighe:
Era meglio se i miei restavano a New York dove si erano conosciuti e sposati e dove sono nato io. Invece se ne tornarono in Irlanda che io avevo quattro anni, mio fratello Malachy tre, i gemelli Oliver e Eugene appena uno e mia sorella Margaret era già morta e sepolta.
Ripensando alla mia infanzia, mi chiedo come sono riuscito a sopravvivere, Naturalmente è stata un'infanzia infelice, sennò non ci sarebbe gusto. Ma un'infanzia infelice irlandese è peggio di un'infanzia infelice qualunque, e un'infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora.
Frank McCourt, Le ceneri di Angela, Gli Adelphi, 2007

lunedì 31 ottobre 2011

Il Piccolo Principe e la volpe.

"In principio tu ti siederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."

Ottobre è arrivato agli sgoccioli, e io mi riduco all'ultimo per partecipare all'ultimo blog contest del mese.
Avevo tante idee ma stringi stringi non ne ho combinata mezza. Semplificherò.
Il libro lo conoscono più o meno tutti, è l'arcinota storia dolce e tragica di un piccolo principe spaziale, piovuto sulla terra in cerca di risposte. Per inciso, il primo libro letto dalla sottoscritta, alla tenera età di sette anni.


La storia è semplice, il messaggio è elementare e imperituro: parla ai bambini, che non contemplano l'arzigogolo intellettuale del mondo adulto, ma parla anche a molti adulti, che hanno smarrito la strada della semplicità, persi in una selva di costruzioni e convenzioni.

Come insegnare la vita? Non si può, certe cose vanno vissute.
Pensavo alla complessità di un rapporto, alla lunga strada da fare per costruirne uno.
Qualsiasi rapporto necessita del tempo, attenzione e pazienza.

Costruirsi a poco a poco, un tassello alla volta, infittire una rete di corrispondenze, scambiarsi un sorriso saturo di complicità e allusioni, uno sguardo con un amico che sa, una risata soffocata al ricordo di un passato comune.
Ma pensavo anche alla comprensione reciproca, a una bambina che chiama "Mamma!", alla certezza di essere necessari, di poter corrispondere a quella richiesta, in fondo, solo di sicurezza, di una voce che risponda: "Eccomi, sono qui!"

Pensavo alla necessità di cambiarsi, di adattare se stessi, la propria vita, i propri ritmi, le proprie aspirazioni, di estenderle a coinvolgere un due, un tre, della capacità di appagarsi in maniera diversa, di stare insieme e da soli in maniera diversa, di scoprire nuove opportunità laddove vedevi solo limitazioni, di accorgerti che tante ore di sonno perse non ti pesano più come ti pesavano un anno fa.
Di accorgerti che quanto più hai dato, tanto più ti sei arricchita, che questo dare, lungi dallo svuotarti, ti ha lasciato più di quel che avessi prima.

Ciò nonostante il cammino è ancora lungo, e ancora, giorno dopo giorno, occorre sedersi un poco più vicini, e aspettare, osservare, cogliere i segnali, comprendere e pazientare.
"Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"
Che cosa vuol dire addomesticare?" " E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…"

"Che bisogna fare?" domandò il piccolo principe." "Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe.
L'avrei finita anche qui, ma siccome il contest si chiama "Cuore di artista", e siccome io artista certo non sono, ma il cuore di artista forse forse ce l'ho anche, mi son detta: dai, facciamo una cosa artistica, ma col cuore.
Dopotutto non si vede bene che col cuore.
E meno male, perché a vederle con gli occhi le mie creazioni fanno alquanto cagare.

Ma insomma: è stata lunga e travagliata, ma ecco qua.

Questo è il mio banco da lavoro mentre la pupa dorme. Incasinato.
Notare la schermata del portatile.

 Ho cercato on line le immagini originali del principe e della volpe e li ho riprodotti su carta.

 Col vecchio metodo della trasparenza, appoggiando i disegni ribaltati sul vetro della finestra e sovrapponendovi un secondo foglio ho ricalcato due immagini speculari dei due modelli, che ho colorato a cera e incollato su una doppia sagoma di cartone piegato a metà, recuperata da un imballaggio pescato nella nostra raccolta differenziata casalinga di carta e cartone.

Nello spessore del cartone ho infilato e fissato con lo scotch nella parte interna due coltelli di plastica da pic-nic, in modo da ottenere i manici con cui manovrare le due marionette caserecce e arrangiate.

Purtroppo la pupa oggi si è svegliata di pessimo umore ed è stato impossibile riuscire ad intrattenerla mezzo minuto coinvolgendola in una improvvisata messa in scena dell'incontro tra il Piccolo Principe e la volpe.
Non possedendo io grandi doti artistiche, spero che apprezzerete comunque la mia buona volontà nel voler partecipare a questo concorso creativo.
Tutto sommato credo che il carattere infantile dei miei lavori renda onore allo stile dei disegni di Saint-Exupéry, e dato che probabilmente se avessi realizzato queste marionette di carta all'epoca in cui lessi il libro, il risultato non sarebbe stato tanto diverso da questo.
Tutti i grandi son stati bambini una volta...

Cuore d'artista, il Candy Contest di Attimi di Letizia.

lunedì 11 luglio 2011

Da non dimenticare

Visto l'inatteso successo ottenuto dalle mie disquisizioni pseudo-filosofiche sul vero significato della vita, mi auto-innalzo a ruolo di Maestra Moltosaggia Zen, e vi allieterò anche oggi con una storia a metà tra il trash e il fantozziano, dalla quale storia, tratta dalla vita vera, pur tuttavia, il saggio sa quali e quante verità trarre.
Dunque, inizia così: ci trovavamo, io e il beduino, e pupa al seguito, su assai poco amena spiaggia balneare in quel di Marina di Vecchiano, chi la conosce lo sa, che non è poi questo gran mare, perché l'acqua è torbida, la spiaggia piuttosto sempre-zozza, dato il decisamente basso livello di senso del bene comune insito forse nella maggior parte dei suoi abituali frequentatori, gli spiaggisti della domenica.
Anche noi tre ci trovavamo quella domenica di ieri, nel numero di codesti visitatori, pur recandoci sul lido più sul far della sera che in tardo pomeriggio, come nostra intenzione iniziale, poiché nel pomeriggio i restanti due terzi di mio nucleo familiare attuale se la dormivano della grossa, cullati dal ronzio del condizionatore d'epoca accattato pur esso l'anno avanti al mercatino della roba usata in conto vendita, ma questa è un'altra storia.
Solo Suster non aveva, nell'afoso pomeriggio domenicale, beneficiato di tale piacevole elettrodomestico, ma era rimasta a languire in terrazza aspettando che il caldo scemasse, gocciolando ostinatamente sudore sulle pagine della sua narrativa del momento, perchè "tanto tra poco si svegliano, non vale la pena che mi metto a dormire anch'io".
E invece fino alle sei, stecchiti entrambi.
Quindi si arriva in spiaggia che saran già state le sette suonate, eppure il sole era alto ancora, e picchiava. Quindi padre e figlia si immergono nell'acqua torbida e prendono a giocare amenamente insieme, mentre la mamma sulla spiaggia, impugnato il setaccio in plastica verde del set da sabbia acquistato per la pupa, si mette alacremente a ripulire il loro circoscritto angolo di spiaggia dallo sterminato numero di cicche di sigarette gentilmente lasciate lì dai visitatori precedenti, ché arrivando a quell'ora tarda, cosa pretendi, di trovare pure pulito? Ovvio che no: la spiaggia è un brulicare di fazzoletti sventolanti semi-insabbiati, che non oso pensare quali arcani terribili celassero al loro interno, torsoli di mela anneriti, pacchetti di sigarette vacanti, lattine vuote accuratamente schiacciate, ciabatte consunte abbandonate ingratamente e pezzi di palette rotti, che pareva un emporio.
Quasi a sberleffo della sorte Suster durante questo suo esercizio liberatorio della superficie gattonabile, viene accostata da vicino di asciugamano che la apostrofa chiedendole se per favore ha da accendere; incerta se non si trattasse di uno sberleffo al suo affannoso setacciare, ha poi concesso con riluttanza la fiamma del proprio accendino, o meglio, dell'accendino di Hasuna, allo sconosciuto, perché potesse col suo contributo incrementare il numero di mozziconi presenti in spiaggia.
Ma comunque, mentre era così assorta in questa meritevole attività da greenpeacer, si accorge di esser chiamata dal proprio compagno, che trovasi ancora a mollo con la piccola. Si accosta al bagnasciuga e... cosa vedono i suoi occhi sconvolti! Una cacca umana, cullata dallo sciabordio delle onde, rotola su e giù per la battigia, con movimento agile e aggraziato, suscitando il suo immediato moto di repulsione.
- Brendilo con quel coso che avevi in manooo!
Le urla intanto il beduino sempre tra i flutti.
Ah, la pupa ha rilasciato, pensa lei, e si accinge all'oneroso compito della madre devota, raccattando l'escremento con estrema cura servendosi del suddetto setaccio.
Però uno scrupolo le viene di accertarsi della real provenienza dell'oggetto.
- Hasunaaa! E'... della pupaaa?
Chiede circospetta alzando la voce quel che basta perché la senta lui, ma non i vicini di asciugamano che potrebbero disapprovare la defecazione della bambina in mare.
Ma quale non è il suo sgomento quando si sente rispondere dall'altro lato:
- Noooo!
Coosa? E perché dovrei togliere la cacca di un perfetto sconosciuto?
- E di chi è alloraaa?
- Boooo!
Ok, la cacca era già nel setaccio. Bisognava solo attraversare duecento metri di spiaggia per riporla nell'apposito cassonetto.
Ma perché dovevo farlo io?
Mentre così mi barcamenavo tra il mio dovere di perfetta spiaggista e il forte impulso di liberarmi al più presto di quel corpo a me estraneo, mi sono ricordata una frase detta da mio padre molti anni addietro.
O per la precisione: lui l'aveva scritta, in risposta ad un botta e risposta a suon di messaggi in bacheca nel vecchio condominio dove abitavamo. Qualche giorno fa commentando in un post di un'altra blogger avevo menzionato quel telegrafico scambio di battute, e quindi mi tornava in mente facilmente ora.
Andò così.
"Il proprietario del cane che ha sporcato il tappeto dell'ingresso, è pregato di pulire".
Questo il primo messaggio della catena condominiale. Lo ricordo bene perché l'episodio entrò poi a far parte della leggenda della nostra famiglia.
Il secondo l'ho approssimativamente ricostruito così:
"Vista l'allusione mi sento dovere di rispondere che il mio cane non ha lasciato escrementi all'interno del condominio".
A questo punto si inserisce la frase celebre di lui:

"Si fa prima a pulire una cacca che a indagare su chi l'abbia fatta".

E lui, da gran signore, la cacca condominiale quella volta, l'aveva pulita, anche perché mi par di ricordare che eravamo in parte responsabili della sua esistenza, proveniendo essa da un gatto del quartiere che era solito frequentare il palazzo perché ammiratore indefesso della nostra gatta, e noi bambini incoraggiavamo quelle visite con aggiunte alimentari.

Comunque, tornando a me sulla spiaggia, alle prese con quell'escremento umano di ignota origine, che il mare aveva portato fino a me perché gli assegnassi dimora più degna, il cammino dal bagnasciuga al cassonetto mi sembrò ben più lungo e accidentato di quanto in realtà non fosse, appesantita dello scomodo fardello a così pochi, fastidiosamente pochi, centimetri dall'estremità di uno dei miei arti superiori.
Eppure pensai a quanto più tempo ci avrei senz'altro messo se, invece, mi fossi fermata a indagare su chi fosse stato il suo proprietario, per poterlo poi condannare alla giusta pena di togliere di mezzo il corpo del reato.
Questa di mio padre è una delle citazioni che preferisco, però finora non avevo mai pensato alla possibilità di poterla riutilizzare così a proposito.
Mi viene quindi da formulare una nuova incrollabile verità:

Nella vita, di cacche da pulire, ce ne saranno sempre, e non importa di chi siano.

Questa però è mia, e se ve la rivendete, vi prego di citarmi.

mercoledì 9 marzo 2011

Salutami Zorro, digli che gli ho voluto più bene che a... UGUALE!

Immagine dal film Non ci resta che piangere
Non so se conoscete il film Non ci resta che piangere.
Io l'avrò visto almeno 10 volte, senza esagerare, compresa la versione integrale con 40 minuti buoni di scene giustamente tagliate poi in fase di montaggio, che mi sarei volentieri risparmiata perchè noiosissime.
Comunque: in casa mia questo film è un cult, tanto che Suster l'ha addirittura inserito nella sua top-list, per quanto sconclusionato e demenziale, ma, che volete farci, quei due insieme mi fanno morire!

Ora, c'è stato un periodo in cui questa frase, citazione riadattata di una celebre batutta del film, era diventata un mio tormentone. Sto parlando del titolo del post.

Per chi non conoscesse il film (non sapete cosa vi siete persi: correte a vederlo!) faccio un breve riepilogo della trama:
Mario e Saverio, due amici in viaggio per non so dove, si perdono nottetempo nella campagna toscana, sono sorpresi da un temporale, e abbandonano l'auto per cercare rifugio in un vicino casale.
Qui passano la notte, ma al mattino si accorgono di esser stati catapultati, chissà come chissà perchè, nell'anno di Grazia 1492, quasi 1500, in quel di Frittole ("Scusi dove siamo qui?" "A Frittole" ah ah ah!).
 Non sapendo dove andare, vengono ospitati in casa di tal Vitellozzo, e della madre di lui Parisina, che dimostra un'evidente e malcelata predilizione per Mario (Massimo Troisi).
Dialogo (Vitellozzo è stato fatto prigioniero per ordine di Savonarola):
Saverio: Parisina, mi è venuta un'idea, forse, per far uscire di galera Vitellozzo.
Parisina: Grazie Mario!
Saverio: No! Che grazie Mario! Dicevo, stanotte, a ME è venuta un'idea, forse, per far uscire di galera Vitellozzo!
Parisina: Grazie Mario!
Quando i  due decidono di partire e lasciano la casa di Parisina, la donna si congeda da Saverio con questa frase:
Parisina: Salutami Tanto Mario, e diglio che io... Io gli ho voluto più bene che a... Uguale!
Ecco, tutto questo prembolo perchè? Mi chiederete.
Faccio ammenda, e sono pronta a confessare qui i miei peccati.

Situazione 1:
- Guarda Pupetta, è arrivato Zorro, il nostro gatto preferito! Vieni Zorro, vieni! Qui Zorro! hai visto quant'è bello Zorro, Pupa? E' proprio bellissimo! Fagli "caro". Caro Zorro, caro!

- Guarda Pupetta, è arrivato quello scemo del Panzumen. Stupido gatto, ti levi da qui. Via, non mettere il culo in faccia alla bimba! Fagli "caro Panzumen"... no, non sulla pancia che poi si eccita e ti graffia... ecco lo sapevo! Vai in culo gatto di merda!

Situazione 2:
- MIAO-MIAAOOOO
- Zorro, che c'è! Sccccccc, che la pupa dorme! Cosa vuoi, vuoi uscire? Dai, vieni che ti apro: guarda che fa freddo... vuoi uscire o no? Vuoi mangiare? Vieni che ti metto la pappa. Ah, no , vuoi le coccole! Piccolo! Hai carenze di affetto, povero! Vieni qua, bello mio!

- Mià!
- Panzumen, che vuoi! Levati di lì che tanto non ti apro: vuoi andare in camera a svegliare la pupa, eh? Vai in camera di Master piuttosto. Ahia! Bastardo, mi hai conficcato gli artigli nella gamba! Si può sapere che minchia vuoi? Ah, hai la ciotola vuota. Madonna, ma quanto magni? Ecco perchè sei obeso! Sei peggio del tuo padrone. Tò, mangia. Ah, non vuoi mangiare adesso? Allora levati, su che pesi un quintale, Panzumen, e mi hai riempito il maglione di peli!

Situazione 3:
- Guarda pupa, guarda Zorro com'è agile che salta sugli scaffali. Hai visto dov'è andato Zorro?E' lì in cima! Ciao Zorro!

-Panzumen dove cavolo sali! Lo vedi che non glie la fai, sei una vacca! Fai cadere tutto, scemo di un gatto! Scendi, su! Guarda che casino hai fatto! Ma che gatto sei che non sei capace a scendere da solo? Vieni qua che ti prendo io!

Situazione 4:
- Pupa, mi raccomando, se vuoi imparare a gattonare guarda come cammina Zorro, che diventi bravissima. Non guardare Panzumen che non sa nemmeno arrivare alla scrivania con un salto: che pippa, per passare dalla sedia al tavolo allunga un piede alla volta, ma che razza di gatto imbranato!

Situazione 5:
- Panzumen è salito sulla bilancia per neonati! Vediamo quanto pesa. 5 Kg? Pensavo peggio. Beh, ma è tutta massa grassa. Proviamo con Zorro: 5 Kg e 200? Va be', ma è perchè lui è più muscoloso!

Ma soprattutto, situazione 6:
- Panzumen! Scendi dal tavolo! Vedi di levarti dalle palle in meno di tre secondi e mezzo, che sto scrivendo e mi fai casino... oh, ma tu sei Zorro! Scusa Zorro, pensavo che fossi quell'idiota di tuo fratello! Vieni Zorricchio bello... no, non salire sul computer, aspè... non camminare sulla tastiera, Zorr... dcbyeivgcksdbcusblas jkkkkkkkkkkkkkkkk

Ecco, non è che io non voglia bene a Panzumen, anzi! Io voglio bene a entrambi i gatti allo stesso modo (anche se, a qualcuno più che a qualcun altro, siamo pur sempre esseri umani)!
Certo, ogni tanto sono davvero un po' molesti (soprattutto Panzumen!), ma sono anche bestie intelligentissime e sensibili (soprattutto Zorro), un poco paraculi magari (soprattutto Panzumen), ma così affettuosi (soprattutto Zorro)!
A volte mi verrebbe da scaraventarli giù per le scale perchè sono tutti e due dei gran rompiscatole (tranne Zorro), ma insomma, i gatti so' piezz'e core (per quanto Panzumen sia anche un poco piezz'e merd')!
Ogni scarrafò è bello a mamma soia (ad eccezione di Panzumen).
Che non si dica che ho preferenze, solo perchè ho detto che Zorro è meglio di... UGUALE!

Giù dal tavolo, Panzumen! Oh, guarda che carino Zorro: è salito sul tavolo!