domenica 7 settembre 2014

Rientrare è un po' crepare.

Riproduzione fedele della nostra maison (noi stiamo all'ultimo piano).
Siamo tornate alla nostra dimora, nella città palustre, dopo i nostri misteriosi girovagare che mi hanno tenuta occupata per ben tre post, e neppure è detto che io abbia finito.
Siamo rientrate, dicevo, da più di una settimana, e a parte l'attesa un po' impaziente per il rientro a scuola che chissà quante altre persone come me in questo momento, malgrado ciò dicevo, l'approccio graduale è doveroso, per salvaguardare il mio fragile equilibrio psicofisico.
Un momento prima te ne stai sereno, a bivaccarti le giornate tra gite in luoghi remoti, studiandoti gli spostamenti in auto perché coincidano con i collassi diurni della pupetta. Te ne vai in giro col naso per aria e la coscienza sopita, lasciandoti intrigare dalla storia dei luoghi e dal susseguirsi di orizzonti variegati di indaco e turchino, ocra e giallo limone, arancio e cremisi, e tutto il tuo esistere ordinario ti sembra da lì estremamente lontano, trascurabile, e in fin dei conti non così faticoso come ti era sembrato standoci dentro fino a poco prima.
Il trucco è vivere sempre come se tu fossi in vacanza, in fondo non è difficile, dato che tu non lavori, ti dici.
E' che poi rientri ed eccole lì, le beghe noiose da espletare, le bollette nella cassetta della posta, le ricevute delle raccomandate scadute che non hai ritirato, le notifiche di multe del Comune di Olbia che hai già pagato due mesi fa, le faccende pruriginose lasciate in sospeso che ti eri detta, va be, poi a settembre con calma ci penso, i vari appuntamenti da prendere che non hai voglia, e soprattutto, sì va bene in vacanza da una vita perché no, ma qui occorre iniziare a metter mano con cautela al portafogli, che è bello sì andarsene a zonzo per rive e per calli, ma Dio lo sa quanto ho speso di benzina in un mese e mezzo di gironzoli.
Ah, il triste asservimento al dio Denaro.

Comunque, niente paura, con calma e sangue freddo si viene a capo di tutto.
Per prima cosa sono stata malissimo.
Beccata tremenda influenza gastrointestrinale che per fortuna parziale deve aver colpito solo me e non le bimbe. In questo caso non credo nel mal comune mezzo gaudio, anche se il tener loro testa con la rivolta delle viscere in atto è stata un'esperienza di quasi morte.
Poche persone possono vantare come me il lusso di aver vomitato dietro la panchina di pietra del parco, mollata in fretta e furia mia figlia in cima a un troncone di colonna che mi gridava dietro: "Mio prode cavaliere, salvami! Sono prigioniera su questa torre, aiuto! C'è un drago che mi vuole divorare!" E la piccola che mi gironzolava tra i piedi lamentosa mentre conati orrendi mi squassavano le membra.
Che spettacolo pietoso devo esser stata per tante corrette genitrici ivi presenti con le viscere in ordine e zero conati a squassar loro le membra appoggiate allo schienale di pietra della panchina del parco.

Comunque poi è passata, è durata giusto un giorno e qualche scampolo di letargia il giorno successivo.
Lo dicevo io che i rientri devono essere graduali, se no sono dolori.
E invece la sera stessa del nostro arrivo mi metto a ramazzare il pavimento alle 11 di sera con due lavatrici appena stese e una in canna, 'sta fretta insensata di svuotare valigie e riporre bagagli, riprender possesso di spazi e ritrovar luoghi consoni a oggetti volanti.
Le bimbe intanto, prese dall'entusiasmo del rientro ce la mettevano tutta per boicottare i miei sforzi vuotando cassetti e armadi, sparpagliando gessetti su pavimenti e delocalizzando pentoline costruzioni di legno e animali di gomma in varie zone strategiche dell'abitazione.

Ho dosato con lungimiranza i rientri in società. Mi son messa d'impegno a scaglionare nei giorni i ritrovi con amici vari, le telefonate di riallaccio a quelli che non sentivo da tempi di cui farei bene a vergognarmi un  po'.
Ho ripreso dimestichezza con la città, grado a grado, inclusa tremenda spedizione all'Ikea che forse sarebbe stato il caso di risparmiarmi.
Invito per pranzo da mamma di amica che continuavo a rimandare, perché prevedevo massacro che infatti è stato, mettendomi in auto ancora convalescente da nausee e vomiticci vari e mezza drogata con misture esplosive di Plasil e vivin-C, soffrendo terribilmente durante il tragitto la difficoltà di tenere entrambe le palpebre alzate e sognando enormi tazze di caffè ristoratrici. Ho poi recuperato con un due ore di sonno tosto postprandiali su divano di mamma di amica mentre le mie figlie si stordivano in cucina di succo di frutto e Peppa Pig.

Abbiamo pure salutato il mare di qui, un pomeriggio di grandi nuvoloni che a momenti oscuravano il sole e il cielo, e sulla spiaggia tirava un'aria freschina, poi a tratti tornava il sole a picchiare sulla pelle non ancora sufficientemente abbronzata da non potersi ustionare, persino a settembre, cosa che infatti è avvenuta.

Sono andata all'ospedale a prenotare una visita per Mimi, che da tempo ha una cistina sulla palpebra che pare sia arrivata l'ora di esaminare meglio.
Il CUP mi disse di chiamare Radiodiagnostica. Radiodiagnostica mi aveva dirottato su Neuroradiologia. Chiamo Neuroradiologia.
Al telefono mi dissero che dovevo andare di persona.
Di persona arrivo con bimbe ostruzioniste al seguito e mi guardano storto. Mi dicono: "Ma chi le ha detto di venire qui?"
Me lo sono inventato, tanta era la voglia di farmi una gita in ospedale con due figlie attaccate al polpaccio.
Comunque mi danno una lista di esami da far eseguire a Mimi senza i quali non è possibile prenotare la risonanza. E' per via della sedazione. Ok. Ho le impegnative del mio pediatra, devo solo raffrontarle e aggiungere gli esami che eventualmente mancano.
Tornando dall'ospedale una tizia mi tampona alla rotonda.
Ahimè, la nostra gloriosa auto quasi-d'epoca era già scassatella nel suo lato B, e mi balena l'idea di farmela sistemare per bene a spese della tizia.
Ci scambiamo i numeri e tutto, faccio pure un po' quella scocciata e risentita, c'ho le bimbe in macchina, e devo fare la revisione all'auto, se no, guarda, lascerei perdere.
Poi però durante il giorno mi pento, mi sento una merda, chiamo la tipa e dico "Scusa, lasciamo perdere, vai tranquilla che non è successo niente, amiche come prima eh!"
E dopo mi sento molto meglio.

A buon punto l'annosa questione dei documenti della macchina.
Dopo svariati e reiterati giri in motorizzazione, il libretto dell'auto non è ancora pronto.
Allo sportello mi dicono di salire al primo piano. Al primo piano mi dicono: c'è un problema con i documenti di suo marito.
Capito il problema chiamo beduino, scansiono documenti, mando mail, attendo fax, richiamo beduino, smadonno un poco, falsifico firme beduine, torno in motorizzazione, salgo al primo piano, la butto un po' in caciara. Attendo.
Mi dicono di tornare tra una settimana. Ancora.
Va be', dai, ci siamo quasi, mi dico mentre cerco il numero del pediatra per farmi fare le ultime impegnative che mi mancano.
Nel contempo mi accorgo di non avere più la cartellina dove tengo tutto l'incartamento medico relativo alla figlia Mimi. Sparita, volatilizzata.
Ripercorro mentalmente i miei passi e deduco che essa devesi trovare in ufficio al primo piano di motorizzazione.
O almeno mi auguro che sia lì, e di recuperarla appena possibile.

Tutto ciò è molto irritante, ma non sufficiente a farmi desistere dal mio proposito di restarmene ancora per qualche giorno con la testa vacante, ovvero vacanziera.
E se non vi ho neppure accennato alle disavventure del mio cesso, la cui pulsantiera, per strani accadimenti del destino è finita risucchiata nel gorgo dello scarico, se non ve ne ho parlato dicevo, è solo perché, dopo aver molto abusato della parola "vomito" qualche paragrafo fa volevo evitare di abusare altresì della parola "cacca", ché non si sa mai ci sia qualcuno che si scandalizzi nel leggerla, dato che questa era una storia dove la cacca aveva un ruolo dominante.

Solo un po' rientrata, ma cauta, in punta di piedi, senza esagerare, ché è sempre bene mettere le mani avanti in questi casi.
E i risultati finora si sono visti.
Non so se è proprio una buona strategia....

3 commenti:

  1. io al posto tuo a quest'ora avrei bisogno di un po' di ferie! anch'io non lavoro e quanti credono che ciò equivalga a vivere in una condizione perenne di semi-vacanza non sanno cosa dicono!
    comunque, piccolo consiglio non richiesto, anch'io da bambina ho sofferto di un problema simile alle palpebre. li chiamavano calazi.il primo, che è stato pure il più grosso, me l'hanno asportato a otto anni, poi ne ho avuti un altro paio, più piccoli, negli anni successivi, ma dopo i dodici anni non si sono più presentati. in soldoni erano delle palline di grasso, innocue, ma antiestetiche e soprattutto fastidiose perchè impedivano di aprire bene l'occhio. magari non c'entra nulla con quello che sta avendo Mimì, però se fosse quello non è nulla di preoccupante. una scocciatura senz'altro, ma per fortuna non grave. in bocca al lupo! e buon cauto rientro.

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    1. Ancora ferie? Tu dici? ma non mi sono ancora ripresa dalle ultime!
      :-)
      Ti rispondo con lista numerata:
      1. In realtà credo che il non lavorare sia un reale vantaggio in termini di stress, tempo e relazioni. Solo che non avendo termini di paragone uno non se ne rende conto. L'importante è non prendere la vita come un lavoro, ma, appunto, come una vacanza, che non deve essere per forza riposante, eh. Insomma, uno stato mentale, o fai tu (Guarda quante idiozie sono in grado di dire, a volte)
      2.Grazie per il tuo che non è affatto un consiglio ma un'esperienza di vita che vale al raffronto. Per la verità non sono affatto preoccupata, ma è giunta l'ora che faccia alla fine quel che rimando ormai da anni (sono tre per l'esattezza), come da più pulpiti mi vien sollecitato a fare, e non venir meno ai miei doveri di sollecitudine genitoriale.
      A presto e in bocca al lupo a te.

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