Malgrado l'assenteismo dal blog, siamo sempre qui, quella più piccola dentro la pancia, le due più grandi fuori a tormentarmi, il beduino che va e viene, io che altaleno secondo il tempo e gli umori e, forse, gli ormoni, secondo la curva energetica del mio bioritmo, che ultimamente è pericolosamente instabile.
Rania è una bambina solare, gioiosa, divertente, piena di energie; è fantastica e simpaticissima, ti riempie le giornate, ma mi mangia il cervello, e, cazzarola, non sta mai zitta.
Ha un volume di voce costante a 120 decibel , mi chiama 830 volte al giorno, mi martella di "perchèèè?", con un accento grave sulla "è" apertissima che spesso non attendono risposta, e se la ottengono la dribblano o la ignorano e si ripropongono all'infinito; mi sfinisce di "Mamma!" di "Ti ricordi quando ero piccola che", di "Ho fame!", di "facciamo qualcosha!", di "Ho un'idea: facciamo che" e francamente ho quasi sempre voglia di sbolognarla.
Certo poi il senso di colpa va a mille, perché, come ho detto, è tenera, adorabile, affettuosa.
Mimi è una bambina molto sensibile e ricettiva, ha attenzioni e delicatezze che mi lasciano sempre col cuore gonfio di gratitudine e grondante rimorso per tutte le volte che calpesto senza tatto quella sua sensibilità così difficile da manipolare, da non urtare, mai ferire. Però ci sono giorni che la prenderei per i piedi e la lancerei lontanissimo da me perché mi annienta, con i suoi sfoghi, i suoi malumori repentini, i suoi isterismi, le sue indisponenze, ché per come la prendi la prendi non va mai bene, e più cerchi la via della conciliazione più lei sceglie la provocazione e rilancia in atteggiamenti stizzosi o fastidiosi.
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domenica 1 maggio 2016
giovedì 16 aprile 2015
C'è vita sulla terrazza.
Mi sveglio con la testa piena di sabbia.
Risultato di un pomeriggio con le bimbe in spiaggia.
Sabbia tra i capelli, sabbia sul cuscino, sabbia nei pensieri.
Testa pesante, occhi pesti, mattine luminose di primavera, pressione bassa, bambine lamentose, noiose, ostruzioniste.
Primavera si riaffaccia sempre faticosa, per quanto bella.
In primavera la mia casa si amplia, le pareti si fanno permeabili, il dentro lascia entrare un po' di fuori e il fuori ci accoglie tiepido e confortevole come un pezzo di dentro.
Tra qualche mese la mia terrazza sarà impraticabile per buona parte della giornata; le sue piastrelle esposte a meridione diventeranno incandescenti sotto gli implacabili dardi del sole estivo che la batteranno per svariate ore al giorno.
Ma ora è il momento più propizio che mai.
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giovedì 5 febbraio 2015
Lettera ai passanti orfani di me.
![]() |
Accordi neri. |
All'inizio, accordi tutti neri.Queste righe mi sono balenate nella testa quando mi sono accorta che, nel buio più buio, qualcosa si muoveva.
...
E poi delle piccole bolle di luce.
Ma con il contagocce, una bolla qui, una bolla là, una dopo l'altra...*
Ché fa sempre bene, constatare che nella pressoché totale immobilità ancora è possibile spremere via qualcosa, e che se scavi e scavi e scavi, come diceva Mama Odie qualcosina verrà pur sempre fuori, fosse anche una goccia nel deserto.
Magari non ti disseterà, quella singola goccia, ma dà pur sempre speranza, dà pur sempre un senso al tuo continuare a scavare.
venerdì 31 ottobre 2014
Confessioni di una madre un po' esaurita.
La saggia madre e i suoi esercizi di self-control |
Io sono in fase "credo di avere un pessimo ascendete sul vostro umore, datosi che solo quando siete con me date il peggio di voi".
Dicono che sia giusto così, che solo con chi amiamo maggiormente, e con chi siamo sicuri che ci amerà sempre e comunque, nella buona e nella cattiva sorte nella salute e nella povertà finché morte non ci separi, solo con questi fortunati ci sentiamo liberi di dare davvero il peggio di noi, di mostrare senza remore il nostro lato oscuro, di attaccare pippe mostruose.
A una madre poi non è dato liquidare il tutto con un "che bambine insopportabili!" "Eh, ma è colpa dei genitori" "I bambini d'oggi hanno tutto" "Ah, i buoni metodi di una volta".
Anche perché una madre sarebbe anche autolesionista a dirselo da sola.
No, una madre si interroga e si duole nel profondo di non aver saputo interpretare bisogni non chiari alla propria coscienza, insicurezze non espresse, o espresse male, parzialmente e in maniera emotivamente amplificata dai mezzi espressivi dell'età.
venerdì 4 ottobre 2013
Insonne e inconcludente.
Ho appena cliccato sul pulsante "nuovo post", ed ecco, il panico mi assale.
Quando dormi quasi nulla la notte, accade che poi di giorno hai la testa come fosse piena di sabbia. Se la muovi ti sembra faccia il rumore che fa, per l'appunto, della sabbia dentro una maraca, e ti pesa come se fosse, proprio, piena di sabbia. Percepisci i suoni come se tutto intorno fosse ovattato, e anche i contorni delle cose e i loro colori ti sembrano, così, un po' sbiaditi, un po' evanescenti.
E un pochino questo cielo lattiginoso ci mette del suo, ma non son qui a parlar del tempo.
Del resto non so precisamente a parlar di cosa sono qui.
In questi giorni ho scritto un sacco di post fighissimi, di cui sono strafiera.
Li ho scritti nella mia testa, quasi sempre mentre andavo ad accompagnare Mimi a scuola, in bici oppure a piedi, con il passeggino, lei sulla specie di pedanina che abbiamo scoperto atta a sostenere i 13 Kg di una treenne, e la piccola sulla seduta, piegata a panino, come dice Mimi, tutta in avanti a guardare il mondo venirle incontro e ad addentare la barra di gomma che fa da parapetto dello stesso.
Questo passeggino raccattato al cassonetto è davvero fenomenale, ha delle doti di cui non avrei sospettato.
Quando dormi quasi nulla la notte, accade che poi di giorno hai la testa come fosse piena di sabbia. Se la muovi ti sembra faccia il rumore che fa, per l'appunto, della sabbia dentro una maraca, e ti pesa come se fosse, proprio, piena di sabbia. Percepisci i suoni come se tutto intorno fosse ovattato, e anche i contorni delle cose e i loro colori ti sembrano, così, un po' sbiaditi, un po' evanescenti.
E un pochino questo cielo lattiginoso ci mette del suo, ma non son qui a parlar del tempo.
Del resto non so precisamente a parlar di cosa sono qui.
In questi giorni ho scritto un sacco di post fighissimi, di cui sono strafiera.
Li ho scritti nella mia testa, quasi sempre mentre andavo ad accompagnare Mimi a scuola, in bici oppure a piedi, con il passeggino, lei sulla specie di pedanina che abbiamo scoperto atta a sostenere i 13 Kg di una treenne, e la piccola sulla seduta, piegata a panino, come dice Mimi, tutta in avanti a guardare il mondo venirle incontro e ad addentare la barra di gomma che fa da parapetto dello stesso.
Questo passeggino raccattato al cassonetto è davvero fenomenale, ha delle doti di cui non avrei sospettato.
martedì 23 luglio 2013
Nel bel mezzo di una torrida estate.
Luglio macina giorni e noi siamo sempre qua che arrostiamo. Mattina a casa, addormento bimbe tra aria condizionata e pignatte sul fuoco per il Ramadan, che arriva sempre a rompere le balle quando meno te l'accolleresti.
Escursione termica tra la cucina e la camera da letto: 30°C.
In terrazza picchia il sole ma tira per fortuna 'nu poco di venticello clemente. Le mie lenzuola sono già asciutte.
Fuori rapsodia di cicale.
Pomeriggi ai giardini ad ammazzare zanzare e spingere altalene.
Bambine con la cacarella. Lenzuola come se piovesse. Pipì sui materassi. Lavatrici su lavatrici: non aspetto nemmeno la sera per sfruttare la tariffa bioraria, guarda.
La prossima bolletta dell'Enel mi stenderà. Pazienza.
Montalbano che mi occhieggia e mi ruba minuti di straforo, mentre disegno plincipi e plincipesse e assemblo biciclette senza pedali. Lei ha detto che la prossima volta li vuole, i pedali.
Io ho replicato: intanto impara ad andare su questa, poi si vedrà.
Lei dice che la voleva azzulla (come al solito).
Io le dico: allora la diamo a Rania.
Lei risponde: no a Lania no.
Intanto butto via spazzatura a rate e attendo settembre per cercare di mettere un po' d'ordine in questa casa che soccombe sempre più sotto l'ingombro del nostro inutile ciarpame.
Il beduino che continua a portarne a casa a valanghe. Chissà dove rimedia certe porcherie.
Ora abbiamo un delizioso salottino di divani e bis di poltrone in legno e pelle marrone sul nostro ameno terrazzo. Dicevo che avremmo potuto farne volentieri a meno.
Non è che se qualcuno le butta via noi dobbiamo ficcarcele in casa.
Sarà un problema mio ma non vedo dove sarebbe l'affare: doversi ammazzare doppiamente per buttarle via di nuovo.
Stamattina mi ha svegliato alle sette una bambina in abitino di cotone a fiori viola e ciabatte infradito di Minnie.
- Mamma! Svegliati svegliati dai: andiamo al male?
Nel senso di "mare".
Non mi sarei azzardata mai a prendere in considerazione l'idea di caricarmele entrambe al mare da sola, se solo non l'avessi vista lì, già pronta a modo suo per la spiaggia, alzata e vestita, che si preparava la borsa con l'inevitabile essenziale (tipo una pigna, pennarelli, la padella della sua cucinetta di legno, pezzi di cose a casaccio).
Non le ho detto che il vestitino se l'era infilato avanti-retro, però. Se n'è accorta lei quando ha visto la "letichetta" spuntarle sul davanti.
- Hai visto che bel vestito? Con le maniche a palloncino e le balze! Tono plopio una bellizzima plincipezza.
Ma da dove le tirerà fuori certe cose?
Va be', ormai sono un mostro a prepararmi per il mare in quindici minuti netti.
Peccato che poi: Mimi devi fare pipì? No. mimi fai pipì. No, non la devo fare. Mimi hai fatto pipì?
E portala al cesso, e falla cambiare, e rivestila, e convincila che sotto il vestito a balze può anche evitare di mettere i pantaloni lunghi jean's.
Mimi è faticosa.
Mimi spostati. Mimi dai su, muoviti, rapida.
Mimi mezz'ora per fare qualsiasi cosa.
Mimi che deve rifare da sola quello che tu hai appena fatto.
Mimi, ma al mare ci vuoi andare o no?
Mimi aspetta che ti metto la crema. No mamma la metto io la metto iooooo! No tu noooo! Levamela questa!
Mimi che pazienza.
Mimi mi sto rompendo. Mimi, ora mi arrabbio. Mimi, ancora non ti sei messa il costume. No. voglio le mutande losa a pois.
Va bene metti quellecazzz accidenti di mutande a pois, il costume lo metto io in borsa.
Mimi mettiti i sandaletti con i fiori ché con le ciabatte non ci sai camminare.
Mimi togliti quelle ciabatte ché io non ti ci porto in braccio, eh. Ho già la borsa, e Rania, e la busta con gli asciugamani.
Mamma imblaccio!
Mimi, se vuoi andare al mare cammini, eh, come faccio io a portarvi tutte e due quando arriviamo? Mimi...
Non ci voglio più andale al male! Pelché tu hai fatto un cadino con me.
Che casino ho fatto con te?
Mi hai tlattato male.
(Sbuffo).
Sono le nove, noi siamo sulle scale di casa.
Se la giornata parte così può solo finire peggio.
Ma ti immagini io al mare con lei che mi piazza scenate e si fa i bagni di sabbia e la sorella attaccata alla puppa che mi casca dal sonno ma non dorme?
Terrore panico.
Non siamo andate più.
Meglio arrostire a casa che in spiaggia.
Meglio usare cautela con due pupe.
Intanto piovono gli inviti mondani: oggi pomeriggio invito ufficiale per festa di amichetta del nido con tanto di RSVP. Affittata per l'occasione terrazza panoramica vista mare a Tirrenia con animazione per i piccoli e rinfresco per i grandi. Non è che io muoia proprio dalla voglia. Ne ho abbastanza di feste di compleanno. E non (non solo) per l'evidente svantaggio che ne verrebbe dall'immediato confronto con la mia festa per Mimi nel giardino scacazzato dai cani e piscina gonfiabile.
Le ho chiesto: vuoi andare? Ha detto no.
Non devo esser stata tanto convincente nel proporglielo.
Dice che stava male, che ci aveva la diaiea.
E lo diceva con una faccia che le ho creduto. E poi ha passato la mattinata sul water a farsi tenere le mani.
Certo se mi si beve l'acqua del ristagno delle fontanelle dei giardini bene bene non le può fare.
Vaglielo a spiegare al dottore poi come ha fatto a prendersi il tifo.
Ora loro dormono però, e il dilemma è: andare alla festa con le compagnucce sì o no?
Supplizio sicuro, meta incerta, bagno di sudore in auto assicurato. E oltretutto la festa non è nemmeno sulla spiaggia, ma "su una terrazza attrezzata senza acceso al mare".
Cioè: guardare ma non toccare. Come si può?
Stento a capire, sul serio.
Ma capisco sempre più perché l'idea di invitare i compagnucci del nido e genitori a seguito per il compleanno di Mimi mi riluttava tanto.
Non ci siamo proprio: mondi lontanissimi,universi non intersecantesi le nostre vite.
Trasmetterò a mia figlia la mia pressoché totale inattitudine al mondo alla vita e ai rapporti?
Probabile, ma che posso farci se è la mia natura quella di rifuggire da un certo contesto sociale che aborro?
Un giorno, forse, snobberà le mie attitudini eremitiche fricchettone snob, ma per ora lei ha detto che non ha voglia di andare. Non vedo perché dovrei insistere.
E la diarrea mi pare un ottimo alibi per defezionare...
Escursione termica tra la cucina e la camera da letto: 30°C.
In terrazza picchia il sole ma tira per fortuna 'nu poco di venticello clemente. Le mie lenzuola sono già asciutte.
Fuori rapsodia di cicale.
Pomeriggi ai giardini ad ammazzare zanzare e spingere altalene.
Bambine con la cacarella. Lenzuola come se piovesse. Pipì sui materassi. Lavatrici su lavatrici: non aspetto nemmeno la sera per sfruttare la tariffa bioraria, guarda.
La prossima bolletta dell'Enel mi stenderà. Pazienza.
Montalbano che mi occhieggia e mi ruba minuti di straforo, mentre disegno plincipi e plincipesse e assemblo biciclette senza pedali. Lei ha detto che la prossima volta li vuole, i pedali.
Io ho replicato: intanto impara ad andare su questa, poi si vedrà.
Lei dice che la voleva azzulla (come al solito).
Io le dico: allora la diamo a Rania.
Lei risponde: no a Lania no.
Intanto butto via spazzatura a rate e attendo settembre per cercare di mettere un po' d'ordine in questa casa che soccombe sempre più sotto l'ingombro del nostro inutile ciarpame.
Il beduino che continua a portarne a casa a valanghe. Chissà dove rimedia certe porcherie.
Ora abbiamo un delizioso salottino di divani e bis di poltrone in legno e pelle marrone sul nostro ameno terrazzo. Dicevo che avremmo potuto farne volentieri a meno.
Non è che se qualcuno le butta via noi dobbiamo ficcarcele in casa.
Sarà un problema mio ma non vedo dove sarebbe l'affare: doversi ammazzare doppiamente per buttarle via di nuovo.
Stamattina mi ha svegliato alle sette una bambina in abitino di cotone a fiori viola e ciabatte infradito di Minnie.
- Mamma! Svegliati svegliati dai: andiamo al male?
Nel senso di "mare".
Non mi sarei azzardata mai a prendere in considerazione l'idea di caricarmele entrambe al mare da sola, se solo non l'avessi vista lì, già pronta a modo suo per la spiaggia, alzata e vestita, che si preparava la borsa con l'inevitabile essenziale (tipo una pigna, pennarelli, la padella della sua cucinetta di legno, pezzi di cose a casaccio).
Non le ho detto che il vestitino se l'era infilato avanti-retro, però. Se n'è accorta lei quando ha visto la "letichetta" spuntarle sul davanti.
- Hai visto che bel vestito? Con le maniche a palloncino e le balze! Tono plopio una bellizzima plincipezza.
Ma da dove le tirerà fuori certe cose?
Va be', ormai sono un mostro a prepararmi per il mare in quindici minuti netti.
Peccato che poi: Mimi devi fare pipì? No. mimi fai pipì. No, non la devo fare. Mimi hai fatto pipì?
E portala al cesso, e falla cambiare, e rivestila, e convincila che sotto il vestito a balze può anche evitare di mettere i pantaloni lunghi jean's.
Mimi è faticosa.
Mimi spostati. Mimi dai su, muoviti, rapida.
Mimi mezz'ora per fare qualsiasi cosa.
Mimi che deve rifare da sola quello che tu hai appena fatto.
Mimi, ma al mare ci vuoi andare o no?
Mimi aspetta che ti metto la crema. No mamma la metto io la metto iooooo! No tu noooo! Levamela questa!
Mimi che pazienza.
Mimi mi sto rompendo. Mimi, ora mi arrabbio. Mimi, ancora non ti sei messa il costume. No. voglio le mutande losa a pois.
Va bene metti quelle
Mimi mettiti i sandaletti con i fiori ché con le ciabatte non ci sai camminare.
Mimi togliti quelle ciabatte ché io non ti ci porto in braccio, eh. Ho già la borsa, e Rania, e la busta con gli asciugamani.
Mamma imblaccio!
Mimi, se vuoi andare al mare cammini, eh, come faccio io a portarvi tutte e due quando arriviamo? Mimi...
Non ci voglio più andale al male! Pelché tu hai fatto un cadino con me.
Che casino ho fatto con te?
Mi hai tlattato male.
(Sbuffo).
Sono le nove, noi siamo sulle scale di casa.
Se la giornata parte così può solo finire peggio.
Ma ti immagini io al mare con lei che mi piazza scenate e si fa i bagni di sabbia e la sorella attaccata alla puppa che mi casca dal sonno ma non dorme?
Terrore panico.
Non siamo andate più.
Meglio arrostire a casa che in spiaggia.
Meglio usare cautela con due pupe.
Intanto piovono gli inviti mondani: oggi pomeriggio invito ufficiale per festa di amichetta del nido con tanto di RSVP. Affittata per l'occasione terrazza panoramica vista mare a Tirrenia con animazione per i piccoli e rinfresco per i grandi. Non è che io muoia proprio dalla voglia. Ne ho abbastanza di feste di compleanno. E non (non solo) per l'evidente svantaggio che ne verrebbe dall'immediato confronto con la mia festa per Mimi nel giardino scacazzato dai cani e piscina gonfiabile.
Le ho chiesto: vuoi andare? Ha detto no.
Non devo esser stata tanto convincente nel proporglielo.
Dice che stava male, che ci aveva la diaiea.
E lo diceva con una faccia che le ho creduto. E poi ha passato la mattinata sul water a farsi tenere le mani.
Certo se mi si beve l'acqua del ristagno delle fontanelle dei giardini bene bene non le può fare.
Vaglielo a spiegare al dottore poi come ha fatto a prendersi il tifo.
Ora loro dormono però, e il dilemma è: andare alla festa con le compagnucce sì o no?
Supplizio sicuro, meta incerta, bagno di sudore in auto assicurato. E oltretutto la festa non è nemmeno sulla spiaggia, ma "su una terrazza attrezzata senza acceso al mare".
Cioè: guardare ma non toccare. Come si può?
Stento a capire, sul serio.
Ma capisco sempre più perché l'idea di invitare i compagnucci del nido e genitori a seguito per il compleanno di Mimi mi riluttava tanto.
Non ci siamo proprio: mondi lontanissimi,universi non intersecantesi le nostre vite.
Trasmetterò a mia figlia la mia pressoché totale inattitudine al mondo alla vita e ai rapporti?
Probabile, ma che posso farci se è la mia natura quella di rifuggire da un certo contesto sociale che aborro?
Un giorno, forse, snobberà le mie attitudini eremitiche fricchettone snob, ma per ora lei ha detto che non ha voglia di andare. Non vedo perché dovrei insistere.
E la diarrea mi pare un ottimo alibi per defezionare...
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lunedì 4 marzo 2013
Depressione pre-parto?
Febbraio è stato il mese dei post incompleti.
Ora faccio un po' di pulizia di primavera, ma questo lo recupero: lo iniziavo tempo fa, ma certi stati d'animo a tratti ritornano.
Ho fatto il primo acquisto ufficiale in vista del parto.Verificato che non mi sono inventata proprio un bel niente: un'attenta ricerca su Google (tipo di 3 secondi e mezzo) mi conferma che gli espertoni già l'avevano sgamata e ne descrivono così i sintomi:
Ecco, l'ho detto: PARTO!
E non certo nel senso di una mia partenza imminente. No, quella magari. Ma bisogna dire che anche nel mio caso necessiterò di una valigia, e l'idea di dover iniziare a prepararmela mi mette già addosso un filino d'ansia. Così come quelle pantofole comprate stamani in saldo.
Sì, ho comprato le pantofole per l'ospedale, e questa cosa mi ha come ripiombato indietro di un tre anni in una frazione di secondo, con tutto quello che ne consegue.
Solo che all'epoca comprai a 2 euro un paio di ciabatte infradito di gomma. Azzurre. Con dei puntolini. Un affarone. Era estate ed io andavo incontro al mio destino con l'inconsapevolezza innocente di chi non sa cosa l'aspetta.
Ora invece mi ha preso un po' il panico.
Insomma, posso dirvelo? Per la verità me la faccio sotto.
Non è il dolore che mi terrorizza, anche se, ecco, se potessi lo eviterei volentieri. Non è l'eventualità che qualcosa possa "non andare per il verso giusto".
E' una sensazione di rivissuto, e stanchezza, e l'idea di ricominciare daccapo, l'ambiente asettico dell'ospedale, il distacco da routine dei medici, la saccenza acidella delle cretine della nursery, lo smarrimento di ritrovarmi di nuovo alle prese con un neonato, il fatto di dover stare lontana da Mimi per alcuni giorni, la stanchezza del dopo parto, il dilemma del latte che non arriva, la congestione mammaria, un rapporto da costruire daccapo...
Sì sente tanto parlare di depressione post-partum. Io mi sa che ora mi invento quella pre-partum.
O magari già esiste. Figuriamoci se non si sono inventati un nome anche per quello.
Come se bastasse dare un nome agli stati d'animo per stare tranquilli.
- Non provare più felicità o capacità di divertirsi (beh, questa, per fortuna, mi manca);
- Sentirsi a terra, tristi, vuote per la maggior parte del giorno, ogni giorno (ce l'ho ce l'ho!);
- Fatica a concentrarsi (...cosa stavamo dicendo?);
- Estrema irritabilità o ansia o pianto incontrollato (lasciamo perdere...);
- Fatica estrema, continua (ma che c'entra la depressione?);
- Difficoltà a dormire o impossibilità a dormire (e io che pensavo fosse colpa della panza!);
- Desiderio di mangiare in continuazione o al contrario, di non mangiare per nulla (ce li ho entrambi: dunque non ha a che fare con la fantomatica influenza intestinale?);
- Senso di colpevolezza, sentirsi inappropriate o senza speranza (in colpa sì, inappropriata pure, senza speranza mi sa un pochettino tragica)
Prendete una che si fa la sua vita tranquilla, rendetela inetta a svolgere una qualsiasi attività, rendete faticoso ogni suo movimento, inattuabile ogni suo progetto in autonomia, ed ecco, è un po' normale che una si deprima un poco...
Ma non mi arrendo eh! Il sole e il cielo limpido di questi giorni farebbero desistere chiunque dal voler portare avanti una qualsiasi forma di stupida depressione passeggera.
Il segreto è non fermarsi, non lasciar spazio ai pensieri, all'inattività.
Se la gravidanza è tosta, io lo son di più.
Mi sto attivando: le pantofole erano solo il primo passo, ora ho finito di preparare la valigia per l'ospedale, ho acquistato orrende camicie da notte in stock al mercato, vestaglie e due pigiami, che non si sa mai, ho fatto la prima lavatrice di vestitini mignon, rimasti poi sullo stendino per un tempo indeterminato, perché non ho ancora una cassettiera in cui sistemarli, ho effettuato svariati viaggi all'isola ecologica e forse sto riuscendo a sgombrare casa, sempre se qualche altro benefattore non decide di mollarci scatoloni di immondizia riesumata in cantina. La camera delle bimbe di là è sgombra (più o meno), imbiancata (si fa quel che si può), e anche se la macchia di umidità sul muro persiste forse forse in questi giorni vengono gli operai a risolverne la causa (veramente li aspettavo per stamani... mah!).
E poi girovago a perlustrare grandi magazzini alla ricerca del mobilio.
Mimi ha detto che vuole un armadio azzurro, e che ci pensa lei: "Non ti pleoccupale, mamma, lo complo io l'ammadio, ci penso io. Ciao mamma, vado a complare l'ammadio!"
Cosa farei senza di lei?
Mi sento un po' stupida a confessare certi stati emotivi, per la verità, soprattutto ora, a freddo, che tutto mi sembra lontano e stento anche a capirne la causa.
Dall'altro canto sento la necessità di esternare, per annientare, legittimare, per relativizzare, capirmi per superarmi.
Mi riempio di cose da fare, di progetti, poi basta un niente per gettarmi nel panico, una giornata storta di litigi e capricci a mettermi KO.
Sono sbagliata, mi dico: non so vivere mai in maniera serena ogni passaggio cruciale della mia vita. A dirla tutta a tratti vivo l'avvicinarsi del parto con l'atteggiamento di chi si avvia la patibolo.
Rifuggo il confronto con realtà simili alla mia perché finisco sempre col sentirmi indietro, più impreparata, più sguarnita, più sfigata.
Da un lato vorrei sentirmi più aiutata, considerata, coccolata. Dall'altra riscatto la mia autonomia, la mia capacità di saper comunque "fare da sola".
E invece mi dicono, dovrei "godermela". E forse è vero.
Godermi l'attesa, i progetti, la preparazione, la trepidazione, l'idea di qualcosa che sta per iniziare.
La stagione è propizia, i tempi sono maturi, il mio ombelico è scomparso.
La bimba è anche pronta, volendo, la sorella scalpita e reclama Noemma a gran voce.
Persino il beduino s'è sbilanciato a voler parlare finalmente di "nomi" per la nascitura. Poi ve ne parlo che quello è proprio un capitolo a sé, e merita.
In questi giorni una notizia funesta: una ragazza che ha fatto con me il percorso nascita, stessa età io e lei, stesso tempo di gestazione, entrambe aspettavamo una bimba. Ma il cuore della sua ha smesso di battere, e ora immagino come debba essere, per lei, l'attesa frustrata, il vuoto nelle viscere e nella casa, le aspettative crollate, i sogni sfumati, l'amore profuso verso qualcuno che non hai fatto nemmeno in tempo a stringere tra le braccia.
E mi vergogno della mia miopia, della mia incapacità di apprezzare, di essere grata alla vita, di gioire, sempre ogni giorno che passa, e invee mi perdo in un bicchier d'acqua dopo l'altro, e non vedo l'oceano che mi si apre davanti.
A volte il dolore altrui può aprirti gli occhi, anche se non è giusto.
martedì 22 gennaio 2013
Elogio dello svacco.
Avere la possibilità di gestirmi il tempo in libertà e svacco fino alle 4 è una sensazione talmente insolita che a tratti ha dell'inquietante.
Del tipo: e ora che faccio? Ma non mi lascio fregare.
Sono abbastanza distrutta fisicamente e anche la prospettiva dello svacco non mi fa proprio schifo, anche se poi mi sono messa a svuotare i pensili della cucina... mah! La solita sindrome del nido.
E a proposito di nido: oggi glorioso rientro di Mimi, a scuola, con tanto di certificato medico alla mano, anche se è stata via solo per uno stupido raffreddore.
Appena entriamo troviamo dei tizi che con lunghe aste facevano misurazioni sul soffitto e annotavano parametri su un foglio, molto concentrati. Delle maestre nemmeno l'ombra.
Ci dicono: infiltrazioni d'acqua dal tetto e dai muri, e, ci dicono, a noi genitori, di aspettare che forse fanno evacuare la scuola, per rischio di crollo della struttura.
Ottimo direi.
Dopo mezz'ora ci mandano via tranquillizzandoci che le aule a rischio crollo non verranno utilizzate (tipo la stanza dove normalmente dormono i bimbi il refettorio e la palestra -termine prosaico per "sala di psicomotricità"-).
No, dico io, che sarà mai, anche se dovesse crollare il dormitorio, che vuoi che sia: basta spostare i bimbi e metterli insieme ai lattanti, no? E poi il geometra ha firmato che è tutto a posto, ti pare che si prende una responsabilità del genere se non fosse così?
Sarà ma una vaga inquietudine mi è rimasta.
Vedremo. Mimi viva o Mimi spiaccicata? Chissà.
Intanto consegno il certificato alla bidella:
"Guardi, non so... è questo?"
Frugo tra i foglietti spiegazzati nella mia agenda 2012.
Mi guarda come fossi scema (e in effetti...):
"Questa a me sembra un'impegnativa per una visita oculistica."
"Ah! Oh! Ha ragione ecco, allora dev'essere questo. Scusi sa... son o un po'... faccia lei." (Suggerimento: rincoglionita?)
Mi viene da chiedermi: Ma con Mimi ero così stanca?
Che implica riferimento alla mia prima gravidanza e sottintenderebbe risposta negativa.
No perché ultimamente, tra la panza che mi tira ovunque, le costole doloranti, Noemma che freme e si agita nottetempo, sono proprio ridotta a uno stadio semi-larvale. Roba che ho rinunciato a uscire di casa per tre giorni di fila, approfittando della grave indisposizione della pupa: lei accusava tremendissimo raffreddore con raccapriccianti fuoriuscite di muco verde, predisposizione alla lagna reiterata e insistente, recalcitranza mattutina ostinata a (nell'ordine): svegliarsi, alzarsi dal letto (malgrado le ripetute evocazioni di un'appetitosa colazione), farsi vestire, pettinare, infilare le scarpe, infilare giacca, uscire di casa, e che lo dico a fare, andare al nido.
Sono debole, lei mi frega come e quando vuole.
- Mamma dove andiamo oggi?
- E secondo te dove andiamo?
- Andiamo a 'Oma da nonna?
- No, Mimi, andiamo a scuola.
- No mamma, io non boglio anda'e a ccuola: voglio tta'e a casa con te!
Parte la serie di valide argomentazioni materne secondo cui a scuola ci si diverte molto più di quanto non si possa fare a casa in compagnia di una mamma comatosa, su quanto sia noioso passare intere giornate di pioggia chiusi in casa e via dicendo.
Lei non si lascia intortare:
- No, mamma, io non mi annoio MAI a cada. Mi annoiavo a ccuola, ie'i: piangevo! Pecchééé... volevo te!
Ditemi un po' voi come può una rimanere insensibile a tanto strazio.
Comunque dopo un blando tentativo di mandarla a scuola col muco verde, avvertendo che la sarei andata a prendere prima del sonnellino, tanto per mettermi la coscienza a posto, i recuperi traumatici di lei con gli occhi iniettati di sangue, i distruttivi addormentamenti pomeridiani ostacolati da gatti e improvvisi explois energetici di lei, mi son convinta che la meglio era tenerla a casa finché non le passava 'sto raffreddore, che almeno mi evitavo possibili bacchettate da maestre e genitori circa la circolazione di germi, e mi potevo adagiare entro il solco di orari più mollaccioni.
Il risultato è stato un disastroso spataccamento casalingo di entrambe, lei in pigiama fino a orari vergognosi, io spalmata sul materasso a ogni ora, a massaggiarmi la pancia dolorante.
Domanda: ma com'è che portarla al nido a me più che farmi riposare mi stressa?
Alzarmi al mattino passi, è svegliare e preparare lei che mi distrugge, inseguirla sotto al tavolo di cucina con un calzino mezzo infilato al piede e l'altro in bocca, tentare di districarle capelli impastati al miele e muesli, infilarle la maglietta mentre lei "disegna con la cannuccia" tenuta tra i denti in una sorta di drip-art lattea casalinga.
Lei la mattina ci ha i suoi rituali del risveglio: dai 15 ai 20 minuti a giocare nel letto infilando a turno i vari suoi pupazzi sotto le coperte e invitandomi ad assistere allo stupefacente spettacolo della vita:
- Mamma, guadda che panzone che ho io, con dentro Amleto! Tocca, mamma, il mio panzone! Vedi? Amleto deve anco'a nacce'e! Guadda, mamma, è nato Amleto!
- Mimi, vieni a fare colazione?
- No, mamma, c'ho i'ppanzone io! (Torna al punto 1).
Per riuscire a fare tutto in orario dovrei iniziare a svegliarla un'ora prima.
Da cui: per non soccombre quando, tra pochi mesi, ci sarà Noemma, urge organizzazione. Se con una vado in tilt, non oso pensare con due.
Ecco il quesito: ma come fanno gli altri genitori a portare i figli al nido in orario e poi ad essere a lavoro loro pure in orario?
E sì che non lavoro, non ho cani da portare a fare i bisogni al mattino, non devo guidare per 40 minuti in mezzo al traffico della Capitale, per dire: abito a 15 minuti di strada a piedi dal nido, volendo.
Eppure io di norma arrivo sul filo del rasoio dell'orario di entrata (e sì che il nido è aperto già dalle 7.30), la infilo nel pertugio del portone che si va chiudendo come Indiana Jones nel tempio maledetto, dopo aver derapato con la bicicletta sotto la pioggia scrosciate.
Ma anche quando riesco a portarla a un'ora decente (senza strafare, diciamo per le 9: orario rispettabilissimo) anticipando un po' sulle tabelle di marcia, non capisco come, sono sempre l'ultima genitrice a uscire dalla scuola, anche se non mi fermo mai a parlare con le maestre, non chiedo mai cosa c'è per pranzo, non chiacchero con le altre mamme, non (inserire varie ed eventuali attività di normale interazione sociale scolastica).
E' che siamo tarati: la puntualità, ne sono convinta, è un'eredità genetica. O ci nasci o te la scordi.
Guarda me, no: guarda Hasuna, e poi guarda Mimi. Condannata ad arrivare in ritardo a vita.
Ieri per esempio, pronte per il grande rientro dopo la "pausa raffreddore-svacco", mi ritrovo a infilarle le scarpe alle 9 suonate, mentre lei finisce di ingurgitare il suo latte e miele, cannuccia, drip-art; capelli non c'è tempo, pipì, nemmeno (la farà a scuola).
- Mamma facciamo il puzzle dei porcellini?
- No, Mimi, è tardi.
- Mamma, io voglio fa'e i puzzle dei porcellini!
- dai Mimi che è tardi!
- Mamma, io no ci voglio anda'e a ccuola... (Mh, questa mi suona nuova...)
Arriviamo davanti al portone che sento rintoccare le nove e mezza: chiuso.
Ce ne torniamo moge moge (io), trionfanti (lei) sotto una pioggerella beffarda e incipiente.
Avrei potuto suonare, implorare pietà. Ma suvvia, un minimo di dignità, rispetto, senso del pudore...
Quinto giorno di assenza, contando il dannato week end di mezzo: vuol dire un'ora di anticamera dal pediatra per il famoso certificato medico. Lui ne approfitta per visitarla e mi chiede se sto bene.
Io o Mimi? No, Mimi sta una favola, dice. Dice che io, se mai, non sembro proprio in formissima, dice che sono bianca e un po' gialla. Gli dico che sono incinta. Mi dice con leggero sarcasmo che l'aveva vagamente sospettato... Mi dice che dovrei riposarmi. Ah, ecco!
Ecco: ora mi sento ufficialmente autorizzata allo svacco. Me l'ha prescritto il pediatra di mia figlia.
Cioè, peggio di così è difficile: il frigo, porello, in uno stato da far pietà, reclama generi alimentari di prima necessità; i capelli saranno dieci giorni che non riesco ad andare oltre al proposito (onestissimo, per carità) di lavarmeli, la casa sembra un accampamento, perché chissà come mai quando si sparge la voce che aspetti un bambino un sacco di gente che deve svuotarsi la cantina pensa bene che forse ti potrà servire una paccata di Sapientino Scuola senza batterie e il gioco dell'oca di Ben Ten...
Mi arrampico su per le scale con le buste della spesa in una mano, nell'altra mano la mano di lei, che rompe perché vuol essere presa in braccio perché "tono ttanca di sali'e le scale" (Eh! immagina io!), e intanto penso: ah, ma domani vedrai se non ti ci porto, al nido!
Ecco perché non mi sento poi tanto in colpa per aver ceduto con tanta facilità alle rassicurazioni circa il pericolo di crollo del soffitto dell'asilo nido dove va mia figlia.
Abbiate pietà.
Mi si indurisce la panza la sera: dura come pietra. Non potete capire il fastidio.
Mai avute con Mimi contrazioni pre-termine, e la cosa mi preoccupa un poco. Non vorrei affrettare la venuta al mondo di Noemma, ecco.
Non sono pronta: non ce la potrei fare. Non ancora.
Ancora un po' di svacco, per piacere!
Pietà pietà!
giovedì 13 dicembre 2012
Il mio personal coach.
Poi arrivano i giorni in cui ti senti totalmente esaurita.
Talmente stanca di lottare per tenerti a galla in questo mare di
Far quadrare i conti, risolvere questo e quello, mettere toppe, sopravvivere al quotidiano, non pensare (troppo) al futuro, concentrarti sulle tue piccole cose. Tutti modi per ingannare la tua coscienza di quanto in realtà vi siate inguaiati la vita, e non capite come, dove, perché, a che punto. O forse era una strada tutta sbagliata fin dal principio?
Fino a quando coleremo a picco? Si toccherà mai il fondo per poi risalire?
E non fai nulla.
Passano i giorni e non hai voglia di vedere nessuno, sentire nessuno, confrontarti con storie altrui per non sentire più schiacciante il peso dei tuoi fallimenti.
Trovi scuse per non andare ad appuntamenti.
Sei arrabbiata e non sai bene contro chi o cosa.
Piangi con una certa regolarità, svariate volte al giorno, e in realtà lo sai che non serve a molto, ma che puoi farci?
Aspetti da troppo che "passi questo periodo" e non hai più diritto di essere indulgente con te stessa.
Soldi da pagare, casa da trovare, panze crescenti, bambini nuovi che arrivano, lavoro che non c'è, Hasuna che parla della Libia, tg deprimenti, gente che rompe solo i coglioni in aggiunta, cose da fare...
Avresti voglia di chiedere aiuto e lo fai allontanando gli altri da te.
Ti autocommiseri, anche. Fin troppo, ma non ce la fai a reagire, a trovare un atteggiamento alternativo, più produttivo. Ti sbrodoli di parole dove puoi. Sbagli. Non fai una bella figura, no, ma non te ne frega in fondo.
Ti lasci andare. hai voglia solo che tutto il resto intorno sparisca. O forse di sparire solo tu.
Sei stanca, ti butti sul letto.
Chiudi gli occhi, non vuoi più pensare più pensare...
...
...
...
...
...
...
...
Poi dal nulla una voce.
"Mamma?"
...
"Mamma, coda fai? Api gli occhi, dai! Mamma, mettiti la maionetta di Pinocchio! Mamma, mi fai Pinoccho?"
...
"Mamma!"
"Mh..."
"Api gli occhi dai, mamma! Altati!"
Apri gli occhi.
"Mamma facciamo il pupazzo di neve col didò? Mamma ti metti Pinocchio pe'ò? Dai, mamma, mettiti Pinocchio!"
Ok, ci saranno altri momenti per deprimersi. Ora bisogna fare Pinocchio.
"Mamma, coda c'è? Mamma, tei titte? Ti dò un bacino mamma, codì tei felize."
"Grazie, amore."
Cosa ho fatto per averti, piccola? Come posso accettare di non poterti dare tutto quello che vorrei?
domenica 11 novembre 2012
La mia vita è un film. Tragicomico.
Il direttore della banca somigliava in maniera inequivocabile a Jim Carrey, e la cosa non poteva che suscitare in me un'irrefrenabile ilarità. Non fosse stato che la situazione era abbastanza tragica e in quel momento avrei piuttosto voluto piangere.
Ma lo stesso mi è capitato un paio di volte di dover soffocare una risata nelle mani. "Mi scusi,eh! E' che la situazione è così assurda che... insomma, rido per non piangere!"
E lui giù rassicurarmi allora, "Ma no, non si preoccupi signora, vedrà, si sistema tutto, sono formalità, però è meglio essere precisi".
(La precisione è una dote innata del Beduino).
"Vedete, noi siamo tenuti a giustificare questi movimenti: si tratta di norme antiterrorismo e antirecilaggio. Non le abbiamo decise noi".
(Antiterrorismo? Antireciclaggio?)
"Sono leggi, sa. Da certi Paesi non si può far circolare denaro liberamente. Comunque basta essere chiari e giustificare tutto con la documentazione adeguata e non ci sono problemi".
Fa così tanti casini anche nella vita di tutti i giorni che non riesco a immaginarmi una versione del beduino invischiato in associazioni terroristiche o di riciclaggio di denaro sporco.
"Ma insomma, perché queste fatture non corrispondono all'importo?"
E poi, mi dicevo, sicuri sicuri che non mi sto ricreando nel sonno la trama di qualche assurdo poliziesco hollywoodiano visto in tv ieri sera?
"E perchè gli assegni non sono intestati alla ditta che gli ha venduto la merce ma ai singoli?"
Ma più scorrevo indietro nella memoria, meno riuscivo a rintracciare quando fosse stata l'ultima volta che ero riuscita a seguire per intero un film in prima serata in tv senza collassare alle 9 e mezzo con un filo di bava dalla bocca.
"Il tizio che vi ha mandato il bonifico dalla Libia è lo stesso a cui sono intestate le fatture vero?"
"Sì sì!" "No, no!" "Hasuna, come no?" "No, berchè dalla Libia non si buò inviare denaro in Italia, lui li ha mandati via Dubai".
"..."
(Questo era Jim Carrey, con una faccia da "Ma proprio a me doveva capitare questo beduino casinista?")
Ora è quasi l'una, appena esco vado a prendere Mimi e la porto a casa, poi devo chiamare quello dell'agenzia per la casa. I soldi per la caparra almeno ce li abbiamo, però poi restiamo praticamente col culo per terra. Oh, cazzo! Che si fa?
"Ma tu poi perché non figuri da nessuna parte? Che ruolo hai nella transizione?"
"Io ho fatto un favore a questo qua che mi ha chiesto di mandargli questa merce"
(Adesso vado a casa e mi metto a dormire, e non mi voglio più svegliare).
"Nella causale avreste dovuto indicare l'oggetto della merce, perché, capisci, potrebbero essere armi, non si sa mai. Io vi credo, ma non è che posso prendermi queste responsabilità."
(Oh, dai Jim Carrey, ma lo hai visto in faccia il Beduino?)
"E per questo che lo Stato di prassi confisca le somme superiori ai tot euro e non giustificate"
(Ma propri a noi ci devono confiscare i soldi? Ora mi metto a piangere. No, dai, aspetta a uscire di qua, e poi piangi pure.)
A volte penso che siamo proprio sfigati, che una ne pensiamo e trecento ce ne vanno storte.
A volte penso che i guai ti arrivano più facilmente se te li vai a cercare, e che alcune persone sono più predisposte a questa ricerca sconsiderata.
A volte penso che poter piangere liberamente sia fantastico, che però non è giusto dover sempre essere tu quella che se ne arroga il diritto.
Ché quando vedi lui ridotto a uno straccio dopo due notti insonni passate tra treni e porti ficcato in faccende assurde solo per il disperato tentativo di guadagnare qualcosa e di trovare strade alternative (ma legali!) alla sopravvivenza economica in un Paese che offre ai piccoli imprenditori un terreno minato da tasse spaziali e burocrazia impossibile, e te lo vedi lì disperato, lui che in 10 anni avrò visto piangere forse due volte, e sempre in circostanze ben più tragiche di questa, non certo per umiliazione, e sconfitta, allora non te lo puoi proprio permettere, di piangere anche tu, il tuo compito è di fargli coraggio, ed essere la parte lucida e pratica, e propositiva e risolutiva. Allora ti accorgi di non essere all'altezza, perché non ci dormi tutta la notte, tremi, ti assopisci e ti risvegli ogni 5 minuti, fai incubi, ti alzi 18 volte, stai male, stringi i denti, ti alzi alla fine alle 6, smaniosa di fare qualcosa e impaziente che l'orologio vada avanti per poter cercare di mettere toppe laddove occorre.
A volte penso che sarebbe bellissimo avere tipo una sfera di cristallo in cui vedere come andrà ala tua vita se fai questa o quella scelta. Come in certe commedie di Hollywood tipo i tre fantasmi del Natale presente passato e futuro, dove alla fine torna tutto a posto e il protagonista capisce che la sua vita è splendida e perfetta così com'è e fa ammenda di tutti i suoi errori precedenti.
Due strade trovai nel bosco... una mi spaventava perché era un salto nel vuoto, l'altra mi spaventava anche di più e rischiava di finire in un baratro. Allora mi chiedevo se non valesse la pena restare ferma. Ma anche quella soluzione mi spaventava. Allora, che fare?
A volte penso che questo bambino con tutti i pianti che mi sono fatta nascerà con un'inclinazione alla malinconia.
Però pensavo anche quando aspettavo Mimi che lei sarebbe nata schizzata e nevrastenica per tutta l'ansia che mi aveva divorato durante la gravidanza.
Pensavo, e invece... Uhmmmmm...
giovedì 26 luglio 2012
Cose tra madre e figlia.
Allora, ci sono eh!
No, niente, tanto per farlo presente.
Aver finito le vacanze quando la maggior parte della gente deve ancora iniziarle è un po' deprimente.
In effetti siamo stati in vacanza.
Eh, ma nemmeno un post di commiato, una cartolina, un avvertimento, ma che si fa così?
Per la verità mi ripromettevo di scrivere qualcosa da laggiù, magari postare qualche foto, chissà.
Il problema è che la rete non prendeva, e quindi, ancora una volta, mi sarei potuta risparmiare il peso del pc.
Ma è andata così.
Rieccoci alla vita normale, a un'estate in città che per ora si dimostra clemente, accogliendoci benevola con una certa brezza che si prolunga sin dal nostro ritorno, ormai una settimana fa.
Il beduino è alle prese col Ramadan, e con la crisi economica che ha i suoi effetti sulla sua attività.
Io con progetti professionali un po' scoraggianti...
Così con la pupa ce ne scappiamo al mare, di quando in quando, un poco storcendo il naso perché memori dei fondali bianchi e delle acque cristalline del Posto della Vacanza, ma come sempre accontentandoci, io, entusiasta lei, di aver ritrovato "il ma'e di Pisa", eh sì, "Non è quello di 'oma!" Eh, no, quello di Roma se mai fa più schifo di questo, Mimi (ma quando mai ci sei stata, poi?). "Non è quello di Nonna! Nonna è andata a Gabboi!" (Leggi Gavoi, n.d.r., il paese di mia madre, nel Nuorese) "Domme la giotta!" Sì, dorme la giostra, sarà anche per quello che ora ci andiamo di mattina, al mare, e non la sera, quando la giostra fa le ore piccole, e poi se la dorme fino a pomeriggio inoltrato.
La pupa confabula di continuo, costruisce complessi edifici concettuali instaurando nessi che alla prima mi sfuggono, ma che subito dopo mi rivelano la sotterranea struttura portante del suo pensiero infantile.
Ora è grande, sempre più grande, e mi pare lanciata in quinta, inafferrabile ormai a una descirzione graduale delle sue fasi di crescita.
Dura, molto dura arrivare a un compromesso con lei. Arrivano giorni davvero difficili, di urla a bruciarsi i polmoni, sbraitamenti e ruggiti selvaggi che si protraggono per tempi infiniti, a cui non riesco a porre un limite, qualsiasi strategia io adotti. Proteste, proteste per tutto, rabbia stizzita, esplosioni incontrollabili di orgoglio e indipendenza frustrati, conflitti irrisolti e del resto irrisolvinbili tra il puntiglio di averla vinta, di non cedere, di sfogare la sua rabbia fino all'ultimo, senza nulla risparmiarsi, e risparmiarmi, e il bisogno di sentirsi consolata, stretta al petto della grande madre consolatrice ("Mamma, hai le tettone gandi!" Mh, sì. "Mimi ce le ha piccole. Ce le ho piccole, io." E certo, io sono una mamma, le mamme hanno le tette grandi, le bambine ce le hanno piccole "Babbo ha le tette pelode!" Ma che le dovrei rispondere?).
Meravigliosi due anni.
Ormai ci siamo: siamo al giro di boa anche noi.
Niente più biglietto gratuito in nave e sull'aereo (per fortuna che ne abbiamo approfittato finché è durata), niente più "neonata", prego, ora abbiamo a che fare con una bambina "vera" ("Come Pinocchio, mamma!" Eh, sì, come Pinocchio).
Una bambina che non lascia nulla di non detto, se c'è qualcosa da annotare, lo farà, se sbagli ti corregge, se ti spingi un po' oltre te lo farà presente ("No, mamma, è mia la cintura! No, mamma, non api'e!"). Una bambina che infarcisce ogni sua frase di tenerissime interpunzioni: "Aspetta, aspetta, Mamma" "Tei a'abbiata, Mamma?" "Guadda Mamma, ti dò un bacio enomme, codì non ti a'abbi più". Ma Mimi non è che sono sempre arrabbiata, ora. "Non tei a'abbiata Mamma? Eh, Mamma? Tei temp'e a'abbiata Mamma, tu!" Ma dai, non è vero, sei tu se mai che ti arrabbi sempre, io mi arrabbio quando tu strilli senza motivo e non mi ascolti. "Pai i cap'icci, Mimi? Pecchè pai i cap'icci Mimi?" Eh, non lo so, Mimi, dimmelo tu.
Chè me lo devo fissare bene in mente che sono Mamma, che sono "Mamma, tei bellittima, lo tai?" e "Mamma, come tei ttupenda mamma!" e anche, va be' "Mamma, NO! No mamma, no! BIA!" E va be', non si può mica avere tutto dalla vita.
Mamma ha il dritto e il rovescio. Così come tutto.
Mamma è orgogliosa, mamma è sfinita, mamma soffre di insonnia, mamma crolla in catalessi alle dieci di sera, mamma vorrebbe studiare, mamma cerca lavoro, mamma vorrebbe stare sempre con la sua bambina, mamma la vorrebbe mollare in affidamento a Tata Lucia, mamma si diverte a giocare con la sua bambina, mamma vorrebbe poter gestire il suo tempo come le pare a lei, mamma non le interessa una vita migliore, mamma sogna una casa in campagna e traguardi professionali, mamma bambini piccoli non ne voglio più, mamma continua a sognare di famiglie numerose e la-camera-dei-bambini, mamma stanca, mamma soddisfatta, mamma preoccupata, mamma spensierata, mamma-vieni! Mamma-bai-bia!
Ultimamente litighiamo anche nei sogni di lei, di notte. Si sveglia incacchiata nera, gridando manco la stessero scuoiando, trabocca rabbia da tutti i pori, e io mi chiedo cosa può provocare tanta rabbia, così tanta, in una bambina tanto piccola, tanta da invaderle anche le ore del sonno, e proseguire nella veglia, chiamarmi nel buio e poi allontanarmi, furibonda.
Non voglio rispondermi, chè tanto già l'ho capito che la causa del 99 per cento dei comportamenti "problematici" dei figli è da attribuirsi a uno "sbaglio" materno.
E certo: se tu la prendi subito in braccio!
E certo: se tu non l'ascolti!
E certo: se tu vai da lei appena apre bocca!
E certo: non la lasci esprimere!
E certo: se tu non la fai sentire sicura!
E certo: se tu la mandi al nido!
E cero: se tu stai sempre con lei!
E certo: se non le dici mai no!
E certo: se non le fai fare mai niente!
E certo: sta sempre con i grandi!
E certo: la porti sempre in giro!
E certo: ancora la addormenti tu!
E certo: chiunque altro farebbe meglio, è risaputo.
Ma mi chiedo perchè l'equazione non funzioni anche al contrario. Perché non posso sentirmi anche un poco responsabile in positivo dei suoi punti forti.
Allora è tutto un:
No, ma fantastica questa bambina, parla anche in arabo!
No, ma fantastica questa bambina: sa già contare!
No, ma fantastica questa bambina: canta De Andrè!
No, ma fantastica questa bambina: conosce Picasso!
No, ma fantastica questa bambina: non chiede mai di stare in braccio!
No, ma fantastica questa bambina: si legge i libri da sola!
No, ma fantastica questa bambina: si ricorda tutto!
No, ma fantastica questa bambina: non ha paura di niente!
No, ma fantastica questa bambina: non le fa schifo niente!
Sì, insomma, non che io non sia d'accordo. Mimi è, sotto tutti gli aspetti, fantastica, un po' come Mary Poppins, pur essendo lei ben lungi dalla perfezione, e ci mancherebbe altro.
Non è che mi aspetto: brava! Stai facendo un ottimo lavoro! Tanto me lo dico anche da sola, per quello, non c'è problema.
E' solo che a volte, quando diventa dura, e ogni giorno cerchi le energie per sfangartela, e la pazienza, e la serenità per dirti passerà, ti chiedi se magari non stai facendo un qualche errore enorme, madornale, macroscopico, un errore tale da segnare a vita la personalità di tua figlia.
Ecco: così si scoprì perché la pupa era diventata skizofrenica.
E allora vorresti che qualcun altro oltre a te ti dicesse: ma no! Sono fasi. Vedrai, passerà. E' una bambina fantastica, ognuno nasce con il suo carattere, e bisogna farci i conti. Non tuoi i meriti né i demeriti, solo il compito di indicare la via, con piccoli aggiustamenti, che magari a volte possono significare litigi selvaggi alle tre di notte.
Ma poi, lo sai bene, ne vale la pena per quel: "Mamma tei bellittima!"
Sì, lo so. Grazie.
Aggiornamenti postumi: la pupa ora ha abbandonato definitivamente il ciuccio, pronuncia bene la lettera "S", a momenti, e dipende dalla parola, coniuga quasi sempre i verbi alla prima persona e utilizza i pronomi "tu" e "io" al posto di "Mimi gioca" e "Mamma va"; cosa assai più importante ha imparato a rispondere di sì alle domande. Prima era solo "no", oppure ripeteva la domanda, del tipo:
"Mimi lo vuoi il cocomero?"
"Lo vuoi il cocomero? Eh?"
Ora invece:
"Mimi lo vuoi il cocomero?"
"Tiiiii! Lo voglio il cocomero!"
Insomma: ci tenevo a tenere traccia di queste conquiste, non è per vantarmi dei progressi di mia figlia!
No, niente, tanto per farlo presente.
Aver finito le vacanze quando la maggior parte della gente deve ancora iniziarle è un po' deprimente.
In effetti siamo stati in vacanza.
Eh, ma nemmeno un post di commiato, una cartolina, un avvertimento, ma che si fa così?
Per la verità mi ripromettevo di scrivere qualcosa da laggiù, magari postare qualche foto, chissà.
Il problema è che la rete non prendeva, e quindi, ancora una volta, mi sarei potuta risparmiare il peso del pc.
Ma è andata così.
Rieccoci alla vita normale, a un'estate in città che per ora si dimostra clemente, accogliendoci benevola con una certa brezza che si prolunga sin dal nostro ritorno, ormai una settimana fa.
Il beduino è alle prese col Ramadan, e con la crisi economica che ha i suoi effetti sulla sua attività.
Io con progetti professionali un po' scoraggianti...
Così con la pupa ce ne scappiamo al mare, di quando in quando, un poco storcendo il naso perché memori dei fondali bianchi e delle acque cristalline del Posto della Vacanza, ma come sempre accontentandoci, io, entusiasta lei, di aver ritrovato "il ma'e di Pisa", eh sì, "Non è quello di 'oma!" Eh, no, quello di Roma se mai fa più schifo di questo, Mimi (ma quando mai ci sei stata, poi?). "Non è quello di Nonna! Nonna è andata a Gabboi!" (Leggi Gavoi, n.d.r., il paese di mia madre, nel Nuorese) "Domme la giotta!" Sì, dorme la giostra, sarà anche per quello che ora ci andiamo di mattina, al mare, e non la sera, quando la giostra fa le ore piccole, e poi se la dorme fino a pomeriggio inoltrato.
La pupa confabula di continuo, costruisce complessi edifici concettuali instaurando nessi che alla prima mi sfuggono, ma che subito dopo mi rivelano la sotterranea struttura portante del suo pensiero infantile.
Ora è grande, sempre più grande, e mi pare lanciata in quinta, inafferrabile ormai a una descirzione graduale delle sue fasi di crescita.
Dura, molto dura arrivare a un compromesso con lei. Arrivano giorni davvero difficili, di urla a bruciarsi i polmoni, sbraitamenti e ruggiti selvaggi che si protraggono per tempi infiniti, a cui non riesco a porre un limite, qualsiasi strategia io adotti. Proteste, proteste per tutto, rabbia stizzita, esplosioni incontrollabili di orgoglio e indipendenza frustrati, conflitti irrisolti e del resto irrisolvinbili tra il puntiglio di averla vinta, di non cedere, di sfogare la sua rabbia fino all'ultimo, senza nulla risparmiarsi, e risparmiarmi, e il bisogno di sentirsi consolata, stretta al petto della grande madre consolatrice ("Mamma, hai le tettone gandi!" Mh, sì. "Mimi ce le ha piccole. Ce le ho piccole, io." E certo, io sono una mamma, le mamme hanno le tette grandi, le bambine ce le hanno piccole "Babbo ha le tette pelode!" Ma che le dovrei rispondere?).
Meravigliosi due anni.
Ormai ci siamo: siamo al giro di boa anche noi.
Niente più biglietto gratuito in nave e sull'aereo (per fortuna che ne abbiamo approfittato finché è durata), niente più "neonata", prego, ora abbiamo a che fare con una bambina "vera" ("Come Pinocchio, mamma!" Eh, sì, come Pinocchio).
Una bambina che non lascia nulla di non detto, se c'è qualcosa da annotare, lo farà, se sbagli ti corregge, se ti spingi un po' oltre te lo farà presente ("No, mamma, è mia la cintura! No, mamma, non api'e!"). Una bambina che infarcisce ogni sua frase di tenerissime interpunzioni: "Aspetta, aspetta, Mamma" "Tei a'abbiata, Mamma?" "Guadda Mamma, ti dò un bacio enomme, codì non ti a'abbi più". Ma Mimi non è che sono sempre arrabbiata, ora. "Non tei a'abbiata Mamma? Eh, Mamma? Tei temp'e a'abbiata Mamma, tu!" Ma dai, non è vero, sei tu se mai che ti arrabbi sempre, io mi arrabbio quando tu strilli senza motivo e non mi ascolti. "Pai i cap'icci, Mimi? Pecchè pai i cap'icci Mimi?" Eh, non lo so, Mimi, dimmelo tu.
Chè me lo devo fissare bene in mente che sono Mamma, che sono "Mamma, tei bellittima, lo tai?" e "Mamma, come tei ttupenda mamma!" e anche, va be' "Mamma, NO! No mamma, no! BIA!" E va be', non si può mica avere tutto dalla vita.
Mamma ha il dritto e il rovescio. Così come tutto.
Mamma è orgogliosa, mamma è sfinita, mamma soffre di insonnia, mamma crolla in catalessi alle dieci di sera, mamma vorrebbe studiare, mamma cerca lavoro, mamma vorrebbe stare sempre con la sua bambina, mamma la vorrebbe mollare in affidamento a Tata Lucia, mamma si diverte a giocare con la sua bambina, mamma vorrebbe poter gestire il suo tempo come le pare a lei, mamma non le interessa una vita migliore, mamma sogna una casa in campagna e traguardi professionali, mamma bambini piccoli non ne voglio più, mamma continua a sognare di famiglie numerose e la-camera-dei-bambini, mamma stanca, mamma soddisfatta, mamma preoccupata, mamma spensierata, mamma-vieni! Mamma-bai-bia!
Ultimamente litighiamo anche nei sogni di lei, di notte. Si sveglia incacchiata nera, gridando manco la stessero scuoiando, trabocca rabbia da tutti i pori, e io mi chiedo cosa può provocare tanta rabbia, così tanta, in una bambina tanto piccola, tanta da invaderle anche le ore del sonno, e proseguire nella veglia, chiamarmi nel buio e poi allontanarmi, furibonda.
Non voglio rispondermi, chè tanto già l'ho capito che la causa del 99 per cento dei comportamenti "problematici" dei figli è da attribuirsi a uno "sbaglio" materno.
E certo: se tu la prendi subito in braccio!
E certo: se tu non l'ascolti!
E certo: se tu vai da lei appena apre bocca!
E certo: non la lasci esprimere!
E certo: se tu non la fai sentire sicura!
E certo: se tu la mandi al nido!
E cero: se tu stai sempre con lei!
E certo: se non le dici mai no!
E certo: se non le fai fare mai niente!
E certo: sta sempre con i grandi!
E certo: la porti sempre in giro!
E certo: ancora la addormenti tu!
E certo: chiunque altro farebbe meglio, è risaputo.
Ma mi chiedo perchè l'equazione non funzioni anche al contrario. Perché non posso sentirmi anche un poco responsabile in positivo dei suoi punti forti.
Allora è tutto un:
No, ma fantastica questa bambina, parla anche in arabo!
No, ma fantastica questa bambina: sa già contare!
No, ma fantastica questa bambina: canta De Andrè!
No, ma fantastica questa bambina: conosce Picasso!
No, ma fantastica questa bambina: non chiede mai di stare in braccio!
No, ma fantastica questa bambina: si legge i libri da sola!
No, ma fantastica questa bambina: si ricorda tutto!
No, ma fantastica questa bambina: non ha paura di niente!
No, ma fantastica questa bambina: non le fa schifo niente!
Sì, insomma, non che io non sia d'accordo. Mimi è, sotto tutti gli aspetti, fantastica, un po' come Mary Poppins, pur essendo lei ben lungi dalla perfezione, e ci mancherebbe altro.
Non è che mi aspetto: brava! Stai facendo un ottimo lavoro! Tanto me lo dico anche da sola, per quello, non c'è problema.
E' solo che a volte, quando diventa dura, e ogni giorno cerchi le energie per sfangartela, e la pazienza, e la serenità per dirti passerà, ti chiedi se magari non stai facendo un qualche errore enorme, madornale, macroscopico, un errore tale da segnare a vita la personalità di tua figlia.
Ecco: così si scoprì perché la pupa era diventata skizofrenica.
E allora vorresti che qualcun altro oltre a te ti dicesse: ma no! Sono fasi. Vedrai, passerà. E' una bambina fantastica, ognuno nasce con il suo carattere, e bisogna farci i conti. Non tuoi i meriti né i demeriti, solo il compito di indicare la via, con piccoli aggiustamenti, che magari a volte possono significare litigi selvaggi alle tre di notte.
Ma poi, lo sai bene, ne vale la pena per quel: "Mamma tei bellittima!"
Sì, lo so. Grazie.
Aggiornamenti postumi: la pupa ora ha abbandonato definitivamente il ciuccio, pronuncia bene la lettera "S", a momenti, e dipende dalla parola, coniuga quasi sempre i verbi alla prima persona e utilizza i pronomi "tu" e "io" al posto di "Mimi gioca" e "Mamma va"; cosa assai più importante ha imparato a rispondere di sì alle domande. Prima era solo "no", oppure ripeteva la domanda, del tipo:
"Mimi lo vuoi il cocomero?"
"Lo vuoi il cocomero? Eh?"
Ora invece:
"Mimi lo vuoi il cocomero?"
"Tiiiii! Lo voglio il cocomero!"
Insomma: ci tenevo a tenere traccia di queste conquiste, non è per vantarmi dei progressi di mia figlia!
mercoledì 16 maggio 2012
Una rincoglionita.
Forza su, Zorro: entra.
Non so voi; io se una mattina mi svegliassi e non mi sentissi affatto bene, essere infilata in un contenitore con grate di plastica in cui entro a mala pena, essere montata e fissata con ganci elastici al portapacchi di una bicicletta ed essere sballottata per strade e percorsi non ben identificati per lunghe mezzore col rombo delle auto nelle orecchie, il sole che mi arroventa la plastica e il vento che mi viene in faccia dalla grata, sarebbe l'ultima cosa che chiederei. Magari preferirei essere lasciata in pace sotto al letto, accucciata al fresco, a sbavare liberamente. Ma questo non è stato concesso al povero Zorro.
E così dopo aver vagato in vano (porca zozza, giurerei che era proprio da queste parti, l'ambulatorio), mi rassegno ad andare dal mio solito veterinario, anche se ogni volta mi fa aspettare due ore prima di ricevermi, ed è caro appestato, e per questi e altri motivi da un po' di tempo meditavo di cambiarlo, chè inizia a starmi un po' sulle palle.
- Pronto? Sì, senta, posso portare il gatto che sbava e non esce da sotto al letto e non mangia? Non ci ha nemmeno svegliati alle 5 con i soliti MIAO-MIAOO e questo è grave. per non rompere i coglioni dev'essere proprio grave, eh! Come quando, ora? Domani? No, no, la ringrazio, proverò da qualche altra p... ah, dice che se aspetto mi riceve anche ora? OK, arrivo.
Devo prima andare in lavanderia però.
Ci dev'essere un motivo se il tuo gatto, che non lo ha mai fatto prima, un bel giorno decide di pisciare sul letto di tua figlia (mentre lei ci dorme dentro).
E ora che ci penso potrebbe esserci un motivo diverso dalla pura lunaticità pupesca se tua figlia un bel mattino si sveglia alle 5 e inizia a fare evoluzioni da saltimbanco fino a costringerti ad alzarti al suo seguito. Chissà, magari perchè si è ritrovata immersa in un mare di piscio di gatto?
Il bello è accorgersene solo dopo 24 ore, quando nel metterla a letto ti sovviene alle nari un certo insistente puzzo provenire dal suo materasso...
- Pronto? Senta ho trovato il suo numero su Pagine Gialle, stavo venendo all'ambulatorio ma non riesco a trovarlo... No, al numero fisso non risponde nessuno... No, senta, ho il gatto nel portapacchi che sta male... non saprei: sbava tipo rubinetto che perde... OK provo a richiamare.
- Pronto senta non trovo l'ambulatorio: era in zona La Fontina, vero? Ricordo di essere venuta una volta, ma il fatto che una volta io lo sia riuscita a trovare per puro
- Pronto, Bidone, mi dici dove sta il tuo veterinario? A Porta a Lucca? Ah, in via Savona? OK.
- Pronto salve, senta ma voi siete l'ambulatorio di P.ta a Lucca? Ah, bene. Mi manda un'amica che vi porta il gatto, avrei bisogno di portarvi il mio (gatto). Siete in via Savona, vero? Ah, no? In via Rismondo eh? Ma quanti ambulatori veterinari ci sono a P.ta a Lucca?
- Pronto? Lei è il dottor Foscolo? Ah, scusi, io leggo qui Ambulatorio Veterinario Foscolo, Ugo... Ah, no, quella è la via, mi scusi. No, non è uno scherzo...
- (Pant pant) Buon giorno mi scusi, ho telefonato poco fa, mi avete detto che potevo venire...
-Ah, quella del gatto! Ha telefonato 2 ORE fa...
- Sì, lo so: sono in bicicletta...
- Va be' aspetti 5 minuti.
Ovviamente dopo mezz'ora ero ancora lì fuori, con il povero Zorro nel trasportino, e sono dovuta andare a recuperare la pupa al nido.
Forse è la mezza stagione, o carenza si zuccheri, ore di sonno perse... forse non è decisamente stata una buona idea quella di andare a donare il sangue dopo che la pupa mi aveva fatto fare la levataccia alle 5 di mattina, e ancora non mi sono del tutto ripresa, chè mi pare di camminare sulla luna e il cervello mi fa come la chiavetta della Tre: la connessione va e viene.
mercoledì 9 maggio 2012
Pedalo.
E io che fine ho fatto? Quando manco da pochi giorni da qui ho la sgradevole sensazione di perdere il filo dei miei pensieri, prima dei contatti con altri. La necessità di mettere per iscritto, nero, su bianco, di dare forma a tutta quella matassa ingarbugliata di idee e concetti, immagini e parole, che io produco in continuazione.
Ma soprattutto quando pedalo. Pedalo in giro per la città, subissata da impegni fittizi, che quasi mi impongo, stabilendo scadenze improrogabili, forse solo per avere l'impressione di essere molto attiva, molto affaccendata, e poi mi perdo tra file alle poste, file alla ASL, file alla COOP, pedalo pedalo e alla fine delle file mi pare di non aver combinato nulla.
No, dai, almeno ho fatto il bucato, almeno ho passato lo straccio, almeno ho fatto la spesa.
Passano un giorno, due e siamo punto e a capo.
Pedalo e penso, pedalo e progetto, pedalo e ho idee brillanti, decine di idee, peccato che poi me ne scordo la metà, l'altra metà non riesco a metterle in pratica quasi mai. Ma prendo appunti mentali quando mi pare di averne una buona, poi mi scordo. E intanto pedalo, che mi rilassa, col cielo sopra la testa, e mi chiedo perché mai il pedalare diventa in genere sinonimo di fatica. Giro giro sempre a vuoto.
Macino ore e già c'è da recuperare la pupa al nido, la metto a letto e non mi basta il respiro che già è sveglia, e via con la "patteggiata", coi giardini, con le "tattaughe" e su e giù per le scale, "andiamo alla galle'ia?", "Mimi, ma ci siamo appena state", e lagne a non finire, e improvvise schiarite, e mezz'ora per salire le scale di casa.
Se siamo uscite in bici, "P'endiamo il patteggino?". Se siamo uscite a piedi "La biticletta-cletta-cletta!". Se le mancano gli argomenti "Anco'a patteggiata!". E "Ma'agià ma'agià è a'ivato il ma'agià".
Mimi, basta, su, sono due ore che passeggiamo, la bicicletta la prendiamo domani, quando andiamo "dagli amici". "ANDA'E DAGLI AMITI! ANDA'E DAGLI AMITI! ANDA'E DAGLI AMITI!"
Uff, che è tardi, già bisogna fare la cena, e anche oggi ho perso La Ghigliottina, vedi un po' tu, se una povera cristiana le togli pure 'sti piaceri innocenti della vita, di vedere Carlo Conti in tv, prima del tg, con tutti quegli imprenditori morti ammazzati che si impiccano alla grondaia di casa, e rabbrividisco al pensiero, quando vedo la sera il Beduino sempre un po' più stanco, che parla solo di IRPEF e di mutuo, e di soldi e di perdite e di Libia, che poi sarebbe la sua America, dove tutto è un pochino più facile e il futuro è più luminoso.
Ecco pupa, è pronta la pappa. "Tuccodimela tuccodimela!" va bene tieni, non lo rovesciare eh, che mamma si arrabbia davvero stavolta. Cazzo, Mimi, ma perchè minchia lo rovesci sempre, eh? Lo fai apposta?
"Raccoglia'e pomodo'o". Ecco tieni. "NOOOO! 'Accoglie Mimi pomodo'ooooo!" "Mimi basta lagne eh! Raccogli 'sto (cazzo di) pomodoro".
Che è non ti va più la pappa? La tolgo? Va be' basta. Aspetta che mamma prepara la cena per lei e babbo. Senti senti, è arrivato babbo!
Dai, si mangia, che è tardi, devo addormentare la pupa che se no dopo è isterica e ci metto tre ore.
Ah, ma tu ora vuoi mangiare eh!
Ma che glie la fai a fare la pappa, aspetta che torno e mangiamo insieme, no?
Sì, vabbè, ma te non si sa mai a che ora arrivi e lei di punto in bianco sclera che vuole la pappa.
E poi ora si va a letto. Uff, è finita un'altra giornata, ma com'è che il tempo non basta mai? Tutto di corsa, sempre, tutto incastrato. Dai, andiamo a lavare i denti, mettiamo il pigiama.
"Dice tata Lucia che i bambini già a un anno e mezzo dovrebbero dormire da soli..."
E vabbè allora che venga tata Lucia a metterla a letto. Io faccio così, a me va bene, anche se poi facciamo il wrestling sul materasso fino alle undici e mezza se va bene, e poi riemergo piuttosto sfatta dopo essermi consumata la voce a furia di Pinocchio, intramezzato da stralci di sogno nel dormiveglia incombente, e lei mi tira calci nello stomaco, come quando stava dentro, e con la stessa determinazione me li puntava sulle costole, quei santi piedini.
E' che a volte l'adoro e mi sembra di non poter più vivere senza. Altre volte la detesto e non la sopporto più, non ci sto dietro, a tutte quelle lagne, e un poco rimpiango i pomeriggi in terrazza, a primavera, con un libro, a farsi accarezzare la pelle dal vento e dal sole, avere tempo per fare, con calma, una cosa alla volta, non avere sempre le ore contate.
Ma poi la sento che declama filastrocche imparate altrove, e che si capisce mezza parola ogni tre, la sento che fa i suoi cazziatoni a mosche e a lucertole, che chiede a "Pantumen" se vuole venire connoi, che inventa fiabe per il gatto Amleto, che canta riempiendo le parole che non sa con "Mh mh mh" e inventa nomi per i suoi pupazzi, saluta la luna e le dice "Vieni da Mimi!" saluta l'Arno e gli dice "Come ttai?" saluta il sole e gli dice "Ti vediamo domani!", analizza parentele e improvvisa censimenti ovunque vada (come ti chiama? E' la mamma di...), e allora mi chiedo come sia possibile tutto ciò, che questa qui si sia presa tanta parte di me, e del mio mondo, e del mio amore, e mi dico che amare è più facile quando tutto va sempre bene, che mi si chiede di amare a prescindere, al di là degli scleri, della stanchezza e dei giorni che boccheggi e non riesci a stare a galla, e ti chiedi se stai andando da qualche parte o se stai ferma da tempo, pure se ti agiti peggio di uno che balla la pizzica male.
E poi sera e mattina, e un altro giorno ancora.
martedì 3 aprile 2012
Raschio il fondo del barile.
Io non amo lo shopping.
Sì, avete letto bene: io odio, lo shopping, direi se fossi il puffo brontolone.
Così il sottotitolo di questo post potrebbe essere, per esempio: I hate shopping, ma in realtà poi mi annoio pure a parlarne in un intero post dedicato, di questo argomento.
E che palle, mo ve lo dico, i post che parlano di shopping!
Non mi piace la parola, non mi piace che ormai la gente la consideri un'attività a tutti gli effetti (i miei hobbies sono: fare shopping...), mi mette in crisi quando me lo impongo, e non la considero un'attività sociale. Tipo: andiamo a fare shopping con le amiche! Yuhùùù!
No, io invece ci vado da sola, come una ladra, nei ritagli di tempo, quando la giornata si preannuncia schifosetta e tanto vale metterla a frutto così, ché non ci ho più pantaloni decenti, tutti mezzi distrutti, o troppo larghi, o macchiati di candeggina, o stinti, o non mi sono mai stati bene ma ho sempre pensato che magari, prima o poi, li metto, e continuano a occupare spazio vitale nei miei scatoli di cartone.
E poi cadi nella distorsione percettiva del "non ho nulla da mettermi" quando in realtà non sai più dove infilare la roba, ad ogni nuova raccolta del bucato dallo stendino, però non trovi mai niente e ti sembri sempre una barbona, o una hippie stagionata, e se poi ti dovesse capitare si sa mai un colloquio di lavoro, così a ciel sereno? Come ci vai? Coi jeans rosa con le toppe degli animali? O con i corsari da Alì Babà bordeaux?
Va be', adesso basta, alla fine ci vai, a fare 'sto cacchio di shopping, ma non ti diverti neanche un po', anzi, un po' ti deprimi, è sempre stato così.
Fai i conti con la tua fisicità, fai i conti con il gusto imperante corrente che non coincide quasi mai col tuo, e soprattutto fai i conti con la tua disponibilità finanziaria, e scopri che dopo, quando secondo gli esperti fashion victims l'acquisto appena effettuato dovrebbe rilasciare nel tuo cervello in astinenza la sua brava dose di endorfina da desiderio di possesso materiale appagato, tu ti senti un pochino più depressa di prima, a pensare che stai a spendere soldi in vestiti che non saprai dove infilare, che domani saranno tutti pieni di peli di Panza e patacche di yogurt e moccio di pupa, e siccome non hai voglia di fare l'orlo ci farai il risvolto in fuori e te li ritroverai sotto le scarpe.
Ma comunque per fortuna i saldi sono proprio agli sgoccioli, e non c'è quasi più niente, così eviti anche di dover scegliere e ti accontenti di quel pochissimo che c'è.
Raschi il fondo del barile, cerchi solo la taglia giusta, il modello non è proprio il tuo genere, ma ti adeguerai anche alla caviglia stretta, tu che dalle medie hai giurato fedeltà alla zampa di elefante, ma ora basta, e ti accorgi con stupore che non ti stanno poi male, anche se la commessa ti guarda strano perchè solo tu puoi acquistare merce in saldo invernale a fine marzo, o ai primi di aprile e ti chiede se non vuoi vedere qualcuno di questi bei "tranch" (???) della nuova collezione. Che glie ne frega a lei, lo dice solo perchè le dicono di far così, ché uno poi per non fare la figura del morto di fame, si sente quasi in dovere di far finta di essere interessato.
-No, grazie, mi servono solo i pantaloni. ... è... per lavoro.
Menti, spudorata, anche se non ce n'era bisogno.
- Ah, che lavoro fai?
Ma che glie ne frega a lei? Non è che mi ha sgamato il bluff, e ora mi vuole smascherare e costringermi a comprare quel tranch? Siccome non so poi mentire tanto, e mi sento crescere il naso, dico l'unica cosa per cui mi siano mai serviti dei pantaloni neri:
- La cameriera in un ristornate.
- Ah, e dove? Qui in città?
- ... No.
Fine. Sono scappata, vergognandomi un po' per aver millantato un lavoro da cameriera inesistente. Potevo dire che facevo la rappresentante di marketing, se proprio volevo inventarmi un impiego, o l'usciere nei tribunali. Quello sì sarebbe figo.
Ma dopo aver raschiato il fondo del barile mi sento appesantita.
Mi sento così stanca ultimamente che la stanchezza mi pare l'unico mio stato d'animo.
Mi stupisco che la gente vedendomi non mi legga in faccia una stanchezza assoluta, che forse in realtà è solo un'idea mia di stanchezza, che magari fuori non trapela.
Stanca in genrale, di niente in particolare.
Stanca della faccia scura del Beduino, dei suoi sospiri sfogliando la posta arretrata, dei suoi pensieri che anche quando non parla glie li leggo in fronte, su quella fronte corrugata in uno stillicidio di linee orizzontali all'ennesima multa per la spazzatura del 2009, e ci leggo: "Chi me lo fa fare di stare in questo paese, massacrarmi di lavoro per non avere mai un soldo, farmi il fegato grosso di bile, salassi di tasse, permessi su carta bollata pure per scaracchiare in terra, norme contraddittorie che sembrano fatte apposta per non poter essere osservate e riscuotere sanzioni, e in sostanza farmi fottere da tutti?"
E il brutto è non avere alternative valide da proporre. Il brutto è non avere un piano B.
Pensi di rimetterti a studiare? Sei matta? Chi te lo fa fare? E poi a che serve?
La verità è che quella è forse l'unica cosa che sai di saper fare bene, ma ora non c'è più tempo: urge un piatto pronto.
Allora ci provi, metti in gioco le tue competenze, anche se ti chiedi a chi possano interessare... ne hai?
Uff... ci sono luoghi che hanno il potere di mandarti l'umore sotto le scarpe.
Uno di questi: l'Informagiovani (ma fino a quando si ha il diritto di essere giovani?). Soprattutto quando la tipa allo sportello è acida e ti risponde a minchia, come se tu dovessi conoscere la dislocazione di tutti gli uffici cui lei avrebbe il compito di instradarti. La cortesia, io medito, dovrebbe far parte del suo lavoro come condizione sine qua non.
E va be'. Cerchi invano informazioni, e ti canti in testa "I don't wanna wait in vane for my job", trovi l'aula dove due anni fa sostenesti l'esame della Provincia e vedi gente riunita. Chiedi se sono lì per l'esame della provincia, ché tu è per quello che sei venuta, anche se ancora non te lo vuoi confessare. No: per la cassa integrazione.
Ah, ecco. Risposta deprimente. D'altro canto, cosa credevi, che la usano solo per quello quell'aula?
Giri chiedi sali scendi e te ne vai carica di stampati ed elenchi, indirizzi e scadenze.
Avresti ancora da fare la spesa, e poi devi fare il bucato in lavanderia.
Non ce la puoi fare perchè hai meno di un'ora e poi vai a prendere la pupa al nido.
Allora niente: ti siedi e guardi i tuoi panni girare piano nell'oblò, e poi centrifugare veloci, e ci rimani davanti ipnotizzata. Rosa celeste turchese fucsia verdino, un bucato molto colorato, quasi niente di nero o di grigio. No: mai diviso il bucato per colori, tutto dentro, anche i bianchi, chè ogni ciclo mi costa 4 euro mica niente.
Aspetti e un poco leggi, ché ti eri portata il libro appresso apposta, e va bene così.
Tanto il giorno dopo pioverà, ma tu ancora non lo sai, e ti illudi che domattina ritirerai i panni asciutti dallo stendino.
Pensavate che avrei parlato solo di shopping?
No, quello non era ancora il fondo del barile.
Ma mi piace girare e girare e perdere il filo logico, seguendo solo l'iter dello stato d'animo.
Per fortuna che oggi almeno piove, così posso crogiolare la mia arrendevolezza in un grigiume solidale.
PS.
Per Roba da gatti questa settimana segnalo il post di Eu.
Mi rimetto ai contributi esterni. Io a 'sta botta ho dato forfait.
Sì, avete letto bene: io odio, lo shopping, direi se fossi il puffo brontolone.
Così il sottotitolo di questo post potrebbe essere, per esempio: I hate shopping, ma in realtà poi mi annoio pure a parlarne in un intero post dedicato, di questo argomento.
E che palle, mo ve lo dico, i post che parlano di shopping!
Non mi piace la parola, non mi piace che ormai la gente la consideri un'attività a tutti gli effetti (i miei hobbies sono: fare shopping...), mi mette in crisi quando me lo impongo, e non la considero un'attività sociale. Tipo: andiamo a fare shopping con le amiche! Yuhùùù!
No, io invece ci vado da sola, come una ladra, nei ritagli di tempo, quando la giornata si preannuncia schifosetta e tanto vale metterla a frutto così, ché non ci ho più pantaloni decenti, tutti mezzi distrutti, o troppo larghi, o macchiati di candeggina, o stinti, o non mi sono mai stati bene ma ho sempre pensato che magari, prima o poi, li metto, e continuano a occupare spazio vitale nei miei scatoli di cartone.
E poi cadi nella distorsione percettiva del "non ho nulla da mettermi" quando in realtà non sai più dove infilare la roba, ad ogni nuova raccolta del bucato dallo stendino, però non trovi mai niente e ti sembri sempre una barbona, o una hippie stagionata, e se poi ti dovesse capitare si sa mai un colloquio di lavoro, così a ciel sereno? Come ci vai? Coi jeans rosa con le toppe degli animali? O con i corsari da Alì Babà bordeaux?
Va be', adesso basta, alla fine ci vai, a fare 'sto cacchio di shopping, ma non ti diverti neanche un po', anzi, un po' ti deprimi, è sempre stato così.
Fai i conti con la tua fisicità, fai i conti con il gusto imperante corrente che non coincide quasi mai col tuo, e soprattutto fai i conti con la tua disponibilità finanziaria, e scopri che dopo, quando secondo gli esperti fashion victims l'acquisto appena effettuato dovrebbe rilasciare nel tuo cervello in astinenza la sua brava dose di endorfina da desiderio di possesso materiale appagato, tu ti senti un pochino più depressa di prima, a pensare che stai a spendere soldi in vestiti che non saprai dove infilare, che domani saranno tutti pieni di peli di Panza e patacche di yogurt e moccio di pupa, e siccome non hai voglia di fare l'orlo ci farai il risvolto in fuori e te li ritroverai sotto le scarpe.
Ma comunque per fortuna i saldi sono proprio agli sgoccioli, e non c'è quasi più niente, così eviti anche di dover scegliere e ti accontenti di quel pochissimo che c'è.
Raschi il fondo del barile, cerchi solo la taglia giusta, il modello non è proprio il tuo genere, ma ti adeguerai anche alla caviglia stretta, tu che dalle medie hai giurato fedeltà alla zampa di elefante, ma ora basta, e ti accorgi con stupore che non ti stanno poi male, anche se la commessa ti guarda strano perchè solo tu puoi acquistare merce in saldo invernale a fine marzo, o ai primi di aprile e ti chiede se non vuoi vedere qualcuno di questi bei "tranch" (???) della nuova collezione. Che glie ne frega a lei, lo dice solo perchè le dicono di far così, ché uno poi per non fare la figura del morto di fame, si sente quasi in dovere di far finta di essere interessato.
-No, grazie, mi servono solo i pantaloni. ... è... per lavoro.
Menti, spudorata, anche se non ce n'era bisogno.
- Ah, che lavoro fai?
Ma che glie ne frega a lei? Non è che mi ha sgamato il bluff, e ora mi vuole smascherare e costringermi a comprare quel tranch? Siccome non so poi mentire tanto, e mi sento crescere il naso, dico l'unica cosa per cui mi siano mai serviti dei pantaloni neri:
- La cameriera in un ristornate.
- Ah, e dove? Qui in città?
- ... No.
Fine. Sono scappata, vergognandomi un po' per aver millantato un lavoro da cameriera inesistente. Potevo dire che facevo la rappresentante di marketing, se proprio volevo inventarmi un impiego, o l'usciere nei tribunali. Quello sì sarebbe figo.
Ma dopo aver raschiato il fondo del barile mi sento appesantita.
Mi sento così stanca ultimamente che la stanchezza mi pare l'unico mio stato d'animo.
Mi stupisco che la gente vedendomi non mi legga in faccia una stanchezza assoluta, che forse in realtà è solo un'idea mia di stanchezza, che magari fuori non trapela.
Stanca in genrale, di niente in particolare.
Stanca della faccia scura del Beduino, dei suoi sospiri sfogliando la posta arretrata, dei suoi pensieri che anche quando non parla glie li leggo in fronte, su quella fronte corrugata in uno stillicidio di linee orizzontali all'ennesima multa per la spazzatura del 2009, e ci leggo: "Chi me lo fa fare di stare in questo paese, massacrarmi di lavoro per non avere mai un soldo, farmi il fegato grosso di bile, salassi di tasse, permessi su carta bollata pure per scaracchiare in terra, norme contraddittorie che sembrano fatte apposta per non poter essere osservate e riscuotere sanzioni, e in sostanza farmi fottere da tutti?"
E il brutto è non avere alternative valide da proporre. Il brutto è non avere un piano B.
Pensi di rimetterti a studiare? Sei matta? Chi te lo fa fare? E poi a che serve?
La verità è che quella è forse l'unica cosa che sai di saper fare bene, ma ora non c'è più tempo: urge un piatto pronto.
Allora ci provi, metti in gioco le tue competenze, anche se ti chiedi a chi possano interessare... ne hai?
Uff... ci sono luoghi che hanno il potere di mandarti l'umore sotto le scarpe.
Uno di questi: l'Informagiovani (ma fino a quando si ha il diritto di essere giovani?). Soprattutto quando la tipa allo sportello è acida e ti risponde a minchia, come se tu dovessi conoscere la dislocazione di tutti gli uffici cui lei avrebbe il compito di instradarti. La cortesia, io medito, dovrebbe far parte del suo lavoro come condizione sine qua non.
E va be'. Cerchi invano informazioni, e ti canti in testa "I don't wanna wait in vane for my job", trovi l'aula dove due anni fa sostenesti l'esame della Provincia e vedi gente riunita. Chiedi se sono lì per l'esame della provincia, ché tu è per quello che sei venuta, anche se ancora non te lo vuoi confessare. No: per la cassa integrazione.
Ah, ecco. Risposta deprimente. D'altro canto, cosa credevi, che la usano solo per quello quell'aula?
Giri chiedi sali scendi e te ne vai carica di stampati ed elenchi, indirizzi e scadenze.
Avresti ancora da fare la spesa, e poi devi fare il bucato in lavanderia.
Non ce la puoi fare perchè hai meno di un'ora e poi vai a prendere la pupa al nido.
Allora niente: ti siedi e guardi i tuoi panni girare piano nell'oblò, e poi centrifugare veloci, e ci rimani davanti ipnotizzata. Rosa celeste turchese fucsia verdino, un bucato molto colorato, quasi niente di nero o di grigio. No: mai diviso il bucato per colori, tutto dentro, anche i bianchi, chè ogni ciclo mi costa 4 euro mica niente.
Aspetti e un poco leggi, ché ti eri portata il libro appresso apposta, e va bene così.
Tanto il giorno dopo pioverà, ma tu ancora non lo sai, e ti illudi che domattina ritirerai i panni asciutti dallo stendino.
Pensavate che avrei parlato solo di shopping?
No, quello non era ancora il fondo del barile.
Ma mi piace girare e girare e perdere il filo logico, seguendo solo l'iter dello stato d'animo.
Per fortuna che oggi almeno piove, così posso crogiolare la mia arrendevolezza in un grigiume solidale.
PS.
Per Roba da gatti questa settimana segnalo il post di Eu.
Mi rimetto ai contributi esterni. Io a 'sta botta ho dato forfait.
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