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martedì 26 gennaio 2016

Appunti quotidiani.


Il gelo dei giorni passati ci ha portato un nuovo ciclo di malanni: siamo stati mali a turno, tutti quanti.
Rania, che continua a produrre quantitativi importanti di muco di tutti i colori, ha smesso di fare l'aerosol unicamente per esasperazione materna e ha il naso screpolato a sangue a furia di sfregamenti di fazzoletti.
Il beduino è stato letteralmente steso dall'influenza rantolante nel letto per la durata di tre giorni netti, incosciente del mondo circostante come solo un uomo sa fare. Un pomeriggio gli ho lasciato le bimbe per andare a una riunione, con l'accorgimento di lasciare cena pronta e il DVD di Pinocchio inserito. Sono ritornata di gran carriera intorno alle otto e ti trovo Mimi arrampicata sul lavandino intenta a tirar fuori piatti per apparecchiare la tavola per la cena, Pinocchio in stand by sul menù dei titoli, Rania vagante per la terrazza che mi cercava, lui sempre nel letto, sempre rantolante, sempre totalmente incurante delle proprie responsabilità paterne.
Va be'.

mercoledì 18 marzo 2015

Sulla montagna del nord abbiamo cercato Elsa. Sintesi di un week end di fine inverno.

In questi scampoli di inverno c'erano un paio di cosette rimaste in sospeso che non avevo realizzato, un paio di propositi non esauditi, che stavano lì a prudermi, al centro della schiena, proprio lì dove non arrivi a grattarti.
Non è vero: io arrivo in ogni punto della mia schiena, anche quando devo spalmarmi la crema solare da sola. Però, malgrado il grattarsi, quel prurito ho preferito togliermelo una volta per tutte.
Una di queste cose era andare a trovare mia sorella, appollaiata sui monti del lontano nord, l'altra era portare Mimi sulla neve, come mi chiedeva senza soluzione di continuità già da novembre, affranta dal fatto che quaggiù, a 10 mt sul livello del mare se ci va bene, e non trattandosi del fiordo di Elsa, essa neve non scenda poi tanto di frequente.
Ma che ne sai della neve Mimi.
La neve mi piace tantissimo!
La neve è fredda.
Io non ho freddo, sono come Elsa.
La neve è bagnata e fa bruciare le mani.
A me non bruciano perché io ho il potere del ghiaccio nelle mani.
Non abbiamo l'abbigliamento adatto.
Mi porto il vestito di Frozen.

lunedì 23 febbraio 2015

Inverno e meditatio.

Inverno: è ora di piantare i bulbi, orsù!
Quale momento migliore di questo per riporre nel ventre della terra dormiente, la promessa di vita, il pretesto per l'attesa, la speranza di rinascita?
Ricordate solo, per l'occasione, di procurarvi un abbigliamento adeguato al lavoro pesante del floricoltore: ballerine di vernice rigorosamente bianche, calze di flanella rosse sotto una svolazzante gonna a balze a motivi da college britannico. Fatto? Ok: buon interramento!


giovedì 4 dicembre 2014

Io le mie figlie e le emozioni in libertà.

Novembre è già finito da un po', subdolamente, senza farsi accorgere, trascinandosi dietro i codazzi di riflessioni sulla stagione che cambia, aprendosi con il culto dei morti e chiudendosi alle porte del Natale, e già nei supermercati rosseggiano insegne di Babbi rubicondi e scintillii che a me come ogni anno danno il prurito agli occhi.
Ma non è di questo che voglio parlare.
La mattina accompagno le bimbe a scuola, ciascuna al suo luogo di lavoro e ritorno pedalando nell'aria fredda ma non ghiacciata, che profuma vagamente di focolare e di paese, all'orizzonte tra pennacchi di nubi azzurrine ecco vicine, quasi a portata di mano, stagliarsi le montagne dietro i tetti delle case gialle.
Tutto ciò è quel che amo di questa stagione.
Mi dà un senso di calma e di sicurezza, come se mi dicesse: vai tranquilla che per quanto ti affanni a trovare soluzioni, la vita basterà sempre a se stessa. Come quando si era più poveri ma più felici, dicono, per quanto io non ci abbia mai creduto troppo. Attribuiamo un'idea di felicità a tempi andati in cui non abbiamo vissuto, che non baratteremmo volentieri per la nostra infelice superfluità, che pure riconosciamo come inadeguata, scomoda e insalubre.

mercoledì 5 marzo 2014

Asparagus. La vera storia di un'angiosperma monocotiledone.


Dice il saggio: nella vita l'importante è lasciare sempre aperta la porta a nuove esperienze, ché per imparare qualcosa di nuovo non è mai tardi.

Prendete me, per esempio: fino a qualche anno fa non avevo mai comprato né cucinato degli asparagi.

Poi ho scoperto che potevo imparare a farli, e l'ho fatto, in un sacco di varianti.
Però non sapevo ancora che razza di pianta fosse l'asparago, anche se sapevo declinarne il nome al singolare, né dove crescesse né come si presentasse a un ipotetico cercatore di asparagi che andasse per campi a farne scorta.
Detto tra noi non immaginavo neppure che si potesse andare a raccoglierli per campi, o se, magari, non bisognasse coltivarli nell'orto, come, per esempio, i pomodori o le melanzane.
Insomma, sono queste aberrazioni dei tempi in cui viviamo, in cui cresci accompagnando tua madre al supermercato, e alla fine ti convinci che il cibo venga da lì, dal supermercato, dove a seconda dei reparti cresce di tutto, verdura, frutta, carne, pesce, panificati...

lunedì 10 febbraio 2014

Piccole innocenti scappatelle.

Pioggia pioggia e pioggia.
E' la stagione. Pazienza.
Un'insperata domenica di luce abbacinante e cielo cristallino, spazzato da un discretamente freddo vento di libeccio, mi spinge a portare fuori le bimbe, approfittando della pausa tra i giorni che ho sentito chiamare "vagoni" di un infinito treno di perturbazioni oceaniche.
Per altro posso dire che NON è stata una domenica pomeriggio rilassante, frustata in faccia dal vento a spezzarmi la schiena con la piccola fatina appollaiata sul fianco, a spingere Mimi in altalena, "più forte, non così forte! Più piano!! Non di lato! Davanti!!! Più in alto! NO, mi spingo da sola! Non sederti! Non vedi che vado troppo piano!!!"

Comunque sulla via del ritorno (per fortuna che sono uscita in macchina!), quella piccola è crollata in un subitaneo sonno da seggiolino-auto.

domenica 5 gennaio 2014

Il bello delle feste (sì, sul serio).

Gennaio da che ne ho memoria è il mese che più mi sta sulle palle.
Infinito, lunghissimo, girgio e triste, freddo e noioso. Il lunedì dell'anno solare in pratica.
L'unica cosa di bello che ha, se proprio vogliamo giocare a fare gli ottimisti, è che una volta che ci sei arrivato non può fare a meno di passare, e poi tornerà solo tra altri 11 mesi.
Magra consolazione, visto che subito dopo ti attende febbraio, che forse è altrettanto tedioso, ma almeno ha la decenza di durare solo 28 giorni, 29 se proprio ti dice sfiga, ma comunque ti risparmia pur sempre quei 3-4 giorni di uggia che possono fare un po' la differenza, ed ecco: ti svegli ed ecco sei a marzo, e mentalmente lo associ già a uccellini che cinguettano e prati fioriti, e al profumo di mimosa che ti stordisce a ondate.
Ma torniamo a noi.

sabato 12 gennaio 2013

Se partire è un po' morire, tornare... che agonia!

Ritorno. Pare di tornare alle cose di sempre con una mente nuova, più fresca, più scattante, con una nuova energia.
Ti pare di tornare con un bagaglio di esperienze e consapevolezza, calma interiore e lucidità d'azione infinitamente più grandi di quando non sei partita, anche se sei stata via appena dieci giorni e hai ciondolato per casa di tua madre, quella stessa casa in cui hai vissuto dieci anni della tua vita da adolescente, diffondendo fazzoletti moccolosi e batteri e reggendoti la panza espansa almeno fino al raggiungimento della prima poltrona disponibile prima di sprofondarci senza soluzione di continuità per successive svariate unità di tempo.
In fondo ti sei ritemprata, hai preso le giuste distanze dai pensieri di sempre, recuperato le forze, ricevuto incoraggiamenti e incentivi: sei pronta.

Ritorno. Sistemi le ultime incombenze lasciate in sospeso, ti premuri di saldare i vari buffi lasciati in giro, di venire a capo dei grovigli burocratici messi da parte prima della partenza.
Riavvii la pupa al nido, stavolta senza indugiare, senza tentennamenti inutili su orari e riflessioni sulla stanchezza settimanale di lei: l'andazzo tenuto durante le feste sarebbe insostenibile per te, ora. Meglio adeguarci ai ritmi biologici imposti dal nido, malgrado siano così poco coincidenti con quelli nostri, ma probabilmente più salutari, e poi in fondo, che sia un problema delle maestre metterla a letto all'una e mezza, quando a me tira fuori le richieste più fantasiose all'ora della nanna e si finisce di addormentarla dopo due ore dall'inizio della routine addormentatoria non prima delle 4 di pomeriggio.

Ritorni e come sempre ritrovi l'albero da smontare, ultimo vessillo resistente al fagocitamento inesorabile del tempo che macina via festività e ricorrenze, residuo di quella fittizia opulenza festiva di cui ogni anno rinnoviamo l'ostentazione nelle nostre case, per sentirci un pochino più caldo il cuore quando ci pare di non essere proprio soddisfatti della nostra vita, come se a Natale dovessimo arrivarci sempre nello stato d'animo più propenso, più pieno, più grato e appagato che ci sia. E lui sta lì a ricordarti tutto questo, l'albero, addobbato di palline di plastica da supermercato e fili luccicanti di nylon, e lucine luminose discrete come patacche d'oro su qualche petto villoso. Subdolamente, implicitamente, sta lì a rimembranza della fine, e tu non sai cosa daresti una volta per poter tornare a casa dalle feste di Natale e non trovartelo lì, tutto sbilenco come lo avevi lasciato, da disfare, e un pochino ti chiedi anche perché in fondo l'idea di disfarlo ti metta quel po' di tristezza che ti impedisce puntualmente di por fine alle sue e alle tue sofferenze.
L'anno scorso me lo trovai ancora lì addirittura a marzo, di ritorno dalla nostra permanenza invernale in terra libica: un imperdonabile anacronismo, un intollerabile affronto al calendario, cui feci in fretta a porre rimedio. No, cioè: a marzo. Vi rendete conto?

Quest'anno però mi sono alleata con Mimi, ho chiesto la sua collaborazione e il suo conforto, anche perchè temevo che, se per caso disgraziatamente tornando un dì da scuola bel bella non l'avesse più trovato, me l'avrebbe rinfacciato almeno fino a Natale prossimo.
E' fatta così, che non tollera che le cose cambino senza la sua supervisione.
"Mamma, pecché l'hai levato? Mamma, rimettilo!"
Con voce rotta dal magone.
"Ma cosa, Mimi, questo?"
Riferivasi al vetusto e polveroso tris di faretti che pendeva ormai da un paio d'anni inerte sopra il nostro letto, inservibile perchè privo di cavo elettrico, ma anche prima non è che risolvesse il problema dell'illuminazione da notte, visto che emetteva una fioca luce male indirizzata, utile solo a creare linee d'ombra che rendevano impossibile la lettura o qualsiasi altra attività notturna (intendo tipo sudoku, niente di hard eh!).
"Mimi ma non funziona, che lo teniamo a fare?"
"Mamma, rimettilo, peffavo'e rimettilo a posto. Pove'ino"
"Dai Mimi, ne compriamo uno più bello..."
E per la verità ci sto pensando davvero, a mettermi a sistemare casa.
Era il mio proposito per dopo il ritorno, anche se per ora non sono andata oltre i progetti e le fantasticherie. A voler fare le cose in grande potrei voler cambiare persino i sanitari del bagno, ma al concreto dei fatti, dovremo individuare precise strategie d'azione, che per ora indirizzerò sullo snellimento della mole di oggettistica domestica tramite l'eliminazione progressiva e graduale di ogni ingombro inutile.
Quindi via l'abete.
Ho coinvolto lei, dicevo, e la cosa è stata indolore. La prima volta che le ho proposto di disfare l'albero mi ha risposto di no, che lo voleva tenere ancora, il suo bell'alberello, così Natale lo vedeva.
"Mimi, ma Natale è passato. Babbo Natale torna tra un anno."
Dopo qualche giorno credo si sia stufata anche lei, e ha acconsentito allo smantellamento.
E così, dopo più di una settimana, le procedure di rimpatrio possono dirsi ultimate.
La mente arriva semrpe con uno scarto rispetto al corpo, mi dice mia madre. Ed è vero.
Non starei qui a scrivere un post sul ritorno. Che noia!

Ma piove di santa ragione, Mimi dorme che manco i miao reiterati di Panzumen ne hanno avuto ragione, fuori è buio e gennaio è un mese interminabile. Io penso a quanto poco tempo mi rimanga per potermi ancora permettere una vita parzialmente votata al cazzeggio e alla stesura illogica delle mie memorie che non interessano a nessuno, prima che la nuova vita tanto attesa e temuta venga fuori dalle mie budella a riempirmi i giorni di sé, e un pochino mi crogiolo in questo ultimo limbo di vita dimessa, di equilibri raggiunti, di concessioni strappate alla routine.
Come una visita a una mostra con un'amica, come la promessa di portare lei "Al mudeo di Maianna" (prima o poi ce la porto eh, promesso!), come la lettura simultanea alternata e inconcludente di svariati libri iniziati in contemporanea, come una sera a cena da amici, gran lusso per noi, anche se si dà il caso che gli amici in questione abitino appena due piani sotto di noi, e che la serata si sia conclusa (per noi) appena alle 11 di sera, orario più che sufficiente a stremare una pupa che ha trascorso un'ora buona a ballare selvaggiamente in circolo aizzata dalla musica di chitarre e tamburelli. Una pupa al top del top, che era una meraviglia e metteva allegria solo a guardarla.
Una pupa con cui ora è diventato piacevole persino intraprendere un viaggio in treno di quattro ore.
Una pupa che si aggira leziosa in rosso per la stazione ferroviaria stringendo il suo pipistrello di peluche, ammirando castelli fatati nei poster pubblicitari affissi alle vetrine, che prende il suo posto in carrozza ed esclama ad ogni fermata, a partire da Roma Trastevere: "Mamma, tiamo a'ivati! Finalmente!" suscitando l'ilarità dell'intero vagone.
Una pupa che mi abbraccia la pancia e mi chiede se mi fa male, mi accarezza e mi consola, mi dice che lei mi protegge e intraprende lunghe conversazioni con l'inquilina di dentro, spiegandole che lei è la sua sorellina grande, che non deve avere paura, che lei la sta aspettando, e quando nasci... Noemma?

Anche i calendari, come l'albero: che rabbia!




Mamma, tono un folletto! 
Non sono brava ad autofotografarmi la pancia: usate un po' d'immaginazione...

domenica 11 marzo 2012

Giorni pieni. Di pupa!

Sono stati giorni intensi, questi. E non è detto che sia finita qui.
Tutto è cominciato lunedì, quando ancora credevo di avere davanti a me una fantastica settimana di reinserimento mio nel mondo, forte del fatto che lei avrebbe ricominciato la normale routine mattutina risveglio-colazione-vestirsi-nido, poi pausa, recupero-nanna-risveglio-passeggiata. E invece...
Alle ore 11 mi chiama la maestra Lucia dicendomi di andarmela a ripigliare ché aveva vomitato e aveva pure la febbre. Non tanta eh, quasi 37, ma aveva vomitato. E poi è mooolto lagnosa. Aggiunge Lucia, e questo credo sia stato il motivo fondamentale della chiamata.
E allora smadonnando perché avevo ancora da fare la spesa e non avevo preparato la pappa per lei sapendo che avrebbe dovuto mangiare lì, sono andata e recuperare la pargola.
Che a quanto ho potuto constatare non mi pare stesse poi così male, salvo un fastidioso raffreddore che ancora si porta dietro, tosse e catarro naturalmente full optional, per la qual cosa l'ho tenuta a casa tutta la settimana, aspettando che passasse, perché in fondo tornare al nido dopo tutto questo tempo non dev'esser stato facile per lei, e il fatto che non fosse al top delle proprie condizioni fisiche non deve averla aiutata.

Allora che avesse la febbre non mi pare (ahi ahi maestra Lucia!), che fosse lagnosa invece l'ho dovuto testare sulla mia pelle, nei giorni a venire.
Malumori passeggeri, chissà, denti che spuntano, sempre loro, si sa, catarri che non fanno dormire bene, strapazzi di viaggi e rientri, abitudini che cambiano, l'assenza del padre, mmmmh, magari anche un qualche virus gastrointestinale, (eh?) ci sta, o forse è che l'ho subito sbatacchiata di qua e di là in bicicletta, e malgrado il piumino e il paravento che finalmente sono riuscita a montare sul manubrio avrà preso freddo? Quante me ne racconto.
Il fatto è che ferma in casa proprio non ci so stare.

Lei comunque si vede che non sta bene, va bene, d'accordo, ma ce l'ha messa tutta per condurmi sull'orlo della crisi di nervi.

Comunque ci siamo impegnate per riempire questo tempo in casa come meglio abbiamo potuto, io rispolverando la mia (ormai) vecchia fotocamera compatta che avevo lasciato a mia madre, e che in assenza dell'altra, mi son ripresa, lei...

... recuperando i suoi spazi, i suoi giochi, sorprendendomi nel completare gli incastri tutta da sola a tempo record, e aggiungendo un livello di difficoltà mescolando insieme i pezzi appartenenti ai tre diversi tabelloni.


Abbiamo schierato in bell'ordine i cari vecchi libretti, man mano che li esaurivamo (avanti il prossimo!), provato tutti i cappelli di mamma, e chiamato "Mimiii! Dove sei? Vieni fuori!" quando la sua faccia vi scompariva dentro, occultata dalla circonferenza cranica materna.

Abbiamo innalzato torri e buttato giù torri, urlato quando crollavano prima di essere terminate, protestato quando non si arrivava a posizionare l'ultimo pezzo in cima per l'eccessiva altezza dell'edificio (non certo per l'insufficiente altezza dell'edificante!).

Abbiamo tirato fuori i nostri vecchi disegni di coppia e ne abbiamo fatti altri, per quanto lei preferisca ancora all'attività di colorare, quella di rompere la punta alle matite per poi poterle riappuntare col temperino...

Abbiamo ascoltato a ruota tutti i nostri cd, e cantato seguendo l'ordine dei librini raffigurati nell'indice.

Abbiamo seminato caos un po' ovunque e un po' in continuazione, ma poi magicamente quando lei al mattino si svegliava era di nuovo tutto tornato al suo posto, pronto per essere di nuovo rovesciato in terra...





Abbiamo riesumato le figurine del WWF raccolte con i punti COOP (grande iniziativa, davvero) e ne abbiamo fatto adeguato scempio...









Abbiamo anche pulito casa... toh! Cosa non si fa per ingannare il tempo!
Mamma passava l'aspirapolvere...


...e Mimi passava l'orsetto!



(anche sul materasso, va'!)

Abbiamo messo a letto il pupo...


... che a proposito abbiamo scoperto chiamarsi Angelica ("Mimi come si chiama il bambolotto?" Lei ci pensa un po' e poi: "... Angelica?")

Ma soprattutto: abbiamo fatto il bagno agli animali!



Forza, ragazzi, tutti in riga, che ora arriva il generale e ci passa in rivista...




Pec'va, non sgocciola'e! Eh? Hacapito? No sgociola'e! No' tti fa! No'tti pò!
La pecora deve capire che non si può sgocciolare.


Miao-miaaoooo! Oh, scusate... entra, Zorro!


E voi due: baciatevi, va'!


La mamma ha pensato bene di darsi alle pulizie di primavera.
Via tutto: stavolta butto davvero via tutto ciò che è inutile!
Per esempio...


Questo??? (Ma cos'è?)
Un consiglio per voi: se doveste mai fare un regalo a un amico/a che sapete avere in casa seri problemi di spazio, evitate: soprammobili, di qualsiasi foggia e dimensioni, portabijoux, portacandele, portaorecchini, portapenne, ma soprattutto, evitate come la peste le candele! Si riempiono di polvere come la carta moschicida, e a proposito di insetti alcune sono in grado di inglobare sciami interi di moscerini e zanzare al loro interno.
Via questa a forma di bouquet di girasoli, questa a forma di boccale di birra, questa a forma di mela...

"Tattagu'i?"
"..."
"Taa-ttagùù-i aa tteeee!"
Mmmm, e vabbè, questa la teniamo.
E la pupa ha festeggiato i suoi... diciannov... vent... boh!


Babaaaaaaaaaa!



E mentre la mamma spolvera gli scaffali oramai (quasi) sgombri, lei dà una mano con la scopa: giù tutti i libretti!


Complice la lettura di qualche mommy-blogger mooolto intraprendente, mi lancio poi in un'impresa di cui, un poco, mi pentirò. Anche a Don Quichotte avevano fatto male le troppe letture di romanzi cavallereschi...
Ma io, dimentica di quell'esempio, mi lancio contro i miei mulini a vento: vincerò le mie resistenze, le mie paure che possa essere un disastro totale, e farò dipingere la pupa con i colori a dita! (Se sulla confezione c'è scritto +2 anni, un motivo ci sarà...)


All'inizio va bene: lei è molto entusiasta e impaziente di iniziare.
Poi si butta sul verde.


E a momenti non diventiamo verdi tutti, io la macchina fotografica, il mondo...



E' molto concentrata soprattutto a inzuppare le mani nei barattoli: il risultato pittorico non sembra interessarla toppo. Il pennello viene messo decisamente da parte (non senza qualche urlaccio per chiarire meglio la sua posizione in proposito: "Nooooooooo! No vole!!!!")






Prima scivolerà sulla sua opera d'arte finendo lunga stesa in terra, e poi...


...la tragedia!
La pupa in effetti non ha resistito all'istinto di cacciarsi le mani in bocca per ripulirle da quella poltiglia di colore che evidentemente le dava fastidio e di cui non sapeva come altrimenti liberarsi.
A quanto pare le tempere non sono buone, ma spero che non siano poi troppo tossiche (e ora sono alla ricerca dei famigerati coloranti alimentari, chi mi aiuta?).

Così è finita in tragedia la nostra seconda sessione di pittura (della prima non vi ho mai parlato... lasciamo stare).


La sera dormiamo tutt'e due nel lettone, in assenza del babbo, cosa che mi facilita enormemente per i continui risvegli catarrosi, a volte vomitosi.
E in fondo mi piace anche, dormire con lei vicina, che come l'anima mia della canzone, mi tira di quei calcioni dentro al letto che mi rimembro ancor quel tempo di sua vita uterina, quando me li puntava con forza alla base delle mie povere costole doloranti...
Ma mi piace, averla lì, che mugola e rantola, sbirciarne il profilo dormiente illuminato dalla luce soffusa della lampada mentre leggo qualche pagina di un libro, prima di dormire, sentire il suo respiro, il suo fiato, averla vicina finalmente innocua e silenziosa... beh, insomma: silenziosa è un bel dire! Quella parla pure nel sonno. L'altra sera ha aperto gli occhi di scatto, si è tolta il ciuccio con un perfetto "skiock!" e ha detto: "Lucettola! Lucettolina! Ah ah! Bella bella! Bellittima!" "Sì sì, Mimi, bellissima la lucertolina, ora dormi, eh!"

Insomma, ora me ne vado a dormire con la mia pupa...



E io secondo voi dove dovrei mettermi?