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giovedì 13 marzo 2014

A chi non piacciono le principezze?


Foto di gruppo.

Sì, lo so che vi ho già scassato abbastanza i cabasisi con questa storia delle principesse.
Figuratevi io che ci convivo ogni santissimo giorno.
Pensavo fosse "solo una fase", pensavo di riuscire, prima o poi, a saturarla, a sviarla, a distrarla, pensavo.
No, non è che io sia contraria alle principessa a priori, sia chiaro.
E' solo che... che due palle!

giovedì 20 febbraio 2014

...E mentre lei dorme, noi... (suggerimenti utilissimi per svernare in casa con due bimbe)

Mi sento sempre un po' in soggezione a fare la parte di quella che dispensa suggerimenti sul web.
Comunque lo faccio, senza esagerare, ma mi capita, talvolta, di farlo. E volete proprio sapere il perché?
Perché a volte, anzi, più che a volte, cose che potrebbero suonare scontate non lo sono affatto. A volte le soluzioni più semplici per risolverti un pomeriggio o una mattina in casa, con una bambina piccola che ti dorme ancora quelle due volte al giorno, e una grande che qualcosa, poraccia, dovrà pur fare, le soluzioni più semplici, dico, sono quelle che si rivelano più azzeccate, e indolori, e che alla fine ti lasciano soddisfatta e convintissima di aver svolto un perfetto lavoro pedagogico, e lasciano lei soddisfatta e convintissima di aver svolto un perfetto lavoro di precisione e abilità. Sono quelle furbate che alla fine non ti costano niente, e lasciano tutti più felici, accrescendo a dismisura i livelli di autostima individuale all'interno del nucleo familiare.

Un pochino ci vuole che qualcuno ti dia la pista, ché se no capace che da sola non ci arriverai mai, se non hai mai letto la Montessori e nessun altro manuale ad hoc, e però vanti una discreta dimestichezza con un certo numero di blog scritti da persone come te, che ti dimostrano come a volte sprechiamo tante energie a fare e a combattere con loro che ci "impediscono" di fare, quando basterebbe, tanto semplicemente "lasciarli fare", offrire loro il beneficio del cimento, e tamponare il tamponabile, che al limite si risolve con una passata di straccio e via.
Detto questo, ecco due utilissimi suggerimenti su come intrattenere la figlia grande quando la piccola dorme, e tu, magari, nel frattempo ti attrezzi la cena, o il pranzo, o ti guardi tutti i contenuti speciali in inglese de La bella addormentata senza che lei ti assilli con cose tipo "Mamma, lo vedi che non si capisce cosa dicono, spegni! Mamma, è noioso questo Waldisne."

lunedì 27 maggio 2013

Il nostro didò parte seconda.

Allora siccome fuori tira sempre vento e la primavera volge un po' all'inverno, siccome a noi piace investire sempre nel nostro tempo di qualità e siccome che la piccola fatina si è gentilmente concessa una lunga pausa di sonno, decido di accontentare la richiesta che Mimi mi rinnova da giorni, di rifarle il didò, perché, così mi dice, doveva fare il gelato.

Ritengo quindi doveroso aggiornare queste pagine circa la riuscita del nostro secondo ufficiale cimento nell'impresa ( vi ricordo il primo esperimento).

Dunque stavolta decido di provare con il colorante in polvere portatomi dal beduino (pare che nella cucina araba lo si usi molto per "colorire" i piatti... mah! Comunque in negozio da lui va alla grande!)




Quindi con Mimi misceliamo farina, sale, cremor tartaro, e aggiungiamo una di queste bustine.
Due bustine: non si vede alcun pigmento, forse una era troppo poco per tutta questa farina... tre bustine, quattro... Mimi, tieni: aiutami anche tu. Svuota questa bustina. Anche questa.

Insomma: per farla breve ci mettiamo una cifra non ben identificata di queste bustine in polvere, e il colore... ancora niente.


Decido per il sì e per il no di infilarci dentro anche un po' di aroma all'acqua di rose (questi arabi aromatizzano persino l'acqua che bevono): male non farà di certo.

Ma ecco... miracolo! A contatto con un qualsivoglia liquido il colore esce fuori!

Un bel giallo che più giallo non si può (Azz', stai a vedere che di bustina ne bastava alla fine pure una...)

In pratica giallo-evidenziatore...


- Mimi, non mangiare il didò liquido. Mimi, non mangiare il didò liquido. Mimi, non mangiare il didò liquido, ché fa schifo. Mimi non... e vabbé, e allora mangialo!



- Buono?
- No, mamma: è un pochino cchifodo.
- Ah, ecco.

E poi la cottura.
Attenzione: a vederlo così parrebbe che non è venuto un beneamato ciufolo. NO?
E invece: mai disperare. Sì invece impastare.
Impastare è la chiave di tutto.
Impastare all'acqua di rose.
Impastare all'evidenziatore giallo, anche se vi diventano le dita fluorescenti...



E alla fine, si potranno ben inaugurare i timbrini regalo dell'amica Rosetta...


- Mamma, guadda: ho fatto me!
- Mh. E io chi sono?
- Tu sei la ttrega Grimilde.
- Ah. Beh, grazie.
(E pensare che ho immolato la mia domenica a farti il didò...)


L'unica pecca: abbiamo messo il colorante nell'impasto di base. Quindi ci siamo ritrovate con tipo un chilo di didò giallo-fosforescente.
Però: aggiungendo in post-produzione il caro vecchio colorante liquido rosso abbiamo ottenuto un bellissimo arancione brillante.
Aggiungendo il caro vecchio azzullo abbiamo ottenuto un bellissimo verdino-pisello-brillante che la mia reflex mezza sbroccata si è rifiutata di fotografare. Pazienza: credetemi sulla parola.
Impossibile invece ottenere qualsivoglia rosso o verdi più scuri di quel verdino-pisello lì, immagino a causa delle proporzioni spropositate di colorante giallo per cous-cous utilizzato.

Devo dire che questa esagerazione di colorante ha dato risultati di una brillantezza che non avrei mai potuto sperare con i soli colori liquidi usati la volta scorsa, che ci avevano limitato a una gamma di colori molto acquarellati, sbiaditi.
Pollice in su dunque al colorante beduino.

Poi, per chi volesse al volo imitarci senza stare a cercare due ore nel web e confrontare ricette più o meno simili ma pur sempre dissimili, ecco a voi la nostra, pratica e veloce (ricordo che il cremor tartaro io l'ho ordinato in farmacia, non avendolo reperito in nessuno dei 119 supermercati in cui l'ho cercato -scherzo: erano solo 2!-)

RICETTA (semplificata e corretta):

  • 2 tazze di farina
  • 1 tazza di sale fino
  • 2 tazze di acqua calda (non bollente!)
  • cremor tartaro: 20g.
  • 1 cucchiaio di olio di semi (o altro olio)
  • colorante alimentare in polvere (noi abbiamo messo tipo 6-7 bustine, ma suppongo che ne basterebbero anche molte meno)
  • aroma di acqua di rose (mah! suppongo vada bene qualsiasi altro aroma a piacimento)

Ora sorge spontanea una domanda: ma 'sto cremor tarataro, nell'economia del didò, a che accidenti serve? Quale sarà la sua funzione? Mistero.
(Se ci fosse qualche chimico in ascolto che volesse illuminarmi...)

sabato 15 dicembre 2012

Le fantastiche creazioni della Suster. Ovvero: ho bisogno che mi si dica che sono brava.

Altrimenti non vedo perché pubblicare questa roba.
Guardate stupite, o pubblico!
Mirabilia!



A quanto pare mi sono messa a fare "qualcosa".
E sì che sono consapevole di non appartenere a quel gruppo di persone, blogger o meno, capaci di "fare cose" e poi di mostrarle al mondo soddisfatte (vedi a proposito utile identikit della blogger inetta).
Infatti, lo spiegavo circa un annetto or sono, io non so fare una gran ceppa.
Pure lo stesso lo spirito avventizio del Natale non aveva niente di meglio da fare che venirmi a sfrugugliare nei meandri del mio arrovellato cervello, ficcandomi idee bislacche in testa.

Tipo questa del calendario dell'avvento, che, tanto per intenderci, è una pratica che io non ho mai bazzicato né da bambina né mai (e si capisce anche che se non lo fai da bambina, non è che da grande puoi aspettarti che qualcuno venga a riempirti i sacchettini dell'Avvento con dolciumi e regalini).
Diciamo che in rete poi arrivano intorno alla metà di novembre valangate di intelligenti e meravigliosi suggerimenti su come realizzare un fantastico calendario per l'Avvento ai tuoi bambini. Io non le ho mai considerate troppo. Sì, mi ci manca solo questa, dicevo.
Chissà poi allora com'è che mi è saltato in mente di mettermi a farne uno addirittura intorno all'11 di dicembre, quando il calendario è ormai giunto più o meno nel mezzo del cammin di sua vita.
Fatto sta che lo spirito avventizio mi ha suggerito la battuta: Mimi avrà il suo calendario dell'Avvento, pazienza se sarà in formato ridotto.

Ed ecco qua:



Il primo giorno sono arrivata al sacchetto numero 4.


Il secondo giorno (anche riciclando i primi due sacchetti già aperti da lei, siamo arrivati addirittura a coprire un lasso temporale che ci avrebbe consentito di aprire sacchetti almeno fino al 21 dicembre (nel dubbio dell'imminente Apocalisse, ci saremmo anche potute accontentare, ma...)


Ecco qui l'opera completa!

Devo dire che solo un'idiota come me poteva pensare ad una soluzione semplice e sbrigativa come quella di cucire a mano ogni singolo sacchetto di stoffa. Ma avevo della stoffa rossa che mi avanzava giusto da un tre natali fa, quando mi venne la molto insana idea di confezionare a mano i miei formidabili regali di Natale, con risultati che potete ben immaginare.

E comunque ecco qua: fregata per il resto della mia vita.
Il prossimo anno mi toccherà finire il calendario confezionando i restanti 12 sacchetti che mancano all'appello, e soprattutto scervellarmi per inventarmi cosa accidenti infilarci dentro senza spendere una paccata di denaro in sciocchezzuole e senza procurare indigestioni e diarree croniche alla pupa, che già ora, con 2 Kinder Cioccolato al giorno la vedo provata. Diminuirò il quantitativo cioccolatifero e riciclerò molta della paccottiglia infilata nei miei cassetti.
Tipo il topolino di legno che lei ha trovato stamani nel sacchetto, riposto da tempi immemorabili tra le mie scartoffie, e che ha riscosso un insperato successo.
A saperlo mi evitavo l'acquisto dei librini di Peppa Pig alle poste, scontati del 15 %, e dei palloncini rossi a forma di cuore (accolti peraltro con un inimmaginabile entusiasmo).
Per fortuna ci vuol poco per rendere felice la pupa, che intanto continua a tartassarmi con "Quando arriva Babbo Natale?" e "Voglio un tacchettino!" E avoglia a spiegarle che se apriamo un sacchettino al giorno al termine dei sacchettini arriva Babbo Natale. Ché lei è dura, eh!

Ma credo che il messaggio sia passato: il senso dell'attesa, il saper dare valore a ogni singolo giorno, il senso del tempo che passa.
Ispirazioni ce ne sarebbero state a bizzeffe ma io credo che ad ispirarmi fondamentalmente sia stato questo post di Debbie (sempre spettacolare lei!).
Dopo aver letto lei, DOVEVO fare anche io un calendario dell'Avvento! (E poi la chiamano "sana emulazione"!)
Tra l'altro le ho fregato l'idea di dire che i sacchettini li riempie ogni giorno il befanotto di B. N. (a casa nostra i folletti di B. N. si chiamavano Befanotti, tanto per la cronaca), e che quindi è inutile aprirli prima del tempo, perché sono tutti vuoti. Così io intanto ho tempo per inventarmi cose, e lei non rompe tanto per aprirli a tutti costi (a parte che poi sono fuori dalla sua portata. Mica scema io!).

Niente, ora potete anche dirmi: "Ooooh, Suster! Come sei stata brava!" Così il mio ego si sentirà appagato.

Messaggio promozionale a esclusivo beneficio della mia autostima:

E' Natale: incoraggia una Suster anche tu!

domenica 9 dicembre 2012

Giochi in casa: il nostro didò.

Posso dire che questi giorni in casa sono stati fruttiferi almeno sotto due aspetti:
  1. Ho finalmente trovato un programma che mi permette di ridimensionare le foto in blocco (e ho anche imparato ad usarlo!). Svolta epocale per la pubblicazione sul blog. Ora sospetto che nel giro di un paio di settimane sarò capace di esaurire lo spazio disponibile per pubblicarne, perché la riduzione della mole di lavoro di riduzione una per una è un valido incentivo a ridurre di pari passo il lavoro di cernita. Ahimè! Aspettatevi di tutto.
  2. Con Mimi abbiamo messo mano a una serie di attività casalinghe che altrimenti non avremmo mai finalizzato, visto che quando la recupero dal nido di pomeriggio è sempre abbastanza stanca e provata, e proporle un'attività impegnativa e costruttiva è cosa altamente controproducente. Tende più alla destrutturazione.
Oggi vi mostrerò, per la gioia dei miei lettori, i nostri sorprendenti risultati con il didò homemade, risultati di cui vado oltremodo fiera, vista la genesi travagliata che questa impresa ha avuto.

Intanto posso dire che la realizzazione del didò risale a circa un mesetto fa (uh, che tempismo!), ma che questa settimana abbiamo avuto modo di sfruttarlo tantissimo come gioco in casa, e il nostro didò, conservato in perfetti panetti nel cellophane, è ancora perfettamente malleabile e morbido.
Per chi non avesse mai provato: esperimento da tentare. E se ci sono riuscita io, potete farlo tutti!

La ricetta la si trova in rete un po' ovunque, basta digitare le parole magiche "didò fatto in casa", e ve ne escono a decine (per esempio questa e questa).
Io ho preso l'idea da questo blog, che offre anche un utile e comprensibile tutorial, ma poi ho integrato la ricetta, ne ho confrontate diverse e, dopo essere riuscita finalmente a procurarmi il famoso cremor tartaro, ho tirato a semplificare laddove necessario.
Se posso darvi qualche dritta: la maizena NON può esser sostituita con fecola di patate, magari vi fosse mai venuto in mente. Tanto per averne conferma, io l'ho fatto (perché non avevo la maizena in casa, e ho pensato: tanto sarà uguale), e il risultato è stato molto sconfortante. La pasta infatti non si presentava affatto malleabile, ma elastica, tendeva cioè a mantenere la forma originaria quando manipolata, tirata o compressa, e di conseguenza per nulla modellabile.
I coloranti alimentari che ho utilizzato, poi, si sono rivelati pessimi all'uso. Trattavasi di tubetti di colore in gel, che nella farina diventa quasi trasparente, e solo ad usarne parecchio si riusciva a dare una qualche pallida colorazione alla pasta (ma con il giallo non c'è stato niente da fare), e questa eccedenza di colore non ha migliorato le prestazioni del didò.

Dopo questa prima batosta ho dovuto riprendermi dal fallimento, ma poi ho osato ritentare, e stavolta ho eliminato del tutto la maizena, della quale continuo a ignorare la funzione (ma un giorno proverò, tanto per capire in cosa consiste la differenza, e quali proprietà particolari conferisce alla pasta), e anche la vaniglia, che non diventasse troppo una tentazione per Mimi divorare interi panetti di didò, che sarà pure atossico, ma forse non proprio un alimento nutriente al massimo.
Il secondo tentativo ha dato ottimi risultati, anche perché nel frattempo avevo sostituito i miei vecchi colori alimentari in gel con altri liquidi, che costano anche meno dei primi, e devo dire che posso dichiararmi soddisfatta della prestazione.


Ho coinvolto Mimi nell'operazione di impastaggio del didò colorato.
Vedo che molte ricette fanno aggiungere il colore PRIMA della cottura. Io l'ho aggiunto a cottura ultimata, e non mi pare che ciò abbia compromesso il buon esito dell'operazione, ma abbiamo avuto modo di usare la stessa pasta per realizzare tanti colori diversi, mischiando i tre primari (giallo rosso e blu), anche se le tonalità più scure non si riescono ad ottenere, ed anche il rosso alla fine risulta più un fucsia intenso. Ma pazienza.



Il didò tiepido che si raffredda ha una consistenza paradisiaca, e funge da efficacissimo antistress.
Avrei impastato all'infinito. E anche lei.





Alla fine la pasta è risultata molto più morbida e malleabile del didò commerciale, che inoltre tende a seccare e a sbriciolarsi molto più facilmente e rapidamente (i nostri panetti sono tutti ancora perfettamente utilizzabili dopo più di un mese, al contrario dei due barattoli acquistati nello stesso periodo, la cui sorte è stata assai più triste...)



E così li conserviamo, ciascun colore incartato a sè.
Devo dire che fatico un po' a garantire l'integrità di ciascun colore, perchè la pupa tende a mischiarli tutti e la cosa, ahimè, mi fa impazzire.
Ebbene, sì: ero una di quelle bambine insopportabili che quando aprivano un nuovo giocattolo, tenevano integra la confezione, e continuavano a riporvelo alla fine di ogni sessione di gioco; ero una di quelle che aveva i pennarelli perfettamente infilati nell'originario astuccio metallico, con il marchio rivolto verso l'alto, ordinati per gamma cromatica, e qualora qualcuno ne avesse spostato uno, o cambiato di posto a due vicini, non si toglieva dalla testa il tarlo finché non aveva ripristinato l'ordine iniziale; detestavo avere le matite spuntate, e mi assicuravo che avessero sempre la punta ben temperata; odiavo i pastellia cera per la facilità con cui si spezzavano, e odiavo sopra ogni cosa che i miei panetti di didò finissero mischiati in un unico, indistinguibile, atono marrone-grigio.
E questa cosa la detesto ancora, quindi confesso che amministro con una punta di militaresco nazismo i panetti di didò di Mimi, e finora ho evitato danni irreparabili, permettendole di mischiare sempre porzioni di colori, e riuscendo a salvare una parte di colore puro.
Lei del resto per ora sembra poco interessata alle potenzialità figurative della pasta modellabile, e all'utilizzo di colori diversi per la realizzazione di parti differenti.
Più che altro le piace martoriare la pasta, e a questo fine le offro diversi strumenti.


Però non resisto a partecipare ai suoi giochi regredendo paurosamente ad uno stadio pre-pubere.
Io mi diverto a plasmare pupazzetti e animali che lei provvede ben presto a decapitare o ridurre in frittelle umane o animali ("Uh, guadda mamma, è motta la pincipetta, pove'ina!"), lei preferisce creare fantasiosi pastiches con altri materiali, ridurlo in frammenti e arrotolare palline, che poi cuoce diligentemente in pentola per sfamare Pinocchio, Biancaneve, o i topini, a seconda del caso e dell'occorrenza.

 






In  ogni caso un gioco che offre una gran varietà di spunti e soluzioni creative e che al momento soddisfa appieno le sue esigenze manipolatorie.
E poi non so se avete fatto caso in questi giorni di attesa spasmodica del Natale, quanto costa al supermercato una valigetta di didò con quattro panetti e qualche strumentino di plastica per lavorarlo? No? Beh, io sì, e vi assicuro: troppo!

mercoledì 24 ottobre 2012

Lei e l'adinello...

All'inizio non è stato proprio amore a prima vista.
Si sono studiati. Lei ha provato. Lui è stato recalcitrante, come tutti gli asinelli.
Le avevano detto: è una mucca. Ma lei ha detto, decisa: no, è un adinello!
Inconfutabilmente un asinello, quindi.
La sorpresa di trovarlo in casa al suo risveglio, quel giorno, era stata grande, da rimanerci senza fiato, senza parole, solo un'espressione sognante sul viso, un po' incredula.
Poi si sono quasi ignorati, per lunghi mesi.


"Siamo sicuri che era dai 18 mesi in su?"
"Così diceva nel catalogo".
Non era interessata, forse, alla deambulazione assistita.
Forse per la testa aveva al momento ben altre urgenze, lei, con le sue fiabe, il suo mondo di burattini e principesse, i suoi libri, i suoi racconti, le sue canzoni.
L'approccio fisico alla realtà è sempre arrivato in un secondo momento per lei.
E così l'asinello è rimasto senza la sua amazzone.

Poi lui si è infortunato. Ha perso le guaine alle ruote. Due su quattro.
Abbiamo fatto un tentativo estivo senza, fuori ai giardini, sul sentiero dell'elefante, ma non è andata bene. Si è abraso tutto il legno delle ruote.
Infortunato. Convalescente.
Ancora mesi di inattività.
E poi finalmente.
Guarito, dall'intervento eroico della mamma, (che perde mezz'ora in fila al ferramenta più grande della città, imboscata tra titolari di ditte edili, elettricisti, idraulici, manovali e operai, ma ne esce trionfante con due serie di guaine per ruote di adinello di diversa misura) l'adinello è su strada.

Da allora è stato amore.

Lei lo conduce per calli e vicoli, terrazze e lastricati.
Lui sorride e mostra la lingua.


Lei posteggia, scende, rimonta, medita le prossime mosse.
Lui la lascia fare.


Lei elabora manovre complesse, si destreggia in virtuosismi da Formula 1, evoluzioni ardite.
Lui si lascia manovrare docile, senza lasciarsi intimidire dalle dimensioni ridotte della sua carrozzeria.


Insieme vanno e vengono a piacimento, in lungo e in largo per le vie del centro.


Investono passanti...


E sperimentano il fuori strada.


Volendo funziona anche a spinta...


Un disgraziato giorno hanno provato anche a scendere dal gradino del marciapiede.
E' finita che lui si è ribaltato e lei è volata in avanti, muso a terra, incidendosi il labbro inferiore e grattuggiandosi gli incisivi superiori.

Del resto anche la mamma da piccola cadeva sempre e solo di muso, e da quelle storiche cadute dell'infanzia non ha più un incisivo integro. Ma amava fare la selvaggia, pur non essendo dotata di un fisico gran che atletico.

La mia pupa sa osare all'occorrenza, ma non è dotata di grandissima destrezza fisica e della prontezza necessaria per reagire alle situazioni di emergenza.
Ma si rialza e riprova. E impara dagli errori precedenti. E sa sperimentare nuove forme di movimento.


Ah, se tutti noi avessimo avuto un asinello così!

domenica 29 aprile 2012

Merende notturne e body art.

Capita, non spesso, è vero, ma capita, alle volte, che alcuni risvegli siano molto anticipati rispetto all'abituale decorso biologico di una madre normo-dotata. Capita che una certa pupa di mia conoscenza intorno alle 4 di notte o giù di lì (quando la sottoscritta ha preso sonno da poco più di due ore o giù di lì) parta con una delle sue miglior performances istrioniche (dove troverà l'energia a quell'ora non saprei) e vedendosi a lungo ignorata nella speranza che i suoi entusiasmi notturni repentini vengano smorzati, insista a gran voce perchè "cialtiamo?" oppure parta con il ritornello: "Fa'e me'enda Mimi, fa'e me'enda Mimi!" "Mimi, ma che merenda, sono le 4, vedi di dormire..." "Tuccodimela tuccodimela!". Ecco io inizio a dubitare che il consumo irresponsabile di questo succo di mela la mandi talvolta in sovradosaggio glicemico, di modo che lei risulta tipo dopata.
In somma, una poveraccia alla fine si alza, che deve fa'?

Cosa fare alle 6 di mattino per sfinire le energie di una pupa dopata?
Attenzione, sto per mostrarvi immagini che non consiglio di ripetere a casa, a meno che voi non vi troviate in una situazione di analoga gravità.

Ok, la finisco: oggi parleremo di Body-art.
Era da tempo che volevo scriverne; oggi coglierò l'occasione di questo mio inutile stato di veglia in condizioni meteorologiche avverse, mentre i restanti quattro abitanti della casa se la dormono (gatti inclusi).
Voglio innanzi tutto segnalare colei a cui mi sono ispirata, in fatto di attività da fare con i bambini è un poco la mia guru, a proposito di pittura ho trovato molto interessante questo post, che mi ha offerto molti punti focali su cui riflettere e lavorare.
Non è così intuitivo e semplice far dipingere un bambino piccolo.
Io credo che la prima e la più importante regola da osservare sia proprio "osservare", capire le diverse esigenze e le diverse propensioni di ciascun piccolo artista del pennello, e proporre un approccio graduale.
Spero che Debbie non me ne vorrà se espongo qui le mie riflessioni in appendice alle sue.

La prima volta con la pupa è stato un mezzo disastro (ne avevo parlato un po' qui).
Nel frattempo abbiamo fatto grandi passi avanti.
Dunque la prima cosa è osservare, la seconda è non arrendersi alla prima difficoltà (i bambini devono avere il tempo di abituarsi a una novità, oltre che di imparare a dedicarsi ad un'attività che non conoscono); la terza è imparare dai propri errori.
E io ne avevo fatti una serie:
  • Credendo di dover lasciare il più possibile spazio alla sua libera iniziativa, le avevo messo a disposizione colori e strumenti (un pennello) e avevo lasciato che sperimentasse da sola l'uso che poteva farne. In realtà credo che questa cosa l'abbia spiazzata: lei era molto attratta dalla pastosità dei colori per dita, se li spiaccicava tra le mani, ma non arrivava a immaginare un possibile utilizzo diverso da quello di assaporarne consistenza e giocare a farci cik-ciak. Mi rendo conto che anche quella è una fase importante: prendere dimestichezza col materiale, conoscerne le qualità materiche e saggiarne le potenzialità. Allora forse avrei dovuto lasciare che questo primo approccio si esaurisse nella reciproca conoscenza, senza pretendere che lei si desse subito alla pratica pittorica.
  • Sempre nella convinzione di lasciarla il più libera possibile, le avevo messo a disposizione un'enorme superficie di cartone su cui lei potesse muoversi liberamente (anche per limitare il debordare dell'esperienza artistica al di fuori dai limiti consentiti). In realtà mi sono accorta  che riusciva a concentrarsi maggiormente e a trarre maggior gratificazione quando si trovava a disposizione uno spazio ben delimitato, più gestibile almeno finché non avesse preso maggior confidenza con la tecnica.
  • L'avevo incoraggiata ad utilizzare le mani, credendo che un approccio più diretto con il colore, il contatto coi materiali, la possibilità di imprimere segni colorati sul cartone direttamente con le dita, fosse più semplice all'inizio e più stimolante. Avevo dei preconcetti, è vero. In realtà ho dovuto constatare che a lei non piace particolarmente avere le mani sporche e molto impiastricciate senza avere la possibilità di pulirle, e questo ha fatto sì che istintivamente le mettesse in bocca, come avrebbe fatto se le avesse avute ad esempio sporche di banana spiaccicata o di yogurt, e le conseguenze sono state pessime.
In realtà rimasi molto stupita quando una maestra del nido (una della classe dei più grandi, tra l'altro, non una delle sue) mi venne a dire che Mimi, la prima volta che aveva partecipato ad un'attività di gruppo di pittura, si era distinta per l'ordine e la disciplina con cui aveva impugnato il pennello, evitando accuratamente di sporcarsi le mani, e mentre tutti combinavano i più grandi casini tutt'intorno, lei spennellava diligentemente e con grande attenzione il suo foglio, senza degenerare più di tanto. Se la maestra era stupita di questo, io ho capito che dovevo ritentare l'esperimento a casa, perché non era vero che lei non fosse pronta, era vero solo che io non avevo prestato la giusta attenzione alle sue attitudini, e non le avevo permesso di trovarsi a proprio agio.

Quindi si ritenta:





Stavolta ho preso questi accorgimenti:

  • Onde evitare lo sgradevole incidente del pasteggio a tempere a dita, mi sono cimentata nella mirabolante impresa di realizzare tempere casalinghe con materiali ingeribili (farina e acqua, più i famigerati coloranti alimentari).
  • Al posto del grande cartone un cartone ridotto, che ho fissato al suo piccolo tavolino milleusi altezza pupa, che lei già utilizza quando disegna con le matite colorate, e vedo che si trova più a suo agio dovendo gestire una piccola superficie.
  • Le ho dato subito in mano i pennelli e le ho mostrato come utilizzarli (ma a quanto pare aveva già fatto pratica altrove!)
A un certo punto di sua iniziativa ha iniziato ad usare le mani per spargere il colore, in alternanza col pennello.




 Avere le mani sporche non le piace a lungo andare, quindi le metto a disposizione diversi canovacci e le mostro come pulire se stessa e i pennelli quando sono molto inzaccherati:

 

Il risultato, di cui siamo state molto orgogliose, è stato questo:


A me piace molto: mi sembra una foresta incantata con alcuni Dolmen... va be', ma non pretendo che li vediate anche voi!

Alcuni appunti finali (partendo dalle osservazioni di Debbie):

  • ho dovuto superare la mia resistenza a lasciare che la pupa si sporcasse da capo a piedi quando la faccio dipingere, anzi, ho messo questa eventualità in conto, e quasi come una necessità. Il problema è che io sono piuttosto pigra per quanto riguarda rassettare e predisporre tutto nie minimi particolari. Piuttosto che cambiarla due volte (prima e dopo la pittura) e dover comunque avere dei panni da lavare, lascio che si sporchi gli abiti che ha indosso, tanto qualsiasi copertura non sarebbe sufficiente del tutto e poi le tempere per bimbi sono perfettamente lavabili e i vestiti tornano puliti senza tanta fatica.
  • Idem come sopra per il pavimento: non metto nessuna protezione sotto, preferisco passare un colpo di straccio alla fine che avere teli e giornali fradici e impiastricciati da levare di mezzo. L'unico problema è che quando la stagione non è ancora calda, stare sul nudo pavimento è altamente sconsigliabile in casa nostra, ma pare che ne stiamo venendo fuori...
  • Le mie tempere fatte in casa erano una ciofeca: troppo liquide,  il colore steso non era opaco, ma praticamente invisibile sul cartone scuro. alla fine le ho integrate con i soliti colori a dita, una volta appurato che l'incidente della prima volta non si sarebbe ripetuto in condizioni ottimali (i colori alimentari sono necessari per i bimbi che vengono iniziati alla pittura quando sono molto più piccoli, ma la pupa ha già quasi due anni, e riesce a controllare quasi perfettamente l'istinto di saggiare tutto con la bocca!). Non escludo però che qualche volenteroso possa provare a mettere a punto una ricetta perfetta (la pasta del colore deve risultare molto densa per poter dare buoni risultati di visibilità!) e realizzare le sue tempere fatte in casa. Fatemi sapere in caso!
  • Debbie non interviene mai nel lavoro di suo figlio. Io con la pupa invece non sono riuscita a trattenermi: ho collaborato. Ritengo che dipenda dallo scopo che vi prefissate: io sono portata per lo svolgere un'attività insieme, pur non interferendo con il suo lavoro, ma mi rendo conto che da un altro punto di vista questo potrebbe essere inteso come "condizionare la sua libera espressività". Però mi piace quando lei dice, indicando il cartone "L'hanno fatto Mimi e mamma!"
  • Io non taccio. Io non taccio quasi mai quando sto con la pupa: praticamente da quando è nata non faccio che parlare di continuo, un monologo ininterrotto fino a qualche mese fa, un dialogare esilarante ora. Il nostro modo di rapportarci l'un l'altra è fatto soprattutto di parole, interrogazioni, risposte, descrizione di ciò che stiamo facendo o che abbiamo appena fatto. Quando lei mi dice: "Mette il giallo Mimi?" Io rispondo: "Sì, Mimi, metti il giallo, brava!". Quando lei mi dice: "Chebello chebello ha fatto Mimi!" io incalzo: "Sì Mimi, è proprio bellissimo! Brava!" E non so se ciò sia ineducativo, ma non credo che lei dipinga solo "per compiacere me", ma che le piaccia condividere la soddisfazione di aver fatto qualcosa di bello. E' una bambina estremamente comunicativa e non potrei smorzare i suoi entusiasmi astenendomi dal parteciparvi.
Terza prova:







Mimi è ormai padrona della tecnica ed è più disinvolta nell'usare pennello o mani. Sperimenta anche le potenzialità della body art. Con che coraggio impedirglielo?

Io per conto mio ho oramai interiorizzato una pressocchè totale indifferenza allo sporco da pittura da dita. Tanto pulire, bisogna pulire, e allora...


 La piccola Pollok!


Mimi sperimenta un'epifania vera e propria: se tu mischi blu...


...e rosso...




"Biola! E' biola mamma! E' Biola!"


Guardava e cercava di capire la magia. E' stato molto bello vederla fare questa scoperta, vederla cosciente della portata di ciò che aveva appena svelato.

Ma veniamo a oggi:





Ottima cosa essere ancora in pigiama e pregustare un bel bagno con animali spompa-pupa.
La body art è ormai pratica appurata e consolidata.
Ci si tinge di rosso con cura i piedi...


Poi si passa alle braccia:




Il misfatto è compiuto.
Posso dire che abbiamo una pupa perfettamente iniziata alla pittura con dita, mani, piedi, corpo...

Oggi ho voluto anche inserire una variazione sul tema (l'idea non è proprio mia: il suggerimento me l'ha dato questo  blog).



Una spugna tagliata in pezzi di varie forme.



L'idea era che si potessero usare come una sorta di timbrini, ma lei ha preferito darsi alla Drip Painting!

Riepilogando care mamme, cosa dire?
Osservare, non desistere, imparare dai propri errori, mettere a loro agio i piccoli artisti, non imporsi metodi prefabbricati, seguire la propria indole, accettare di buon grado lo sporco, lasciare il campo aperto a sperimentazioni, e infine, lasciare che si diverta (divertitevi anche voi, se vi riesce eh!)

(Grazie Debbie!)