lunedì 30 aprile 2012

Indipendenza.


Un anno e nove mesi.
Lei si arrampica sulla sedia della cucina e pretenderebbe di salire anche sul tavolo.
Sulle sedie, ormai ho rinunciato a impedirglielo, anche se lo so, prima o poi si rovescerà all'indietro, lei, la sedia, e tutto ciò che riuscirà ad afferrare nel tentativo di tenersi, quando cadrà. Sul tavolo tengo duro: non si sale.
Le chiedo di cosa ha bisogno e le allungo il suo bicchiere con succo di mela.
Noooooooooo! Un urlo echeggia per la casa.
Lei vuole arrivarci da sola. Ci sa arrivare, ha imparato come fare e non vuole essere aiutata. Giustamente, anche.
Mi allontano per quindici secondi, torno in cucina e la trovo trionfante, in piedi sulla solita sedia, una banana in mano, che mangia con gusto e soddisfazione.
- Ma... come hai fatto a...
Come vuoi che abbia fatto? Si è allungata sul tavolo e l'ha presa. Prima d'ora mi aveva sempre chiesto di togliere la buccia, ma evidentemente ha trovato la strada.
Sono contenta quando la vedo muoversi in autonomia.
Ultimamente il tempo che dedica a giocare da sola è sempre più lungo. La sento cantare, parlare, recitare a memoria le filastrocche dei suoi libretti. Prende un libro e inizia a leggerlo, da sola, al suo gatto Amleto. Oppure li fissa sull'orlo del comodino, a mo' di leggio, e prende a sfogliarli, seguendo le immagini parlando e cantilenando a voce alta. A volte si blocca o si perde, e allora intervengo io, sulla strofa dimenticata.
- Non leggia'e mamma! Non canta'e mamma!
Mi rimprovera, e io mi zittisco.
Mi porge un cd e mi chiede di mettere la musica.

Indipendenza è sapere ciò che si vuole, effettuare le proprie scelte in autonomia, e non è facile.
Fino a poco tempo fa non sapeva realmente quel che voleva. Ora inizia ad averne un'idea un po' più chiara: il fatto di saperlo comunicare verbalmente la aiuta a focalizzare l'obiettivo.
Scegliere un libro piuttosto che un altro, una canzone piuttosto che un'altra.
Fino a poco tempo fa non avrei potuto chiederle: "Vuoi questo o quello?" L'alternativa la spiazzava.
Ora sa scegliere: io la trovo una grande conquista.
La prima cosa quindi che mi viene in mente a proposito dell'indipendenza è questa: sapere cosa si vuole, e non è facile, neppure per un adulto. Molto più facile è sapere cosa non si vuole.
Prepararsi alle scelte importanti che si faranno crescendo è sapersi chiedere: cosa voglio fare?
Perché ogni scelta ne preclude altre: scegliere è eliminare alternative, riuscire a imporre la propria preferenza, stabilire quale sia per noi la soluzione più praticabile, più gratificante o più urgente.

Se penso a molte delle mie scelte passate, le vedo connotate soprattutto da due fattori: estrema indecisione fino all'ultimo, e una generale passività nei confronti delle circostanze, che ti porta in genere a percorrere la strada più scontata. Malgrado ciò non posso dire di aver lasciato che altri prendessero decisioni per me, o influenzassero, se non con consigli e pareri (che ho sempre richiesto) le mie.
Mi piacerebbe che lei nella sua vita riuscisse ad esercitare un'indipendenza di "scelta" non solo dalle persone, ma anche dai modelli precostituiti, dai percorsi forzati, dalle scelte in cui non credi con tutto te stesso, che riesca ad avere chiara l'idea di "cosa" vuole, "chi" vuole essere e "cosa" vuole fare, perché già il saperlo è la prima parte della realizzazione.
Per questo voglio che lei sperimenti e conosca, che impari a capire cosa le piace, che si identifichi con le proprie passioni, che le sue conoscenze entrino a far parte del suo modo di essere, del bagaglio di ciò che costituirà il nocciolo profondo del suo essere.
Per questo quando scelgo per lei cerco di fare grande attenzione a ciò che al momento la possa interessare e coinvolgere, e osservo le sue reazioni, le sue interazioni con le cose e con le attività.
Per questo, magari ingenuamente, ma provo spesso a proporgli delle alternative possibili, a renderla partecipe di alcune decisioni nell'ambito della gestione della nostra giornata, a farle capire che una cosa esclude l'altra, e a farglielo accettare in maniera consapevole, senza che debba apparire un ricatto. 

La seconda cosa che mi viene in mente è legata al fare.
Fare da sola è dunque al momento un esigenza ricorrente: vuole inserire lei il disco nello stereo e lo vuole far partire lei, vuole accendere e spegnere la luce, quando entriamo in una stanza, vuole sbucciare da sola i mandarini che mangia, aprire pacchetti di creckers, lavarsi e asciugarsi le mani da sola, e pure pettinarsi. Guai ad aiutarla!
- E' MMMIIIOOOOO!
echeggia da qualche tempo per casa e pure per strada, quando ci troviamo noi a passare per un qualche luogo.
All'inizio pensavo si trattasse della rivendicazione di un possesso, e mi stupivo, perché quello della proprietà è sempre stato un concetto che ho cercato di limitare e di circoscrivere all'utilità degli oggetti. Ho pensato che il contatto con i bimbi del nido deve averla messa per forza di cose nella necessità di "marcare il territorio" nei confronti altrui.
Poi ho capito: "E' mio" in questo momento non si riferisce tanto al possesso di cose. Quando Mimi dice "E' mio" in realtà vuole significare: "Questa cosa devo farla io, è di mia competenza!"
Io devo aprire le finestrelle del libro, e tu non puoi nemmeno aiutarmi socchiudendole, anche se non mi riesce, piuttosto che lasciar spodestare il mio primato esecutivo dal tuo intervento, passo avanti e salto la pagina, anche se non saprò mai quale animale si nasconde dietro al bambù.
E se mi cade un pezzetto di carne mentre mangio, guai a raccoglierla! Lo devo fare IO, mamma, anche se non riesco a infilzarla come si deve tra i rebbi della forchetta (va be', rebbi lo dici tu, mamma, io dico "focchetta" ed è già tanta roba), ma ci provo e ci riprovo, anche se potrei portarmela alla bocca con le mani, ma qui è in gioco la dimostrazione della mia autosufficienza e padronanza del bon ton.

Il problema è questo: se non ci riesce perde le staffe, inizia a urlare, si arrabbia, si arrabbia di più se cerco di aiutarla senza toglierle l'oggetto di mano, di mostrarle il modo giusto per riuscire.
Rinuncio: va be', allora se lo sai fare fallo da sola. Ma questa presa di distanza non può che causare un nuovo accesso di rabbia: l'ho appena messa di fronte alla sua incapacità di risolvere da sola un problema. Voglio farlo e non ci riesco. Però voglio farlo io, proprio io, da sola.

Non sono ancora brava ad affrontare queste situazioni di conflitto, la frustrazione delle cose e delle situazioni che non vogliono rispondere ai suoi comandi, alla sua volontà, ora che inizia ad avere chiara l'idea del suo potere su di esse, di poterle trasformare, di avere la possibilità di farle funzionare.
La conquista dell'indipendenza si accompagna allo sviluppo della propria autostima e contribuisce ad alimentarla. Forse il ruolo del genitore in questi casi può essere quello, non solo di incoraggiare la libera iniziativa, ma di insegnare a gestire il proprio orgoglio, ad accettare i propri limiti, ad avere consapevolezza delle proprie capacità e ad essere disponibili per affinarle, imparando dagli altri, a non essere schiavo dell' "Io lo so fare da solo", ma armarsi dell' "Io posso imparare a farlo da solo".

Chissà tra quante altre sfuriate di rabbia ancora...


La riflessione sul tema dell'indipendenza mi viene da un'iniziativa del blog Mens Sana.
Io però sono rimasta indietro, a qualche settimana fa. Recupero oggi a percorso concluso.


19 commenti:

  1. Mi piace molto, tua figlia!
    La Purulla non parla ancora. Si fa capire e mostra ciò che vuole, ma vorrei tanto che si esprimesse a voce!

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    1. Parlerà, parlerà. E vedrai: sarà divertente e incredibile!

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  2. fantastica!!!! ritrovo molto gli atteggiamenti di mio figlio che è nato lo stesso giorno dello stesso anno della tua cucciola!!! non fa che ripetere" io io io io io io" e "boglio boglio boglio boglio"....aiutoooooooooo

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    1. Contatti influenti mi dicono di stare tranquilla: a quanto pare è il normale decorso dei terribili due anni... fase dittatoriale, a quanto pare. Ma a quanto pare anche poi passa... almeno credo!

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  3. Eh, questi cucccioli che crescono!

    Riflessioni che condivido, la mia è più grande ci siamo passati e per certe cose ci siamo ancora (anzi, ti anticipo che le cose si complicano quando sono in grado di verbalizzare meglio e ti stupirai ben presto degli sviluppi delle tue corrette intuizioni, anche se poi ogni bimbo è un mondo a se')

    "Sulle sedie, ormai ho rinunciato a impedirglielo, anche se lo so, prima o poi si rovescerà all'indietro, lei, la sedia, e tutto ciò che riuscirà ad afferrare nel tentativo di tenersi, quando cadrà. " E perchè? magari no! Dipende da quanto sarà sicura e serena. Io ho badato ad insegnalre a muoversi in sicurezza (ho una scala interna perchè casa nostra è su due livelli, e non ha corrimano perchè è molto particolare) e poi mi sono "fidata". Dare fiducia, dopo aver dato gli strumenti, accresce l'autostima ma soprattutto la sicurezza, un po' come fanno i tedeschi coi loro bimbi (da me un post sulle mie esperienze nei parco giochi tedeschi e il concetto di autonomia nelle mamme del mondo)

    Brava Suster che rilanci e recupir l'iniziativa di Palmy, pensa che per questa "puntata" io ho un post in bozze lasciato a metà, piano piano recupererò almeno quelli che avevo inziiato anche io!

    ciao!

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    1. Sai C', in realtà il mio problema è sempre stato quello di "peccare in eccessiva fiducia". pensa che la pupa mi è già caduta una volta dal tavolo della cucina (di testa!) e una volta dal mobile del bagno dando una craniata storica, con conseguente corsa al PS pediatrico. Che paura! Certe imposizioni di disciplina motoria le impongo prima di tutto a me. Poi sono anche del parere che alcune cadute siano terapeutiche e utili all'apprendimento. certo che ho fiducia in lei! Solo che tra le due devo ricordarmi che sono quella che deve avere maggior coscienza del pericolo....

      per quanto riguarda le 9 skills for 9 weeks... se ti va possiamo riprenderle in tandem! Ci stai? Io la settimana prossima stavo pensando di scrivere qualcosa sulla

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  4. È in gamba la ragazza, e anche fortunata: una mamma così attenta e riflessiva è un buon bagaglio con cui avviarsi al mondo.
    Scegliere consapevolmente a cosa rinunciare (che scegliere anche etimologicamente è proprio rinunciare) non è un compito facile, farlo rispettando i propri limiti oltre a quelli delle leggi della vita poi...!

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    1. Arrossisco e mi prendo le lodi, sperando che la riflessione si sappia trasformare in azione attiva e ben finalizzata. Grazie!

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  5. Tua figlia è una "tosta" ..... Oltre che bellissima!

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    1. Oh, be', grazie! lo so... cioè: lo è sempre stata, tosta. Uh, che giornatine e che nottate che mi ha fatto passare!
      E che dire, per me è bellissima, non ci piove, ma non sono proprio la persona più imparziale per dirlo!

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  6. Tranquilla Suster, anche io ho avuto e continuo ad avere il terrore che la sedia su cui immancabilmente salgono i miei figli si ribalti all'indietro e loro nel tentativo di tenersi si tirino dietro tutto il contenuto del tavolo e si facciano male...ebbene, in 5 anni di tentativi di arrampicata in ogni modo, la sedia non si è mai ribaltata...!!!! Comunque la tua bimba è uno spettacolo tanto è bella!!! Baciotti

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    1. Grazie! Allora spero che non si debba mai verificare il caso!

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  7. Generalmente se il "facciamolo insieme" non funziona, mollo il colpo con un classico "arrangiati!" (mentale) senza tutta questa bella riflessione che ci doni. Ma la mia Me è più grande ed ha imparato a chiedere aiuto quando proprio non riesce! Poi, quando meno te lo aspetti, tornano piccoli e ti cercano laddove potrebbero veramente cavarsela da soli...
    sarà un ritorno alla base per lanciarsi in nuove sfide?

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    1. Il mio "arrangiati" in genere è
      molto espressivo mimicamente e lei reagisce quasi sempre con un nuovo eccesso di rabbia e pianto, non appena si sente abbandonata dalla mia attenzione. Insomma, è piuttosto incontentabile, la ragazza: non voglio che mi aiuti, ma non voglio nemmeno che te ne sbatti!

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    2. PS:
      Probabilmente io ho più tempo per farmi tante seghe mentali...

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  8. Ma che bella bimba, e che bel blog ti ho già aggiunta nei preferiti per poterti seguire :-) Il mio bimbo non dice una parola ma vedo che ora è molto interessato ai suoni che emette :-) A parte mama,pa-pa-pa, tia (suo fratello che si chiama Mattia) non è che dice molto :-)
    A presto.
    Marta
    :-)

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    1. Grazie Marta! Avevo già visitato il tuo blog, ma ora ti ho ritrovata.
      A presto!

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  9. Quante cose avrei da dire!!!! Cercherò di essere sintetica...
    "DA TOLA!!!" è la frase che rieccheggia più spesso qui: Elisabetta vuole vestirsi da sola, mangiare da sola, scegliere da sola la maglietta più adatta all'occasione, camminare da sola, fare scalini da sola, salire sui muri da sola, fare la spesa da sola. Se proprio non mi è chiaro il concetto, mi prende per mano e mi accompagna lontano da lei, in modo che io capisca quale è il mio posto nella sua vita: VIA! A volte resto basita senza sapere cosa fare: giustifare la sua onnipotenza o chiarirle i suoi limiti? Lasciare che si ribalti dal divano (come è appena successo) e ricordarle ogni giorno a venire il motivo di quel bitorzolo in testa.... o impedirglielo sul nascere, frustrandola comunque? Da brava mamma, faccio come mi viene all'occasione, lo ammetto, anche a seconda della mia capacità di tolleranza del momento, che è brutto da dire ma è un pò così...
    Ci sono dei momenti poi, in cui mi sembra talmente indifesa e fragile che fa emergere in me una tenerezza senza limiti, la voglia di farla tornare al sicuro dentro di me, lontana da tutto e da tutti... Mi abbandono sempre a quella sensazione e LO SO che devo invece lasciarmela alle spalle... ma ancora un pochino dai......
    La tua bambina è stupenda Suster!
    giuppy

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    1. Ah! Gli scalini anche qui! Pensa che l'altro giorno credo di averle sfiorato la schiena mentre saliva un gradone di quasi mezzo metro di altezza e lei si gira e mi fa, minacciosa: "Mi toccavi?" °_°
      Giuppy, i tuoi interventi sono sempre toccanti e ricchi di contenuto.
      Io credo che in questo momento sia giusto lasciare che assaporino il loro senso di onnipotenza. Arriverà il tempo in cui saranno messe davanti ai loro limiti e dovranno imparare ad accettarli.
      Certo, anche io quando mi tocca asciugare da terra il succo di frutta per l'ennesima volta, sclero, quando per la rabbia strappa la copertina al libretto di cui non le è riuscito aprire le finestrelle, glie lo tolgo di mano in malo modo provocando infiniti eccessi di pianti, quando mi fa perdere mezz'ora in lavanderia perchè deve togliere lei i panni uno per uno e pretende che glie li rimetta dentro se per caso si accorge che ne ho tirati fuori anche io approfittando di una sua distrazione, taglio corto e la metto da parte urlante mentre rovescio il contenuto del cestello nella mia busta...
      Sono sempre del parere che anche quelle siano occasioni di apprendimento: anche così ci si impara a relazionare con gli altri. Cioè: se rompi troppo i coglioni a mamma, mamma sclera. Lezioni di vita, altrochè!
      E poi arrivano anche per me quei momenti in cui la vedo indifesa e inerme, nei suoi sforzi immensi per affermare la propria piccola volontà, per sentirsi capace di fare le cose che faccio io, nella rabbia impotente di non riuscirci, e divento mamma chioccia. Ci vogliono entrambe le mamme, credo

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