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mercoledì 22 gennaio 2014

Il tesoro nascosto.

Sarebbe molto più facile se ogni volta che viene a trovarci qualcuno tu non facessi la scontrosa almeno per la prima ora e mezza, se non si dovessero aspettare ogni volta i tuoi tempi e i tuoi modi di avvicinamento, lasciarti decantare in camera, aspettare che tu arrivi da sola, quando senti che l'attenzione si è spostata da te ai discorsi "da grandi", e allora, piano piano, ti affacci, cercando di ricondurla su di te, per tappe, interferendo fastidiosamente.

Sarebbe infinitamente più facile se non si dovesse sempre star lì a corteggiarti, cercando il verso giusto dal quale prenderti, per tentativi, sondando strade, argomenti che possono far breccia nella tua voglia di comunicare e di concederti agli altri, quella voglia che si avverte fremere in ogni tua fibra, ma che tieni al guinzaglio, finché non lo decidi tu, finché finalmente non ti sentirai a tuo agio, finché non ti passa il malumore che forse neppure tu ti spieghi, di non riuscire a dominare la situazione, lo straniamento dovuto alla novità, al dover colmare lo scarto dall'ultimo incontro, riallacciare il rapporto.

lunedì 13 gennaio 2014

L'una e l'altra (un'apparente dualità).

Una funziona a carburazione lenta, dorme fino a tardi e si sveglia sempre di pessimo umore. Non vuole che si alzi subito la serranda, indugia a letto e a volte mugola che vorrebbe dormire ancora. Bisogna fare attenzione a come la si avvicina, altrimenti morde, e son dolori per le ore a seguire. Si procede cautamente, per tappe graduali, ed assecondando gli umori variabili e precari.
L'altra si sveglia all'alba, e appena sveglia è già a mille, inizia a vocalizzare e pigolare, cinguetta e gorgheggia, scalpita e freme per iniziare l'esplorazione del mondo intorno, distribuisce pernacchie e sputazzi, rimbalza e molleggia allegra su materassi e pance materne, annaspa tra le coperte finché non ti costringe ad alzarti, con lei. Ma non riesci mai ad arrabbiarti sul serio. Anche se non sono neppure le sei.

sabato 13 luglio 2013

L'ira funesta.

Ok, partiamo da qui.
Sono piuttosto stremata.
Nemmeno una settimana che è finito il nido e ho le due pupe sul groppone da gestire in contemporanea, visita oftalmica per cisti palpebrale inclusa, spedizioni punitive (per me) ai giardini nel tardo pomeriggio "quando rinfresca" incluse, e sono un tantino provata.
E lei che urla, lei che piange per ogni cosa, lei che è tutto un no, tutto un "voglio farlo io" tutto un mandare all'aria se la contraddici, solo per tornare poi come acqua fresca alle carezze dell'amore, ai "mamma io ti amo", "Mamma, voglio stale con te".
Ok. Ma me l'avevano detto, quando paventavo la neonata ventura, che la parte più difficile forse non sarebbe stato tanto gestire la neonata ma...



La neonata, lei, è una neonata nella norma. Mi fa la grazia di piangere sottotono, e comunque compensa ridendo un sacco.
Poi ci ha 'sta capocciona che si trova al momento molto impegnata a voler gestire in asse col busto, ed è fantastica.
Ma la grande...

Si inizia col non dormire più di pomeriggio. Oh, be', era ora, mi pare di sentirli, loro, il coro di quelli che  "sei tu che non sai gestirla, 'sta figlia".
No, signori miei, mi oppongo, e non ammetto obbiezioni.
Mi ergo invece a difesa e baluardo di tutti quei genitori (o genitrici) di bambini con un carattere di merd di indole focosa. Ah, l'indole! Che idea! Che concetto! (Che alibi! -Sempre loro, mi par di sentirli!)
Faccio ammenda dei miei precedenti errori, io che, prima di essere genitore, ero anche io una senza figli, e allora era tanto bello e facile, e comodo, e dava un certo tono d'importanza sparare a zero sui presunti errori di genitori di figli altrui. Io che guardavo SOS Tata e inneggiavo a Tata Lucia e alle sue soluzioni universali. Io che, ora, quando snocciola le sue perle di saggezza pedagogica, le sparerei volentieri.
Si presuppone che se un bambino di tre anni rompe le palle più della media dei suoi coetanei, sia per forza di cose, colpa del genitore (leggi "della madre").
Si presuppone e lo si dice anche, apertamente: "Sei tu che l'hai abituata così" "Sei tu che non sai mettergli dei limiti" "Sei tu che la lasci troppo libera".
La interpelli su tutto, glie le dai tutte vinte, giustifichi tutto quel che fa.
Non sapete quante me ne son sentita dire.
E che cazzo però!

Mimi nella pancia mi puntava i piedi contro le costole togliendomi il fiato.
Me la immaginavo lì dentro stizzita e rancorosa nel suo ristretto mondo intrauterino a menar pedate per guadagnarsi spazio vitale da contendere con fegato e polmoni del genitore ospitante.

Mimi da zero a quattro mesi ha dato il suo buongiorno al mondo con grandi e clamorose, da diversi testimoni oculari ricordate con terrore costernato, scenate di pianti e urla da strappare il cuore e pure i capelli.
Lei nella sdraietta ci rimaneva all'incirca sette secondi e mezzo, prima di iniziare a manifestare il suo più sentito disappunto, sempre senza mezzi termini, nella maniera più energica che conoscesse, e malgrado la tenera età le riusciva piuttosto bene.
Lei a spasso nell'ovetto non ce la sono mai riuscita a portare. L'ovetto è stato infatti la new entry di questa seconda esperienza di maternità. Lei nel passeggino faceva affacciare alle finestre e ai balconi tutti i residenti limitrofi delle strade che battevamo nei nostri percorsi cittadini, che vogliamo chiamare "passeggiate", con grande sforzo d'immaginazione.

Da neonata il suo stato basic da sveglia era il pianto, con varie intensità e picchi, ma sempre difficilmente ignorabile, faticosamente arginabile.
Il mio era un continuo tenerla impegnata, distrarla, ninnarla, rintronarla di canzoncine e balletti, per distoglierla da quella rabbia cieca e sorda, da quell'incazzatura ancestrale che si portava dietro e che sembrava espressione di un suo moto interiore di protesta contro l'esistere, e l'esistenza, e il suo stesso essere al mondo, e contro me che ce l'avevo messa.
Saranno le coliche, uno si diceva. Ma poi sono passate le coliche e sono iniziati i dentini.
La cosa pareva dovesse durare per l'eternità.

Io poi non è che stavo bene eh. E' logico che mi fossi anche un po' esaurita pure io, a vedermi appioppata da una sorte beffarda e maligna cotanta erede, e già mi figuravo il resto di mia vita come un infinito supplizio, in perenne balìa  delle sue epiche sfuriate più o meno giustificate.
E allora c'è stato pure chi mi diceva che ero io, io che non ero serena, io che trasmettevo a mia figlia quell'irrequietezza che lamentavo, che paventavo.

Poi piano piano gli stati di quiete hanno iniziato ad affacciarsi nell'economia dei momenti di veglia, e infine ad essere abbastanza più frequenti, fino a sostituirsi come stato basic agli stati tempestosi, che però hanno continuato ad affacciarsi periodicamente nella sua e nella mia vita, con conseguenze a volte catastrofiche per la pace domestica.

Intorno agli otto mesi di sua vita, ricordo che è subentrato un ulteriore aspetto disturbante nell'armonia precaria del nostro rapporto: accadeva che non potevo fare un passo da lei senza provocare incontenibili e inconsolabili accessi di urla e pianti, tanto per cambiare. Non vi dico come fosse facile per me preparare la cena con lei avvinghiata al mio stinco urlante, barcamenandomi tra le canzoncine sul tappeto e la pentola sul fuoco.
Il pediatra me la definì come la "crisi dell'ottavo mese" e almeno il fatto che esistesse una cosa con questo nome mi tranquillizzò del fatto che prima o poi sarebbe passata (assieme all'ottavo mese, speravo).
Invece durò un po' di più, e io non riuscii a divincolarmi da Mimi fino a quando lei non imparò a camminare.
Ah, ma poi fu una pacchia: l'entusiasmo di potersi finalmente muovere in autonomia da me la rese molto  più gestibile e di "piacevole" compagnia.
Allora aveva circa un anno.
Poi a settembre feci la cazzata di mandarla al nido e tutto finì.
Un inserimento traumatizzante, sul quale avrei diverse cosette da rimproverare alle educatrici di turno, ma lasciamo perdere. Se voleva essere una terapia d'urto, l'intento terapeutico è drammaticamente naufragato. Ritornò ad avvinghiarmisi agli stinchi
Il trauma del distacco me lo fece pagare con moneta sonante di paturnie e grandi crisi di abbandono improvvise e incontrollabili per diversi mesi a seguire.

Intorno ai diciotto mesi Mimi capì che poteva avere voce in capitolo circa le scelte quotidiane che riguardavano la sua persona, e da allora furono cazzi amari.
Lei voleva fare tutto da sola, ma rendendosi conto di non essere sempre e comunque all'altezza, di non essere capace, entrava in crisi. Non la si poteva aiutare e guai a dirle: "Beh, allora fai da sola".
Bloccata tra l'orgoglio dell'autonomia e l'evidenza della propria iadeguatezza sapeva dare sfogo ad una rabbia nera e verde e rossa e di tutti i colori e le sfumature che un sentimento distruttivo e autodistruttivo come quello può avere.
Mimi che piange fino al vomito.
Mimi che tira calci e lancia le cose.
Mimi che si strappa i capelli e i vestiti di dosso.
Mimi che tira capocciate contro il muro, che si spalma il moccio sul viso, che rifiuta di farsi pulire, che si ostina nel pianto, che chiama mamma e poi mi urla contro di andarmene via, che rimane un'ora di orologio a piangere disperata nel mezzo del giardino pubblico davanti agli occhi costernati di madri sapienti educatrici, mentre la madre incapace tenta di mettere in pratica i saggi consigli circa il "capriccio che va ignorato", finché non perde la pazienza e finisce per dare spettacolo del peggiore dei lati di sé, sbatacchiando sua figlia con malagrazia e altre amenità su cui preferisco non soffermarmi troppo.

Se ripenso a molti di quegli episodi ci vedo una certa continuità tematica di fondo, una congruità se non proprio caratteriale, almeno di indole.
Cavolo se non credo nell'indole!
Stufa e arcistufa di vedermi addossare presunti successi e insuccessi (ma soprattutto insuccessi) educativi relativi all'esuberanza emotiva di mia figlia mi chiedo perchè l'approccio comportamentista sia considerato superato persino tra gli studiosi di etologia animale, ma non in pedagogia.
Io dico: fanculo a loro e ai vari "sei tu che l'abitui".
Il comportamentismo e altre stronzate.

Ma sapete che vi dico? Io ho visto, io ho sperimentato sulla mia pelle, io ho lottato, faticato, sudato, io ho dato anima e sangue, io mi sono sgolata, ho urlato, ho ignorato, ho mediato, ho sorvolato, ho schiaffeggiato, ho sofferto, ho provato la frustrazione di non essere all'altezza troppe volte, di non venirne a capo, di perdere la pazienza, di sbagliare, mi sono scontrata contro questa piccola furia un milione di volte da quando è nata. Io la conosco. Io magari non la so ancora del tutto gestire, non sempre, ché spesso e volentieri sono stanca pure io, e non ho voglia sempre di discutere per tutto, e di urlare per tutto, e di sentire urlacci e piagnistei, e vorrei poterci mettere cinque minuti a preparare mia figlia per uscire e non quaranta, e vorrei che le semplici operazioni quotidiane non dovessero essere ripetute almeno tre volte perché deve farlo lei, e deve farlo da sola, e vorrei che chiunque la smettesse di elargire giudizi sul mio modo di essere madre e sulla mia presunta educazione all'anarchia.

Però la conosco, e so che c'è un'altra Mimi che è delicata e intuitiva, che ragiona e ascolta, che sa chiedere e accetta risposte negative e motivate, che non batte ciglio se non si può andare alle giostre, che non pretende che le si compri qualsiasi cosa veda, che sa entusiasmarsi delle cose senza impuntarsi a volerle per sé, che sa interagire coi suoi simili con grande diplomazia e senso della giustizia, senza mai usare prepotenza o prevaricazione, che è generosa e sa condividere, e anche dare.
Non credo che Mimi sia una bambina "capricciosa".
E non credo, come qualcuno mi ha sentenziato, che non abbia il senso dei propri limiti, anche se la lascio giocare con la pompa dell'acqua, ché non ci vedo nulla di male, o fare le bolle con la cannuccia nel succo di frutta (le ho sempre fatte anch'io).
E mi incazzo quando mi dicono che mia figlia è viziata, ecco.
Magari un tantinello testarda, sono d'accordo. E spesso ha difficoltà a gestire le sue pulsioni devastanti.

Chi ha conosciuto Mimi in uno dei suoi momenti no può pensare che sia una bambina capricciosa e malgestita. Se pure non lo dice con queste parole, lo lascia intendere.
Chi la conosce in uno dei suoi splendidi momenti d'oro, è pronto a giurare che sia una bambina meravigliosa.
Lei è tutt'e due le cose: è una furia, ed è una grazia, da schiaffi e da baci.

E in tutta onestà trovo difficoltà a chiamarli "capricci". Le sue esondazioni non sono strategie mirate ad un fine, quanto espressioni di un conflitto interno, prorompere di una rabbia distruttrice che lei a quanto pare non è in grado di arginare. E' quel che viene fuori quando si imbatte in sentimenti quali frustrazione, insoddisfazione, mortificazione, ed è naturale che non sappia ancora come reagire ad essi, come fronteggiarli. Così come non gestisce la rabbia che ne deriva.
Non è facile: non lo è neanche per un adulto.
Non lo è per me mantenere il controllo dei nervi quando mi trovo a dover affrontare le sue sfuriate.
E siccome poi riconosce quando sbaglia, e ci torna su, posso dire che ci sta lavorando, su questa cosa delle esplosioni di rabbia, che si sforza di modificare comportamenti a monte, che se avvertita per tempo, riesce a bloccare la spirale di azioni-reazioni che la trascinano giù in quel gorgo di sentimenti  e impulsi devastanti, e riesce a prendere strade alternative che le vengono suggerite.
In tutto ciò io non sono il potente demiurgo che ne plasma il carattere e l'essere, e lei non è una mia creazione, non scaturisce dalle mie azioni la sua essenza.
In tutto ciò il mio accidenti di compito è solo se mai quello di saperle indicare queste vie, a volte suggerendogliele apertamente, ma soprattutto mostrandogliele, implicitamente, non fornendole dei modelli pret-a-porter, ma sforzandomi io stessa di modificare le mie azioni-reazioni, nella vita, nella crisi, nello scontro, nei suoi e negli altrui riguardi (e per la verità non sempre ci riesco).
Perché essere genitore può voler dire anche imporsi di migliorare se stessi.
Essere una madre migliore, essere una persona migliore. Rivedermi in lei, rivedere in lei certi meccanismi che ben conosco, che riconosco in me, e permetterle di misurare il proprio essere sul mio, e permettermi di cambiare ancora, adulta, grazie a lei.

Non sono una gran pedagogista, ma ascolto e osservo, molto imparo e provo e sperimento e sbaglio magari, e poi mi correggo, o almeno tento. E sento, soprattutto (questa dannata empatia!).
Chi pretende di applicare a qualsiasi bambino un identico precetto educativo a prescindere dal bambino credo sia un po' come quelli che se ti vedono smanicata in aprile con 35 gradi si sorprendono e ti dicono: "Già così leggera? E ad agosto che fai?" Perché quando si vestono la mattina guardano il calendario e non il termometro.
Così bisognerebbe guardare prima del manuale di pedagogia, la persona che sta già, in auge, nel bambino, e imparare a comprenderlo, a conoscerlo.
Mi hanno detto anche, persone a me molto vicine, che un buon educatore non dovrebbe "comprendere e giustificare" un comportamento, ma solo imporre dei limiti.
Non sono molto d'accordo. E' ovvio che se Mimi in un eccesso d'ira pesta la coda al gatto o tira schiaffi alla sorellina, la riprendo, è ovvio che la sua rabbia non giustifica tutto, non giustifica qualsiasi eccesso.
Ma riconosco il diritto di essere arrabbiata, e di imparare a misurarsi con essa.
E credetemi se vi dico che lasciarla libera di arrivare a ciò non è affatto la via più facile. Tanto più facile sarebbe impormi unilateralmente.

Bene, ora ho finito di autoscagionarmi come madre incapace.
La bestia ieri è crollata dopo una delle sue migliori performance. Attendo il risveglio. Fatemi un in bocca al lupo!

giovedì 22 novembre 2012

Essere femmina a due anni.

Non c'è niente da fare. Lei è femmina.
Lei mi ha scassato le palle per tre mesi perché "voleva la toellina".
Lei si afferra il lembo della maglietta mentre salta sul letto scatenata e dice "Mamma, guadda come ballo con la mia gonna!".
Lei quando si sente romantica dice di essere la "Pincipetta Yasssmin" e ha una sigla tutta sua.
Lei ama adornarsi come un venditore ambulante senegalese con le collane di mamma, e si arrabbia perché non riesce a infilare gli orecchini di mamma (lei non ha i buchi alle orecchie: la mamma ritiene un'usanza piuttosto barbara e una violazione della libertà di autodeterminazione sul proprio corpo l'imporlo alle bambine non ancora in età di intendere e di volere, e aspetterà che sia lei a chiederglielo, se mai).
E ancora, lei quando accompagna la mamma al negozio delle scarpe, e dopo aver sguazzato per un intervallo di tempo ragionevole nella vasca delle palline, va in brodo di giuggiole a scorrazzare per i corridoi di scaffali pieni di scarpe, non si annoia mai a provarsene diverse paia, e guarda con orrore e un po' schifata agli scarponcini neutri blu coi lacci che le propongo, gli unici a un prezzo inferiore alle 20 €, ma si entusiasma di fronte alle orrende plasticone fucsia glitterate sponsorizzate dalla fatina di turno.
In genere mi rompo le scatole io prima di lei, devo andarla a recuperare in mezzo a una cortina di cinte per signora, dove è intenta ad esaminare borchie e inserti traslucidi e a improvvisarsi Raperonzolo nella torre applicando alla capigliatura ardite extencion di corda, accessorio a mio dire di orrido gusto trucido-chick (guadda mamma: ho le t'ecce, tono 'Apeontolo!).
Lei si ritiene molto aggraziata nei movimenti, quando improvvisa qualcuna delle sue danze forsennate di cui si autoproduce la colonna sonora, almeno finchè non va a sbattere contro qualche spigolo rintronata dal suo vorticoso girare da derviscio, e sa di essere bella. Del resto non perdo occasione per ribadirle il concetto.

Insomma: chi lo dice che essere femmina sia solo rosa e tutù. Non io, certo, malgrado il senso comune vada in direzione ostinata e contraria al mio sentire.
Io fino a poco tempo fa mi vantavo di non aver mai giocato con le bambole.
Io sono cresciuta in mezzo a due fratelli maschi giocando al Wrestling sul letto dei miei genitori e collezionando "pozioni" maleodoranti e colorate riciclando le bottigliette dei succhi di frutta e svuotando ogni volta l'armadietto dei medicinali in bagno con strage di pomate e soluzioni strane.
Non ero propriamente una bambina "maschiaccio", malgrado la mia costituzione tutt'altro che esile, l'odiato caschetto biondo che mi hanno imposto fino all'età della ragione, la mia discreta recalcitranza ai bagni, la mia semiselvaticità, che prevedeva movimentati giochi all'aperto, ma non uno sguazzare sistematico nel fango. No: io amavo i giochi strutturati, inventare storie con i miei svariati pupazzi, coinvolgere nella messa in scena delle trame mio fratello Ergino e delimitare metodicamente ogni diverso gioco di fantasia che intavolavamo con una sigla di apertura e di chiusura, sul calco di quelle televisive che hanno improntato gran parte della mia infanzia siglata anni '80.
Ma schifavo Memole dolce Memole e l'Incantevole Creamy altrettanto quanto Mazinga e l'Uomo tigre, non so se avete presente ciò di cui sto parlando...
Non mettevo la gonna. Quasi mai. Del resto non posso ritenermi responsabile del mio guardaroba di allora, cui provvedeva con esasperata arte del riciclo mia madre. E in casa mia se pur esisteva qualche superstite esemplare di Barbie, eredità di qualche cugina grande, era quasi sempre un tronco mozzo nudo o una testa rapata vagante per i nostri cesti di vimini ingombri di  giocattolame fluttuante.
E non ho mai frequentato corsi di danza classica o ritmica ma tutt'al più di taeqwondo (con scarsissimo successo, peraltro).

Questo non significa che non difendessi con i denti e le unghie la mia femminilità.
Mi impuntai come un somaro quando a otto anni mio padre voleva tagliarmi per l'ennesima volta i capelli che mi crescevano selvaggi e scarruffati in un disordinato taglio scalato con frangia da cagnetto dello Yorkshire, alla Sophie Marceau dei bei tempi delle mele, e altrettanto mi impuntai per convincere mia mamma a martoriarmi il lobo dell'orecchio con un formidabile ago da cucito passato sulla fiamma del gas come misura di sterilità.

Ecco: io sono decisamente contro gli stereotipi di genere, e credo che ognuno, e soprattutto un bambino, debba esprimere la propria identità, la propria personalità, sessuale o meno, nella più totale libertà, senza per questa dover essere etichettato come "maschiaccio" o "principessina".
Femminilità è qualcosa di ben più sottile.
Eppure di fondo riconosco, in me come in lei, una certa consapevolezza più o meno nascosta del fascino che emana dalla propria essenza femminile, l'importanza del proprio aspetto, dei propri modi, una maggior sensibilità di fondo, una tendenza all'autoosservazione, un abbandono voluttuoso alla propria facoltà immaginativa e creativa, una maggior complessità dei rapporti interrelazionali, un compiacimento per la propria duttile capacità di adattarsi a diversi contesti, che forse nei maschi difetta un poco...

Forse. O forse no. Difficile e molto rischioso tentare di generalizzare, in questi casi.
Quel che è certo è che Lei si sente decisamente femmina, qualsiasi cosa questo voglia dire, e se ne compiace.

La guardavo giocare con la sua amica Maua, questa estate ai giardini, e mi chiedevo una volta di più quanta presunzione sia insita a volte nel ritenere da parte dei genitori che il carattere del proprio figlio debba rispecchiare il proprio.
Maua in mutande, (aveva eliminato il vestito bagnato sotto il getto della fontanella a pompa), saltava selvaggiamente sul tappetino elastico del parco giochi, andava in altalena a gambe larghe, bella piazzata e aggressiva, litigava con i maschietti per il diritto di usufrutto di un escavatore giallo con cui rimuoveva appassionata cumuli di pietrisco. Mimi le veniva appresso con moderazione, tenendosi come sempre il lembo del vestitino mentre saltava sul tappetino elastico, sedeva sull'altalena con una certa compostezza, anche se ciò significava un minor assetto statico, e rinunciava volentieri alle zuffe coi bambini per aggirarsi tra le aiuole fiorite ad aspirare pollini di fiori assolutamente inodori e assortire mazzolini sgualciti e spampanati.
La differenza saltava troppo agli occhi per non essere da me notata.
Dovevo aspettarmelo che non avrebbe degnato della minima attenzione il fantastico camion sollevaterra che volli comprarle il giorno dopo per indurla a partecipare a quei polverosi giochi terrestri. Mezza popolazione del giardino (indovinate un po' quale metà) accorse per accaparrarsi l'ambìto oggetto ricreativo, mentre lei se ne tornava incurante dai suoi fiori.

E malgrado io le abbia proposto Urka urka tirulero e Hakuna matata come alcuni dei miei pezzi Disney favoriti, lei continua a preferire tra tutti questa lagna:


Mah! Dé, gustibus! Come dicono al Livorno...

giovedì 28 giugno 2012

Quel che so di lei.

Lei sostiene di chiamarsi Mimi.
Non che se glie lo chiedi non ti dica pure il nome per intero, sia chiaro. Ma Lei, a botta sicura, se le chiedi come si chiama, ti risponde Mimi.
Non si chiede da dove provenga quel suo vezzeggiativo, chi per prima l'abbia utilizzato, se Lei stessa o la sua mamma, per la quale, pur avendolo lei scelto, il nome completo è sempre risultato piuttosto difficile da utilizzare nella forma vocativa. Ma Lei probabilmente non si è mai neppure chiesta come sia stato, che il suo nome sia proprio quello, che le sia toccato di rispondere a quello e non a un altro. Le basta sintetizzarsi in quelle due semplici sillabe per sentirsi padrona della propria identità.
Lei in fondo sa di essere se stessa, che è già tantissimo.



Ho creduto a volte di sapere proprio tutto di Lei, ma ora che ci penso davvero, mi accorgo, ad essere sincera, di saperne invece ben poco.
Non saprei dire, per esempio, quale sia il suo colore preferito, quale l'amichetto o amichetta più simpatico, quale l'animale che le piace di più.
E so che queste sono in genere cose che una madre sa del proprio figlio, ma io davvero, non saprei.
Non glie l'ho mai chiesto, no, non credo abbia senso farlo.
Non so quanto conti per Lei lo stabilire una graduatoria degli oggetti e dei concetti di cui è formato il suo mondo, non le interessa esprimere la sua opinione, così come fan tutti, senza fermarsi a penetrare nella struttura delle cose; a Lei interessa possedere dentro di sè tutto ciò che vede esistere introno a lei, fuori di lei.




Di Lei so che sa amare con entusiasmo, che sa manifestare amore e gioia incondizionatamente, che lo fa senza inibizioni, senza esitazioni, che lo fa senza seguire schemi di comportamento, ma solo per l'esigenza momentanea di lasciar agire le proprie emozioni, per l'inadeguatezza di altre forme di linguaggio che non quello corporeo per poterlo fare nella maniera più efficace possibile.
Così punta il dito in direzione di una farfalla, ne segue il volo sfasato, ne imita il movimento con le mani, sgambetta felice e ripete "Bella bella! Vieni da me! Vieni da Mimi pappalla!"
Così saluta il mondo, interpella il sole, sgrida le nuvole, impartisce direttive alle formiche, si emoziona per il volo di un passerotto proprio davanti ai suoi occhi, accarezza i granchi, chiede scusa ai piccioni, spiega alle lucertole che non devono aver paura di lei, chè Lei è buona, si complimenta con i ragni per l'architettura perfetta della loro tela, esorta le lumache a non vergognarsi, si diverte a scimmiottare il verso della gazza, e ci riesce a meraviglia, inventa nomi per gli scalini e raccomanda alla palla di non muoversi. Non si è arrabbiata con il palloncino-coccinella per il fatto che sia scappato dalla finestra, ma si chiede ancora come mai l'abbia fatto, e si dà delle spiegazioni plausibili.
Accoglie il mondo dentro di sé e si proietta nel mondo; di tutto chiede, su tutto discute e confabula.

Mimi e i suoi granchi.

- Che ca'ini i ganchi! Pove'i: volete la mamma ganchi?

Mimi e i pesciolini di Babbo.



Mi azzarderei a dire che non ama particolarmente gli oggetti, o meglio: non ambisce al loro possesso, non ne è interessata. E' attratta da tutto e tutto vuole conoscere, comprendere, definire, a tutto vuole arrivare ad attribuire una ragion d'essere, un motivo, una funzione, una causa del suo essere lì. Se afferra un oggetto di qualcun altro, lo fa con l'entusiasmo di chi scopre qualcosa e desideri mostrare la sua scoperta, sperimenta il suo uso, la sua funzione, a non ha la più piccola difficoltà a staccarsene, accetta di buon grado di restituirlo al legittimo proprietario, e in fondo non penso a che abbia un'idea chiara del concetto di proprietà. Per Lei una cosa appartiene a qualcuno nel momento in cui qualcuno la sta usando. Da parte mia non avverto l'urgenza di chiarirle quel concetto, di cui non riconosco la priorità su un'infinità di concetti più interessanti, più utili, più belli.



Del resto sa chiedere con estremo garbo e perfetto savoir faire la licenza di usufrutto di qualcosa che momentaneamente attrae il suo interesse, ma si rassegna di buon grado al diniego, senza scomporsi.
D'altro canto ha chiara idea dei propri diritti, e non ammette che qualcosa le sia tolto di mano mentre lo sta usando, poco importa quale sia la provenienza dell'oggetto in questione.
In generale dispone di un'eccezionale pazienza nel trattare con i suoi coetanei, non transige sui soprusi, ma non perde la calma, espone invece il suo punto di vista con una certa supponenza da chi impartisce una lezione di vita, accompagnando le parole col movimento dell'indice: "No, bimbo, quetto è di Mi-mi! Appetta, bimbo dopo te lo do." Oppure: "Quetto è il mio palloncino, tu hai il tuo".
Mi fa ridere, ma sto attenta a non farlo.
Mi piace il suo senso della giustizia.

 


A Lei non interessano i giochi troppo complicati, non ama i pupazzi parlanti, le reazioni inaspettate di oggetti inanimati la turbano a volte fino a terrorizzarla, proprio Lei che raramente ha paura di qualcosa.
Si è ritratta sconcertata di fronte al coniglio di peluche azzurro di un'altra bambina che si spanciava dalle risate rotolandosi sguaiatamente per terra. Non ha bisogno, Lei, che i suoi animali di pezza emettano versi elettronici e compiano movimenti meccanici per poterli "sentir parlare" e "vederli" muoversi. Con loro sa intavolare lunghe conversazioni anche senza l'ausilio di batterie e transistor.

Ama i palloncini, ma solo se prima "tiriamo loro il collo" e ci facciamo un bel nodo, in maniera da non lasciare che volino via in maniera imprevedibile, emettendo quel loro spaventoso fischio. Quello non le piace. E' capace però di giocare a lungo con un pacchetto di palloncini sgonfi: li tira fuori uno a uno, li divide per colore, li dispone in cerchio, fa cantar loro "Giro-giro-tondo".
Riesce a trovare il potenziale creativo anche degli oggetti più semplici, compone le mollette in fantasiosi collage e poi invita gli altri a condividere l'entusiasmo delle sue trasfigurazioni: "Guadda mamma: semba un aerio! Sembano un aerio le mollette!"
In genere si stufa rapidamente dei propri giochi e non ne porta quasi mai con sé quando esce di casa.



Laborioso assemblamento di un "aerio" di mollette.



Di lei so che ma i giochi di movimento ma senza esagerare.

Le piace l'altalena ma non ama andare troppo forte; del resto le sembra di volare "come Heidi" anche ad una velocità moderata. I movimenti eccessivamente bruschi la mettono a disagio, e lei sa che a quella sensazione corrisponde il significato della parola "pauva".
D'altro canto non ha mai avuto paura del mare, dell'acqua, del fuoco, dell'altezza, degli animali in generale. Ama gli animali, tutti indistintamente.E' interessata agli alberi, agli uccelli, alle farfalle, alle pigne e ai rametti assai più che a bambole e balocchi.
Ama l'arte, ha un gusto spiccato per le illustrazioni, i disegni, le immagini, una particolare propensione a individuarle e a interpretarne il senso, contestualizzandole dal suo personale punto di vista. Coglie all'istante qualsiasi rappresentazione grafica entri a far parte del proprio campo visivo, dai segnali stradali alle insegne dei negozi, dai motivi zoomorfi del tappeto in gommapiuma del play-ground ai nanetti stampati sulla maglietta di un altro bimbo.
E' una creatura degli spazi aperti, il suo tempo è la pausa tra una passeggiata è l'altra. Parte a razzo quando smonta dal seggiolino della bici e arriva ai giardini al galoppo esultando. Ha messo a punto i suoi tour standard, a cui apporta periodiche variazioni, in base all'ispirazione o all'interesse del momento. Pretende che le mostri "le statue" del giardino, e che glie le spieghi, vuole salire da sola i gradini della scalinata che conduce "alla galleria" e mi chiede il nome dei fiori, ne raccoglie uno di ogni tipo e ne aspira il profumo, reale o presunto.

 



Se la conosco almeno un po', posso affermare che ha sempre avuto una maniera molto enfatica di esprimersi, con i mezzi che le sue età finora le hanno concesso.
Stare in sua compagnia è una delizia, se è di buon umore; allora è un cicaleccio continuo, è un continuo esclamare "Che bello che bello!" E "Guadda, guadda!", e elargisce baci, si profonde in abbracci pieni di pathos e di gioia. Sa essere affettuosa, anche se non si direbbe. E' riservata, anche se non si direbbe, e si concede agli altri con cautela, per gradi, ma non nasconde simpatie e amori viscerali, le piace stare in mezzo alla gente, è perfettamente in grado di gestire il centro delle attenzioni altrui. Provocatrice, ma un tantino permalosa, pronta allo scherzo, quando lo decide lei, consapevole di poter dettare il bello e il cattivo tempo.
Arrivano momenti di infinita tenerezza, di sfrenata euforia, e poi di rabbia nera, di urla selvagge, di tenace ostinazione. Lei è drastica, è fuoco scoppiettante, inesorabile come il sole di luglio, volitiva, orgogliosa, un tantino arrogante magari anche.





Posso affermare con una certa sicurezza che Lei non è schizzinosa; le piace sentirsi bella ed elegante, ha anche chiara idea delle sue preferenze in fatto di abbigliamento, ma in fin dei conti non se ne fa un cruccio, e fare una capriola sull'asfalto bagnato di pioggia avrà sempre la priorità sulla necessità di non sporcarsi.
A volte diventa Cappuccetto Rosso, altre volte può assumere le sembianze di Heidi o di Pippi, il suo mondo vive un continuo interscambio con altri universi, e Lei li accoglie di buon grado come realtà ugualmente valide e possibili.
Non credo che abbia chiara l'idea della differenza tra i sogni e la veglia, la realtà e l'immaginazione.
Lei vede tartarughe sui tetti dei palazzi, per Lei il carcere davanti casa è un castello, e a volte ci vede Raperonzolo affacciata, incontra maghi e pirati per strada, riconosce tra i passanti, in incognito, e mi indica a gran voce Babbo Natale e Caparezza, si sveglia di notte confabulando di lucertole e dinosauri, raccoglie da terra un pezzetto di pollo caduto dal piatto e dice: "Guadda: una meduda! Che bellittima quetta meduda!"
Per Lei il fiore più piccolo si rivolge a quello più grande chiamandolo "Mamma, mamma!", e la luna, a volte, le sembra "innamorata".

Il suo mondo è un incanto che non ha bisogno di magie.

 




Di lei so che riserva una grande importanza alla parola, ne ha compreso l'immenso potenziale, fatico, narrativo, emotivo, creativo, e concentra tutte le sue energie nel dominarla, nel gestirla, nel padroneggiarla. E' affascinata dai suoni della lingua, incuriosita dagli idiomi a lei non familiari, divora libri, ricorda e ripete, recita e interpreta con grande trasporto.
Canta, tiene il tempo, non vuole essere aiutata quando dimentica le parole, ma se non sa andare avanti mi chiede di intervenire, ma devo ricominciare da capo: "Dall'altra parte, mamma", non dal punto in cui è arrivata lei. Ci tiene a far da sola.
Si butta nelle danze senza inibizioni, si muove e balla su qualsiasi melodia, e mi invita a fare altrettanto. Non si cura degli sguardi altrui, non le interessa apparire goffa, ridicola o scoordinata, non crede di dover ricevere un giudizio o un plauso.
Si immerge nel suo mondo e tutto il resto cessa per qualche istante di esistere. Chiacchiera con Pinocchio e Pinocchio le risponde.




Non so molto di lei, in fondo, a parte questi appunti fugaci di momenti che passano in fretta, lasciando indietro pezzi di Lei che credevo di conoscere, e altri che mi si svelano giorno per giorno, mentre lei cresce, e cambia, e ancora mi stupisco a scoprirla diversa, nel suo sforzo di definirsi come persona.


***


SEGNALAZIONE:
La deliziosa mascherina da gufo che la pupa indossa nelle prime foto è un gradito regalo di una cara amica blogger. Come minimo per ringraziarla del pensiero era mio dovere segnalarla qui: ha un animo delicato e mani fatate, e realizza giochi e accessori home made graziosissimi per bimbi.
Se volete andate a dare un'occhiata sul suo blog.

martedì 29 maggio 2012

Evoluzione delle mie piccole Miss Jekyll & Hide


Un po' di tempo fa mi è venuto in mente di andare a vedere cosa scrivevo a distanza di un anno prima esatto, ed è uscito questo:

Allora mi era sembrato carino scrivere un piccolo proseguio, tanto per dar modo di verificare se fosse possibile venirne fuori. Iniziato e non terminato nè  pubblicato per mancanza di tempo, aggiorno oggi.
Ecco cosa era venuto fuori:

A oggi, 11 maggio 2012, la Pupa ha un anno, nove mesi, tre settimane e due giorni (grazie, contatore elettronico).
La pupa presentasi potenzialmente scissa in diverse pupe, ma con ripartiture meno nette rispetto al passato e frequenti incursioni di campo dell'una nell'altra.

Possiamo comunque affermare a grandi linee che le principali manifestazioni di pupa sono al momento raggruppabili nei seguenti grandi gruppi:

Pupa cogitans: anche detta "Pupa mi-faccio-gli-affari-miei-allegramente".
Di indole relativamente tranquilla e accomodante, la Pupa Cogitans risiede prevalentemente negli spazi chiusi, tuttavia non disdegna incursioni al di fuori delle mura domestiche, apprezza il moderato esercizio fisico, nella fattispecie si diletta di ciclismo, attività nella quale eccelle soprattutto nel ruolo di passeggera da manubrio. Tuttavia questo particolare e piuttosto raro esemplare di pupa, la cui speciazione si ritiene esser stata causata da una particolare mutazione genetica molto recente nel processo evolutivo, è ancora per lo più poco conosciuta dagli studiosi, che ritengono di non aver ancora avuto modo di osservarla nel lungo periodo.
Sembrerebbe comunque una specie in via di assestamento, e gli esperti ritengono che ci siano buone possibilità di diffusione su più larga scala a condizione di un habitat idoneo al suo insediamento.
La Pupa Cogitans non dimostra particolari propensioni sociali, per quanto risulti un esemplare piuttosto mansueto e raramente aggressivo. Le sue principali attitudini tuttavia la portano in genere a snobbare la compagnia di simili e condurre un'esistenza piuttosto appartata, almeno nel breve periodo. Si lascia facilmente coinvolgere in attività manuali, intellettuali, musicali, artistiche o verbali, dimostrando una spiccata capacità a gestire da sola i propri tempi e le proprie manovre, ma il più del tempo è in grado di razzolare per conto suo, in genere impilando librini cartonati dopo un'accurata e fantasiosa lettura, che spesso indirizza a ipotetici ascoltatori o anche a individui così detti "transizionali", non propriamente animati, per quanto dotati di una certa loro personalità e capacità di interazione unicamente con Pupa Cogitans o affini (vedi anche Pupa Loquens).
Il verso caratteristico di una Pupa Cogitans è descrivibile come una sorta di borbottio-mugolio, a tratti intervallato da più facilmente udibili sonorità acute, nelle quali è stato possibile isolare alcuni fonemi significanti, tra cui: "Dai buttati Giulioconiglio", "Guadda, semba una meduda"; "Cosa fai tatta'uga, eh?" o "Come ttai Pinocchio? Bello bellittimo, ca'o Pinocchio".

Pupa loquens: anche detta "Pupa-ti-'acconto-una-tto'ia".
Secondo esemplare isolato di pupa innocua all'uomo.
La forza di questa forma di pupa risiede principalmente nella sua capacità locutoria. Si ritiene che la Pupa-loquens sia una diretta derivazione della primitiva forma di Pupa Simpatica, della quale conserva i tratti fondamentali. La pupa loquens si differenzia della semplice Pupa Simpatica per una caratteristica emissione e continua di suoni variamente articolati e di senso compiuto, che a seconda della funzione assumono declinazioni e tonalità differenti.
In poche parole la Pupa loquens non sta mai zitta, sin dal primo risveglio, quando inizia a  enumerare i librini che vede ben disposti sullo scaffale attiguo al suo lettino, dal quale attinge poi iniziando a leggere al gatto peluche Amleto o alla bambola Tittiottella alternativamente a partire dall'indice o dalla prima pagina, riempiendo le lacune mnemoniche con mugolii indistinti e passando quindi al successivo.
La Pupa loquens descrive in genere tutto quello che fa, si lancia in articolati resoconti di fatti svoltisi in un tempo non ben determinato istituendo frequenti similitudini tra se stessa e vicende di personaggi noti, quali Popoff e Giulio Coniglio, attacca facilmente bottone con chiunque ed è solita intavolare complesse conversazioni filosofiche coinvolgendo qualunque essere, animato o no, le si pari dinnanzi.
In alternativa la Pupa loquens può attaccare una compilation di canzoni di cui un ascoltatore attento stenterà a riconoscere melodia e testo, pur cogliendo qua e là indizi che possono ricondurre ad un repertorio piuttosto ampio, in grado di spaziare da Caparezza alla sigla di  Heidi.
Di indole socievole e con una spiccata propensione per le relazioni interpersonali, la Pupa Loquens interroga in genere i suoi interlocutori coniando epiteti ad hoc, come per esempio il recente "Babbo-pelodo", sa essere accondiscendente e mediare, sdrammatizzare e consolare ("Ttai tanquillo, Babbo, non ti peoccupa'e, Babbo, c'è Mimi, ora"; "Non ti peoccupa'e Amleto, non è tuccetto niente"; "Pove'a Amichetta, è titte! Pecchè tei titte Amichetta? Non puoi palla'e?") ma anche tiranneggiare ("Non palla'e amichetta!", "No, no mamma, è di Mimi la ccala, non puoi aiuta'e!").
In generale un misto di dolcezza e faccia da culo che non si può non adorare.
Ah! Quasi dimenticavo! La Pupa loquens racconta le storie! Nel senso che se le inventa: voi datele un soggetto e lei partirà con un racconto mozzafiato, che immancabilmente comincerà con "C'e'a una votta... (un cane/un asino/un bambino-punk...) e si concluderà con "Si pposano e vitte'o tutti peliti e contenti". In definitiva possiamo affermare che la Pupa Loquens è dotata di una formidabile fantasia creativa e affabulatoria.


Pupa ridens, anche detta Pupa "Tutto ma non dormire".
Questa pupa non è molto pericolosa, per l'individuo normale, ma può diventarlo in relazione all'individuo-mamma. Bisogna ammettere che in caso di contatto con un pubblico consenziente, questa pupa può essere molto socievole e istrionica. Sa animare i pomeriggi di pioggia casalinghi con ospiti, galvanizzare l'entusiasmo di gruppi medio-grandi di astanti coinvolgendoli in interpretazioni canore o artistiche, recitative o cabarettistiche, teatrali o circensi, ginniche o coreografiche di alta levatura.
Pupa Ridens ama la compagnia e gli spazi aperti, non disdegna la novità, anzi, trova il suo terreno ideale nelle situazioni in cui può dare il meglio di sé di fronte a un pubblico vergine. Dimostra spiccate capacità motorie e una grande capacità di resistenza alla stanchezza, dote che può in casi limiti mettere in serio pericolo   l'incolumità dell'individuo mamma. La Pupa Ridens può per esempio raggiungere le sue punte massime di vitalità inspiegabilmente intorno alle 4 di notte e da quel momento in poi dare prova di una incredibile intraprendenza e propositività, mettendo mano ad un numero inimmaginabile di attività in rapida e ripetuta successione. L'atteggiamento consigliato in questi casi è lo sfinimento di Pupa, cosa che, certo, richiede già di per sè un notevole dispendio di energie da parte dell'individuo mamma in trance, che dovrà disporre della necessaria dose di caffeina per tenere testa ai picchi adrenalinici pupeschi. Un'attività ad alto contenuto fisico e sporchevole è altamente consigliata, a seguito un bagno con animali potrà servire a ripristinare un adeguato livello di rammollimento pupesco, necessario per ripristinare lo stato di sonno precedentemente turbato dall'eccesso inconsulto di Pupa Ridens.

Pupa urlatrice (pupa "è mmio!"), anche detta "Pupa Mi-faccio-gli-affari-miei-voi-fatevi-i-vostri".
Questa particolare pupa è potenzialmente letale, può essere tuttavia avvicinata senza conseguenze dannose a patto che si osservino determinati accorgimenti per non farla imbestialire.
La Pupa "è mmio!" deve il suo nome al caratteristico verso che la si sente ripetere a frequenze molto elevate e a intervalli ravvicinati anche nell'arco di un periodo di ascolto molto breve, nella fattispecie quando subisce una qualche interferenza anche minima nel proprio operare autonomo. Consigliamo l'incauto osservatore di tenersi a debita distanza dalla pupa "è mmio!" almeno finchè non avrà terminato di adempiere alle proprie faccende, anche quando dovesse sembrare che ella si trovi in situazioni di impaccio e verrebbe spontaneo aiutarla ad uscirne. Nel caso infatti in cui la pupa per esempio venga aiutata a disincastrarsi dal gradino della portafinestra dove il suo quadriciclo-mucca-no-è-un-atinello si è immancabilmente arenato, lei proromperà in urla feroci, e sbraitando, non solo pretenderà che vi allontaniate dal suo cospetto al punto da non rientrare più nel suo raggio visivo, ma si adopererà per ripristinare con gran fatica la situazione antecedente al vostro intervento, per poi ricominciare da capo a sforzarsi in vano per uscirne da sola. A quel punto, esacerbata e sconfitta, butterà tutto all'aria e darà libero sfogo al proprio disappunto con l'emissione prolungata di selvaggi lamenti.
Declinazione esasperata di questa varietà è la Pupa "Non-ci-penso-proprio", anche detta Pupa "Tanto-per-rompere-le-palle".
Questa pupa è, per fortuna, piuttosto rara al giorno d'oggi, ma le peggiori previsioni degli esperti non ne stimano la completa estinzione almeno a breve termine. Trattasi della diretta derivazione del primitivo stadio evolutivo di Pupa Furiosa, ma si differenzia da questa per una capacità più affinata di manifestare verbalmente la propria avversità e il proprio orrore verso qualsiasi tipo di proposta costruttiva e/o sostituitiva di precedenti espressioni di volontà non-praticabili, perchè lesive della persona della pupa stessa o di terzi, o di beni di terzi di natura non effimera (come per esempio un paio di occhiali da vista) o suicide, o vandaliche o insostenibili fisicamente per la persona adulta (in genere la madre) a cui viene chiesto di sottoporvisi.
Di fronte al diniego, per esempio, imposto all'innocente espressione di volontà della pupa di immergersi total-body all'interno della vasca di acqua putrida delle "tatta'ughe", la Pupa-non-ci penso-proprio punterà i piedi, sbraiterà, urlerà fino a farsi venire la tosse e il vomito, attirando gli sguardi sconfortati e  gli scuotimenti di capo disapprovanti di passanti e genitori raccolti attorno alla suddetta vasca delle tatta'ughe a sollazzare pupi apparentemente docili e mansueti come cagnolini addestrati, dirà di no a qualsiasi proposta alternativa, sarà insensibile a qualsiasi minaccia, resistente a qualsiasi blandizia, impenetrabile a qualsiasi distrazione, fino ad ottenere il suo principale scopo sotterraneo: lo smaronamento nervoso dell'individuo mamma, che tornerà a casa ripromettendosi e giurando su quanto ha di più caro che mai, mai più porterà sua figlia alla vasca delle tatta'ughe.
Non sappiamo per la verità perché la Pupa in questione agisca così, ma si pensa che la ragione sia semplicemente quella da cui il nome: tanto per rompere la palle!


E' con immenso piacere che vi presentiamo il nuovo indicatore umorale della pupa!



sabato 12 maggio 2012

Riflessione del sabato (e i consigli di Tata Lucia)


Avevo preparato il post scherzoso. Avevo iniziato a scriverlo, senza terminarlo, e mi riproponevo di farlo oggi.
Oggi non ce la faccio.
Spossata dall'ennesima sfuriata nata dal nulla e nel nulla conclusasi, sento invece il bisogno di fermarmi a buttar giù nervosismi ed esasperazioni.
Poco male: è sabato, faranno almeno 35 gradi, fuori c'è un sole che spacca e tutti voi sarete al mare, o in giro, non certo a leggere queste mie sbrodolate.

Succede che lei esploda, così, di punto in bianco, senza un motivo apparente, come una bomba di rabbia. Manco a dire che tutta questa furia nasca da qualcosa, a volte non riesco neppure a capire cos'è che l'ha contrariata.
Ricordo che qualche tempo fa su Genitoricrescono fu lanciato come tema del mese proprio questo: la rabbia, e la difficoltà di arginarla. Non scrissi niente, ma mi ritrovai in molte delle cose che lessi a proposito.
Diciamo che la pupa è stata fin da neonata soggetta a enormi esplosioni di furia devastatrice, capace di disintegrare completamente il mio sistema nervoso e di farmi sentire in completa balìa dei suoi umori, perché incapace di controllarli, incapace di prevederli, e quindi anche di prevenirli, incapace di fronteggiarli e incapace infine anche di controllare le mie reazioni alle sue sfuriate. Che molto spesso non mi hanno lasciata contenta di me.
Quale deve essere il compito di un genitore in questi casi? Soprintendere alla rabbia del piccolo indemoniato che ancora non è in grado di gestirla, per una naturale immaturità emotiva.
Io invece esplodo a mia volta.
Non c'è niente come le urla isteriche, la crisi di pianto che degenera in accessi di vomito, capace di farmi saltare del tutto i nervi, e allora esplodo anch'io.

Sono consapevole che il mio alzare la voce all'improvviso, quando il vaso è colmo, al di sopra del volume della sua, i miei scatti di ira repentini, il mio improvviso allontanarla da me in malo modo, molto spesso perché sento che mi verrebbe voglia di prenderla a schiaffi, e me la voglio togliere di torno, non sono né educativi né contribuiscono in alcun modo a finalizzare il mio obiettivo principe: che lei smetta di frignare, e in questo modo permettere anche a me di recuperare il controllo di me.
E' uno spaventoso turbine di crescente vento di rabbia che si trasmette da lei a me e poi ancora a lei che in finale mi fa ritrovare sconfitta.
Con l'infittirsi dei capricci nell'ultimo periodo, con la sua presa di coscienza di poter determinare ciò che accade intorno a lei e la sua resistenza ad accettare che non sempre tutto può essere come vuole lei, è un continuo logorio dei nervi, ma è anche vero che ora mi ritrovo davanti una bambina capace di intendere in parte le ragioni della controparte, se non proprio di accettarle.

E poi provi con le buone (cosa c'è che non va, Mimi, perché sei arrabbiata? Dimmelo senza piangere, così capisco), provi con gli avvertimenti (ora basta frignare, ché non c'è proprio motivo. Se non mi spieghi cosa vuoi ti lascio qui e me ne vado), provi a fare come se nulla fosse, cambi argomento, continui a fare quello che stavi facendo prima ma lei si oppone con tutte le forze, inizia a buttare all'aria ogni cosa, sbraita più forte. Sei sicura che ha già dimenticato il motivo per cui piangeva, che oltretutto non vale l'entità della sfuriata.
Alla fine ci provi, ad ignorarla fino in fondo, finché non smette, e intanto ti senti salire la rabbia pure dentro, e sai che ti devi allontanare da lì, se no esplodi anche tu, e addio pace domestica.

Me ne sono andata, l'ho lasciata piangente sul letto, nuda, i capelli ancora bagnati, col fon in mano, spento, ché era quello il momento in cui la furia l'aveva colta. Ho iniziato a fare le mie cose, ho messo la musica, alta, che mi coprisse le urla. Piano piano la rabbia mi sbolliva, anche se la sentivo ancora, nelle pause musicali, urlare più forte per farsi sentire, e dire qualcosa tipo "Anco'a!" che non aveva senso perché io ho smesso di asciugarle i capelli solo dopo che la sua crisi isterica mi aveva reso impossibile quel lavoro, e quindi non era certo legata a quello, l'origine della sua rabbia. Ma così, forse la difficoltà stessa di spiegare il suo malessere, il suo desiderio frustrato alimentano quella rabbia, come ora il mio disinteressarmene.
Ma non cedo, scavo nei miei ricordi a quando ancora ero solita istruirmi dei saggi insegnamenti di SOS Tata, quando ancora non ne avevo mai avuto bisogno, e credevo ancora che un metodo bastasse a risolvere i problemi. Non è così semplice: ciò che il metodo non contempla sono le tue reazioni emotive, le tue contraddizioni interiori.

Dunque, prima di poter insegnare alla pupa l'autocontrollo, devo imparare io a dominarmi, a non farmi toccare da quegli eccessi di rabbia contagiosi, ad agire anche in quei frangenti da benevola educatrice, benevola e comprensiva, che sa come deve comportarsi. E lo fa.
Invece, poi, quando la rabbia ti passa e la senti ancora frignare, ti chiedi: ma sarà poi giusto lasciare che si sbudelli così le corde vocali? E sono già trenta minuti buoni che lei urla. Smette a tratti, poi ti vede passare, che rimetti in ordine gli oggetti che ti sono serviti per il bagnetto, e ricomincia a urlare, come per dirti "Ehi, ma che ti sei scordata di me? Guarda che io stavo piangendo: quando vieni a consolarmi?"
E ti chiedi anche se non suona anche quello come un ricatto, come quelle madri che dicono: "Se fai i capricci mamma non ti vuole più bene", perché in fondo è quello che le sto dicendo con l'atteggiamento: se rompi i coglioni, mamma non ne vuole sapere più nulla di te, e farà come se tu non esistessi.
Ma forse, dice l'altra me stessa, è giusto invece che lei capisca che quello che io non considero non è il suo dolore, quanto il suo atteggiamento sbagliato, non è lei, è il suo capriccio. Che è sbagliato lo sa, glie l'ho detto decine di volte  che le cose le deve dire senza urlare.
E poi magari ora ha semplicemente voglia di urlare, come te quando qualcosa dentro ti agita e vuoi buttarla fuori, e allora lasciamola scaricare.
Solo che questa è peggio del panda della Duracel, dura di più, MOLTO di più...

Alla fine se ne stava seduta sul letto, nuda, come l'avevo mollata, con un'espressione sfinita e sguardo assente. Io ho finito di lavarmi e preparare il pranzo, mentre piangeva, senza dire niente mi sono avvicinata e ho iniziato a vestirla. Le ho detto: "Allora, dove eravamo rimaste? Stavi togliendo le mollettine dalla custodia?"
Lei ha ricominciato a togliere le mollettine dalla custodia, come se in mezzo non ci fosse stato niente.
Me le passava una per una e io dicevo grazie, e lei diceva prego.
"Ora ti asciugo i capelli. Va bene?"
Come un pupazzo rotto si è fatta finire di asciugare e vestire.
"Lo sai che quando urli mamma non capisce cosa vuoi. Quando Mimi vuole qualcosa, deve dirlo a mamma, non urlare".
E chissà se faccio bene a tornare sull'argomento, ora che tutto è passato, farei meglio a lasciar perdere? E anche se non risponde e anche se probabilmente non posso aspettarmi che memorizzi e metta in pratica il saggio precetto, sento di dover giustificare il mio disinteresse. "Quando urli, mamma si allontana, poi aspetta che Mimi ha finito di urlare, e poi torna. Mamma non ti lascia mai mai..."
"Non ti lascia mai mai.."
E' questo il nostro codice, quel "mai mai" messo a punto durante le pedalate verso il nido, che rassicura come una formula magica.

Mi chiedo se sia possibile eliminare del tutto dal processo educativo verso un figlio la violenza, in qualsiasi forma essa si manifesti. Non è forse una forma di violenza ignorare deliberatamente una richiesta di intervento fino a che non ottieni quello che desideri (la sua resa)? Io faccio violenza a me stessa, e alla fine mi sento spossata.
Che poi lo so che lei avrebbe smesso di piangere anche se io fossi andata a consolarla, a un certo punto, prima che fosse sfinita fino alla fine, che il suo pianto a una certa s'è trasformato da sfogo di rabbia in richiesta di armistizio: "Mamma, vieni da me, se mi consoli smetterò di piangere".
Allora, chi è che ricatta chi?
E' tutto un equilibrio delicato tra amor proprio e bisogno dell'altro, e bisogna imparare anche che gli altri non saranno sempre disposti a stare ai tuoi tempi, cara pupa, e che reagiscono esattamente come te di fronte alle frustrazioni, e che a volte dovrai essere tu la prima a cedere.

Detta da una che nella vita ha abbozzato quasi sempre, è una conquista!

PS.
Sulla rabbia infantile ho visto in libreria questo libro, molto carino, e un pensierino me lo sono fatto di prenderglielo...


mercoledì 11 maggio 2011

La pupa è mobile qual piuma al vento


C'è un motivo in effetti per cui Suster ultimamente si senta così devastata, che appena appena prova a mettere la testa sul cuscino sprofonda nell'oblio di un sonno senza sogni.
Il motivo è piuttosto piccolo di statura, ma decisamente non trascurabile.
La pupa ha perso il ritmo.
O forse sono io che devo ancora sintonizzarmi su quello nuovo, poiché quello vecchio non va più bene.
Fino a poco tempo fa lei dormiva tre volte al giorno, ed ero tanto ma tanto felice di essere riuscita a trovare la perfetta sintonia tra lo svolgimento delle attività quotidiane di ordinaria amministrazione domestica e la gestione di attività pupesche quali blitz ai giardini, giri in bici, giochi sul terrazzo, pappe e bagnetti, nanne comprese.
Ora è il delirio.

Eliminato l'ultimo sonnellino serale, perché era diventato sfibrante.
Lei, iperstimolata da un pomeriggio di attività pupesche, impiegava mezz'ora solo per calmarsi e predisporsi al sonno. I tentativi di metterla a letto erano continuamente frustrati da interruzioni di vario genere: telefoni che squillavano, gatti che destavano il suo improvviso interesse con miagolii, affilamenti di unghie su materassi o accomodamenti logistici, presa di coscienza altrettanto improvvisa della propria immagine riflessa dello specchio e/o della foto di mamma e babbo appesa sull'anta dell'armadio e/o del suo gatto di peluche. Nel qual caso lei si alza a sedere, punta il dito verso l'oggetto del suo interesse che le ha improvvisamente tolto il sonno e dice, a seconda dei casi: "Mamma/Baba" per la foto, "Ga!" per qualsiasi gatto vero o finto che sia.
Se mi diceva culo, l'ultimo sonnellino serale poteva durare dai 20 ai 40 minuti, permettendomi di intavolare uno straccio di cena per noi e per lei, se no era un continuo entrare e uscire da camera a recuperare ciucci e fare "Sccc" cullandola piano con la mano.

Eliminato questo sofferto ultimo sonnellino, la pupa arriva al dopo cena che è un fascio di nervi pronti a scattare alla minima contrarietà (una piccolissima botta in testa, una mia distrazione, o il vedersi privare da me di qualche oggetto "non adatto ai bambini al di sotto dei 3 anni"). In pratica non mi è possibile fare altro che starle appresso continuamente, e la cena viene lasciata in sospeso fino all'arrivo del padre, le cipolle mezze affettate sul tagliere, l'acqua della pasta che si prosciuga nella pentola, il contatore del gas che scorre.
Quindi bisogna rivedere anche gli orari dei rimanenti due sonnellini, distanziarli di più.
Impresa assai ardua. Ogni addormentamento è diventato un incontro di lotta libera, intervallato dalle solite pause gatto/foto/altro.

Una volta, esasperata dalla continua distrazione che le procurava la foto dei genitori appesa sull'anta dell'armadio, mi alzo e vado ad aprire l'armadio, in modo da nasconderle la vista di quella dannata foto di noi due. Torno al mio posto sullo sgabellino per continuare a tentare di farla dormire, e lei a un certo punto inizia a lanciare entusiastici gridolini puntando il dito verso l'armadio. Mi giro: dall'armadio lasciato aperto, spunta ora il muso peloso e la proboscide dell'enorme elefante di Ikea infilato lì dentro perché non si sa mai dove riporlo. Niente da fare: il sonno è ormai sfumato.

Non c'è giorno che sia uguale a un altro: gli orari dei sonnellini fluttuano come boe alla deriva, o poetiche piume nel vento.
A volte cerco di prenderla per sfinimento, e la trascino per sfiancanti interminabili ore ai giardini sotto il sole meridiano. Sfiancanti più per me che per lei, che ritorna più eccitata e irritabile di prima.
No: qua urge ritrovare il ritmo, quello giusto. Aggiustare ancora una volta il tiro.

C'è da dire che la pupa è cangiante, dotata di un umore multiforme e poliedrico.
Ad ogni nuovo risveglio può presentare, a turno, uno dei suoi alternativi stati d'animo, così riassumibili:

Pupa simpatica (un amore di pupa).
La pupa si sveglia felice e inizia a cinguettare come un fringuello. Chiacchiera a lungo nel suo lettino e ride da sola delle sue battute (Be be! Mamma! Iiiiiiiiiih! Ga!). Quando è stanca si tira in piedi aggrappandosi alla sponda del letto e sfodera un formidabile sorrisone a 2 denti.
Quando la pupa è in questo stato di grazia è in grado di intrattenersi a lungo da sola, giocando sul tappeto con i suoi giochi, a volte sfoglia qualcuno dei suoi libretti cartonati. Segue gattonando mamma che intanto è libera di svolgere le azioni di ordinaria amministrazione quotidiana. Arriva, sempre gattonando, ad affacciarsi alla porta del bagno mentre mamma si lava, con l'espressione divertita di chi ti sta facendo uno scherzo esilarante, e io allora faccio finta di spaventarmi, e lei ride di gusto. Se le dico "no no no" perché vuole scavare nella lettiera dei gatti, non si arrabbia, ma capisce e ritira le mani. Intanto fa no-no con la testa per prendermi in giro e la cosa la diverte sempre tanto.
La pupa in questo stato di grazia mangia tutta la pappa senza fare troppe storie, finché non è sazia; rimane anche un po' di tempo dopo aver finito sul seggiolone a giocare col cucchiaio o con qualche cracker o pezzo di pera. Quando la pupa simpatica è stanca, lo si capisce perché inizia ad emettere inconfondibili mugolii. Nel qual caso bastano pochi minuti di presenza materna, appoggiarle  la mano sulla guancia e qualche carezzina, e lei sprofonderà in un dolce sonno ristoratore.
    Pupa gasata. 
    Quando la pupa si sveglia in modalità gasata, sono gatte da pelare.
    La pupa gasata sembra sotto effetto di stupefacenti. Si sveglia e subito si drizza in piedi sul lettino, lancia il ciuccio tra le sbarre, e inizia a saltellare sul materasso, gridando a 10.000 decibel cose tipo "GAAAAAAAAAAA!". Se non viene subito arginata, inizierà a dare testate alle sbarre del lettino e allo specchio sovrastante, perché è molto eccitata dalla vista della bambina con la faccia da pazza che vede affacciarvisi dietro.
    Pupa gasata gioca anche da sola per brevi periodi, ed è bene in questi casi lasciare che sfoghi sugli oggetti circostanti la propria energia vitale: pupa gasata pulirà tutto il pavimento di casa con le ginocchia; rovescerà a terra i suoi libretti cartonati; si butterà di corpo nella sua scatola dei giochi e inizierà poi a disseminarli per casa; tenterà di soffocarsi infilandosi in bocca il suo gatto di peluche, che ne uscirà piuttosto bagnato; riuscirà nella proverbiale impresa di arrampicarsi, se non proprio sugli specchi, almeno sui vetri delle portefinestre; farà crollare la pila di scatole di scarpe che tenete accatastate in camera; approfitterà di ogni vostra minima distrazione per fiondarsi a piene mani nella ciotola delle crocchette di Panzumen e assaporarne un po' (ma quand'è che nei bambini si sviluppa il senso dello schifo?); troverà il modo di aprire la scatola di latta contenente i pastelli colorati che tenete sul comodino e se li caccerà in bocca, sorprendendovi con bluastre colate baviche vampiresche (ovviamente sono i pastelli acquerellabili con aggiunta di acqua/bava), che potrete pulire solamente permettendole di impadronirsi della confezione delle salviettine umidificate, che lei ovviamente si infilerà in bocca; si arrampicherà su tutte le sedie rischiando ogni momento di ribaltarsi lei e la sedia appresso; mentre tentate di preparare la cena inaspettatamente lei tenterà di aggrapparsi a una delle vostre gambe e, quando voi la leverete, ignare del suo coraggioso approccio da free-climber, cadrà faccia a terra molto mortificata e ferita nell'orgoglio, rischiando di passare senza nemmeno il sonnellino di mezzo, direttamente in modalità "pupa-furiosa", quindi urge fare attenzione.
    La pupa gasata trova il suo terreno ideale ai giardini, dove però occorre fare attenzione che non aggredisca qualche ignaro bambino più grande che ha osato portarle via la palla, dopo che lei l'aveva puntata da chilometri di distanza, gattonando sin dall'angolo opposto del parco solo per raggiungerla. Quindi bisogna sperare che la pupa si desti gasata dal primo o secondo sonnellino, non dall'eventuale ultimo (perché a volte si rende ancora necessario), altrimenti non aspettatevi di riuscire a metterla a letto prima di mezzanotte, o peggio.
    Potreste provare a calmare la pupa gasata con un buon bagno caldo (tiepido eh, non lessatela come un'aragosta!), o almeno così suggeriscono in genere i manuali per mamme impedite. Nel mio caso la pupa gasata farà il bagnetto rimanendo più tempo fuori dall'acqua che dentro, farà una marea di tuffi allagando il pavimento del bagno, rischierà, ogni volta che si tira in piedi, di rompersi la testa contro il rubinetto della vasca o contro il portasapone di ceramica, sguscerà via come un'anguilla quando, una volta sul letto, sarà arrivato il momento di asciugarla e vestirla, convinta che sia un gioco divertentissimo costringere mamma ad afferrarla per un piede un attimo prima che si catapulti di sotto. Non che non si possa fare, ma serve a poco. Pupa gasata mangia la pappa infilandoci dentro le mani, spiaccicandosela nei capelli e spernacchiando con la bocca piena (quindi, vedete: il bagnetto prima della pappa serve a poco, dopo la pappa penso si rischi la congestione). In ogni caso si farà grasse risate alle vostre spalle. Chiederà il biberon dell'acqua solo per poterlo agitare in aria annaffiando un metro quadrato di pavimento intorno a sé.
    Pupa gasata è distruttiva ma in fondo innocua. Il problema è non tirare troppo la corda, o si rischia di passare rapidamente al pericoloso livello successivo.
    Pupa furiosa. 
    Quando la pupa si sveglia in modalità Incredibile Hulk, sono cavoli amari.
    Pupa si sveglia furiosa in genere per qualche valido motivo: potrebbero farle male i denti, o aver fatto un brutto sogno, o esser stata svegliata di soprassalto da un gatto che le passeggiava sulla faccia. Chissà. Fatto sta che la pupa furiosa si sveglia e si mette subito a sedere, urlando come una forsennata. Quando mamma arriva, la trova in genere paonazza dallo sforzo urlatorio, accaldata e col viso inondato di lacrime. Vani saranno i successivi tentativi della mamma di far cambiare umore alla pupa furiosa.
    La pupa furiosa interromperà la lettura dei libretti cartonati chiudendoli di botto e sbattendoli sul pavimento alla meglio, alla peggio scagliandoli contro il più vicino muro.
    La pupa furiosa non è in grado di intrattenersi da sola, ma richiede la costante presenza della mamma che spesso stenta a capire cosa la sua piccola pupa furiosa le stia chiedendo con i suoi ripetuti "BE BE!" e "GA GA!" urlati a casaccio. La cosa comporterà nuovi inarrestabili eccessi di rabbia della pupa furiosa. La pupa furiosa odia nella fattispecie: farsi cambiare, farsi svestire e rivestire, farsi mollare sul pavimento anche solo per una frazione di secondo, farsi contraddire dalla mamma quando tenterà di scaricare la sua rabbia contro la spazzatura, o vedersi sfuggire dalle grinfie Zorro/Panzumen che si dileguano non appena la vedono appropinquarsi minacciosa.
    Quando la pupa furiosa ha fame e la pappa tarda ad arrivare, la pupa furiosa diventa una bestia infernale. Niente potrà più calmarla: nemmeno l'arrivo tardivo della pappa, generalmente in questi casi sempre troppo calda, perché non c'è stato tempo di raffreddarla a dovere. La pupa furiosa non ne vorrà più sapere: inconsolabile, si strozzerà con il primo boccone che tenterete di infilarle in bocca pur di farla stare zitta, e si calmerà forse solo una volta estratta dal seggiolone e munita di ciuccio. Dopo una mezz'oretta, durante la quale si tenta di distrarla con cartoni animati e il video del ballo del qua-qua, si può riprovare a darle qualche cucchiaio di pappa, ma senza insistere se si dimostra ancora incline ad esplosioni improvvise di collera.
    La pupa furiosa generalmente dorme abbastanza facilmente, per quanto all'inizio si ribellerà con forza alla proposta della nanna. L'ultima deflagrazione di rabbia ribelle sarà quella che la spomperà definitivamente, permettendo quindi alla mamma di metterla a letto con relativo agio.

    Pupa stanca (pupa non ti sopporto più).
    La pupa stanca è la peggiore delle pupe.
    Quando la pupa si sveglia già stanca è un casino: sarà lagnosa e ingestibile fino a prossima pausa sonno, che si auspica essere quella serale.
    Se la pupa si sveglia stanca già di primo mattino, capace che recupererà con il primo sonnellino, ma il più delle volte rimarrà intrattabile per tutta la giornata. La pupa stanca non appena si sveglia inizia a piangere nel lettino, senza nemmeno tirarsi su. Arriva la mamma e si accorge che è pupa stanca. Allora tenterà invano di farla dormire un altro po', ma pupa stanca a questo punto si ribella con vigore. Probabilmente ha: fatto la cacca e va cambiata/ fame ed è ora di mangiare/ troppo sonno e vorrebbe dormire ancora, ma non riuscendo a farlo, si irrita terribilmente.
    Comunque se non si riaddormenta subito, inutile insistere.
    La pupa stanca non gioca mai da sola, ha bisogno che la mamma le proponga delle idee, che in genere la annoiano presto. La pupa stanca chiede che le vengano letti a oltranza sempre gli stessi libretti, e si lagna se la mamma, esausta infine e nauseata dal lupo e i sette capretti, mette via con nonchalance i suddetti libriccini, tentando di distrarla con qualche gioco un po' più manuale. La pupa stanca in genere richiede l'ausilio del ciuccio, non ama essere manipolata, esige perpetua vicinanza fisica materna, non accetta i no, detesta non essere considerata, piange se un gatto le passa vicino facendole perdere momentaneamente l'equilibrio, piange se Panzumen si è sdraiato sul libro che lei stava guardando impedendole la visuale delle figure, piange se non ottiene subito ciò che chiede.
    La pupa stanca non è consapevole di essere stanca: molto spesso capita che si allontani gironzolando per casa gatton gattoni, ma poi, rendendosi conto di dover tornare indietro per raggiungere qualche obbiettivo ludico, o semplicemente le rassicuranti braccia di mamma, vien colta da panico e disperazione di fronte alla fatica della tremenda traversata, e allora occorre andarla a recuperare. Non possiede la piena padronanza dei propri movimenti: tenterà di alzarsi in piedi tenendosi alle sedie o ad altri appoggi simili, come la pupa gasata, ma perderà l'equilibrio e cadrà nove volte su dieci.
    Evitate di portare fuori a passeggio la pupa stanca, se non volete rischiare che vi distrugga fisicamente e nevralgicamente. E non sopporta troppo nemmeno le visite: se non volete far fuggire terrorizzati i vostri invitati ed evitare per voi situazioni stressanti in cui barcamenarsi tra una pupa stanca e una conversazione di circostanza, fareste meglio a disdire una visita in caso si verificasse in casa una pupa stanca. E' possibile gestire la pupa stanca impegnandola con attività tranquille, e non stancanti, quali, appunto, letture di libretti (ahimè, che tortura per la mamma!), batti manine, cavallucci vari, canzoni, o passare in rassegna i suoi peluches. Se tutto va bene, dopo un paio d'ore la si può tentare di far dormire.
    Questo non significa che dorma facilmente. La pupa molto stanca purtroppo si sveglia continuamente e con estrema facilità. Dimenticate di riuscire a farla addormentare direttamente nel lettino: la pupa stanca chiederà aiuto alla pupa furiosa e darà fiato ai suoi polmoni, si irrigidirà tutta rotolandosi sul materasso senza pace, malgrado gli sforzi della mamma di tenerla ferma e farla tranquillizzare. La pupa stanca vuole dormire in braccio. Dormirà, per carità, ma per riuscire a deporla nel giaciglio con successo si renderanno necessari dai 5 ai 10 tentativi. Se la cosa accade nottetempo, se cioè vi doveste trovare nella necessità di far riaddormentare una pupa stanca svegliatasi inspiegabilmente nel cuore della notte, la cosa potrebbe portarvi all'esaurimento nervoso nel giro di un paio d'ore di tentativi falliti.
    La pupa stanca anche una volta messa a letto, è soggetta a fremiti, sussulti, improvvisi scatti motori che non sempre ne compromettono il sonno, ma di certo, se è notte, comprometteranno quello della mamma, sempre con l'orecchio teso, pronta a scattare al volo a recuperare ciucci.
      Ecco queste sono, per sommi capi, le pupe che potrebbero destarsi ogni volta da quel lettino degli orrori. Compito della madre è quello di adoperarsi per fare in modo che pupa simpatica abbia sempre il sopravvento sulle tre perfide sorelle.
      Anche pupa gasata, al limite.
      Sono fiduciosa e ottimista: ce la possiamo fare!

      (Avevo iniziato questo post tantissimo tempo fa senza mai finirlo. Volevo cestinarlo, perché ormai troppo inattuale, ma poi, aprendo la bozza, non me la son sentita di cancellare le impressioni da me annotate di un tempo che poi non tornerà, e che si dimentica troppo rapidamente. Così l'ho aggiornato, l'ho finito, e lo pubblico oggi: mai cestinare istanti di vita con pupa)