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martedì 12 gennaio 2016
E buon anno!
Come sempre puntualissima nell'aggiornare il blog in tempo reale, per questa volta risparmierò ai miei venticinque lettori, se pure ce ne fossero tanti, la riflessione retrospettiva sul mio anno appena trascorso.
Del resto sono stata talmente incostante nello scrivere quest'ultimo anno che mi sembra giusto chiuderla così, e voltare pagina.
Lascerò un piccolo spazio vitale giusto per i buoni propositi, e prima di tutto mi ripropongo la costanza, tanto per restare in tema, anche se questa promessa, mi sa, parte male, e lo dico inaugurando il nuovo anno in data 12 gennaio.
Ma buongiorno! E come vi sono andate le feste?
Le mie, mmmh. Grazie a Dio il Natale passa: non è poi tutto questo dramma, e tu ti riguardi indietro dicendoti che scema, che ti ci sei fatta tante paturnie, quando si avvicinava, e come ogni anno ti fai prendere dalla malinconia.
Un po' come la laurea, che ci perdi le notti, i giorni, la salute, poi in venti minuti è tutto fatto e tu dici: beh, tutto qui?
Niente di apocalittico: quasi un giorno come un altro, ma a casa di tua madre, con le tue figlie che scartano i pacchetti ancora con la meraviglia negli occhi, chissà poi ancora per quanto e quando per loro inizierà ad essere una sorta di farsa anche quella fede finora indiscussa nel fantomatico mittente dei doni in barba bianca.
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martedì 10 novembre 2015
Oltre il reef
Siamo stati fuori, un paio di week end fa, per l'immaginario ponte dei morti, che ponte non era, poiché l'unico giorno festivo in questione cadeva di domenica, ma sono sottigliezze al giorno d'oggi, soprattutto per chi non ha cartellini da timbrare il lunedì mattina, come la sottoscritta. Sono i vantaggi della disoccupazione. Dunque un week end lungo in gita con zii e cugini (mio fratello e famiglia), graziato dal meteo che ci ha regalato giornate luminose di caldo sole, per quanto ventose, con buona pace dei miei meteoropatismi.
Genova ci ha accolto coi suoi svincoli micidiali e i suoi palazzi proiettati verso il cielo, la sua umanità cordiale, la carta da parati anni '90 della nonna e i terrazzini che danno su cortili vertiginosi, tagliati dai fili da bucato che ne spezzettano in forme irregolari il poligono di cielo soprastante.
La città dal sapore retrò, assediata tra mare e monti, col suo porto futurista e il suo colossale acquario, meta agognata e principe dalla nostra gita, ci ha ospitato per tre giorni e quattro notti.
La città mi ha un po' frastornata, con le sue distanze da città, i suoi marciapiedi stretti tempestati di cacche di cane, i percorsi tortuosi per arrivare a comprare la farinata buona, che ti sembra di tornare continuamente sui tuoi passi e non hai la minima idea di dove sei finita, e magari stai a pochi passi da casa.
venerdì 25 settembre 2015
Re-flussi di coscienza di mezza stagione.
Settembre è un mese strano: hai ancora l'abbronzatura sulla pelle, e cerchi già gli scatoloni dei vestiti invernali per cambiare il guardaroba delle bimbe.
L'estate che fino a poco tempo fa era sfolgorante realtà, ora è come un sogno evanescente che ti chiedi se sia stato effettivamente, non più di una manciata di settimane fa, quando te ne andavi a zonzo in infradito per sentieri sabbiosi.
Stesse cose, stesse persone, stesse scuole, stesse routine, più o meno, stessa casa, come sempre.
Arriviamo a fine mese con la consapevolezza che a settembre, bisogna solo capire bene quando, si ricomincia esattamente dal punto in cui siamo rimaste.
Le bimbe alle rispettive scuole; quelle, per fortuna, quest'anno almeno, son rimaste le stesse, così che mi rimane ancora un buon annetto di tempo per abituarmi all'idea dei grandi passi venturi.
Ed è così faticoso rientrare nei ranghi dopo una parentesi di rilassatezza che era divenuta la tua quotidianità.
lunedì 21 settembre 2015
Béc tu scùl.
Più di un mese che non scrivo e cosa è successo in mezzo?
In mezzo vita di ogni giorno.
Settembre è ritornato e ha portato con sé un autunno impeccabile, dei più classici e convenzionali che ci si possa aspettare: pioggia, raffreddori e foglie secche. Puntuale come non mai, in tempo per il rientro a scuola.
L'aria più fresca, la mattina, quando esco in bicicletta con le bimbe, mi fa rabbrividire i piedi nelle infradito, che mi ostino a non voler dismettere, forse perché l'alternativa nel mio ampio arsenale di calzature sono gli scarponcini di pelle imbottiti...
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lunedì 3 agosto 2015
Quando in campeggio noi.
Personalmente non sono un'amante delle estati caldissime, ma, se proprio deve arrivare un anticiclone a spazzare via nella maniera più violenta possibile il caldo e l'afa che da settimane stazionavano sulle nostre povere teste, state pur certi che sarà proprio quel giorno che a me e al beduino verrà l'azzeccatissima idea di andarci ad accampare una notte in tenda sulla spiaggia, noi, le bimbe e coppia di amici children-free.
Non si tratta proprio di intuito meteorologico né di sfiga, più di incuranza e disprezzo per le previsioni ufficiali, ingiustificato senso di onnipotenza e una buona dose di insana indifferenza per la prospettiva di venirsi a trovare in situazioni di merda.
Comunque.
Comunque faccio prima a mostrarvi per immagini le fasi del nostro glorioso soggiorno.
Una collezione di sfighe che manco Fantozzi e Fracchia.
Armati di tutte le migliori intenzioni e dell'entusiasmo sufficiente ci rechiamo in loco sul far del crespuscolo, e subito piazzati i nostri alloggi campali, il beduino piazzate le sue immancabili canne da pesca, strumenti del Demonio, ci accingiamo al bivacco, le piccole razzolando brade, Mimi lasciandosi ammaestrare nell'arte del lancio dell'esca.
venerdì 10 aprile 2015
Parente-si.
Illustrazione di Loretta Serofilli |
Per me è un tornare, per loro un andare.
Per me è un ritrovare e non ritrovarmi, per loro è un esplorare e una scoperta continua.
Per me è una retrovia, per loro un'avanscoperta.
Per me è fare i conti col noto, col tempo che si accumula a ritmo di decenni, con le dita di polvere che denunciano la vanità del ricordo, della mania di mettere da parte e conservare, di circondarsi di oggetti nell'illusione di costruirsi un'identità, prima, una storia, poi.
Per me è rivedere la mia adolescenza e fare i conti con la passata smania di futuro, con l'ansia di fuggire, con le promesse di riscatto altrove, di affermazione fuori dalla casa paterna, lontano da quegli oggetti noti, accuratamente allineati sullo scaffale a rappresentare i miei anni trascorsi tra quelle mura, in quell'abbraccio a volte soffocante che è la famiglia.
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lunedì 15 settembre 2014
Sul lago.
Settembre è al giro di boa e ci regala scampoli d'estate che un pochino, almeno credo, rinfrancano quanti hanno sofferto le bizze dei trascorsi mesi di una stagione che si è detto esser stata "atipica".
Poi ci sono quelli che come me non riescono ad essere polemici persino con il meteo, e che in fondo, senza darlo troppo a vedere onde evitar pubblici linciaggi, hanno apprezzato il fresco, accolto di buon grado le giornate incerte, fatto buon viso all'arrivo di trombe d'aria in spiaggia, allargato le braccia di fronte al prospettarsi di una nuova ripassata di pioggia.
Un'estate ombrosa, un po' capricciosa, che ci rallegriamo di aver messo a frutto per quanto ci è stato possibile
mercoledì 10 settembre 2014
La città arrampicata.
Cortona.
Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.
venerdì 29 agosto 2014
Approdo.
Sembra incredibile, ma: sono qui.
Qui che scrivo malgrado l'ora e la stanchezza del viaggio, delle valigie da disfare, delle euforie delle bimbe e dei litigi prima dopo e durante l'arrivo, il bagno, la cena e gli intermezzi vari ed eventuali.
Ho sgridato Mimi per mezz'ora perché sua sorella aveva strappato un bellissimo e raffinato libro pop-up donatole per il compleanno, così, oltre al danno ricevuto, è stata pure cazziata lei al posto della vandala. Ma avrebbe dovuto metterlo a posto, invece di asciarlo alla di lei mercé. Ah, le ingiustizie genitoriali!
Ma non divaghiamo, ché mi ero riproposta post breve e incisivo, e già sul breve avrei i miei dubbi.
Dicevo, da non crederci, riessere qui, a calcare il suolo patrio (di casa), dopo aver girovagato per suoli e case altrui, un po' in prestito, un po' ospiti e un po' senza fissa dimora.
Partimmo come Colombo verso ovest e siamo tornati da est.
Potremmo dire di aver fatto un piccolo giro del mondo a modo nostro, in più tappe e diversi mezzi, più che come Colombo, che malgrado le ottime intenzioni, non ci arrivò, direi come Phileas Fogg, o forse sarebbe più corretto come Magellano?
Sottigliezze.
Qui che scrivo malgrado l'ora e la stanchezza del viaggio, delle valigie da disfare, delle euforie delle bimbe e dei litigi prima dopo e durante l'arrivo, il bagno, la cena e gli intermezzi vari ed eventuali.
Ho sgridato Mimi per mezz'ora perché sua sorella aveva strappato un bellissimo e raffinato libro pop-up donatole per il compleanno, così, oltre al danno ricevuto, è stata pure cazziata lei al posto della vandala. Ma avrebbe dovuto metterlo a posto, invece di asciarlo alla di lei mercé. Ah, le ingiustizie genitoriali!
Ma non divaghiamo, ché mi ero riproposta post breve e incisivo, e già sul breve avrei i miei dubbi.
Dicevo, da non crederci, riessere qui, a calcare il suolo patrio (di casa), dopo aver girovagato per suoli e case altrui, un po' in prestito, un po' ospiti e un po' senza fissa dimora.
Partimmo come Colombo verso ovest e siamo tornati da est.
Potremmo dire di aver fatto un piccolo giro del mondo a modo nostro, in più tappe e diversi mezzi, più che come Colombo, che malgrado le ottime intenzioni, non ci arrivò, direi come Phileas Fogg, o forse sarebbe più corretto come Magellano?
Sottigliezze.
mercoledì 13 agosto 2014
La casa tra gli oleandri: il luogo sospeso nel tempo.
Sempre in ritardo lo scritto sulla vita, come è inevitabile che sia, per quanto ti dispiaccia sempre un po', ché vorresti poter fermare e raccontare quelle sensazioni fugaci, quelle impressioni dell'attimo, le luci sul mare al mattino, i colori dell'acqua e quelli delle rocce, l'annuvolarsi improvviso del cielo, e quell'isola che ti si staglia davanti al mattino come al crepuscolo, la linea dell'orizzonte dall'alto della collina dove sorge la casa tra gli oleandri, che ha ospitato le nostre vacanze marittime per due settimane, quell'isola farsi ai nostri occhi diversa nelle diverse ore del giorno e della sera, al mattino come al crepuscolo farsi cupa o stagliarsi nitida sul nostro orizzonte quando il cielo si faceva terso, e l'aria sottile.
Allora la vedevi acquistare profondità e tridimensionalità, e non c'è niente da fare, puoi scattare tutte le foto che vuoi, non riuscirai a riprodurla, quella tridimensionalità, che svelava all'improvviso la sua natura di proiezione ottica, di inganno prospettico, smascherando la finzione di quella tartaruga che tutte noi vedevamo in lei, Tavolara, vista dalla nostra terrazza.
Allora la vedevi acquistare profondità e tridimensionalità, e non c'è niente da fare, puoi scattare tutte le foto che vuoi, non riuscirai a riprodurla, quella tridimensionalità, che svelava all'improvviso la sua natura di proiezione ottica, di inganno prospettico, smascherando la finzione di quella tartaruga che tutte noi vedevamo in lei, Tavolara, vista dalla nostra terrazza.
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giovedì 24 luglio 2014
Prima, dopo, durante. Ovvero: breve riassunto delle ultime vicende.
Disconnessa e vacanziera, non è la stessa cosa scrivere per archiviare sul mio pc appunti che la momento non posso condividere.
Ma ugualmente proverò.
Avrei voluto tante volte aggiornare il blog con le mie più che rocambolesche vicende.
Avrei voluto dire di come mi avventurai sotto tempesta d'acqua assieme alle bimbe a fare revisione alla cara vecchia Cayman (leggere qui per comprendere i miei timori a riguardo della possibilità che la cara vecchia Cayman passasse indenne tale revisione), e di come scoprimmo di aver smarrito in data e luogo non ben precisato il libretto di circolazione della stessa, motivo per cui ci siamo affrettati a richiederne copia in motorizzazione a pochi giorni dalla nostra partenza per lidi vacanzieri con biglietto già fatto di imbarco con vettura.
venerdì 13 settembre 2013
Prendi un week end per caso.
Ogni tanto bisogna fare così, che si piglia e si va.
Ché se no, rimanda che ti rimanda, poi arriva di nuovo l'inverno, e noi non siamo gente da montagna, proprio no, e preferiamo muoverci col caldo.
Il viaggio spaventa sempre un po', ma alletta e ammicca. Le pupe sono buone, il clima favorevole, la viabilità... lei, no: ci è ostile, ma il panorama ripaga.
Ché se no, rimanda che ti rimanda, poi arriva di nuovo l'inverno, e noi non siamo gente da montagna, proprio no, e preferiamo muoverci col caldo.
Il viaggio spaventa sempre un po', ma alletta e ammicca. Le pupe sono buone, il clima favorevole, la viabilità... lei, no: ci è ostile, ma il panorama ripaga.
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giovedì 29 agosto 2013
Vacanze a Km 0. Seconda parte.
Vista la calorosa accoglienza dei miei storici follower all'ultimo post, faccio un piccolo sforzo per aggiornare circa le nostre favolose vacanze a km 0. (Ma chi te l'ha chiesto? Giusto.)
Sul finire di questo mese il tempo rinfresca, e anche il mio cervello ricomincia a funzionare un po'. Suppongo si sia preso anche lui una discreta vacanza, vista la sua totale inefficienza delle settimane passate.
Ora mi pare ritemprato, e lavora febbrilmente a partorire idee di cose che vorrei scrivere qui. Il problema è che non gli tengo dietro, ma ci proviamo.
Dicevo che quest'anno ho scoperto le vacanze a Km 0, e non è andata male.
E' andata così.
Sul finire di questo mese il tempo rinfresca, e anche il mio cervello ricomincia a funzionare un po'. Suppongo si sia preso anche lui una discreta vacanza, vista la sua totale inefficienza delle settimane passate.
Ora mi pare ritemprato, e lavora febbrilmente a partorire idee di cose che vorrei scrivere qui. Il problema è che non gli tengo dietro, ma ci proviamo.
Dicevo che quest'anno ho scoperto le vacanze a Km 0, e non è andata male.
E' andata così.
venerdì 23 agosto 2013
Compendio di mezza estate (e pure un poco più).
Vista la mia prolungata e non preannunciata assenza da queste pagine, mi sento un po' in dovere di dare delle delucidazioni a qualche ipotetico aficionado, ma senza esagerare.
No, non ero in vacanza, ma sotto stretto placcaggio delle due pupe.
In apnea direi, e malgrado i miei reiterati propositi di fermarmi una mezz'oretta ad aggiornare il blog, non c'è stato verso.
Concessami solo due settimane a casa di mia madre, mentre il beduino "svernava", si fa per dire, il suo Ramadan in Libia.
E comunque grandi novità gente.
Far perdere le proprie tracce del resto nell'epoca del GPS è praticamente impossibile, e io non sono certo una nota criminale nazista per permettermi tale lusso.
No, non ero in vacanza, ma sotto stretto placcaggio delle due pupe.
In apnea direi, e malgrado i miei reiterati propositi di fermarmi una mezz'oretta ad aggiornare il blog, non c'è stato verso.
Concessami solo due settimane a casa di mia madre, mentre il beduino "svernava", si fa per dire, il suo Ramadan in Libia.
E comunque grandi novità gente.
Far perdere le proprie tracce del resto nell'epoca del GPS è praticamente impossibile, e io non sono certo una nota criminale nazista per permettermi tale lusso.
sabato 29 dicembre 2012
Family days.
Tanto per lasciare traccia di questi giorni di "pausa" natalizia.
Cade la neve e le luci dell'albero ci rallegrano, scartiamo i doni davanti al camino mentre i bimbi fanno a palle di neve in cortile e qualcuno intona Jingle Bells al pianoforte.
Non proprio: purtroppo il Natale medio-borghese statunitense in villette unifamiliari che ci propinano in tv in questo periodo ha finito in parte per sovrapporsi alla mia immagine mentale del Natale.
Qui è tutto abbastanza normale, e non posso che essere grata di ciò.
I pensieri più affannosi li ho lasciati a qualche centinaio di chilometri da qui. Funziona, per brevi periodi, ma dopo qualche giorno, a tratti, si riaffacciano, col loro carico di sospiri.
Io e Mimi siamo a casa di nonna a svernare le feste, Hasuna è ritornato al suo lavoro ingrato e ha già iniziato a mandarmi segnali di insofferenza per telefono.
Mimi è divisa negli affetti e mi chiede quando torna il suo babbo? Io le dico che tra qualche giorno andiamo da lui.
Quando è l'ora di fare la nanna la sera le prende l'attimo di magone quotidiano e mi dice che vuole andare nella sua cada, a dormire nel suo letto, e io mi stupisco dell'attaccamento ad una casa che io continuo a considerare quasi al pari di una condanna del destino, vista l'impossibilità o l'incapacità cronica che ho verificato nel tentativo di lasciarla. Ma è la sua casa, è giusto che lei la senta sua, i suoi ricordi sono lì, le sue abitudini, le sue sicurezze.
Tuttavia mi piace che lei si possa sentire a casa, in famiglia, anche in un altrove che fa sentire me così al sicuro, che lei possa avere una seconda possibilità di ritrovare e ritrovarsi in un ambiente suo, che parli di lei e dei suoi affetti, dei suoi ricordi più antichi, più primordiali, i cui scorci interni porterà dentro come immagini fugaci di un passato remotissimo anche quando la sua vita sarà altrove, e lei non avrà più bisogno di sentirsi al sicuro, nel suo letto, per poter addormentarsi serenamente, anche quando vorrà conquistare il mondo e il mondo intero le sembrerà poter diventare la sua casa.
E io? Io sto un po' sotto un treno: smaltisco raffreddori che credevo scampati da promiscuità con infanti mocciolosi, mi faccio di oscillococcinum, sforzandomi di convincermi che stia facendo effetto, tossisco fuori dal petto i polmoni, passo le notti a rigirarmi su svariati materassi, alla ricerca disperata di quello che rechi il maggior conforto o il minor incomodo alle mie costole e alla mia pancia gravida, rimiro giornate brillanti d'un terso dicembre da dietro i vetri delle finestre di casa, riallaccio a fatica vecchi rapporti con vecchie conoscenze, mi concedo il lusso di guardare qualche film casalingo, mentre lei razzola sul parquet della spaziosa e coibentata casa della nonna intrattenendosi con oggetti e persone, libri nuovi e vecchi ritrovati, intona canzoni a disco rotto e si sdilinquisce in esclamazioni di meraviglia e ammirazione per i dipinti alle pareti, per gli uccellini di polistirolo agganciati ai rami dell'albero, o per pupazzi reduci di altre epoche riesumati in qualche scatolo e riscoperti pincipi o pincipezze, fa razzia di succhi di frutta in dispensa e delle statuine del presepe.
E la panza? La panza in breve lasso di tempo mi è diventata importante appendice, non sempre confortevole da portarmi appresso.
Colei che la abita ha ricevuto il battesimo della sorella maggiore, e attualmente si presta all'appellativo di "Noemma", nato per una spiritosaggine di Mimi, assurto agli allori del generale riconoscimento come nick-name ufficiale momentaneo per la sua ostinazione pervicace, e in assenza di un valido sostituto più convincente. Del resto non voglio nemmeno fermarmi a rievocare le balzane proposte di possibili nomi passati al vaglio quando noi si aspettava Mimi.
Abbiamo ancora tre gettoni delle giostre da sfruttare prima della partenza, e prima o poi mi metterò d'impegno a uscire di casa una mattina di buon ora per una salutare passeggiata quartiere quartiere, destinazione giostrine.
Ancora un buono di compleanno per vestiti da mamma da utilizzare presso il più vicino centro commerciale, e la ferma determinazione a farmici portare da mio fratello sempre una mattina, onde evitare il caos oceanico umano del post-regali natalizi. Già lo so che sarà un massacro.
E tanti propositi di persone da sentire, forse da vedere per le feste, che mi sembrano destinati a sfumare nel nulla di fatto, visto lo stato di inerzia perniciosa in cui sono piombata, panza influenza e stanchezza esistenziale concorrenti.
Ma sto bene. La nonna gestisce spese e pasti. Amiche vengono in visita a darmi piacevoli annunciazioni, il mondo intorno a me si popola di nuove vite. Azzardo cene con antiche conoscenze che finiscono in after hour per Mimi che si dopa di protagonismi e rientriamo a mezzanotte io con le crisi di coscienza e lei con gli occhi cerchiati di blu e i bioritmi tutti sballati. Tentiamo senza buon esito blitz al cinema che si risolvono in file di mezz'ore alla biglietteria, posti esauriti, prospettive terrificanti di virare su Isoliti idioti o Antonio Albanese, ovviamente scartate a priori, quarti di pizza al fast food del centro commerciale (questa è la vita metropolitana, gente).
Mimi fa dichiarazioni d'affetto ai suoi "peluch", continua a ricevere doni rateizzati, mi dice che lo zio Cicci è un ragazzo piccolo e che lo zio Ergino "semba un pincipe". Le piace scovare visi noti nelle fotografie esposte per casa e riconoscerci "Te da piccola" o nonna, quasi sempre invertendo o confondendo identità e ruoli. Aspetta Biola che venga a giocare con lei "con la cucina di nonna" e poi fanno insieme un gioioso casino. E' affascinata dalle poppate di Tebazziano che ha le mani piccole, mentre lei le ha g'andi.
Ha preso il telefono e ha chiamato Nonno Mauo: chissà se lui le avrà risposto?
martedì 7 agosto 2012
Nostro Mar.
Siete tutti morti?
Io personalmente ho creduto di non poter sopravvivere a questa prima bella mazzata di caldo e afa cittadina che hanno trasformato casa nostra in una fornace, togliendo respiro e capacità reattiva ai suoi abitanti over-due. Non so perché il caldo non riesca invece a fiaccare troppo la pupa. Sarà che nelle ore centrali della giornata se la dorme beata con tanto di condizionatore.
Sarà.
Io però accuso, sia la sua esuberanza di energia, davvero fuori luogo in queste bollenti contingenze, sia la stanchezza accumulata nei giorni immediatamente successivi al nostro rientro, chè mi ero messa in testa di concorrere, tanto per non sentirmi fuori gioco, concorsi per laureati. Ho riesumato i cari vecchi manuali dell'università, e mi sono imposta questo ulteriore supplizio.
Se non altro ci hai provato, Suster.
Vabbè, ma ora avrei proprio bisogno di freschezza, e riposo, e oblio, ora che andare al mare con la pupa in mattinata è diventata più una velleità suicida che un piacere, ora che ci sono altre cose a cui mettere mano, altre cose che iniziano, cose di cui forse un giorno vi parlerò, ammesso che a qualcuno freghi qualcosa, e la stanchezza mi attanaglia, proprio quando la città si spopola e tutti gli uffici sono chiusi, e io immagino le altrui assenze trasformate in altrettante vacanze su lidi meravigliosi, mi cullo nel ricordo dei miei giorni di relax, ormai così lontaaaani!
(Nota per me: le vacanze in luglio sono una fregatura, finiscono troppo presto!)
Io personalmente ho creduto di non poter sopravvivere a questa prima bella mazzata di caldo e afa cittadina che hanno trasformato casa nostra in una fornace, togliendo respiro e capacità reattiva ai suoi abitanti over-due. Non so perché il caldo non riesca invece a fiaccare troppo la pupa. Sarà che nelle ore centrali della giornata se la dorme beata con tanto di condizionatore.
Sarà.
Io però accuso, sia la sua esuberanza di energia, davvero fuori luogo in queste bollenti contingenze, sia la stanchezza accumulata nei giorni immediatamente successivi al nostro rientro, chè mi ero messa in testa di concorrere, tanto per non sentirmi fuori gioco, concorsi per laureati. Ho riesumato i cari vecchi manuali dell'università, e mi sono imposta questo ulteriore supplizio.
Se non altro ci hai provato, Suster.
Vabbè, ma ora avrei proprio bisogno di freschezza, e riposo, e oblio, ora che andare al mare con la pupa in mattinata è diventata più una velleità suicida che un piacere, ora che ci sono altre cose a cui mettere mano, altre cose che iniziano, cose di cui forse un giorno vi parlerò, ammesso che a qualcuno freghi qualcosa, e la stanchezza mi attanaglia, proprio quando la città si spopola e tutti gli uffici sono chiusi, e io immagino le altrui assenze trasformate in altrettante vacanze su lidi meravigliosi, mi cullo nel ricordo dei miei giorni di relax, ormai così lontaaaani!
(Nota per me: le vacanze in luglio sono una fregatura, finiscono troppo presto!)
mercoledì 1 agosto 2012
Post-card della vacanza.
E' risaputo da ché mondo è mondo e da ché l'uomo ha inaugurato la curiosa abitudine di delegare a pezzi di carta il compito di mantenere vivi i contatti con le persone lontane, è risaputo, da ché la scrittura ha sopperito in parte all'inconveniente della distanza visiva e tattile, ponendosi come surrogato dell'inarrivabilità vocale, è appurato e statisticamente comprovato che le cartoline, ovvero le postcards (per dirla alla maniera anglosassone, che fa sempre figo, soprattutto quest'anno che siamo in tempo di olimpiadi), che le cartoline arrivano sempre dopo la persona che le ha spedite.
Ora, senza arrivare ai casi estremi in cui il timbro postale denuncia una chiara volontà fraudolenta del mittente, che pur scrivendo "Qui è tutto bellissimo, ci stiamo divertendo un mondo e ci dispiace che tu non sia con noi", poi finisce per affrancare e imbucare a vacanza finita, dalla buca delle lettere del tabaccaio sotto casa, all'angolo, senza arrivare, dicevo, a questi casi estremi, dovrete convenire con me che questo curioso fenomeno è insindacabilmente inconfutabile: prima arriva il mittente, abbronzato oppure no, poi arriva la cartolina con le smancerie scritte a penna sul retro, il francobollo di sbieco per non coprire il nome del destinatario e l'immagine sul retto di un mare azzurro che più non si può incorniciato da scogliere frastagliate e faraglioni affioranti, a chiudere una caletta di sabbia bianca paradisiaca su cui non si scorge l'ombra di un bagnante, di una sdraio, o di un'anima viva che sia, luogo ovviamente puramente ideale, in cui il vacanziere, se interrogato, dovrà ammettere di non essere mai stato, ma era così pittoresca l'immagine che non mettiamoci a sottilizzare, l'ho presa e basta.
Ora, senza arrivare ai casi estremi in cui il timbro postale denuncia una chiara volontà fraudolenta del mittente, che pur scrivendo "Qui è tutto bellissimo, ci stiamo divertendo un mondo e ci dispiace che tu non sia con noi", poi finisce per affrancare e imbucare a vacanza finita, dalla buca delle lettere del tabaccaio sotto casa, all'angolo, senza arrivare, dicevo, a questi casi estremi, dovrete convenire con me che questo curioso fenomeno è insindacabilmente inconfutabile: prima arriva il mittente, abbronzato oppure no, poi arriva la cartolina con le smancerie scritte a penna sul retro, il francobollo di sbieco per non coprire il nome del destinatario e l'immagine sul retto di un mare azzurro che più non si può incorniciato da scogliere frastagliate e faraglioni affioranti, a chiudere una caletta di sabbia bianca paradisiaca su cui non si scorge l'ombra di un bagnante, di una sdraio, o di un'anima viva che sia, luogo ovviamente puramente ideale, in cui il vacanziere, se interrogato, dovrà ammettere di non essere mai stato, ma era così pittoresca l'immagine che non mettiamoci a sottilizzare, l'ho presa e basta.
domenica 8 gennaio 2012
Alberi della memoria.
Le nostre vacanze romane volgono ormai al termine, in ogni caso.
Questo ponte della Befana che per chi lavora ha significato un colpo di coda delle ferie, per noi è stato solo un prolungamento, apprezzato.
Nel fine settimana ci siamo moltiplicati, e la casa di mia madre si è riempita di figli e gatti (per sua somma gioia), visite di amici in vista del prossimo congedo e amici di figli birrai, intenti a birreggiare in garage. A volte rimango ammirata dalla tollerante pazienza di mia madre di fronte alle invadenze di noi pargoli cresciutelli... soprattutto quando considero con quale sollievo abbia salutato l'avvento dell'era post-gatti e di come invece di buon grado abbia accettato che casa sua divenisse ricovero temporaneo per i nostri.
Comunque, approfittando di un tepore più autunnale che invernale, come del resto confermano le tenaci foglie dorate ancora saldamente ancorate ai loro rami di origine, ci concediamo l'ennesima passeggiata mattutina nel piccolo giardino condominiale antistante, dove a dispetto dei colori autunnali l'erba sottostante già lascia spuntare qua e là le prime pratoline, che la pupa raccoglie a tappeto. Come dire: da una mezza stagione all'altra.
Mi stupisco sempre di come gli alberi siano in grado di modificare i luoghi.
Ripenso al post di un'amica blogger, e ai suoi auguri di "tanti alberi".
Qui, in questo piccolo pezzo di terra, ce ne sono soprattutto tre, alla cui presenza si lega il mio ricordo.
Che ricordo frondosa e odorosa: una sparata di giallo davanti alla finestra della nostra cucina, in primavera, poi un grottesco mezzo cadavere: rinsecchita per la metà, si vede che qualcuno ne aveva recise le radici da un lato... forse. Fatto sta che poi l'abbatterono, ed ora la pupa vi fa palestra di esercizio dei suoi diritti naturali al selvaggio, allo sporcarsi, al contatto col mondo naturale.
Che forse confondo con un altro piccolo ulivo, che tenevamo in vaso, davanti al cancello del giardino, ma di cui ricordo soprattutto il sapore delle olive sotto sale, di cui mia madre rifornisce ogni anno cospicuamente le nostre dispense e quelle di parenti e conoscenti. E di cui lei va ghiotta!
Alberi. Nel loro lento, paziente, ciclo vitale, il tempo sembra assai più evidente che nel nostro. Perché loro appaiono immobili, e la loro memoria assai più duratura, contenuta nel loro stesso esistere.
La nostra, invece, sfuma nell'indefinito, e confonde immagini e sovrappone momenti, e tralascia periodi che ritiene poco significativi. Forse è perché perdiamo il contatto con le nostre radici, e non sempre sappiamo approfittare dei momenti di quiete per rigenerare in noi nuova linfa vitale.
Qui tempi morti non sembrano esistere.
E in sé custodiscono memorie di più vite.
E ancora mi stupisco di come gli alberi siano in grado di modificare i luoghi.
Questo ponte della Befana che per chi lavora ha significato un colpo di coda delle ferie, per noi è stato solo un prolungamento, apprezzato.
Nel fine settimana ci siamo moltiplicati, e la casa di mia madre si è riempita di figli e gatti (per sua somma gioia), visite di amici in vista del prossimo congedo e amici di figli birrai, intenti a birreggiare in garage. A volte rimango ammirata dalla tollerante pazienza di mia madre di fronte alle invadenze di noi pargoli cresciutelli... soprattutto quando considero con quale sollievo abbia salutato l'avvento dell'era post-gatti e di come invece di buon grado abbia accettato che casa sua divenisse ricovero temporaneo per i nostri.
Comunque, approfittando di un tepore più autunnale che invernale, come del resto confermano le tenaci foglie dorate ancora saldamente ancorate ai loro rami di origine, ci concediamo l'ennesima passeggiata mattutina nel piccolo giardino condominiale antistante, dove a dispetto dei colori autunnali l'erba sottostante già lascia spuntare qua e là le prime pratoline, che la pupa raccoglie a tappeto. Come dire: da una mezza stagione all'altra.
Mi stupisco sempre di come gli alberi siano in grado di modificare i luoghi.
Ripenso al post di un'amica blogger, e ai suoi auguri di "tanti alberi".
Qui, in questo piccolo pezzo di terra, ce ne sono soprattutto tre, alla cui presenza si lega il mio ricordo.
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Quercia |
Che conobbi querciolo, e ricordo esile fuscello arboreo che non avresti stimato capace resistere una stagione.
Ma io di arboricultura non me ne intendo, si vede che mi manca la pazienza di aspettare.
E ripenso alla "Storia di una quercia":
"Chi mi ha dato il luogo penserà anche al tempo"
A Natale abbiamo preso l'abitudine da qualche anno di scambiarci memorie. Un modo per costruirci insieme una memoria familiare comune, forse, un terreno fertile per accogliere nuove energie vergini (nuovi virgulti, dovrei forse dire per completare la metafora). Un racconto, una lettera, una serie di foto, memoria da tramandare, da rendere oggettiva, per dare spessore a quella individuale.
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Pino |
Che conobbi pinolo, dentro un vaso, su un terrazzo all'ottavo piano, e che poi trapiantammo qui, col cambio casa. Di dieci, tre superstiti, ma non diresti mai che erano quei semi, quel tronco che oggi la pupa abbraccia, accarezzandone la corteccia, su cui accosta l'orecchio per udirne la voce...
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Resti della mimosa |
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Ulivo. |
Alberi. Nel loro lento, paziente, ciclo vitale, il tempo sembra assai più evidente che nel nostro. Perché loro appaiono immobili, e la loro memoria assai più duratura, contenuta nel loro stesso esistere.
La nostra, invece, sfuma nell'indefinito, e confonde immagini e sovrappone momenti, e tralascia periodi che ritiene poco significativi. Forse è perché perdiamo il contatto con le nostre radici, e non sempre sappiamo approfittare dei momenti di quiete per rigenerare in noi nuova linfa vitale.
Qui tempi morti non sembrano esistere.
E in sé custodiscono memorie di più vite.
E ancora mi stupisco di come gli alberi siano in grado di modificare i luoghi.
giovedì 15 dicembre 2011
A proposito... (pensavate forse di esservi salvati dai miei resoconti fotografici di viaggio?)
Insomma, non è che sia andata proprio malissimo, eh!
Influenza intestinale a parte e lampi di genio beduino (da non confondere col genio della lampada) pure a parte, la nostra visita piemontese alla mia sorella naturalizzata montanara è stata piacevole, malgrado il freddo.
Urca che freddo ragazzi! e chi se lo aspettava?
Lì nel paesello la situazione si presenta così:
Non vien freddo solo a guardarlo, 'sto paesaggio?
Tipo che a me non sarebbe mai venuto in mente che una casa potesse aver bisogno di una legnaia...
Ma trovo tutto ciò molto, molto casa.
Al paesello la zia e la nipote passeggiano amenamente, a debita distanza (non sia mai dar troppa confidenza!)
Lei sa bene dove andare...
A visitare le attrazioni del luogo: i suoi noti castelli.
Case con tetti spioventi...
E un signore che a quanto pare lei ha identificato come "Noè"! (Tutta colpa dei due liocorni!)
Alberi dal tronco graaaaaaaaande!
E poi il momento di puro godimento...
La marmellata di mirtilli!
Il gatto Geggio sulla panza, se non sbava, fa molto sera d'inverno davanti al focolare...
Ma assai di più: il focolare! (Non è un forno, non è una tv: è un camino eh!)
Ecco, solo per rendere l'idea: questo il panorama dalla finestra di casa, all'imbrunire:
Ma all'alba le montagne innevate pare diventassero rosa... io non le ho viste, accidenti. I miei ritmi biologici erano tutti sballati, e per quanti sforzi facessi, non c'è stato verso.
Sarà per la prossima volta, eh!
Influenza intestinale a parte e lampi di genio beduino (da non confondere col genio della lampada) pure a parte, la nostra visita piemontese alla mia sorella naturalizzata montanara è stata piacevole, malgrado il freddo.
Urca che freddo ragazzi! e chi se lo aspettava?
Lì nel paesello la situazione si presenta così:
Non vien freddo solo a guardarlo, 'sto paesaggio?
Tipo che a me non sarebbe mai venuto in mente che una casa potesse aver bisogno di una legnaia...
Ma trovo tutto ciò molto, molto casa.
Al paesello la zia e la nipote passeggiano amenamente, a debita distanza (non sia mai dar troppa confidenza!)
Lei sa bene dove andare...
A visitare le attrazioni del luogo: i suoi noti castelli.
Una volta preso il via chi l'ha fermata più?
"Onòòò... duòòò.. dedììì..." conta i passi e poi... "Oddìo! Oddìo! Cadu-ta!"
Se pure mi stava per pigliare un infarto, quando si è rovesciata quasi di sotto dal ponticello, non ho potuto fare a meno di ridere a questa esclamazione! No, perché è lei stessa che si è fatta l'audiocronaca dell'incidente, se non si era capito, con tanto di "oddio oddio"!
A raccontarlo non rende il ridicolo della situazione: lei che si autoallarma ed espone l'accaduto, tranquillizzandosi subito dopo... che tipa questa qui!
Case con tetti spioventi...
E un signore che a quanto pare lei ha identificato come "Noè"! (Tutta colpa dei due liocorni!)
Alberi dal tronco graaaaaaaaande!
E poi il momento di puro godimento...
La marmellata di mirtilli!
Il gatto Geggio sulla panza, se non sbava, fa molto sera d'inverno davanti al focolare...
Ma assai di più: il focolare! (Non è un forno, non è una tv: è un camino eh!)
Ecco, solo per rendere l'idea: questo il panorama dalla finestra di casa, all'imbrunire:
Ma all'alba le montagne innevate pare diventassero rosa... io non le ho viste, accidenti. I miei ritmi biologici erano tutti sballati, e per quanti sforzi facessi, non c'è stato verso.
Sarà per la prossima volta, eh!
mercoledì 14 dicembre 2011
Cosa potrebbe succedere la volta che decidi di partire per il ponte dell'8 dicembre.
Le nostre partenze sfiorano sempre l'assurdo, si risolvono generalmente in situazioni rocambolesche e al limite del tragicomico.
Tipo partire in macchina, con un'auto presa in prestito da un amico, un macchinone di grossa cilindrata e lungo sei metri, e dover tornare in treno, perché intanto l'amico in questione, dall'oggi al domani, ha deciso di vendersela, quella macchina.
A voi è mai successo? Io ora posso dire di sì.
E quindi tu ti sei adagiata nella sfiziosa prospettiva di una spaziosità mai sperata per la tua sempre difficilmente arginabile mole di bagagli, tu hai fatto l'imperdonabile errore di lasciarti andare all'abbondanza, allo scialo di maglioni di ricambio, al sovrappiù di due coperte di lana pesante, a una quantità imbarazzante di libretti illustrati per bimbi, con annessa l'intera custodia dei suoi cd monotraccia, ammettilo, ti sei caricata quel mattone di quasi 700 pagine che ti sei illusa di riuscire ad aprire "per ingannare il tempo" della tua presunta vacanza di tre giorni (guardate nella side bar... ah ah! Ma come mi sono lasciata convincere? Non lo finirò mai!), ma lo sai già in partenza che non ne leggerai nemmeno tre righe, e ora? Ora devi riportare tutto indietro, ma senza il capiente bagagliaio della Volvo, e in più, già che ci sei, incollati il comodissimo, portabilissimo seggiolino auto della pupa, il trenino vecchia fattoria-ia-ia-ò dono della zia Gunchina che ora fa emettere alla tua obesa valigia strani grugniti e muggiti ogni qual volta si tenti di farla entrare a forza nei pertugi ristrettissimi dei vani portabagagli dei treni di prima classe (grrrrr!), e va be' che ci hai rimesso una coperta, non sarà certo la fine del mondo, ma la pupa deve proprio avvertire lo stimolo alla cacca nell'istante stesso in cui poniamo il nostro coraggioso piede sul predellino del treno EuroStar che da Genova ci dovrà lasciare a Pisa nel giro di appena due ore e mezza? E così nel frattempo a te tocca viaggiare con lei sulle ginocchia che spande intorno aromi decisamente non fraintendibili, mentre amenamente ti intrattieni di pedagogia moderna con i compagni di viaggio del sedile di fronte, distinta coppia di mezza età che ride alla battute reiterate di Hasuna e alle uscite sorprendenti della pupa, che saluta con entusiasmo dei bellissimi limoni verdi e gialli ammiccanti di là dal finestrino, dai rami del loro albero nell'aiuola della stazione.
Solo per dire che alla fine del viaggio la puzza era diventata un tutt'uno coi miei pantaloni, già battezzati il primo giorno di viaggio da vari liquidi corporei sempre provenienti dalla pupa medesima, che, per inciso, non è stata affatto bene in questi giorni, e pare abbia passato a tutti i presenti, a fasi alterne, una fantastica influenza gastro-intestinale.
Nemmeno la mamma è stata dispensata naturalmente. Sono stata una chiavica per una giornata intera, e sognavo solo di riuscire ad arrivare a fine giornata per poter finalmente porre fine alle mie sofferenze, mettere lei a letto (che mi ha tormentato tutto il giorno come solo i santi bimbi sanno fare quando intuiscono che mammà non si sente proprio al top della sua forma fisica) e sprofondarmi nell'oblio di un sonno senza sogni.
Poichè amo mangiare, una sofferenza non indifferente è stata il mettermi a tavola affamata e rendermi conto che non sarei riuscita a mandare giù nemmeno un boccone di tutte le pietanze imbandite su di essa, il cui solo odore bastava a farmi girare la testa dal disgusto.
Hasuna invece si è lanciato nell'entusiasmante avventura dell'import-export acquistando in giro per l'Italia auto usate la cui destinazione più buona e giusta sarebbe magari la rottamazione, per poi trascinarsele fino a Genova e imbarcarle per la Libia, ed è straconvinto che questo business lo condurrà ben presto a scalare le vette dell'imprenditoria commerciale automobilistica.
Peccato che abbia scelto proprio i nostri travagliati tre giorni di vacanza per inaugurare questa nuova fase della sua bizzarra carriera lavorativa, passando nottate al pc a chiedersi se conveniva andarsi ad accattare un'auto del '92 a Ivrea ("Quanto è lontana Ivrea da qui?") per poi partirsene giusto il giorno dopo il nostro arrivo a portare in porto i suoi traffici.
Beduini: strana gente. Se potete, statene lontane, donne.
La pupa invece se n'è tornata con una bronchite se possibile triplicata dal livello standard cui l'hanno portata i due mesi e mezzo di nido, accompagnata da fiumi di catarro che le sgorga anche dagli occhi, copioso.
Una visita lampo al nostro burbero ma amato dottor Z. medico pediatra specializzato in nipiologia, e il verdetto è stato emesso: congiuntivite virale, e una settimana a casa, con tanto di antibiotico e gocce di collirio, e così ora siamo in consegna forzata, entrambe. Il dottore è stato molto minaccioso: guai a te se la porti ancora fuori in queste condizioni (madre degenere, deve aver aggiunto tra sé e sé).
Non vi dico che gioia doverle rifilare tre volte a dì lavaggi oculari e gocce: una lotta all'ultimo sangue, ma mi sa che l'ho vinta.
Ti fissavo dallo scaffale della farmacia, e ti ho apostrofato con lo sguardo, spavalda, oh soluzione fisiologica nasale, e mi son chiesta se sono infine pronta per la resa dei conti anche con te.
Forse solo il timore di chiedere il prezzo e di ricevere una risposta non gestibile per me in tal luogo mi ha fatto desistere dall'insano impulso di cimentarmi anche in questa impresa, ma appena vado al supermercato, vedrai, se non ti compro.
Quello dei lavaggi nasali, per ora, un cimento che vorrei posticipare. Una cosa per volta, meglio non strafare. E speriamo di non contrarre la congiuntivite. Non vorrei dovermi presentare in farmacia a cercare pomata oftalmica grondando pus dagli occhi: non dev'essere piacevole.
Tipo partire in macchina, con un'auto presa in prestito da un amico, un macchinone di grossa cilindrata e lungo sei metri, e dover tornare in treno, perché intanto l'amico in questione, dall'oggi al domani, ha deciso di vendersela, quella macchina.
A voi è mai successo? Io ora posso dire di sì.
E quindi tu ti sei adagiata nella sfiziosa prospettiva di una spaziosità mai sperata per la tua sempre difficilmente arginabile mole di bagagli, tu hai fatto l'imperdonabile errore di lasciarti andare all'abbondanza, allo scialo di maglioni di ricambio, al sovrappiù di due coperte di lana pesante, a una quantità imbarazzante di libretti illustrati per bimbi, con annessa l'intera custodia dei suoi cd monotraccia, ammettilo, ti sei caricata quel mattone di quasi 700 pagine che ti sei illusa di riuscire ad aprire "per ingannare il tempo" della tua presunta vacanza di tre giorni (guardate nella side bar... ah ah! Ma come mi sono lasciata convincere? Non lo finirò mai!), ma lo sai già in partenza che non ne leggerai nemmeno tre righe, e ora? Ora devi riportare tutto indietro, ma senza il capiente bagagliaio della Volvo, e in più, già che ci sei, incollati il comodissimo, portabilissimo seggiolino auto della pupa, il trenino vecchia fattoria-ia-ia-ò dono della zia Gunchina che ora fa emettere alla tua obesa valigia strani grugniti e muggiti ogni qual volta si tenti di farla entrare a forza nei pertugi ristrettissimi dei vani portabagagli dei treni di prima classe (grrrrr!), e va be' che ci hai rimesso una coperta, non sarà certo la fine del mondo, ma la pupa deve proprio avvertire lo stimolo alla cacca nell'istante stesso in cui poniamo il nostro coraggioso piede sul predellino del treno EuroStar che da Genova ci dovrà lasciare a Pisa nel giro di appena due ore e mezza? E così nel frattempo a te tocca viaggiare con lei sulle ginocchia che spande intorno aromi decisamente non fraintendibili, mentre amenamente ti intrattieni di pedagogia moderna con i compagni di viaggio del sedile di fronte, distinta coppia di mezza età che ride alla battute reiterate di Hasuna e alle uscite sorprendenti della pupa, che saluta con entusiasmo dei bellissimi limoni verdi e gialli ammiccanti di là dal finestrino, dai rami del loro albero nell'aiuola della stazione.
Solo per dire che alla fine del viaggio la puzza era diventata un tutt'uno coi miei pantaloni, già battezzati il primo giorno di viaggio da vari liquidi corporei sempre provenienti dalla pupa medesima, che, per inciso, non è stata affatto bene in questi giorni, e pare abbia passato a tutti i presenti, a fasi alterne, una fantastica influenza gastro-intestinale.
Nemmeno la mamma è stata dispensata naturalmente. Sono stata una chiavica per una giornata intera, e sognavo solo di riuscire ad arrivare a fine giornata per poter finalmente porre fine alle mie sofferenze, mettere lei a letto (che mi ha tormentato tutto il giorno come solo i santi bimbi sanno fare quando intuiscono che mammà non si sente proprio al top della sua forma fisica) e sprofondarmi nell'oblio di un sonno senza sogni.
Poichè amo mangiare, una sofferenza non indifferente è stata il mettermi a tavola affamata e rendermi conto che non sarei riuscita a mandare giù nemmeno un boccone di tutte le pietanze imbandite su di essa, il cui solo odore bastava a farmi girare la testa dal disgusto.
Hasuna invece si è lanciato nell'entusiasmante avventura dell'import-export acquistando in giro per l'Italia auto usate la cui destinazione più buona e giusta sarebbe magari la rottamazione, per poi trascinarsele fino a Genova e imbarcarle per la Libia, ed è straconvinto che questo business lo condurrà ben presto a scalare le vette dell'imprenditoria commerciale automobilistica.
Peccato che abbia scelto proprio i nostri travagliati tre giorni di vacanza per inaugurare questa nuova fase della sua bizzarra carriera lavorativa, passando nottate al pc a chiedersi se conveniva andarsi ad accattare un'auto del '92 a Ivrea ("Quanto è lontana Ivrea da qui?") per poi partirsene giusto il giorno dopo il nostro arrivo a portare in porto i suoi traffici.
Beduini: strana gente. Se potete, statene lontane, donne.
La pupa invece se n'è tornata con una bronchite se possibile triplicata dal livello standard cui l'hanno portata i due mesi e mezzo di nido, accompagnata da fiumi di catarro che le sgorga anche dagli occhi, copioso.
Una visita lampo al nostro burbero ma amato dottor Z. medico pediatra specializzato in nipiologia, e il verdetto è stato emesso: congiuntivite virale, e una settimana a casa, con tanto di antibiotico e gocce di collirio, e così ora siamo in consegna forzata, entrambe. Il dottore è stato molto minaccioso: guai a te se la porti ancora fuori in queste condizioni (madre degenere, deve aver aggiunto tra sé e sé).
Non vi dico che gioia doverle rifilare tre volte a dì lavaggi oculari e gocce: una lotta all'ultimo sangue, ma mi sa che l'ho vinta.
Ti fissavo dallo scaffale della farmacia, e ti ho apostrofato con lo sguardo, spavalda, oh soluzione fisiologica nasale, e mi son chiesta se sono infine pronta per la resa dei conti anche con te.
Forse solo il timore di chiedere il prezzo e di ricevere una risposta non gestibile per me in tal luogo mi ha fatto desistere dall'insano impulso di cimentarmi anche in questa impresa, ma appena vado al supermercato, vedrai, se non ti compro.
Quello dei lavaggi nasali, per ora, un cimento che vorrei posticipare. Una cosa per volta, meglio non strafare. E speriamo di non contrarre la congiuntivite. Non vorrei dovermi presentare in farmacia a cercare pomata oftalmica grondando pus dagli occhi: non dev'essere piacevole.
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