domenica 10 luglio 2011

Se avessi i soldi!


Giorni di stanchezze individuali e specifiche, settimane di insofferenze reciproche e non-comunicazione, infine mesi di semi-indifferenza e vite parallele o solo momentaneamente tangenziali, istanti troppo brevi per essere significativi, come due spettri confinati in due dimensioni vicine eppure non interferenti, sprofondati ognuno nelle sue occupazioni anche nei residui momenti di relax, ovvero, la sera, dopo cena.
Lui con la testa nella tv, e il cuore sempre lontano, tra le bombe e le notizie che non arrivano o arrivano troppo tardi; io concentrata sul quotidiano, sugli irrilevanti, privati eventi del mio piccolo universo, alieno dalla realtà geopolitica, forse un rifiuto, una volontà di affermare che in fondo anche questa mia è vita, che non si può vivere l'assenza più della presenza, la lontananza più della vicinanza. Che ci siamo anche noi due, io e lei, e siamo qui, e aspettiamo.
Stanca, più che insensibile, isolata dall'incomprensione altrui, dal sentirmi ripetere che "Eh, però anche tu devi capire..." da chi probabilmente non ha capito nemmeno la metà; e io che la vivo ogni giorno attraverso lui e sulla mia pelle, di certo lo capisco meglio di chiunque altro che una guerra che si trascina ormai da mesi interminabili riesce a sfibrare e a logorare persino chi non ci si trova dentro fisicamente, ché la sua testa si è trasferita lì in modo permanente, con sporadici ritorni sulla terra, e questo a lungo andare ci allontana, ci allontana... e che a volte mi sento così stanca di sentirmela addosso che quasi quasi me ne andrei, come quando girai da sola l'Andalucìa, solo io e la mia tracolla, "Una ragazza? Da sola? Ma è rischioso!" "Tua nonna è rischiosa!" ho risposto alla mia povera, mentalmente limitata collega. Che mi sento imprigionata e senza via di fuga, e avrei proprio voglia e bisogno di vedere orizzonti illimitati avanti a me. Ma ora non potrei, no. C'è lei, che ha bisogno di me, e anche lui. E' questa è una delle poche certezze che io abbia acquisito finora. Quella di essere necessaria.
Arroccata sulle mie posizioni sbagliate, a tratti più morbida, a tratti più scostante, rassegnata al mio ruolo di massaia, ritrovo in me soffocati livori e attese di riscatto e affermazione personale, quando avrò sistemato qualche faccenda, aspetta un po' e vedrai, e non so neanche più con chi ce l'ho, se con lui o con me stessa. Più probabile la seconda. Ma intanto è più comodo avere qualcuno a tiro di schioppo.

Finché poi arrivano giorni che ti lasci andare di nuovo alla leggerezza, a lasciarti prendere di sorpresa dal lato assurdamente comico di certe situazioni, e ti scopri a ridere di te, di noi, di una vita imperfetta, ma in fondo la nostra, che se ti lasci andare più spesso, senza rimuginare troppo su gesti e frasi stizzite, sicuramente vivresti meglio, e chi ce lo fa fare di arroccarci così sulle nostre posizioni. tanto vale lasciarsi vivere e prenderla come viene.

Lo vedo armeggiare scocciatissimo con il contenitore delle posate, incastrato sul ripiano del lavello tra una piramide di piatti lasciati a sgocciolare in verticale e il residuo bellico dei nostri bicchieri scampati al rovinoso crollo del ripiano pensile di mesi e mesi fa, tutti sbreccati e incrinati, chi più chi meno, artisticamente compositi, pezzi unici di set ormai non più tali. Ricomprarli no, non ci è ancora venuto in mente, anche se abbiamo ricevuto qualche gentile donazione da amici caritatevoli, ad infoltire la schiera  di pezzi scompagnati delle più varie forme e dimensioni.
- Borca troia, cazzo!
- Ottimo, Hasuna: continua così e tua figlia un bel giorno si sveglierà e ti dirà: "Vaffanculo babbo!" al posto di buongiorno.
- Dai non rombere pure te: dove cazzo è finita la forchetta sottile?

Spiegazione di dovere: Hasuna, come tutti noi, ha alcune fissazioni tutte sue riguardo alle stoviglie. La sua forchetta personale è l'unica ad avere i denti stretti, come piace a lui, tutte le altre potrebbero tranquillamente essere usate come cucchiai: hanno denti larghi come paletti di uno steccato. Lui le odia; piuttosto che usarle si riduce a mangiare qualsiasi cosa col suo cucchiaino dal lungo manico.
Naturalmente la forchetta in questione è quella che non si trova mai, che finisce sempre in frigo dentro a una zuppiera di pasta fredda, o cade dietro il lavello, tra il carrello dei canovacci e la spazzatura, o viene prescelta dalla sorte per essere utilizzata come antenna di fortuna della tv o come utensile atto ad aprire un contenitore incastrato e poi rimane abbandonata in giro per casa.

- Forchette di merda! Te lo giuro: quando sarò ricco le butto tutte e le ricompro come dico io! Non vedo l'ora!

Non so se è stato il non-sense dell'affermazione, o la certezza dichiarata circa l'eventualità di essere un giorno "ricco" (eventualità del resto che non costituisce per il beduino oggetto di aspirazione alcuna, tenendo lui il denaro e il benessere in generale in scarsissima considerazione), o il paradossale pensiero che per acquistare un set di posate nuove occorra attendere l'improbabile svolta economica capace di proiettarti in un futuro laminato d'oro, fatto sta che questo è stato il momento dello sciogliersi di tutta la tensione accumulata in risa immotivate e liberatorie.
Perché tutto sommato basta poco per sentirsi ricchi, se tutto ciò che desideriamo è avere sempre a portata di mano la forchetta giusta, quella che corrisponde proprio alla tua idea di forchetta.

Fatto sta che il beduino non ha aspettato di diventare ricco. Una sera lo vedo rincasare con un'aria beata e soddisfatta, proclamando con entusiastica enfasi:
- Indovina cosa ti ho portato?
Come se si trattasse di una cosa che io attendevo da tempo.
E vi assicuro che l'ultima cosa a cui avrei pensato era che da quel sacchetto di plastica tirasse fuori sei, e dico sei, splendide, lucide forchette a denti strettissimi!
Mi è venuto ancora da ridere, ma mantenendomi su un tono semi-serio gli ho chiesto:
- Allora queste altre le buttiamo, Hasuna?
Lui borbotta, remissivo:
- No, lasciale: possono sembre servire se abbiamo osbiti a cena...

Mi viene spontaneo a questo punto chiedermi: qual'è la prima cosa che comprerei, se dovessi a un tratto diventare ricca? Forse un cuscino nuovo; il mio è piatto piatto e sembra quasi non ci sia, e ogni volta che gli cambio la federa inorridisco a vedere gli aloni giallo-marroncini espandersi sulla sua trama come fuochi d'artificio in cielo.
E' molto rassicurante pensare che non servirà aspettare che la ricchezza piova su di me per prendermi le mie rivincite dalla vita, e che in fondo è possibile fare a meno anche di ciò che rimane a portata economica del nostro sguarnito portafoglio, che se un giorno ci venisse tolto anche quel poco che abbiamo, non sarebbe certo la fine del mondo.

9 commenti:

  1. hihi anche mio papa' e' ossessionato con La Sua Forchetta. La sua invece deve essere quella grande, tipo forca. Se gli metti quella piccola in tavola comincia a dare i numeri. Anzi, ora che ci penso ha anche La Sua Tazza del Te'.
    D'altrone lui e' ingegnere.
    Quindi immaginati che c'e' sempre di peggio ;-)

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  2. stupendo questo post suster, davvero stupendo.
    ci leggo dentro quello che chi ha la fortuna di conoscerti "dal vivo" probabilmente vede tutti i giorni: una donna con dei valori, che scende oltre la superficie delle cose, che affronta la vita ricominciando da un sorriso.
    avrei bisogno di lezioni private di susterità.... :)
    giuppy

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  3. Ritrovarsi a ""piangere"" e ridere per voi, con voi... questo non è un post, ma un teletrasporto!
    Ricambio un abbraccio "antico".

    ... se diventassi ricca... due mesi di vacanze in campeggio con bambini (e cuoca), se vuoi puoi raggiungerci con la pupa, e loro a casa ad... aspettarci!!!

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  4. IlMioAmore ha il mug per il caffè mattutino preferito, siamo tutte sulla stessa barca, e questo mi ha fatto sorridere :-)
    Per quanto riguarda la prima parte del blog, mi è scesa una lacrima. Non se ne parla neanche più.

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  5. Bellissimo post. Io anni fa ho imitato Hasuna e buttato tutte le mutande comprate in fretta, regalate o ereditate e ricomprato tutto un set di mutande comodissime e nuove. Un gesto che mi è sembrato da Rockefeller e mi ha regalato la sensazione di essere davvero un signore. La ricchezza, come la felicità, è uno stato mentale.

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  6. Stupendo post!!!! anche il mio babbo aveva la sua forchetta, grossa e pesante...
    è incredibile quanto poco basti per essere felici. la felicità si raggiunge con le piccole cose che ci fanno vivere meglio e ci fanno sorridere!!!! non servono di certo i soldi

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  7. @sfolli e Emily: ma io credo che ciascuno abbia le sue legittime fissazioni. Io ce l'ho coi cucchiaini mastodontici, modello "pala". Il cucchiaino per me deve essere piccolo, se no che senso ha il suffisso -ino? E possibilmente col manico sottile. Ah, e poi detesto il caffè nella tazzina di coccio grosso, lo preferisco al vetro, amaro e tassativamente bollente, se no cambia il sapore e non mi piace più. I bicchieri... ma potrei continuare all'infinito! (e non sono ingegnere!) ;)

    @Giuppy: io guru? No no, non sono in grado di impartire lezioni di vita. Cerco solo di raccogliere intorno ciò che ritengo buono salvare e di dargli un senso. Se riesco a tenermi a galla già e tanto.

    @tri: ma non vale! Il tuo "se fossi ricca" è un po' troppo pretenzioso, non trovi? Il tetto massimo di spesa è di 50 € diciamo(e mi sono pure tenuta larga!):deve essere a portata di portafoglio sempre e comunque, se no non funziona!

    @maf: io una volta ricordo di aver visto un servizione del tg1 su come gli italiani prendono il caffé... no comment sul valore giornalistico del servizio, comunque pare che siamo un popolo di gente estremamente fissata con questa bevanda, e intransigente riguardo la modalità di assunzione della stessa.
    (io vivo un po' in un mondo a parte, non saprei neanche dire se qui se ne parla o no, perchè ormai ho rinunciato a guardare tg italiani...)

    @Giovanni: Uh, Giovanni, che onore un tuo commento qui! :) Eh, lo so: le mutande sono un'altra brutta bestia (soprattutto per voi maschietti, noi femmine si combatte coi reggipetti!). Anche Hasuna credo che presto sbotterà in un altro attacco di scialacqueria e si deciderà a rinnovare il suo guardaroba intimo, che non sto a commentare...
    Beh, sai , io credo che la felicità non possa essere unicamente un fattore mentale, ma scaturisca da una presa di coscienza ben concreta invece, da una consapevolezza di sé, dalla cognizione di un percorso, dall'accettazione dei propri limiti, dalla volontà deliberata di abbracciare una scelta e portarla avanti... argomento non facilmente esauribile in sede di commento!

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  8. Arrivo ora con ritardo, ma questo post l'ho "sentito tutto". Dalla prima parola all'ultima.
    La stanchezza e l'arroccarsi e anche scioglere le tensioni con risate e dialoghi surreali.

    Se diventassi ricca mi comprerei una gomma nuova... quella che ho è un moncherino nero tutto usato.

    Adesso vado a leggere anche l'altro!

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  9. Fantastico! La gomma è veramente un oggetto degno di suscitare aspirazioni di ricchezza: accettato! ;)

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