Visualizzazione post con etichetta secondogenito. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta secondogenito. Mostra tutti i post

lunedì 30 marzo 2015

Bimba.

E così, bimba, siamo arrivate a questo punto.
Al punto che se ti chiedo: "Quanti anni hai?" tu rispondi già: "Duie!" E fai cinque con la mano.
Al punto che dopo esserti spazzolata la tua coppetta di fragoline con la crema, proclami al mondo: "Ti'ìto!" e con gran solerzia raccogli cucchiaino, ciotolina, ti avvii al lavello e li riponi col garbo proprio dei "duie" anni al suo interno. E poi pretendi di lavarli.
Sì, certo che te lo lascio fare.
Del resto, come dirti no?
Come dirti no quando occhieggi alla lettiera dei gatti, e poi a me, e poi alla lettiera e mi chiedi: "Mamma, tatti cacca, no?" No, non hanno fatto la cacca, i gatti, è pulita. "Posso mamma, posso?" con la tua bellissima, sibilantissima Esse fischiante. Mi chiedi se puoi: come posso dirti di no?
Sì, magari a dirlo in giro alla gente si accappona la pelle, se sanno che ti lascio raspare liberamente con la paletta là dove cacano i gatti, ma tu te ne stai lì, tranquilla e composta, che smuovi la sabbietta e con garbo poi rimetti la paletta al suo posto, ti alzi e proclami: "Ti'ìto!"
Come resistere?

martedì 25 novembre 2014

25 marzo 2013.

La sera prima.

Il giorno in cui è nata Rania mi svegliai presto, alle 5 del mattino.
Mi svegliai con dolori all'addome, crampi sopportabili ma insistenti, che non mi lasciarono quasi alcun dubbio circa la loro natura.
C'è da dire che quella mattina scoccava per me e per la mia non-nata il termine di 40 settimane nette, non un giorno di più, non uno di meno, e forse forse qualcosa mi diceva che la cosa poteva anche accadere, quel giorno.

lunedì 24 marzo 2014

La mia Primavera.

Inaspettatamente, il freddo è tornato, a tradimento, e così le nuvole, la pioggia, il vento, l'uggia e un po' di malinconia.
Primavera ufficiale, e io, ormai, la associo a te.
A te che sei arrivata assieme a lei, un anno fa, ed è già passato un anno...


E già passato un anno, e io, come al solito, mi sento un po' inebetita, un po' commossa, un po' agitata all'idea, e non so spiegarmelo proprio del tutto, questo mio stato d'animo, ma un pochino ci ero preparata, perché ricordo che già una volta è stato così.

venerdì 14 febbraio 2014

Quando lei dorme.

Quando lei dorme la casa finalmente tace.
I gatti si stiracchiano in una macchia di sole sotto la finestra, il frigo ronza e niente più.

Quando lei dorme il pavimento è un campo di battaglia da cui raccogliere mori e feriti. Si ricompone un puzzle lasciato incautamente da una sorella maggiore che ora è a scuola, si infilano nello scaffale una decina di libri cartonati sparsi qua e là, si spazzano via brandelli minuscoli di scottex mezzi ciancicati, e anche i pippoli della pianta grassa in terrazza, prima che il padre scopra lo scempio scellerato.

Quando lei dorme una parte di te dice "No, lascia stare! Prendi piuttosto il libro che hai iniziato qualche giorno fa e vatti a sedere sul primo gradino, finché dura questo bel solicello, ché tanto la casa resta qui buona buona e aspetta che tu la riordini, solo per poi poter essere nuovamente rovesciata su se stessa", l'altra parte di te risponde: "Senz'altro, farò come tu saggiamente suggerisci, dò solo un colpo di scopa. E poi lasciami finire di sciacquare questi due piatti rimasti dal pranzo, e finché dura questo bel solicello, permettimi di stendere questi quattro pannetti che ho lasciato nel lavandino da lavare ieri sera." Lo sai che faresti bene ad ascoltarla, ma ogni volta ci ricaschi, perché quando lei dorme, non si sa come ti convinci che debba durare in eterno.

giovedì 21 novembre 2013

Lavoro di squadra.

Mimi innalza torri altissime. Rania le butta giù.
Mimi edifica fantasmagorici castelli pericolanti di architravi sospesi nel vuoto, sovraccarichi di cuspidi, ridondanti di guglie e trifore.
Rania li rade al suolo. E disperde i pezzi.
Mimi apparecchia luculliane colazioni sull'erba ipotetica del pavimento di piastrelle; dispone piatti, imbandisce tovaglie, distribuisce porzioni, allestisce coreografie di portate.
Rania agguanta e arraffa, porta tutto alla bocca, sbava e si sdraia nel bel mezzo del pic-nic, portando devastazione e carestia.
Mimi organizza raduni principeschi di personaggi di fiaba, inventa storie, mette in piedi dialoghi, promuove eventi, divulga proclami a tutte le fanciulle del regno.
Rania si presenta non invitata al ballo del re seminando il panico tra i presenti, rapisce Cenerentola e stende Biancaneve con un rovescio. Morti e feriti.

mercoledì 30 ottobre 2013

Prendi una mattina per caso.

Per esempio dopo aver lasciato la grande a scuola.
Che ne dici se ce ne andassimo a spasso, io e te?
La piccola fatina rise e dimenò il capo, farfugliò qualcosa come a dire sì.
Lei nel passeggino, veicolo pensato al solo scopo di passeggiare, io tappeti di foglie secche sotto i piedi, e marciapiedi (strutture pensate al solo scopo di marciare a piedi).
Passeggiamo dunque.
Ottobre alle ultime battute ci concede una giornata inaspettatamente luminosa e dorata, una di quelle giornate classicamente autunnali, di quell'autunno che disegnavi a scuola, nei cartelloni appesi alle pareti dell'aula, con tutte le foglie colorate appiccicate. Qualcosa del genere.
In sostanza è stato bello.
Io, lei, e l'autunno, così, senza motivi particolari.
Perché non capita quasi mai che dedichi del tempo esclusivo a lei, a me e a lei.

martedì 25 giugno 2013

Un giro di sole: quando tutto ha avuto inizio.


Un anno fa, quando tutto ha avuto inizio, più o meno, non pensavo a te, minimamente.
Tu oggi compi tre mesi: hai cosce con le pieghe, guance da Cicciobello, tantissimi capelli, un nasino alla francese e obliqui occhi grigi.
Hai tre mesi e dici "nghé" alla perfezione. Chiami se ti senti sola, ridi se ti sorridono, tieni su la capocciona tentennando un poco, seria, concentrata. Tu che aggrotti le ciglia, che sospiri nel sonno, che vorresti già stare seduta, che protesti piano, che convivi con la raucedine, che sopporti paziente, che non piangi se non ne hai un buon motivo, che ti addormenti accanto a me, che quando mi vedi scalci, che scruti il mondo con occhi profondi.



Dunque tutto è iniziato un anno fa: 9+3 fa un anno, non ci piove.
Te che non ti aspettavo, te che volevo ma non osavo. Te che ho temuto, te che ho aspettato.
Tu non hai chiesto il permesso, tu che mi hai colta impreparata e pavida.
Tu: sono sicura, me lo sento, stavolta è maschio.
Tu che, ancora, mi hai smentito.
Io che al sesto senso materno non ci credo più.
Io che avevo paura di non farcela.
Io che ho pianto nel letto tante notti insonni, pensando di non farcela.
Io che temevo di non riuscire ad amarti, che mi chiedevo come avrei fatto ad amarti.
Io che ti chiedevo di aspettare, di non farmi scherzi. E tu hai aspettato.
Io che ti chiedevo di essere puntuale, e tu lo sei stata.
Io che ti chiedevo di fare in fretta. E tu. Sei stata bravissima, efficientissima, puntualissima.
Ma quella capoccia lì, che ti ritrovi... 'Cidenti!



Tutto ebbe inizio, dunque, all'in circa un anno fa?
Un anno fa quando preparavo l'esame di arte.
Che la mia mente era altrove.
Che mi immergevo ancora una volta nei libri e ne uscivo distrutta.
Che mi chiedevo dove avrei trovato il mio posto.
Che vedevo crescere mia figlia e credevo di esserne ormai fuori.
Che pensavo di aver archiviato ciucci e pannolini, almeno per un po'.
Che un po' mi piangeva il cuore a vederla crescere sola, e forse allora ti ho pensata, un po'.
E' stato allora che ti sei materializzata?
In quale nicchia tra il rimpianto e il desiderio?



Tu che sei l'evidenza dell'imponderabile, del desiderio represso, della gioia che ti sorprende, a tradimento.
Tu che non mi hai mai avuta tutta per te ma ti accontenti.
Proprio te oggi guardavo, nell'immagine riflessa dallo specchio, di me, che ti tenevo, la testa reclinata sulla tua, e ci ho viste come nel celeberrimo dipinto di Klimt, tu proprio tu, io qualche capello fa.
(Tu che mi hai fatta tagliare i capelli.)
E mi viene da chiedermi come sia possibile non averti amata da sempre, tu che mi sei entrata dentro da subito, o quasi.
Perché i secondogeniti, mi sa, campano un poco di rendita, di quell'amore sofferto che la prima volta hai dovuto costruire a fatica, mattone dopo mattone, spaventandoti a volte nel non riconoscerti più in quella che eri, e che la seconda volta è già lì, pronto per rinnovarsi in un nuovo rapporto.

Un giro di sole: nel tempo di un moto completo di rivoluzione ti sei materializzata nell'immagine che è per me ennesima potenza dell'amore materno. Tu, la bambina del quadro. Io, la mamma innamorata.
In quel giro di sole che è risultato di gravità e centrifuga, attrazione e repulsione, amore e paura, poi, finalmente, ritorno, vita.


martedì 4 giugno 2013

Il secondo secondo me. (Cit.)


Nella canzone non forse a tutti nota, Caparezza enuncia che "il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista" solo per poter ivi smentire la supposta verità come tanti altri luoghi comuni duri a morire.

Nella carriera di una mamma invece dicono i più che il secondo figlio è sempre più facile.
A me però erano giunte voci contraddittorie e disparate in proposito, di gente che "ci era passata" prima di me e mi prospettava l'inferno in terra.
"Preparati, Sus, non dormirai davvero più".
"Guarda, è un incubo! Immaginati il primo figlio moltiplicato non per due, ma all'ennesima potenza!"
"Perchè poi la primogenita ti renderà la vita impossibile, eh: sappilo".
"Riposati ora che puoi perché poi è finita".

Oh, cazzarola!
La mia gestazione, già di per se non di semplice gestione, è stata non poco oberata dal peso di questi sinistri pronostici, e senza esagerare posso dire che ho pianto con vere lacrime di terrore e disperazione svariate volte nel letto aspettando e prospettandomi nella maniera più nera l'arrivo della mia prossima morte per sfinimento psicofisico.
A ben vedere potevo risparmiarmela e vivermela più serenamente, ma insomma: diamo la colpa ai soliti ormoni.

Conservo ricordi avvolti da un che di terrificante dei miei primi mesi di maternità con Mimi, alias "la pupa", perché allora era l'unica esistente, e poteva ben chiamarsi così senza comportare ambiguità di attribuzione.

Ora, lungi da me il volermi attribuire il merito o il plauso di come le cose sembra stiano funzionando con una relativa scorrevolezza fino ad oggi.

Lungi da me anche il voler seriamente confrontare e giudicare di conseguenza le mie due figlie (o dichiarare una preferenza verso l'una o l'altra) sul metro del maggior o minore impegno che ciascuna mi ha richiesto nei primi mesi della sua vita .

Lungissime da me anche il volermi bullare del fatto che, tzé, chissà che mi credevo, e invece guarda, io ne farei anche altri tre subito subito, di figli...

Però ci tengo a sottolineare il fatto che non è che alcune madri siano più impedite, pazze isteriche, o inclini alla drammatizzazione in chiave tragica della loro esperienza di maternità.

Perché accade che ti senti a lungo così, quando parlando e confrontandoti con le tue simili ti sembra che solo tu sei arrivata sull'orlo dell'infanticidio, esasperata da continui e incessanti pianti notturni e diurni, esausta e sfinita.
Che solo tu eri tanto ansiosa e paranoica dall'osservare con scrupolosa e finanche pignola precisione gli orari di poppate e sonnellini, onde evitare che lei si potesse innervosire e mandarti a schifìo l'intera giornata.
Che tu sola sei arrivata tanto impreparata alla maternità da non sapere che, "Oh, che credevi, i bambini piangono/i bambini comportano fatica/i bambini richiedono attenzioni. Mica pensavi che fosse facile!".
Che tu e solo tu infine ti sia relegata a vivere nella perenne dipendenza dai tempi e dalle esigenze di tua figlia almeno per l'intero primo anno della sua vita, privandoti della più innocente occasione di vita mondana, come andare a mangiare la pizza una sera con gli amici, solo perché, nella tua mente iperapprensiva ti eri immotivatamente convinta che quella serata si sarebbe trasformata per te in supplizio più che in occasione di svago, e già ti vedevi gironzolare tra i tavoli della pizzeria con lei isterica e insonne tra le braccia, mentre la pizza ti si freddava nel piatto e gli altri continuavano a conversare amenamente davanti ai resti di cibo nei loro ormai vuoti, loro che non potevano capire, o a cui non interessava poi troppo, il perché non te ne stessi seduta a mangiare, una buona volta.

E vieni sommersa di esempi contrari, a dimostrazione del fatto che, no, vedrai, sei tu che esageri. Non è possibile che sia così difficile da gestire. Tizia e Caio vanno a mangiar fuori una sera sì e una no col piccolo Sempronio che dorme tranquillo nel passeggino. Giovanna il piccolo ce lo porta al mare tutto il giorno, che problema c'è? Antonio dorme nel marsupio mentre i genitori sono al cinema. Il piccolo Gianni l'altra sera era alla festa con la mamma: è stato bravissimo!
Sei tu che ti fai troppi problemi: guarda che lei lo sente, e diventa nervosa perché tu lo sei.
Sei troppo fissata con questa storia degli orari: lei deve abituarsi ad essere un po' scombussolata se no non fai più vita. Sì, sì: abituala a dormire anche se intorno c'è casino. Devi abituarla, capito? La chiave è lì. Se tu non l'abitui poi sono cazzi ,eh!

Miei adorati amici familiari e conoscenti del caso: io l'abituo pure, o almeno: ci posso provà.
Però nel frattempo che lei di abituarsi non ne vuol sapere e fa la matta, ché ce le passate voi le giornate a combattere?

E poi ti capita di metterti a fare terrorismo psicologico presso tutte le donne gravide che conosci, a far loro preamboli su come sarà difficile, quando loro figlio piangerà dalla mattina alla sera e non riusciranno neppure a trovare il tempo per bere un sorso d'acqua, "ma tu tieni duro, vedrai che poi piano piano le cose migliorano, anche quando vorresti solo piangere tu pure da quando ti svegli a quando vai a letto distrutta".
E dopo, quando  i pupi sono nati, e tu telefoni per sentire come va ti rispondono che "tutto bene, il pupo dorme e mangia, è abbastanza tranquillo... sì sì tutto bene, grazie, siamo felici".
E tu, ammettilo, sotto sotto, ci rosichi. E non poco.
Perché solo io?
Allora ti convinci che sì: sarà come dicono loro. Ero impreperata, ero incapace, ho esagerato, ero depressa, troppo incline a drammatizzare, troppo ansiosa, troppo poco adattabile. Mah!
Insomma: ti convinci di essere mammo-negata.

Eppure, non potrebbe anche darsi che forse forse fosse tua figlia ad essere una bimba un pochino più "difficile"?
In questo caso saresti stata solo un po' più sfigata delle altre, e non più impedita.
In questo caso vale la pena ritentar la sorte.
Vero è che sempre figlia del tuo stesso sangue è pure la seconda.
Che se tu, a sentir loro, eri così ansiosa da aver indotto nella tua primogenita un perenne stato di furia indomita, la cosa probabilmente si ripeterà.
E questo non ti tranquillizza affatto.
Così se al termine della prima gravidanza ci eri arrivata spensierata e intontita, nello stato d'animo svagato e ignaro di chi, appunto, ignora ciò che sta per accadergli, stavolta ci arrivi quasi rassegnata, all'erta e diffidente, e non ti arrischi a proferire la temibile frase "Però, questa bambina sembrerebbe tranquilla" nei primi giorni di vostra conoscenza, perché sai che potresti pagare caro un abbassamento della guardia.

Invece poi ti capitano cose strane.
Che la tua secondogenita si svegli nella carrozzina e invece di iniziare a urlare a pieni polmoni, come tu credevi fosse normale facessero tutti i neonati dal risveglio alla successiva nanna, con la sola interruzione della poppata, lei invece rimanga sveglia a  guardarsi intorno, emettendo ogni tanto un "Eh!" o un "Ghà!".
Accade che lei rimanga per lunghi intervalli di tempo sdraiata sul letto a osservare la giostrina con le pecorelle mentre tu sistemi camera, e ogni tanto la guardi incredula per accertarti che sia sempre viva.
Accade che lei, senza colpo ferire, ti si addormenti di botto sul braccio, e che tu la deponga nella suddetta carrozzina attonita come la Terra al nunzio sta, e un tantino confusa, perché non immaginavi questa cosa potesse accadere sul serio, nella realtà.
Accade allora che pensi: "tanto ora appena la metto giù si sveglia di sicuro", e che invece lei ti dorma secche tre o quattro ore di filato, così, senza avvertire, senza discutere.
Accade che lei ti guardi con quei suoi occhi grigio-azzurri fissamente, mentre tu in bagno effettui i tuoi lavacri mattutini con tutta la calma del mondo, come non ricordi di aver mai fatto da qualche anno a questa parte, e lei sempre lì, nel suo ovetto sopra al water, mentre tu ti strofini la faccia, ti spazzoli con cura le arcate dentali, valuti la possibilità di farti uno shampoo e depilarti, e tu la guardi, e lei ti guarda, non distoglie lo sguardo da te, e questo contatto visivo, questa aulica comunicazione muta, pur in ambiente così prosastico, la tranquillizza e  la rassicura, ché lei lo sa che tu sei lì, che sei la sua tett...ehm... la sua mamma e sei lì, e che non la lasci sola; e lei sa che tu prima o poi la prenderai in braccio anche se non sbraita, e questa immensa, insperata fiducia che lei ripone in te ti gratifica e ti lusinga, ma soprattutto, più di ogni altra cosa, vorresti gettarti ai suoi piedi e piangere come una scema, commossa e grata, e dirle mille volte: "Grazie! Ossignore grazie! Sia lode all'Altissimo! Mille e mille volte grazie! Grazie! Grazie! E ancora grazie!"

mercoledì 17 aprile 2013

Presentazioni.

Come al solito sono una gran cafona.
Mi capita sempre, eh! Che quando sono in compagni di qualcuno, tipo di un amico, e incontro qualcun altro, tipo un altro amico, e i due non si conoscono, mi fermo magari a parlare mezz'ora, e solo dopo aver chiaccherato amabilmente tra loro, ignorando i reciproci nomi e ruoli, i due alla fine si rassegnano: "Io comunque sono Tizio..." "Piacere, io sono..." Perchè io puntualmente non li presento.
Non lo faccio con cattiveria, né per gelosia, né per altro sentimento malevolo, sia chiaro, ma solo per rincoglionimento.
E cafonaggine aggiungo.
Ci credete?
Beh, chi vuole crederci lo faccia.
Tutto ciò per dire che l'ho fatto anche stavolta: ho saltato le presentazioni, e sono passata subito alla fase successiva, quella dei miei post sfasati in cui elenco a casaccio persone ed eventi dando per scontato che uno li debba conoscere.
Diciamo che l'ho fatto per esigenze di tempo, e mancanza di concentrazione necessaria a scrivere un post decente di presentazione, e mancanza di coordinazione bioritmica delle mie due pargole, che mi hanno reso assai difficile il proposito di dedicarmi seriamente a queste pagine...
Ma la faccio finita, ché se no non concludo nulla neppure ora, e ci provo, a fare una presentazione come si deve, anche se mi sento molto fuori allenamento, e se non dormo sodo una notte di fila da un po', e anche se nel frattempo tendo l'orecchio ai rantoli di lei che provengono dalla carrozzina accostata qui a fianco, quella che fu di Mimi, e che ora circola di nuovo per casa, inchiodandosi contro stipiti di porte e incastrandosi tra il tavolino di legno dove Mimi realizza le sue opere d'arte e il cumulo di scarpe di Hasuna, incarnando i desideri più irrealizzati dei gatti, che puntualmente ci riprovano, a farne il loro giaciglio, ma vengono malamente dissuasi e frustrati in questa loro inconfessata aspirazione.

L'abitante della carrozzina.
Colei che ha fatto saltare tutti gli equilibri umani e relazionali di questa casa, probabilmente spingendoci a migliorarli, e comunque rendendo necessario un ridefinirli.
Colei che ha reso urgente un ennesimo resetting delle nostre vite, e anche un parziale refreshing abitativo, ancora in fieri per la verità, portando ancora una volta sull'orlo del baratro esistenziale la mia autocoscienza, costringendomi a cercarmi in una nuova identità, perché in quella vecchia non riesco più a riconoscermi, e quella che sono ancora non so... e tu che pensavi che ormai il grande salto l'avessi fatto quando sei diventata mamma la prima volta. E invece eccoti qua ancora che stenti a raccogliere tutti i fili, spiazzata dalle tue emozioni, disorientata da una vita che non c'inzerta più con quella vecchia, con i ritmi che avevi preso, con i tempi e le cose che facevi per riempirli, con i tuoi propositi a breve e a lunga scadenza.
Tergiversi, intanto, e ancora non hai iniziato a parlare di lei, ma solo di te, e ancora una volta sei scivolata dalla prima alla seconda persona, nel riferirti a te stessa, indizio evidente del tuo attuale smarrimento d'identità...

La prima volta che l'hai vista hai pensato: "Ammazza, che capoccia! E ci credo che mi so' fatta un mazzo tanto per farla passare da lì sotto!" Più o meno, ma la prima frase l'ho proprio pensata para para: "Ammazza che capoccia!"
La prima cosa che ho visto è stata la sua capoccia, bella tonda e liscia di capelli neri, ben spartiti a ciocchette sulla fronte, paonazza per lo sforzo o forse per la contrarietà di esser stata così brutalmente sfrattata dalla sua conca di comfort e oblio, bruscamente espulsa in un mondo fatto di stimoli per lo più fastidiosi, e mani che ti prendono, e luci che ti abbagliano, e voci che ti confondono...
Poi me la sono presa con calma e ho provato a conoscerla meglio.
Ho scoperto che non era semplicemente un doppione di sua sorella, l'incarnazione inquietante di un mio deja-vù esperienzale, un temporaneo lapsus della memoria.
Lei era una persona nuova, con sue attitudini e peculiarità caratteriali già parzialmente definite, evidenti all'occhio di una mamma, sia pure la più rinco, quale io mi ritengo, almeno quanto evidenti sono le differenze che ho riscontrato nella sua fisionomia, che a un primo sguardo mi richiama tanto quella di Mimi neonata.
Le orecchie tonde anzicchè a punta, da elfetto, come le aveva Mimi, le ciglia sottili e quasi invisibili, le guance e la pappagorgia da bambolotto pacioccone, contro la precisione miniaturistica dei lineamenti fini di Mimi, che sembravano dipinti dal pennello sottile di un artigiano sul volto impeccabile di una bambolina di porcellana...

Lei spalanca strani occhi grigi e senza ciglia e ti scruta seria, ché sembra ti interroghi, o forse solo che cerchi di capire il senso del tuo stare là, e del suo stare qua, o forse solo che ti dica: "Eccomi, conosciamoci. Tu sei mamma, giusto? Io sono quella della pancia, quella per la quale hai già perso tante notti insonni, che ti ammaccava le costole, che ti costringeva lo stomaco trasformando in bruciori e reflusso ogni tuo pasto, e finanche il tuo più esiguo spuntino. Sono quella che sentivi gli ultimi tempi traslocare da un lato all'altro del tuo utero con grandi stravolgimenti di addome. Sono quella. Mi riconosci? Io ti riconosco."
Perché quando lei ti guarda ti senti riconosciuta, e quasi sgamata.
E rimani a chiederti cosa mai starà pensando dietro quella fronte aggrottata, quando poi alla fine socchiude gli occhi e la vedi che medita, medita, talvolta appoggiando la mano al mento, ché lei, signori, è una gran pensatrice, oltremodo riflessiva, una filosofa, forse, chissà. Medita e gesticola, che pare stia provando tra sé un'orazione, atteggiando il volto a una serie ininterrotta di espressioni mimiche di rara intensità.

Lei per lo più è tranquilla, e raramente si lascia andare a scenate isteriche o ad immotivati explois vocali. Non sbraita, pigola. Protesta al limite, se è contrariata da qualcosa, soprattutto se le sue rimostranze vengono a lungo ignorate.
Per esempio detesta stare nuda. Ma è paziente, e aspetta di venir spogliata, cambiata e lavata all'occorrenza. Collabora perché ha capito che è un fastidio a breve termine. Perde la pazienza solo se la cosa si prolunga più del dovuto.
Si gestisce abbastanza in autonomia in fatto di mangiare e dormire. Ha imparato presto e bene  l'utilizzo e il funzionamento della tetta, è paziente e si impegna a fondo quando non si ritiene soddisfatta del rancio, senza inutili proteste e rimostranze, allora, si concentra e ci dà giù di suzione con una costanza e un'energia ammirevoli.
Dura cosa la lotta per la vita: procurarsi il cibo è un lavoro che sfianca, e non parliamo della digestione... e dell'evacuazione! Eppure lei dimostra anche qui un non comune stoicismo nell'affrontare le rognose coliche neonatali. Un po' di lamenti, qualche ué-ué, ma poi la vedi al pezzo, concentrata, determinata, focalizzata sul problema, aggrotta le sopracciglia e... parte lo scorreggione. E poi relax.

Non ha preferenze in fatto di musica, ma non le piace il silenzio. Per ora dimostra di apprezzare molto melodie soffuse, flauti irlandesi, arpe new age e tollera fin troppo le strida e gli schiamazzi della sorella maggiore, che non ha alcun riguardo per i suoi stati di sonno o di veglia. A quanto pare ama la compagnia, e non disdegna le occasioni di vita sociale.

Pare proprio non abbia difetti... se solo dormisse un poco di più la notte!

Signori e signore, ecco a voi: Rania.



martedì 9 aprile 2013

Secondo livello: allo start.

Dai dai, presto: ora che dormono tutte e due!
Un post un post! Approfitta finché dura, ché tanto lo sai che non dura molto.
Un post: sì ma da dove comincio?
Che importa, dai, cogli l'attimo! Carpe diem! Loro dormono, i gatti sono fuori, ti guardano imploranti dal vetro della porta-finestra della cucina, ma tu: non cedere!
Ché lo sai che dopo è tutta una lagna per farsi aprire la porta di camera dove "loro" dormono, e miao miao di qua prrr-mià di là, alla fine le svegliano. E dopo lo sai come va: pigli una, molli l'altra, cambi una, l'altra frigna, ripigli la prima, "Mimi devi fare pipì?" "No, mamma, gassie." "Grazie de che? Devi far pipì, Mimi, dai vienila a fare, che mi pari tarantolata" "No, mamma, io sono un gattino che si chiama Misé" "...".

E fai poppare una, l'altra frigna che vuole stare "imblaccio".
"Aspetta che la metto giù, Mimi, e dopo piglio te."
"Mamma imblaccio, imblaccio!"
"Mimi, che dici, me lo fai un disegno, intanto?"
"Mamma imblaccio, mamma imblaccio, mamma!"
"Dai Mimi, prendi i colori: fammi un disegno intanto che lei prende la puppa... Mimi sputa quella roba che hai in bocca... Mimi la smetti di frignare? Mimi, non ti grattare... Mimi piano che la svegli..."
"Mamma imblaccio, mamma imblaccio, mamma imblaccio, mamma imblaccio..."

E' così: un mezzo delirio, ma tu lo sapevi, eri preparata al peggio, e lo sai, tanto: che il peggio non è ancora arrivato.
Mimi s'è presa la varicella, con un tempismo pessimo. Si sveglia in lacrime inveendo contro "i microbi che la pungono".
L'altra rantola nel sonno e si sveglia mugolando ogni tre per due.
Io ho inaugurato il succhia-moccio, antico cimelio d'oggettistica piovutami addosso con l'arrivo della primogenita, accumulata e mai usata con lei, ora sì, con una neonata raffreddata. I famigerati anticorpi del latte materno a quanto pare nel mio caso si sono verificati inadempienti.
Me le gestisco ancora perché non ho ancora cominciato a perdere notti di sonno, faccio i debiti scongiuri e attendo speranzosa la fine dei malanni.
Alcune cose mi sembrano più facili di come le ricordavo, ma ora si fanno più complesse perché non sono più tutta per una, ma una per tutte.
Sono al secondo livello, e la difficoltà aumenta.

E poi attendo anche di riuscire a scrivere qualcosa d'altro di questo bollettino medico.
Ci sono cose che volevo scrivere ma che se non le fermi subito poi svaporano, e tu hai perso l'occasione e finisci a scrivere di varicella e succhiamoccio.
Cose che voi umani non pensavate potessero mai accadere e invece.

Per esempio che non credevate di potervi sciogliere ancora davanti a quei sorrisi involontari a bocca spalancata, ridere di quelle facce buffe, di quelle espressioni accigliate, perdervi nell'azzurro profondo di quegli occhi spalancati che indagano un mondo per loro nuovo e bizzarro, sconosciuto.

Pensavate non ci fosse più posto, pensavate i aver dato, di essere stanche, di non riuscire a ricominciare, di non poter amare altro e tanto. E invece.

Morire di tenerezza per qualcuno che fino a poco tempo fa non sapevate nemmeno che faccia avesse, sentirvi tutto per lei, e sentirvi appagate di questo.

Cose nuove, di un nuovo mai prima sperimentato.

Che in fondo va bene così, che il vostro mondo sia diventato essenzialmente questo, che ruoti in torno a questo: a Mimi dagli occhi splendenti, e a Rania dallo sguardo profondo.


lunedì 18 marzo 2013

No panic!


Ogni volta che mi assento dallo scrivere su queste pagine per più di un giorno e mezzo, penso sempre: adesso tutti quelli che mi seguono crederanno che ho partorito, o che lo sto facendo! Quindi mi viene la smania di aprire un nuovo post e di rassicurare tutti, che, no no: no panic! Tutto ancora tace.
Un po' egocentrico come pensiero, lo riconosco, anche perché immagino che l'unica che si stia facendo divorare l'anima giorno dopo giorno dall'ansia sia solo io.
E' vero, sono un tantinello ansiosa alla presa di coscienza che, oh, davvero oramai siamo agli sgoccioli, e giacché necessito condividere quest'ansia con il mondo intero, sappiate che a oggi siamo precisamente a meno una settimana, che è come dire: potrei anche partorire domani, volendo o nolendo...
Manca una settimana e ancora non ho preso appuntamento per il tracciato.
Manca una settimana e ancora deve venire l'operaio a rifare l'intonaco fracico in camera.
Manca una settimana ed ho finalmente acquistato un fantastico armadio al mercatino dell'usato che ho pagato, tra acquisto, trasporto e montaggio, all'in circa quanto avrei pagato un equivalente prodotto nuovo di pacca da Mondo Convenienza, e pure azzurro, come lo voleva Mimi, che ora invece dovrà accontentarsi di un rimediatissimo marrone-legno. Ma non importa: coinvolgere amici vari in scarrozzamenti automobilistici fuori porta con Mimi che se la dorme due ora secche nel seggiolino mentre io rovisto tra robavecchiume altrui appizzandoci interi sabati pomeriggio, per quanto stuzzicante e stimolante, è pur sempre un'attività che alla fine deve trovare un approdo in qualcosa, a meno che tu non abbia iniziato a mettervi mano almeno con un due-tre mesi di anticipo, e questo, l'avrete capito, non è certo il mio caso.

Quindi mi accontento e godo, anche se per la verità mi chiedo cosa mai mi sia venuto in mente di farmi arrivare l'armadio a  casa proprio nel bel mezzo del mio soffertissimo count-down. Eh sì, perché giovedì saremmo a meno 4 giorni, e nelle mie peggiori previsioni mi vedo lì che smanio a cronometrare contrazioni mentre i due incaricati trasportatori se la litigheranno con ante e cassetti che non ne vogliono sapere di andare al loro posto, e a voler sguinzagliare poi del tutto la mia fervida e catastrofica immaginazione, mi ci vedo, lì a congedarli sull'uscio rassicurandoli che, no no, sto benissimo non vi preoccupat... ops! Me la sono fatta sotto! La bambina, intendo.
No panic: cose che capitano, un attimo che raccatto il cordone, faccio una telefonatina al 118 e avverto il nido che oggi magari mando un'amica a recuperare Mimi, ché tanto il padre non risponde mai al telefono e figurati se lo fa oggi, che minimo minimo gli sarà arrivato un ordine straordinario di 24 agnelli e starà lì a squartarseli a colpi di mannaia dimentico del mondo circostante...
Ecco, questo accade nelle mie peggiori previsioni, cui forse dovrei iniziare a mettere un freno, visto che, guarda un po', ultimamente hanno una fastidiosa tendenza ad avverarsi, almeno in parte eh!

Ultimamente i miei sogni mi rimandano con insistenza l'immagine di me che mi reco all'ospedale in macchina in mezzo a un traffico esasperante, e penso che se la bimba dovesse nascere mentre guido, almeno finisce sul pedale del freno, e non sul''acceleratore, quindi tutto ok (povera psiche mia).
Stanotte il mio consueto e movimentato dormiveglia continuo che in genere si protrae circa dalle due in poi ha visto tramutarsi in nefasto insieme di visioni oniriche alcuni pensieri infelici che l'ansia mi ha suggerito nel mio immediato stato di discesa nel sonno. Mi sono svegliata di merda, passando dall'orrore di tragici pronostici, al grigio uniforme di un'ennesima giornata di secchiate d'acqua e depression mood.

Però.

Però un'insperato due giorni di sole e bel tempo mi ha permesso di lavare-asciugare una caterva di vestitini variamente rimediati e finora inscatolati alla rinfusa, dagli 0 ai 18 mesi: un delirio di taglie e stagioni che per il 50 % non riuscirò probabilmente a far inzertare, e che mi ha costretto ad immolare tre intere mattinate alla pratica continua dello stendere e ritirare, piegare e, udite udite, persino stirare (quando mi pigliano certi raptus non c'è niente da fare), e infine di stipare il tutto, ordinato per taglie e stagioni in una decina di scatole da guardaroba (sempre in attesa del famoso armadio marrone), una volta esaurito lo spazio in quella che ormai amichevolmente chiamo semplicemente per nome di battesimo: Malm, la cassettiera dei tuoi sogni.
Non avete idea di quanti di quei minuscoli vestitini riescano ad entrare in quelle accidenti di scatole da guardaroba. ogni volta che credevo da aver finito ne spuntava fuori un'altra. Davvero un delirio. Un delirio per lo più a tinte rosa pastello, ma pur sempre un delirio.

Però sono abbastanza soddisfatta di me, intanto perché ce la siamo finalmente risolta con la storia del nome, malgrado dobbiamo farci ancora l'abitudine, sia all'averlo finalmente scelto, sia al nome stesso, che con democraticissima imposizione, non so come l'ho tirato fuori da qualche interstizio malato dei miei lombi cerebrali; roba che oggi nel rispondere alla maestra Adriana che mi chiedeva se avessimo finalmente dato un nome alla creatura, ho vissuto una sorta di esperienza extracorporale, e mentre il mio apparato fonatorio pronunciava quelle cinque lettere in fila, il mio io cosciente si interrogava: "Lo sai, vero, che d'ora in avanti dovrai vederti sempre quelle facce davanti ogni volta che comunicherai a un qualunque estraneo il nome di tua figlia?" Sì? beh: chissenefrega, rispondeva il mio io subcorticale, quell'idiota di un sottosviluppato, tanto ci sono abituata. Ancora ricordo quella dolce vecchina che mi interrogò sulla strada per Montemagno, mentre io scutuliavo in carrozzina una pupa di un mese e poco più su e giù per l'erta sassosa che conduceva alla famosa casa-mulino delle nostre prime vacanze insieme, una pupa se mi consentite quasi sempre incazzata nera, non so se per lo scutuliamento o per le coliche o per la contrarietà dell'esser stata messa al mondo da cotanta incapace di madre. la dolce vecchina, dicevo, che mi chiese il nome, anche allora, della creatura, e io che, arrossendo fino alle radici pilifere della mia cespa di capelli, rispondevo, e sentivo a mia volta rispondermi: "I... I... AS... MINE? Oh, signore! E che nome è?" Manco le avessi detto che la frugola chiamavasi Satanassa!

Ecco, ecco che è tornato anche quel "che nome è?" e allora prendo atto che cominciano ufficialmente i miei dejà-vu da gravida-partoriente-puerpera, quelli che avrei volentieri rinchiuso nel più profondo degli anfratti della mia memoria, ma che ho volontariamente e deliberatamente deciso di ripercorrere...
E insomma: mica facile trovare un compromesso, cosa vi credete. Metter d'accordo capra e cavoli senza ferire e sconvolgere le fragili aspettative di nessuno, nemmeno del primo pinco pallino che finge una solidale curiosità per i fatti tuoi, e si aspetta risposte come Giulia, Sofia, Emma, Viola, Greta (che ultimamente sono i nomi più in voga, a quanto pare, ed è obbligo che ci si chiami almeno una neonata su due... senza offesa per nessuno, eh! Ricordate che sono quella che rifila alle sue figlie nomi da Anticristo!)...
...e invece si sente rispondere: RANIA. Strabuzza gli occhi, la maestra Adriana, se lo fa ripetere, una, due, tre volte. Tenta di storpiarlo in vari modi per renderlo più di suo gusto, ma alla fine capitola: "Oh, deh! Ma che nome è?"
Colpita e affondata. E avanti così! Pensare che ero tanto orgogliosa della mia scelta... e va be'.
Si abituerà (la bambina, agli strabuzzamenti oculari).

Ma comunque invece Mimi l'ha presa bene, eh: "No! Non si chiama codì! Si chiama NO-E-MMA! Mamma, e 'ccuda, non ti piace Noemma?"

Mentre pare che la suocera abbia gradito, anche se si è azzardata a suggerire anche lei qualcosa: "Mh, sì, carino Rania, ma che ne pensate di Randa? Anche quello è un bel nome, no?" Cara innocente suocera, se tu sapessi! Il figlio è stato costretto a dirle che in italiano non suona proprio bene, perchè... perchè... Randa significa "piedi" (la verità era indicibile, c'è da dire però che nella cultura islamica i piedi sono considerati parti del corpo piuttosto impure).

La mia solita amichetta, per suo conto, mi fa giustamente notare che Rania, scritto con la "I" al T9 del cellulare vien fuori "PANIC", mentre con la "Y" dà un simpaticissimo "PANZA", il che ancora per poco ma mi sembra quanto di più appropriato alla mia attuale situazione addominale.
Per il panic preferisco aspettare almeno l'avvento della prima contrazione, poi vi fo sapere, eh!

venerdì 8 marzo 2013

Nomination...


Il Beduino non è proprio il prototipo del padre partecipe alla gravidanza, se vogliamo dirlo con un eufemismo.
Però devo anche aggiungere che il suo livello di partecipazione, emotiva e pratica, a questa seconda, è drasticamente scemato rispetto a quando aspettavamo Mimi. Sarà che ormai è tutto un déjà-vu, sarà che ha la testa altrove, tutto preso com'è dai suoi asfissianti pensieri quotidiani, sempre i soliti: l'attività che non va o va a singhiozzi, le tasse che strozzano, i debiti che si accumulano, le multe che piovono, il dipendente che si è infortunato, con grande tempismo e lungimiranza, proprio ora che non ci voleva, in concomitanza col mio ultimo mese di gravidanza...
Va be', diciamo che ho evitato di aggiungere a questa sua situazione emotiva il mio bel carico di paturnie, e nei limiti del possibile ho cercato di gestirmi la gestazione da me.
A maggior ragione perché lui dimostrava una certa insofferenza nei riguardi di alcuni argomenti scottanti. Tra questi argomenti c'era l'irrisolta questione del nome di Noemma, divenuto di mese in mese una vera e propria ossessione.

"Allora come la chiamiamo questa bambina?" Era la mia ciclica domanda, destinata a rimanere nel limbo delle domande indegne di risposta o considerazione, dato che la sua più comune si risolveva in una specie di grugnito, se era in vena di concessioni. Se no il silenzio.
Quindi ho smesso.
Ma ogni tanto ci riprovo.

- Sai, ci ho pensato: che ne dici se stavolta le diamo un nome italiano alla bimba?
- Ber esempio?
- Mah... non so... per esempio... Arianna.
- ARIANNA? Ma sei matta? Perché proprio Arianna scusa?
- Non so, mi piace... che c'è di male?
- Ma in arabo "ariana" vuol dire "nuda"! Come ti è venuto questo nome?
- Non è che me lo sono inventato io, eh! E' un nome classico, e si riferisce ad un personaggio del mito molto affascinante, la principessa Arianna, figlia del re di Creta Minosse...
- Boh! A me sembra stubido dare un nome di un personaggio inventato.
- Perché non capisci niente.

POI

- Allora che ne dici di Amanda?
- Amanda??? Ma che nome è?
- Un nome di buon augurio: significa "da amare".
- In che senso?
- In senso buono.
- Mah...
- Va bene, allora dimmi tu.
- Mi va bene tutto, scegli te.
(Grrrrr)
- Eleonora?
- ...
- Come Eleonora d'Aquitania: era una regina medievale e una gran donna di cultura.
- Così diventa secchiona come la mamma...
- Beh, che male c'è? Insomma, non ti piace?
- Boh... Bossiamo chiamarla Nuria: è quasi uguale, no?
- Ehm... Lascia perdere.

POI

- Insomma... stavo pensando al nome per Noemma...
- Mi sa che alla fine rimarrà Noemma...
- Certo: se non ci decidiamo! Mimi è molto più determinata di noi!
- Va bene allora chiamiamola Naima.
- Naima??? Ma che nome è?
- Somiglia a Noemma.
- Ma fa schifo! Mia figlia non si chiamerà né Noemma né Naima. E poi che significa Naima? Non vuol dire "formica"?
- Ma che! Quello è "namla"! Naima vuol dire "pulita"! E' molto diverso. Naima: nun-alif-ain...
- Ecco appunto: non voglio nomi con "ain" e altre lettere strane. E non voglio chiamare mia figlia "pulita". Al massimo Linda.
- Sgrunf... (grugnito di chiusura conversazione)

POI

- Sai, stavo bensando: mi biacerebbe scegliere un altro nome di fiore.
- (Molto timorosa) Per esempio...?
- Ber esempio Nasrin. Bello, no?
- Ehm... ma come ti è venuto 'sto nome? 'N se pò sentì! E non parliamo della pronuncia poi...
- Mi è venuto berché pensavo a un nome che facesse rima con Yasmin.
- E che senso ha dare un nome che fa rima con quello della sorella scusa?
- Berché Yasmin fa rima col cognome, e questa cosa mi biace molto.
(Uno dei motivi per cui ero perplessa già su Yasmin... ma come gli vengono certe idee?)

POI

- Ho pensato al nome di un fiore: Margherita.
- Così la chiamano Rita come la moglie di Giampiero...
- Senti, non è che possiamo espungere i nomi di tutti coloro che abbiamo conosciuto in vita nostra.
- Warda è un bel nome...
- WARDA??? Ma sei fuori??? Povera creatura!
- Ma vuol dire Rosa.
- Allora perchè non Opunzia, Ortensia, Papavera o Tulipana?
- Tulipana???
- Sto scherzando, scemo.

POI

- Margherita è proprio bello: come la regina Margherita di Valois, La Reine Margot...
- Ma berché sei fissata con i nomi di regine e principesse?
- Chi, io?
- Poi ti stupisci se tua figlia gira per casa con le tovaglie addosso e dice "Tono popio una bellittima pincipezza!"
- Va bene, allora proponi tu qualcosa.
- Va bene: Ahnan.
- HANNAN? Vuol dire "cesso"???
- Non "Hammam": A-H-NAN.
- Posso dare a mia figlia un nome che ogni volta che la chiamo devo fare lo spelling e esalare l'ultimo respiro? (Senza contare che rischio ogni volta di sbagliare e chiamarla "cesso")
- Ma non è difficile da bronunciare: A-H...
- Senti, lascia stare, come non detto: ci penso io.

POI

- E comunque ti avevo chiesto se ti andava bene un nome italiano a 'sta botta, e non mi hai ancora risposto.
- ...
- Poi continui a propormi nomi arabi assurdi.
- Tipo?
- Tipo quello dell'altra volta, com'era... Ah, sì: Maimuma!
- OMAIMA!
- Ecco appunto. Se non vuoi nomi italiani, dillo così evito la fatica di pensarci. E cercherò un compromesso. Non c'è bisogno di tirare fuori nomi improponibili.
- No, va bene anche italiano, basta che esiste anche in arabo. Ber esempio Sara. Va bene: chiamiamola Sara. Sara va bene a tutti e due, no?
- Cioè: hai già deciso tutto da solo.
- No, ma è bello Sara.
- Non mi dice niente. E poi è il quinto nome più diffuso in Italia.
- Boia! Hai già fatto delle ricerche!
- No: guardavo solo la classifica dei nomi.
- Allora Miriam.
- Ma sembra il nome di mia mamma!
- No: E' il nome di tua mamma.
- Più o meno...
- Va be': allora alla prossima mettiamo il nome della mia mamma.
- Ecco, proprio quello che non volevo. No: lasciamo fuori i nonni, per favore!
- Allora Nadia.
- Sì, bravo: come la maestra Nadia!
- E chi è?
- Una maestra di quando ero alle elementari. Dell'altra sezione, ma il figlio era in classe nostra e questo la autorizzava a venire sempre a romperci le palle.
- Ma che t'imborta? E' bello Nadia...
- E poi c'era pure la mia prima coinquilina... quella zozzona col suo cane piscioso e il suo coniglio che cagava ovunque...
- Allora bensaci tu, io mi sono rotto le balle!
(Come dargli torto...)

- Ho trovato il nome giusto!
- ... sto aspettando...
- Ho paura di dirtelo e poi tu me lo demolisci.
- Allora non dirmelo.
- Ranya.
- ...
- Beh?
- Ranya?
- Come... ehm... la regina di Giordania. Non ti piace? Vuol dire "colei che guarda con attenzione".
- Ah: guardona!
- No! Tipo: sguardo profondo.
- Boh!
- Ma è un nome arabo, no?
- Mai sentito.
- Ma come?
- Sarà inglese. Quella è nata da una madre inglese.
- Ma che dici: sono palestinesi.
- Boh!
- Ma insomma: esiste o no?
- Sarà un nome indiano, che ne so.
(Sob)

POI

- Ci ho pensato: Ranya non mi convince. Sembra Ryanair.
- Brobrio ora che mi stavo abituando.
- Ma allora ti piace!
Ber me è uguale.
- Sarà. Finora non mi è parso.
- Va bene Ranya. Chissenefrega.
- Ma poi la chiameranno "ragno" o anche "rana".
- Ma tanto se andiamo a vivere in Libia...
- Mh... sì... vedremo.  Poi ci sarebbe Leila.
- Laila.
- Leila.
- Mi sembra uguale.
- No Hasuna: sono due vocali diverse.
- Va bene. Chiamiamola Leila. E' carino.
- E' dolce.
- Sì, e poi è breve...
- ...
- ...
- Purtroppo...
- Sì?
- E il nome del cane di Ciro!


Da cui si evince che la colpa non è proprio tutta del Beduino...
Ma prima o poi ce la faremo eh! Non disperate!
Noemma... (Sob!) Ci stiamo lavorando...

lunedì 14 gennaio 2013

La bambina che è in me.


Sto diventando noiosa, lo riconosco.
No, ma lo riconosco, eh. Riconoscetemi almeno l'onestà autocritica.
Noiosa e monotematica.
E dire che ho una mezza dozzina di interessanti (mah!) post sugli argomenti più disparati, e invece mi sto fossilizzando nel mio ruolo di genitrice e generatrice.
E' che ogni tanto me ne dimentico, o almeno potrebbe sembrare che sia così, ma in fondo in fondo, nel profondo più intimo di me, si cela il cuore di una bambina.
Già, già: nessuno di noi dovrebbe dimenticarsi del bambino che fu, e che in fondo continua a d essere, seppure trasmutato in versione adulta, ma in me si cela un'altra bambina, che non sono io, e nemmeno una parte di me, e nemmeno il residuo di ciò che fui.
Questa bambina sento che la sto trascurando un po' troppo, e un po' già mi sento un pochino in colpa, pure.
Mi manca la fantasia visiva, immaginativa, iconica: io proprio non ci riesco a visualizzarmela nella mente come molte affermano di riuscire a fare. E che è, ci vedono a raggi x? Io a dire la verità continuo a capirci poco pure di fronte allo schermo dell'ecografista. Diciamo che fingo, così, per non prolungare la patetica scena:
- Vede? Qui c'è il naso, con il labbro superiore. Nessuna anomalia (l'assistente annota). Vede le orbite oculari?
- Mh... sì.
- Qui c'è lo stomaco.... Ed ecco i piedini.
- Ooooh! I piedini!(Qualche esclamazione ogni tanto ci vuole, o crederà che io sia una madre proprio insensibile alla naturale commozione materna).
Anche a questa qui piace piazzarmeli nelle costole, come alla sorella, a quanto pare. Da rimanerci senza fiato (e non certo per la commozione).
Ma, devo dirvelo in tutta fiducia, sì va be', non ci ho capito una mazza dell'ultima eco; sì, è vero, sapere che il femore misuri 5 cm non mi significa gran che; e, sì, continuo a fare un po' di confusione tra la distanza biparietale e la circonferenza cranica (basta che non sia troppo piccola, né troppo grande, a me va bene), ma lei sta facendo un ottimo lavoro lì dentro, malgrado il mio categorico assenteismo emotivo, malgrado la mia cronica distrazione e il mio ostinato rifiutarmi di prenderla ancora in considerazione come individuo.
La cosa mi ha fatto una strana tenerezza.
Lei c'è, e sta facendo tutto (quasi) da sola, che io sia pronta o no.

Che tu sia pronta o no, cara madre, pare dirmi, io vado avanti, eh! Sono in posizione di lancio, mi sono voltata a testa in giù (me n'ero accorta comunque, c'ho le costole sensibili io), ho rispettato tutti i parametri di crescita, confermo la data precedentemente stabilita assieme, sono puntuale io, non arrivare all'ultimo impreparata, non dirmi che non ho rispettato gli accordi, non farmi sentire l'ospite incomodo che arriva in anticipo sulla tabella di marcia quando ancora stai affettando le cipolle per il sugo e non hai finito di asciugarti i capelli, prepara un posticino nel tuo cuore anche per me.
Tua figlia ci sta riuscendo meglio di te, ti rendi conto? E ha appena due anni (e mezzo, Noemma, due anni e mezzo).
E soprattutto, trovami un nome, te ne prego, io HO BISOGNO di un nome.
Ho bisogno che mi venga riconosciuta una mia identità. Ho bisogno che tu mi mandi nel mondo accompagnandomi con un augurio, attribuendo un significato al mio esistere, associando alla mia persona una tua volontà di fare di me qualcuno che è nei tuoi pensieri, di lasciarmi qualcosa di tuo, anche, che mai sarà scindibile dall'idea che ho di me stessa.
Sei piccola, Noemma, ma già la sai lunga. Hai ragione, non mi sto comportando bene con te.
E' che la vita... le persona a volte...
Oh, ti prego, risparmiami la predica per quando sarò un'adolescente recalcitrante e rinfacciona. Io non pretendo niente di astruso, sai?
Hai ragione, Noemma... volevo solo dirti: io in realtà un nome ce l'ho già per te. Lo tengo custodito ben bene nei miei pensieri, non ho voglia di mostrarlo nemmeno a tuo padre, per paura che me lo possa rovinare, con un commento, un'alzata di spalle, un aggrottamento di fronte. Lo tengo nascosto come tengo te, lontana dai commenti, dalle ingerenze altrui, dai secondo me, dai no-ti-prego, da domande e giudizi. Perché in realtà stavolta me la voglio giocare io.
Vorrei che tu fossi mia già da subito, vorrei lasciare tutto il resto del mondo un po' di lato, ad aspettarci, senza azzardarsi a metter bocca, senza insegnarmi come si fa a non farti piangere, quante volte al giorno devi mangiare, come è meglio che io ti tenga, quali scelte siano le più giuste per te, come il tuo nome dovrà suonare all'orecchio di chi non ti conosce, di chi non ti ha atteso, di chi non ha pensato disperatamente ad un futuro migliore per te, di chi non ha pianto a volte in silenzio al pensiero di non riuscire ad amarti a sufficienza.
Mi sei piaciuta, oggi sul monitor.
Ma smetti di darmi pedate sulle costole?

giovedì 25 ottobre 2012

Lettera al marmocchio.


Caro marmocchio.
Ché mi fa strano ancora considerarti un pupo. Ti immagino là dentro tutto accartocciato e un po' traslucido, come leggo che tu debba essere in questo momento, magari anche un po' pelosetto, insomma, non certo il roseo e rubicondo pargolo di una réclame di Benetton. Marmocchio ti sta meglio, dico io.
Caro Marmocchio, dunque, se puoi sentirmi, ma non ricordo se a questo punto tu possiedi già il senso dell'udito, per quanto so per certo esserti spuntate già le orecchie, quello che volevo dirti è: non mi aspettavo di rivederti già così presto, chè ero andata solo per una normale visita mensile di routine, e in genere mai mi era stata concessa tanta grazia come quella di scrutare nelle mie interiora per una semplice visita mensile di routine. In genere si risolveva tutto con una palpatina là in mezzo, e due annotazioni sul libretto.
Ma stavolta c'era la Gestapo.

Poi te lo spiegherò, un giorno forse, perchè gli assistenti dei professori all'università si rivelano in genere in sede di esame molto più stronzi dei professori (fai finta di non aver sentito la parola "str...", sempre che tu l'abbia sentita), perché le tirocinanti della mia (e tua, per ora) dottoressa, siano assai più fiscali, saccenti e intimidatorie della dottoressa stessa, che nelle loro mani ci ha abbandonate, dedita al vizietto inestinguibile della sigaretta tra una visita e l'altra, e all'occasione anche in sede di visita, se le è permesso.
Così ti spiegherai anche perchè, dopo avermi sottoposta a un'interrogatorio che manco la mia temuta prof di greco alle superiori, ci hanno dovuto visitare addirittura tre mani di tre diverse persone, ravanando là in mezzo a turno nel loro guanto di lattice mentre tua madre si esibiva a gambe spalancate come la più lasciva delle pornodive e rammentava tempi in cui aveva pur avuto una dignità di persona, e non solo di portatrice di apparato riproduttivo...
Ché poi chissà perché si sono accanite su quella storia del diabete gestazionale, e giù a chiedermi se avevo parenti diabetici, ah, uno zio paterno? Uhm, molto interessante... E nessun genitore? Nessun fratello di primo grado (scusate, perché: un fratello può essere anche di secondo o terzo grado?). Ma è proprio sicura? (Uè, bella mia, guarda che io e te ci passiamo massimo massimo tre-quattro anni di vita, eh! Il fatto che io stia qui a farmi interrogare da te sul mio reale o presunto stato di salute e abbia già all'attivo un figlio e mezzo, non ti autorizza a darmi del lei e della "signora"!) Insomma, i "suoi" genitori (a ridaje!) sono entrambi in buona salute? Ehm... non proprio, sa, mio padre sarebbe anche un po' morto. Ah! Fa lei con sguardo truce da chi ti ha beccata impreparata e mo' te la farà pagare, E di cosa sarebbe morto? Ehm, di tumore, nulla di grave, sa, cose che capitano. Ah, allora va bene. E sua madre sta bene? Eccheccazzo mi auguro di sì! (Va be', l'"eccheccazzo" lo solo pensato, ma ci stava tutto).

Ok, marmocchio, cancella dalla tua giovanissima memoria questo grottesco dialogo.
Dicevamo che queste della Gestapo non si sono fatte mancare nulla, e con mia grande sorpresa mi hanno infine mostrato in diretta ciò che accadeva qualche centimetro al di sotto del mio basso ventre, e lì c'eri tu, proprio sullo schermo del monitor, che non la finivi di agitarti e di esibirti in evoluzioni di un virtuosismo insperato. Tanto per inciso: vacci piano con quelle piroette, e capriole, e salti mortali tripli carpiati. Non tanto per i calci, che io proprio se non ti avessi visto con i miei occhi, non ci avrei creduto che lì dentro vigeva quel concitato regime di attività fisica, vista la calma piatta che emana dalle mie budella (anche se, non crederai mica di continuare a fare tutto quel bordello anche tra qualche mese, mio caro, quando sarai già un bel po' più voluminoso di ora, mi auguro!), non tanto per i calci che infliggi alla tua povera genitrice, quanto perché, ti ricordo, sei attaccato a un cordone, bello mio, e va a finire che prima o poi ti ci strangoli, o ti ci imbraghi per bene, e poi alla fine chi ti tira più fuori di lì? Eh? Me lo dici? Ché poi mi tocca pure farmi aprire la panza come il lupo dei sette capretti, solo che quello manco si rende conto, al suo risveglio, di aver subito a sua insaputa un intervento cesareo plurigemellare mentre si schiacciava una pennica. Chiedilo a tua sorella che di queste cose se ne intende. Se no non sarebbero fiabe, che devo dirti, la vita è un'altra cosa.

Ma tornando a noi, vedi, io ci avrei un presentimento, che dopo averti visto mi pare più di un semplice istinto materno, roba che io poi non ho mai potuto vantare, roba da madri olistiche, madri medium, che di notte sognano il bimbo che parla loro e che rivela loro la sua occulta identità.
Tu per fortuna non hai mai ancora avuto l'alzata d'ingegno di apparirmi in sogno, e te ne sono grata.
Però ugualmente io non mi tolgo dalla testa questo presentimento, ché un pochino l'ho letto anche negli sguardi e nelle mezze frasi di quelle della Gestapo, che farfugliavano tra loro, quando ho chiesto timidamente se per caso non si vedesse il sesso: No, è troppo presto per sbilanciarsi. Anche se... che ne dici? Guarda qua. Uhm... Ma non possiamo dirlo con certezza. Sì però qua in mezzo... vedi? Sì, potrebbe anche essere, ma non è detto. E alla fine mi hanno confermato un buon 50 % di probabilità che tu fossi maschio. Ottima percentuale, dico io, ma ugualmente devo confessare che un po' mi rode.
E non so se mi rode più per non averlo saputo (del resto già sapevo che avrei dovuto ancora aspettare un altro mese), o perché da quegli ammiccamenti medici io ho inteso si parlasse di un pisellino in auge.
E se devo dirtela tutta un po' mi spiazza questa cosa.
E poi ti ho visto che casino che fai lì dentro, cosa credi che non ho capito?
E che, non li vedo i bimbi degli altri al parco quando si rotolano per terra e buttano ghiaia sullo scivolo, e si tolgono le scarpe e infilano i calzini nella terra, e si tirano addosso manciate di sassolini e si fanno inseguire lungo il perimetro dei giardini dalle povere madri agonizzanti per sette volte come Ettore e Achille intorno alle mura di Troia (no, ti dico che non è una parolaccia, in questo caso), mentre Mimi se ne va leggiadra per aiuole a raccogliere ciclamini e margherite e mi dice: "Mamma, guadda che bello il pio'e piccolo!", e si sprimaccia il vestitino per togliersi di dosso la polvere dello scivolo allordato di terra e pietrisco?
C'è una distanza abissale di fondo che non voglio per ora spingermi troppo in là nel sondare, ché già inizio a sentirmi un pochino male al pensiero di una tale eventualità, e mi crogiolo nella dolcezza delle nostre passeggiate culturali, con Mimi che mi dice: "Andiamo a vede'e la galle'ia?" o "Andiamo a vede'e le ttatue?" riferendosi alle brutte sculture bronzee che adornano il viale dei giardini.

Ecco, io ho pensato un po' a tutto questo, prima ancora che a quanto sarebbe bello avere un maschietto dopo una femminuccia.
E' che devo interiorizzare. Dammi il tempo. Non sono pronta.
In fondo ancora non ci conosciamo. E' stato così anche con tua sorella, all'inizio; ce n'è voluto di tempo perchè ci amassimo come ci amiamo ora.
E tu sei ancora un estraneo, mi riesce difficile immaginare di riuscire a trovare lo spazio anche per te, nel mio mondo affettivo.
Non è colpa tua, chiaro. Tu in fondo non hai fatto nulla di male, e ti limiti ad esistere.
E' che se mi sforzo con tutta la mia immaginazione riesco ancora a immaginare un doppione della pupa da amare almeno quanto ora amo lei. Più difficile mi riesce con un pupo.
In fondo quando mi hanno detto che Mimi era femmina ci ho rosicato anche allora.
Le femminucce sono tutte smorfiose e stronzette, pensavo allora. Che poi è un po' vero, Mimi sa essere smorfiosa e stronzetta a meraviglia, ma questo non mi impedisce di amarla così.
E' che dovremmo smettere di pensare ai figli come a qualcosa che possiamo determinare con la nostra volontà, come a qualcosa che arriva a soddisfare i nostri desideri e le nostre aspirazioni mancate, come a qualcuno che finirà per essere un prolungamento della nostra esistenza.
E voi invece siete solo persone che chiedono di essere accettate e amate così, a prescindere dalle ambizioni e dai progetti materni o paterni. Ed è giusto così.

Ma non biasimarmi ancora, io ne sono quasi sicura, che ti amerò tantissimo.
Anche se dovrò rifarti da capo l'intero guardaroba mettendo al bando l'intera gamma di sfumature che va dal rosa carminio al violetto, e dovrò adattarmi a comprare brutte T-shirt marroni o blu con sù stampati disegni di scarpe da tennis e palloni da rugby, macchine rombanti e robottini ammiccanti. Purtroppo è quel che passa il convento.
Anche se dovrò andarti a ripescare in cima agli scaffali di casa e prestarmi a faticosi e rumorosi giochi  con palloni e rotelle.
Sì, già lo so che comunque vada, sarai il mio... o la mia!

Solo una cosa temo: chi glie lo dice poi a tua sorella che non avrà una TOELLINA? Non è che mi tocca subito subito metterne in cantiere un altro pur di farla stare zitta?