mercoledì 30 ottobre 2013

Prendi una mattina per caso.

Per esempio dopo aver lasciato la grande a scuola.
Che ne dici se ce ne andassimo a spasso, io e te?
La piccola fatina rise e dimenò il capo, farfugliò qualcosa come a dire sì.
Lei nel passeggino, veicolo pensato al solo scopo di passeggiare, io tappeti di foglie secche sotto i piedi, e marciapiedi (strutture pensate al solo scopo di marciare a piedi).
Passeggiamo dunque.
Ottobre alle ultime battute ci concede una giornata inaspettatamente luminosa e dorata, una di quelle giornate classicamente autunnali, di quell'autunno che disegnavi a scuola, nei cartelloni appesi alle pareti dell'aula, con tutte le foglie colorate appiccicate. Qualcosa del genere.
In sostanza è stato bello.
Io, lei, e l'autunno, così, senza motivi particolari.
Perché non capita quasi mai che dedichi del tempo esclusivo a lei, a me e a lei.

giovedì 24 ottobre 2013

Generatore automatico di immagini mentali.

Allora, premetto che in questo momento dovrei forse finire di dare l'impregnante alla libreria di Mimi, e poi carteggiarla, invece di mettermi a scrivere un post, che poi arriva l'amica, mollo a lei la piccola che dorme invece di abbandonarla da sola in macchina e sentirmi una madre degenere una volta di più, e corro a prendere la "glande". Dopo di che avrò esaurito il tempo libero giornaliero a mia disposizione.
Per cui considerate, o voi che leggete, come un immenso privilegio questo mio estremo sacrificio (ma chi te l'ha chiesto?).
Tra le tante cose che avevo in programma di scrivere da tempo e mai riesco per carenza di tempo e concentrazione, non ne scriverò manco una, ma mi consolo constatando che la mia personale capacità di valutare il livello di interesse di ciò che scrivo non corrisponde a quella del pubblico.

venerdì 18 ottobre 2013

La verità, tutta la verità e nient'altro.

Sono io, sì, sono proprio io quella stronza che ogni giorno parcheggia sulle strisce pedonali.
Eddai, qualche volta metto pure le quattro frecce, se mi ricordo, fosse fosse che decida di passarci un amico della municipale.
Se solo capissi come si imbocca la strada della scuola, non sarei costretta a lasciarla lì, all'angolo, sulle strisce, ogni maledetta mattina di pioggia. Ché io se no ci vado pure in bici a portare mia figlia a scuola, ma che posso farci se piove? E che quello è l'unico posto che trovo nelle vicinanze al mattino.
La prima volta che andai in macchina ho fatto per tre volte il giro dell'isolato incastrata tra sensi unici e orario di ingresso, alla fine mi sono detta: oh, qui non c'è modo di arrivare davanti alla scuola, tanto vale.

martedì 15 ottobre 2013

Haiku per contagio.

Son fiera di me:
affetta da contagio
ci sono anch'io...

1. Sbriciola pane
massaggiando gengive.
saranno denti?



sabato 12 ottobre 2013

Io mamma scassamaroni e l'ingresso alla materna.

Un'altra settimana è andata, e devo dire che, ragionando a freddo, decantate le prime impressioni "sull'onda emotiva", non sta andando malaccio. La scuola dico. Ve l'avevo preannunciato o no che ci sarei tornata? Scommetto che eravate in ansia a non saperne più niente.
Mimi ci prova tutte le mattine, a dire che quel giorno è stanca, o che preferisce tornare alla scuola vecchia (al nido), che per la materna non è ancora abbastanza grande, che si era sbagliata.
Poi però, giunti al venerdì ha esaurito tutti gli argomenti e si lascia condurre docile argomentando di compagni che hanno fatto questo e quello, e consapevole del fatto che all'indomani la scuola è chiusa, perché non manco di farglielo sapere, che venerdì è l'ultimo giorno di travaglio, e poi c'è il week end, e credo che sia importante, questo scandirle il tempo della settimana che va esaurendosi, perché l'aiuta a guardare le cose nella giusta prospettiva, anche se l'idea vera e propria del ciclo settimanale credo continui a sfuggirle.

martedì 8 ottobre 2013

Cronaca di un salvataggio.

Foto presa da qui

Ore 15:29. Usciamo di casa, io e la piccola fatina, per andare a prendere Mimi a scuola.
Il cielo è solcato da sporadiche nuvole a grappoli, ma sembra non minacciare pioggia; aleggia un'aria umida e pesante, stantia, palpabile che pare di essere ai tropici.
Ricevo messaggino di amica che recita: "Noi si pensava di andare al giardino verso le 4. Vi ci troviamo?"
Rispondo che sì. Approfittiamo finché possibile di queste belle giornate, ché abbiamo tutto l'inverno davanti per intristirci in casa!

venerdì 4 ottobre 2013

Insonne e inconcludente.

Ho appena cliccato sul pulsante "nuovo post", ed ecco, il panico mi assale.
Quando dormi quasi nulla la notte, accade che poi di giorno hai la testa come fosse piena di sabbia. Se la muovi ti sembra faccia il rumore che fa, per l'appunto, della sabbia dentro una maraca, e ti pesa come se fosse, proprio,  piena di sabbia. Percepisci i suoni come se tutto intorno fosse ovattato, e anche i contorni delle cose e i loro colori ti sembrano, così, un po' sbiaditi, un po' evanescenti.
E un pochino questo cielo lattiginoso ci mette del suo, ma non son qui a parlar del tempo.
Del resto non so precisamente a parlar di cosa sono qui.

In questi giorni ho scritto un sacco di post fighissimi, di cui sono strafiera.
Li ho scritti nella mia testa, quasi sempre mentre andavo ad accompagnare Mimi a scuola, in bici oppure a piedi, con il passeggino, lei sulla specie di pedanina che abbiamo scoperto atta a sostenere i 13 Kg di una treenne, e la piccola sulla seduta, piegata a panino, come dice Mimi, tutta in avanti a guardare il mondo venirle incontro e ad addentare la barra di gomma che fa da parapetto dello stesso.
Questo passeggino raccattato al cassonetto è davvero fenomenale, ha delle doti di cui non avrei sospettato.


mercoledì 25 settembre 2013

Liste. E altro.

Grembiule a quadretti rosso
Un sacchetto di stoffa con nome (dentro un cambio completo scarpe comprese)


C'è qualcosa nell'attesa di un inizio che mette sempre un leggero filo di...


Pennarelli a punta grossa.
Pastelli a cera.


Non saprei. Ansia? Trepidazione? Emozione? Impazienza? Agitazione? Commozione?
Tu stai lì che ripassi la lista delle cose da portare, e intanto ti accorgi che non hai pronta un'emerita ceppa di nulla. Il grembiule è da maschio, perché l'unico modello a quadretti rossi che era rimasto al supermercato era con i palloni da rugby, e la risma è sbagliata.

venerdì 20 settembre 2013

Morte dell'estate.

L'estate muore in un autunno bizzarro.
In un autunno dolcissimo, avrei detto qualche tempo fa, prima dell'arrivo di queste piogge melancuniose.
Ora ci regala giornata piene di una luce dorata che investe chiome ancora frondose dei grandi platani che svettano sopra i tetti della città, nell'orizzonte della nostra terrazza.
Tanta poesia in questa morte d'estate, come in tutti i canti del cigno.
Ma comunque ne abbiamo avuto abbastanza, dell'estate dico.

Proprio non capisco quei tizi che ancora se ne stanno in spiaggia a prendere il sole di settembre che ci mostrano insistentemente al telegiornale.
Basta, è ora di voltare pagina.
Qui più prosasticamente parlando, siamo tutte in spirito di nuovo inizio.

lunedì 16 settembre 2013

Soggetto altamente infuenzabile.

Il poste shop è luogo periglioso per chi osi inoltrarsi tra i suoi scaffali nell'attesa del proprio numero d'ordine.
Non credete di essere in salvo solo perché avete solo intenzione di fare un giretto tanto per ammazzare i tempi di attesa.
Non crediate che, giacché ci siete, darete anche un'occhiata per vedere se tra i dvd esposti c'è qualcosa che può interessarvi. Nemmeno se avete ben chiaro in mente quello che cercate, e siete determinati a prendere nel caso quello e solo quello, e nient'altro.

- Posso aiutarla?
- Beh, giacchè c'è, lo chiedo a lei: avete mica Il libro della jungla?
- Uhm... Il libro della jungla... Aspetti che guardo... (Se è per questo potevo fare anche da sola, grazie). No, non mi pare, no.
- Ok, grazie.
- Ma abbiamo Robin Hood! (Sì, lo vedo anche da me, grazie).
- Grazie, ma Robin Hood ce l'abbiamo già; cercavo proprio Il libro della jungla.
- Peter Pan?
- Ce l'ho.
- La spada nella roccia?
- Ce l'ho.
(Mi guarda con sguardo di sfida. Forse non mi crede? Come si permette??)

venerdì 13 settembre 2013

Prendi un week end per caso.

Ogni tanto bisogna fare così, che si piglia e si va.
Ché se no, rimanda che ti rimanda, poi arriva di nuovo l'inverno, e noi non siamo gente da montagna, proprio no, e preferiamo muoverci col caldo.
Il viaggio spaventa sempre un po', ma alletta e ammicca. Le pupe sono buone, il clima favorevole, la viabilità... lei, no: ci è ostile, ma il panorama ripaga.



martedì 10 settembre 2013

L'età scanzonata.

Arrivati, finalmente.
Lui spegne il motore, tira il freno a mano. Silenzio. Solo la radio continua a suonare vecchio rock anni '70.
Loro dietro schiantate di sonno, ognuna nel proprio seggiolino.
C'è stato un tempo in cui me ne sarei rimasta così per un tempo imprecisato.
Il relax di sapersi arrivati, la pigrizia di indugiare ancora in macchina, seduti ad ascoltare la musica, a motore spento, canticchiando o parlando d'altro o lasciando vagare la testa.
Invece ora lo sai cosa ti aspetta.
Incollarsi loro su per le scale, ansimando sotto il peso dei tre anni di lei, o dell'ovetto dannatissimo dell'altra, a seconda della ripartizione dei pesi tra i due genitori. Poi magari tornare giù per incollarsi il resto del bagaglio, le restanti due tre borsone compresa borsa frigo da 2 Kg a vuoto, circa 10 a pieno carico.

mercoledì 4 settembre 2013

Il Parco di Pinocchio a Collodi: dentro la fiaba.

Era da tempo che volevo farlo, non stavo nella pelle...
Ho approfittato della nostra vacanza Km 0 (eccheppalle! Guarda che abbiamo capito, eh! Brava, che vuoi che ti diciamo? Ok, ve bene, non lo dico più), per mettere in atto il mio ossessivo proposito...
Volete saperlo? E' stata una figata!
Cioè: è stata una favola, che è più appropriato. Anzi, meglio: una fiaba.



venerdì 30 agosto 2013

Come di domenica mattina.

Ogni tanto la perfezione pare affacciarsi alle tue giornate.
Niente di eclatante, nessuno squillo di tromba, nessun avvenimento epocale.
Solo la quotidianità, in un giorno normale che ti sembra d'esser di domenica mattina.
Una di quelle domeniche mattina della tua infanzia, quando il giorno è ancora nuovo e silenzioso, e per strada ti affacci e non vedi nessuno, o solo un cane o una vecchina o due, e il megafono dell'ombrellaio in lontananza.
Ora che l'estate preannuncia il suo canto del cigno e la mente si rischiara, i pensieri si rinfrescano, il cielo è sgombro, la luce è ancora quella dell'estate, ma si sta bene in casa e i vestiti non si attaccano alla pelle, e si sta bene fuori casa e puoi uscire a qualsiasi ora senza paura di far prendere un' insolazione alle bambine.

giovedì 29 agosto 2013

Vacanze a Km 0. Seconda parte.

Vista la calorosa accoglienza dei miei storici follower all'ultimo post, faccio un piccolo sforzo per aggiornare circa le nostre favolose vacanze a km 0. (Ma chi te l'ha chiesto? Giusto.)
Sul finire di questo mese il tempo rinfresca, e anche il mio cervello ricomincia a funzionare un po'. Suppongo si sia preso anche lui una discreta vacanza, vista la sua totale inefficienza delle settimane passate.
Ora mi pare ritemprato, e lavora febbrilmente a partorire idee di cose che vorrei scrivere qui. Il problema è che non gli tengo dietro, ma ci proviamo.

Dicevo che quest'anno ho scoperto le vacanze a Km 0, e non è andata male.
E' andata così.

venerdì 23 agosto 2013

Compendio di mezza estate (e pure un poco più).

Vista la mia prolungata e non preannunciata assenza da queste pagine, mi sento un po' in dovere di dare delle delucidazioni a qualche ipotetico aficionado, ma senza esagerare.
No, non ero in vacanza, ma sotto stretto placcaggio delle due pupe.
In apnea direi, e malgrado i miei reiterati propositi di fermarmi una mezz'oretta ad aggiornare il blog, non c'è stato verso.
Concessami solo due settimane a casa di mia madre, mentre il beduino "svernava", si fa per dire, il suo Ramadan in Libia.
E comunque grandi novità gente.
Far perdere le proprie tracce del resto nell'epoca del GPS è praticamente impossibile, e io non sono certo una nota criminale nazista per permettermi tale lusso.

venerdì 2 agosto 2013

Che rabbia! Leggiamoci su.

Tanto per continuare sul filone emozionale,dopo aver parlato profusamente dell'indole focosa di Mimi, mi sembra giusto riallacciarmi alle mie precedenti riflessioni proponendo due librini a tema.
Questi due:

Titolo: Che rabbia!

Autore: Xavier Deneux.

Editore: Tourbillon.

Età: 2 anni.

Titolo: Che rabbia!

Autore: Mireille d'Allancé.

Editore: Babalibri.

Età: 3 anni.





Il primo è un dono della nonna dello scorso anno, stesso periodo, infatti, mi pare, arrivò per il secondo compleanno di Mimi che noi eravamo in vacanza e lei andava sfoderando di giorno in giorno una serie di formidabili piazzate isteriche diurne e notturne, che devono aver lasciato il segno nella memoria di chi trascorse con noi tutta o parte di quella spossante vacanza.
Il secondo l'avevo acquistato io dopo aver letto qualche recensione positiva qua e là sul web e avergli dato un'occhiata in libreria, anche se poi ho preso on-line la versione in brossura, naturalmente più economica rispetto a quella rilegata, e sufficiente a mio parere in rapporto all'impatto del libro, che in fondo non è tra i nostri più gettonati.
Ma, a parte la scarsa fantasia dimostrata nella scelta del titolo dai due autori, quel che mi ha colpito è stato l'approccio molto simile nell'affrontare il problema, e poi il fatto stesso che esistessero due libri che si ponessero l'obiettivo di far riflettere i bambini su un loro stato d'animo tanto naturale quanto a volte al di fuori dal loro controllo, e in certi casi, soverchiante.

Il fatto è che prima di avere Mimi, non avevo mai pensato che la rabbia potesse rappresentare un argomento di discussione e riflessione, nè un elemento talmente presente nella vita di un bambino da dover addirittura diventare oggetto di strategie per affrontare il quale.
Poi è capitata questa figlia da mille litigi al giorno (in effetti il periodo in cui i due librini furono acquistati, tra i 18 mesi e i due anni, fu davvero di fuoco, e non passava giornata senza infiniti pianti e urla e nervi a pezzi), che di punto in bianco nel giro di pochi mesi mi si era trasformata nell'incredibile Hulk, e non è strano che sia io che mia madre, all'insaputa l'una dell'altra abbiamo avuto la stessa pensata, di prendere cioè in contropiede quella rabbia, attaccandola dal lato per il quale Mimi si mostrava più abbordabile e docile: la lettura.

Ora c'è da dire che, per quanto simili, i due libri si riferiscono secondo me a due età un poco diverse.
Il primo forse può essere adatto a bambini intorno ai due anni, ancora poco avvezzi a letture articolate su più livelli interpretativi, con una storia molto semplice, un testo ai limiti della didascalia.
Il secondo forse richiede una capacità di estrapolare dalla storia che appartiene ai bimbi già intorno ai tre anni, che iniziano inoltre ad essere in grado di ragionare sopra i loro comportamenti e in parte, se aiutati e guidati con pazienza dai genitori, anche a tentare di modificarli.
Noi ci stiamo lavorando da entrambe le parti, perché mi ritrovo molto spesso a pensare che le mie risposte alla sua rabbia finiscono troppe volte per approdare in atteggiamenti a loro volta violenti: urla, minacce, ricatti, lunghi rimproveri, umiliazioni verbali (quando fai così sei proprio piccola!), talvolta bruschi allontanamenti da me che la gettano nella disperazione più totale.
Non è facile, dunque, fronteggiare la rabbia nelle sue derivazioni più tenaci e recidive, non solo da parte dei bambini che la vivono dall'interno, ma neppure per un genitore che si trova nel difficile e duplice compito di fronteggiarla dall'esterno, offrendosi come punto di appoggio per il piccolo in balia dei propri impulsi distruttivi, e di gestire la propria, fornendo quindi un immediato esempio comportamentale su come dominarla e gestirla anche nelle situazioni più critiche.
Diciamo che da questo punto di vista i due libri possono costituire anche un riferimento per quel genitore che cerchi risposte positive da proporre nei momenti di crisi da furia infantile.

In questo senso i due libri offrono risposte simili ma differenti.
Nel primo libro due coniglietti Marco e Lisa giocano insieme, ma il crollo della torre che stavano costruendo fa infuriare Marco, che inizia a dare sfogo alla sua rabbia tirando calci a destra e a manca.
La crisi viene superata quando Lisa decide di allontanarsi un po' e di dedicarsi per conto suo ad un'altra attività, dalla quale ben presto anche Marco si lascerà coinvolgere, dimenticandosi semplicemente i motivi della sua precedente rabbia.
Nel secondo libro Roberto torna a casa di pessimo umore e dopo una serie di rispostacce viene mandato in camera sua dal papà. Qui la rabbia accumulata esplode finalmente e prende la forma di un rosso bestione che inizia a dar sfogo della propria forza distruttrice mettendo a soqquadro la stanza.
A un certo punto, allarmato dai danni che quel bestione stava combinando, è Roberto stesso a porre un freno alla "cosa", che viene cacciata dentro una scatola, permettendo così al bambino di rimediare ai guai combinati.

Il primo racconto, di una semplicità disarmante, credo si rivolga a bambini ancora piccoli, per i quali l'esplosione subitanea di rabbia può essere dettata da un episodio frustrante, nel gioco per esempio, che vanifica l'impegno profuso alla realizzazione di un certo obiettivo.
Conosco. Lo faceva anche Mimi quando era più piccola, ogni volta che le si proponeva un gioco che non era capace di utilizzare. Lo ha fatto a un anno con la mousebox, lo ha fatto fino a pochissimo tempo fa con le costruzioni da impilare. Lo faceva quando voleva ma non riusciva a infilarsi e sfilarsi da sola scarpe, giacca o altro. Le mancava la pazienza di imparare dai propri errori. Le saltava la mosca al naso e buttava tutto all'aria.
Ma poi con l'aumentare delle proprie capacità manuali anche questa fase è passata.
Devo dire che il suggerimento del libro di ignorare e passare ad altro, finchè il bambino non si distrae interessandosi ad una qualsiasi altra attività proposta indirettamente dal genitore non sempre funziona, ma può essere una strada.
Che il bambino parta invece da questa storia per lavorare sul proprio comportamento mi sembra poco auspicabile a livello pratico, ma forse utile come esemplificazione a posteriori di situazioni fin troppo note in cui rivedersi, e iniziare a capirsi.

La storia di Roberto è un pochino più complessa perché intanto la rabbia nasce da uno stato d'animo rancoroso che va in crescendo, e non da un singolo episodio, come è tipico di bambini che già iniziano a saper dominare i propri impulsi, ma poi "sbrocca" tutto insieme e si materializza in un essere al di fuori di lui. Non credo che questa metafora sia di facile comprensione per un bambino, neppure dell'età della mia (3 anni).
Infatti credo che il significato della storia lo abbia poco "afferrato" fino a poco tempo fa.
Poi di recente lo abbiamo ripreso in mano e ci abbiamo un po' ragionato sopra.
Le ho spiegato che a volte, quando uno è tanto arrabbiato, può fare delle cose proprio brutte, che non vorrebbe fare mai, come se ci fosse un mostrone dentro di lui/lei che le facesse al posto suo, e quel mostro noi lo chiamiamo "rabbia".
Come per Roberto anche a noi capita a volte di non essere in grado di fermarlo subito, ma appena riusciamo a farlo, dobbiamo sforzarci di rimandarlo nella scatola e ritornare sereni e sorridenti al vivere civile, prima che faccia troppi danni.
Capire, ha capito. Credo ci si sia identificata molto: "La mia labbia è nela. Quella di Lobelto è lossa" ha detto (e credetemi se vi dico che la sua è nera per davvero). Del resto è una bambina che riflette molto sui suoi comportamenti e ci ritorna sopra, ci ragiona a voce alta cercando risposte e capisce quando sbaglia.

E per quanto riguarda il "vai in camera tua e ritorna solo quando ti sarai calmata": ci ho provato e funziona abbastanza. Impedisce a me di trascendere, permette a lei di decidere da sola quando crede di essere in grado di affrontare di nuovo il mondo delle ordinarie relazioni umane, e insieme legittima entro certi limiti il suo stato emotivo. Succede a tutti di perdere il controllo, e va bene.
Del resto se la rabbia esiste, avrà pure una qualche utilità nell'economia della sopravvivenza della specie e dell'individuo. rappresenta forse un meccanismo di autodifesa del nostro amor proprio.
Il problema è solo non permetterle di impedirci del tutto di vivere, essere capaci di riporla "nella scatola" una volta dato sfogo alle nostre pulsioni distruttive. Capire che possiamo entro certi limiti dominarla, credo aiuti molto la considerazione di sé, e della propria autodeterminazione, senza inutili indugi sul come ci si deve comportare e sensi di colpa annessi e connessi.

In definitiva: due librini senza troppe pretese, che mi sento di consigliare a quei genitori che brancolino disperati tra le maglie degli scoppi d'ira non sempre giustificati, previsti o arginabili dei loro bambini che crescono, quando la rabbia è un ospite abituale e scomodo...

E dopo questo ennesimo pippone pedagogico, eccovi qui di seguito l'accattivante recensione tratta dalla libreria virtuale di Mimi. Enjoy yourself!

L'ira funesta cantami o diva. Ovvero: il ruggito del coniglio mutante.

Marco e Lisa, due simpatici coniglietti umanoidi, giocano in giardino: vogliono costruire una torre altissima, ma l'impresa non è facile come sembra... All'ennesimo crollo della sua grande opera, Marco perde il controllo dei suoi deboli nervi di roditore, tramutandosi in terribile coniglio mutante distruttore.
Lisa corre ai ripari: riuscirà a sedare la furia distruttrice del suo amichetto?
Conturbante epopea esistenziale, ispirata, come sembra, al celebre super eroe mutante noto come l'Incredibile Hulk,vittima di inarrestabili eccessi di verde bile. Ma il filone dell'eroe furioso affonda le sue radici ben più indietro nella storia della letteratura universale: dal divino Achille, al paladino Orlando, fino ad approdare alle più moderne nevrosi sociopatiche e omicide di Taxi Driver, la rabbia repressa è la vera protagonista di questo ameno libriccino, da considerarsi una sorta di psicodramma della violenza per i lettori più piccini.
(NB: oh, non è che dovete prendere sul serio tutte le idiozie che scrivo, eh!)

Suster per: i venerdì del libro.

Vedi anche le nostre precedenti recensioni su: Libri di pupa 

martedì 30 luglio 2013

C'era una volta...

... una principessa, naturalmente.
Anzi! Due.
Due principesse, piovute sulla terra da mondi lontani.
Una si chiamava Artemisia e l'altra Ipazia.
Una aveva fragranza di gelsomini, e fieno tagliato e grano maturo e terra riarsa, e sale sulla pelle, e frinire di grilli nelle orecchie la sera, e chiasso di cicale di giorno.
L'altra aveva la pelle profumata di violetta, e terriccio umido e foglie cadute e occhi grandi color castagna e prime piogge.
Arrivarono un giorno, anzi, due giorni, vicini ma distinti e dovettero imparare ad adattarsi al diverso terreno, a mettere radici e attecchire sul fertile ma a volte impervio suolo terrestre, a gestire nuove facoltà sensoriali, a muoversi e agire nello spazio e nel tempo, a conoscere le cose nuove e relazionarsi con gli esseri che popolavano quella loro nuova Patria.



Artemisia arrivò per prima, e l'accolse il sole caldo e la luce; ancor prima di guardarsi intorno si sentì molto arrabbiata, di tutto, e iniziò a urlare infuriata.
Artemisia aveva il fuoco nelle vene, ma custodiva dentro un animo da principessa, che piano piano le rivelò anche la bellezza di quel mondo in cui era stata catapultata, così senza poterlo decidere, senza sapere come né perché, o per volere di chi. Allora pian piano la rabbia e lo scontento iniziarono a sopirsi, e lei guardava quel mondo con occhi sognanti.
Più di tutto amava i fiori, la loro delicatezza e i loro profumi, i loro colori così vari, le loro forme così mollemente dissimili e sapientemente simmetriche.

Ipazia aveva un gran sonno, quando arrivò, si sentiva stanca e spossata per il viaggio, a dirla tutta non aveva una grandissima voglia di guardarsi intorno.
Ma nel sangue covava i germi dell'amore per la sapienza e dell'arte teatrale. Presto schiuse anch'ella i suoi grandi occhi al nuovo mondo e iniziò a scrutarlo meditabonda.
Ipazia osservava, rifletteva e speculava, di tutto si faceva un'idea, ma sospendeva i giudizi pertanto che non fosse giunto il tempo.

Artemisia imparò presto il fascino della parola. Scoprì che gli esseri di questo mondo comunicavano modulando suoni e con quelli componevano pensieri, racconti, emozioni. Volle penetrare gli arcani di quei codici e imparò a dominarli, a conoscerli e a domarli. Ne esistevano di diversi e vari, e tutti avevano suoni differenti e differenti significati e differenti modi di esprimerli, ed era come un oceano infinito la parola che poteva dare infinite derivazioni e coniare infinite storie.
Artemisia amava le storie. Amava ascoltarle e amava inventarle.
Vedeva storie ovunque nel mondo intorno a lei. Storie di re e regine, ma anche di pezzi di legno, di ranocchie, di fiori, di gatti e di topi, di pulci e di orologi. Ogni cosa aveva una storia da raccontare, ogni cosa aveva una sua bellezza sottesa all'immagine visiva, e la parola la rivelava.

Ipazia speculando e speculando, finì per interessarsi assai alle leggi del moto, dello spazio, dell'equilibrio e della statica. Ipazia amava muoversi in quello spazio, sperimentando col proprio corpo. Trovava punti di equilibrio, sfidava la gravità, inventava figure acrobatiche. Si arrampicava, saltava, piroettava. Apprese insomma l'arte di dominare lo spazio.
E mentre Artemisia dalle lunghe ciglia raccontava e inventava, Ipazia dai grandi occhi carambolava e cogitava, il tempo passava.
Artemisia, visionaria e affabulatoria e Ipazia, dinamica e meditabonda.
Artemisia passionale e diffidente e Ipazia, tranquilla e indipendente, crescevano in grazia e bellezza, come tutte le principesse.
Le due principesse vivevano sulla Terra in luoghi distanti ma non lontanissimi da non potersi comunque incontrare saltuariamente, all'inizio ignorandosi reciprocamente, o interagendo solo per intralciarsi l'un l'altra, poi piano piano iniziando a riconoscersi, a intendersi, a cercarsi.
Quando si trovavano si scrutavano, si chiamavano e si abbracciavano.

A volte Artemisia indossava romantici vestiti di raso a balze, e si pavoneggiava rimirandosi nel riflesso di uno specchio d'acqua, improvvisava con grazia un passo o due di danza accompagnandoli con versi di canti ideati sul momento.
Ipazia era una farfalla leggera che saltellava tremula nelle sue vesti svolazzanti, ma aveva una criniera dorata come quella di un leone. Era impavida, e tutto voleva esplorare e sperimentare, ma poi rapidamente si stufava e passava ad altro, sempre sfarfallando di fiore in fiore, di saltello in saltello.
Quando Artemisia, tenendosi l'orlo del vestito di raso, tentava di tenerle dietro, a volte incespicava, altre finiva in terra con grande desolazione.
Quando Artemisia le mostrava qualcuno dei suoi animali immaginari e le illustrava le loro caleidoscopiche avventure immaginarie, Ipazia le diceva di non vedere proprio un bel niente: niente amico topino, niente fatine dei fiori, niente piccolo scoiattolo scureggione. Ma come non lo vedi, Ipazia? No, non c'è niente qui.
Eppure, pur parlando linguaggi diversi e dissimili, e malgrado sporadiche tirate di capelli e botte in testa, le due principesse continuavano a cercarsi sempre, e con grande cordoglio ogni volta Artemisia faceva le valige per far ritorno nel suo regno distaccato, salutando Ipazia fino alla prossima volta.
Intanto il tempo continuava a passar loro accanto, stagione dopo stagione.
E loro crescevano.
Ed era così bello vederle crescere insieme, così diverse, ma non distanti, lontane nella vita, ma non nel cuore.


martedì 23 luglio 2013

Nel bel mezzo di una torrida estate.

Luglio macina giorni e noi siamo sempre qua che arrostiamo. Mattina a casa, addormento bimbe tra aria condizionata e pignatte sul fuoco per il Ramadan, che arriva sempre a rompere le balle quando meno te l'accolleresti.
Escursione termica tra la cucina e la camera da letto: 30°C.
In terrazza picchia il sole ma tira per fortuna 'nu poco di venticello clemente. Le mie lenzuola sono già asciutte.
Fuori rapsodia di cicale.
Pomeriggi ai giardini ad ammazzare zanzare e spingere altalene.
Bambine con la cacarella. Lenzuola come se piovesse. Pipì sui materassi. Lavatrici su lavatrici: non aspetto nemmeno la sera per sfruttare la tariffa bioraria, guarda.
La prossima bolletta dell'Enel mi stenderà. Pazienza.
Montalbano che mi occhieggia e mi ruba minuti di straforo, mentre disegno plincipi e plincipesse e assemblo biciclette senza pedali. Lei ha detto che la prossima volta li vuole, i pedali.
Io ho replicato: intanto impara ad andare su questa, poi si vedrà.
Lei dice che la voleva azzulla (come al solito).
Io le dico: allora la diamo a Rania.
Lei risponde: no a Lania no.



Intanto butto via spazzatura a rate e attendo settembre per cercare di mettere un po' d'ordine in questa casa che soccombe sempre più sotto l'ingombro del nostro inutile ciarpame.
Il beduino che continua a portarne a casa a valanghe. Chissà dove rimedia certe porcherie.
Ora abbiamo un delizioso salottino di divani e bis di poltrone in legno e pelle marrone sul nostro ameno terrazzo. Dicevo che avremmo potuto farne volentieri a meno.
Non è che se qualcuno le butta via noi dobbiamo ficcarcele in casa.
Sarà un problema mio ma non vedo dove sarebbe l'affare: doversi ammazzare doppiamente per buttarle via di nuovo.
Stamattina mi ha svegliato alle sette una bambina in abitino di cotone a fiori viola e ciabatte infradito di Minnie.
- Mamma! Svegliati svegliati dai: andiamo al male?
Nel senso di "mare".
Non mi sarei azzardata mai a prendere in considerazione l'idea di caricarmele entrambe al mare da sola, se solo non l'avessi vista lì, già pronta a modo suo per la spiaggia, alzata e vestita, che si preparava la borsa con l'inevitabile essenziale (tipo una pigna, pennarelli, la padella della sua cucinetta di legno, pezzi di cose a casaccio).
Non le ho detto che il vestitino se l'era infilato avanti-retro, però. Se n'è accorta lei quando ha visto la "letichetta" spuntarle sul davanti.
- Hai visto che bel vestito? Con le maniche a palloncino e le balze! Tono plopio una bellizzima plincipezza.
Ma da dove le tirerà fuori certe cose?
Va be', ormai sono un mostro a prepararmi per il mare in quindici minuti netti.
Peccato che poi: Mimi devi fare pipì? No. mimi fai pipì. No, non la devo fare. Mimi hai fatto pipì?
E portala al cesso, e falla cambiare, e rivestila, e convincila che sotto il vestito a balze può anche evitare di mettere i pantaloni lunghi jean's.
Mimi è faticosa.
Mimi spostati. Mimi dai su, muoviti, rapida.
Mimi mezz'ora per fare qualsiasi cosa.
Mimi che deve rifare da sola quello che tu hai appena fatto.
Mimi, ma al mare ci vuoi andare o no?
Mimi aspetta che ti metto la crema. No mamma la metto io la metto iooooo! No tu noooo! Levamela questa!
Mimi che pazienza.
Mimi mi sto rompendo. Mimi, ora mi arrabbio. Mimi, ancora non ti sei messa il costume. No. voglio le mutande losa a pois.
Va bene metti quelle cazzz accidenti di mutande a pois, il costume lo metto io in borsa.
Mimi mettiti i sandaletti con i fiori ché con le ciabatte non ci sai camminare.
Mimi togliti quelle ciabatte ché io non ti ci porto in braccio, eh. Ho già la borsa, e Rania, e la busta con gli asciugamani.
Mamma imblaccio!
Mimi, se vuoi andare al mare cammini, eh, come faccio io a portarvi tutte e due quando arriviamo? Mimi...
Non ci voglio più andale al male! Pelché tu hai fatto un cadino con me.
Che casino ho fatto con te?
Mi hai tlattato male.
(Sbuffo).
Sono le nove, noi siamo sulle scale di casa.
Se la giornata parte così può solo finire peggio.
Ma ti immagini io al mare con lei che mi piazza scenate e si fa i bagni di sabbia e la sorella attaccata alla puppa che mi casca dal sonno ma non dorme?
Terrore panico.
Non siamo andate più.
Meglio arrostire a casa che in spiaggia.
Meglio usare cautela con due pupe.
Intanto piovono gli inviti mondani: oggi pomeriggio invito ufficiale per festa di amichetta del nido con tanto di RSVP. Affittata per l'occasione terrazza panoramica vista mare a Tirrenia con animazione per i piccoli e rinfresco per i grandi. Non è che io muoia proprio dalla voglia. Ne ho abbastanza di feste di compleanno. E non (non solo) per l'evidente svantaggio che ne verrebbe dall'immediato confronto con la mia festa per Mimi nel giardino scacazzato dai cani e piscina gonfiabile.
Le ho chiesto: vuoi andare? Ha detto no.
Non devo esser stata tanto convincente nel proporglielo.
Dice che stava male, che ci aveva la diaiea.
E lo diceva  con una faccia che le ho creduto. E poi ha passato la mattinata sul water a farsi tenere le mani.
Certo se mi si beve l'acqua del ristagno delle fontanelle dei giardini bene bene non le può fare.
Vaglielo a spiegare al dottore poi come ha fatto a prendersi il tifo.
Ora loro dormono però, e il dilemma è: andare alla festa con le compagnucce sì o no?
Supplizio sicuro, meta incerta, bagno di sudore in auto assicurato. E oltretutto la festa non è nemmeno sulla spiaggia, ma "su una terrazza attrezzata senza acceso al mare".
Cioè: guardare ma non toccare. Come si può?
Stento a capire, sul serio.
Ma capisco sempre più perché l'idea di invitare i compagnucci del nido e genitori a seguito per il compleanno di Mimi mi riluttava tanto.
Non ci siamo proprio: mondi lontanissimi,universi non intersecantesi le nostre vite.
Trasmetterò a mia figlia la mia pressoché totale inattitudine al mondo alla vita e ai rapporti?
Probabile, ma che posso farci se è la mia natura quella di rifuggire da un certo contesto sociale che aborro?
Un giorno, forse, snobberà le mie attitudini eremitiche fricchettone snob, ma per ora lei ha detto che non ha voglia di andare. Non vedo perché dovrei insistere.
E la diarrea mi pare un ottimo alibi per defezionare...


domenica 21 luglio 2013

Compleanno a luglio. Atto terzo.

Sopravvissuta. Anche se per un pelo. E siamo appena ai tre anni.
La vedo dura.
Non so poi perché uno debba complicarsi tanto la vita quando basterebbe fare tutto più semplice e stressarsi meno.
Naturalmente ho voluto fare la festa a Mimi, come al solito oscillando tra volontà e indecisione, bloccata dall'idea del caldo, dell'assenza di invitati, del ramadan del beduino e del chimmeloffare, ma alla fine mi son detta: basta, questo compleanno si ha da fare.

Malgrado miei errori organizzativi madornali, tutto sommato non è andata poi malissimo, se si eccettua:
  1. inspiegabile quanto imperdonabile assenza del genitore maschio dalla festa fino alle dieci di sera circa perché trovavasi in giro per l'Italia a contrattare camion e lamentava imponderabili ritardi ferroviari che gli hanno impedito il subitaneo ritorno.
  2. conseguente spiegabilissima e perdonabilissima incazzatura di genitore femmina.
  3. pessima scelta dei tempi di azione che han reso la festa una lunga agonia di adulti e bambini.
  4. pessima scelta della location.
  5. tentata fuga della festeggiata in tenuta da principessa rosa con diadema e bacchetta magica.
  6. distruzione psicofisica della mamma organizzante, nonché delle due figlie, partecipi e loro malgrado spettatrici attive delle tragicomiche vicende organizzativo-festaiole.
  7. esubero di regali.
Eccovi dunque qualche saggio e utile consiglio che, con il senno di poi, mi sento di dare a chi volesse, casomai, impelagarsi nel compito di organizzare nel cuore di un torrido luglio, la festa di compleanno per sua figlia treenne pur non avendo soldi per affittare un "bagno privato" al mare (non si intende come toilette, ma come porzione di spiaggia attrezzata) e pur non potendo vantare una grande disposizione e propensione personale per le public relations (ovvero proprio zero), né del sostegno pratico ed emotivo di un partner-padre dotato al contrario di grande disposizione e propensione per le stesse, ma inspiegabilmente assente.


Cibo fai da te. Sì. Se avete esperienza nel campo. Malgrado l'imponente mole di responsabilità e conseguente ansia da prestazione che in voi potrebbe comportare l'idea che un certo numero di persone dovrà cibarsi di ciò che avete cucinato voi e pure trovarvi un cero diletto (sempre, ahimè, nel cuore di un torrido luglio), vedrete che ne sarà valsa la pena, anche se più della metà delle pietanze preparate vi rimarrà nel frigo, perché un rapido calcolo delle proporzioni tra numero di invitati presenti e quantità del cibo non poteva che comportare queste ovvie conseguenze.
Cucinare di notte. Magari no. Ma in assenza di alternative anche sì. Ciò comporterà un aggravio delle vostre precarie condizioni emotive e di generale confusione mentale, in misura direttamente proporzionale all'ora notturna in cui avrete terminato il gravoso compito. Se non avete una neonata che si sveglia ogni mezz'ora imponendo il vostro pronto intervento di tetta, e costringendovi a lasciare in sospeso le vostre faccende gastronomiche, magari riuscirete a cavarvela prima delle 4 del mattino.


Festa in casa. Sì, se reputate di avere lo spazio sufficiente. Se no potreste chiedere come favore all'amica che abita due piani sotto al vostro, di mettervi a disposizione all'uopo il pezzo di terra che pertiene il suo appartamento, normalmente deputato al pascolo brado dei cani (due, di grandi dimensioni). Questo comporterà che voi dobbiate comunque provvedere ad un'accurata pulizia preventiva del luogo onde epurarlo dalla presenza di escrementi canini tutt'altro che eventuali.
La cosa potrebbe risultare difficoltosa qualora abbiate anche in contemporanea due bambine insonni da gestire mentre rastrellate il terreno sollevando nuvole di polvere raccattando cacche a non finire, ma lo farete, pregustando con febbrile entusiasmo il successone della fantastica piscina gonfiabile che pensate costituirà il momento clou della festa.
Terreno adatto al giuoco. Quel che non avevate previsto è che il terreno poteva non risultare troppo idoneo alla presenza di bambini molto piccoli. Addossando parte della responsabilità alle defezioni e parte al fatto che non mi sentivo pronta per riempirmi casa di mocciosi urlanti e dei genitori del nido, diremo che alla nostra festa c'era una sola invitata dell'età di Mimi, con al seguito una sorellina di un anno che non ha perso tempo per infilare mani e faccia nel terreno non molto pulito lordo. Ok, avete sbagliato: questa non è più una delle feste del vostro passato di studenti universitari (era meglio la terrazza, io te l'avevo detto! Ma in terrazzasi schianta dal caldo! Oh, allora fai come ti pare). L'unica mamma invitata difatti era piuttosto scocciata per l'inconveniente. La festa si trasferirà al più presto al piano di sopra, attrezzando in fretta e furia la terrazza di casa.
Tovaglia di Hello Kitty. Anche no. Se sapevo che era di Hello Kitty non la prendevo di certo. Ecco perché costava così tanto!
Borsa frigo per tenere in fresco le bibite. Ma non facevate prima a farla direttamente sul terrazzo di casa vostra 'sta cavolo di festa? Così le bibite le levavate direttamente dal frigo al momento e rimanevano più fresche, e soprattutto più accessibili. Ma tanto nessuno dei vostri invitati adulti avrà voglia di succo di frutta Bravo o altre bevande rigorosamente analcoliche.
Piscina gonfiabile. Andava bene pure più piccola a pensarci bene. E magari era meglio se non la riempivate fino all'orlo, che poi non si riusciva più nemmeno a svuotare tanto era il peso della massa d'acqua che le impediva pure di defluire dall'apposito tappo di scarico posto sul fondo. Ma va be', ci avete provato, non è andata.
Amici di sempre. Sì sì e sì. Se non fosse stato per loro, io starei ancora lì a piangere. A parte che se non ci fossero stati loro, la festa non sarebbe proprio stata, ché hanno fatto insieme da aiuto-organizzatori, manovalanza e da ospiti, riempiendo Mimi di doni anche un poco al di sopra delle necessità, e ciascuno secondo le proprie naturali inclinazioni, dal cavalletto dell'artista, all'aquilone da manovratore aereo, dalla cucina in miniatura al vestito da principessa, ma va bene, l'importante, e credo che anche per Mimi sia così, è che ci siano stati, anche chi è passato giusto un'oretta per salutare e poi è dovuto scappare a lavoro. Ché Mimi qui ci ha un sacco di zii e amici grandi acquisiti in eredità spirituale, e se da un lato questo fa sì che diventi destinataria di una quantità eccessiva di attenzioni e premure, è pur vero che ha sempre tre anni, e non c'è niente di male, io penso, a farle fare la principessa per un giorno, e ci sarà tempo per fare la festicciola con i compagni di classe, se mai mi dovesse smorcare la fantasia di fargliela fare (un giorno color arancio, chissà...)



 Regali. Hai un bel dire a tutti che vuoi limitare la mole dei regali, educare all'essenziale, non abituare all'eccesso, insegnare il valore dei gesti e non degli oggetti, emancipare dal materiale... i regali arriveranno.
E va be'. Fa' almeno che siano (anche) di tuo gradimento (ovvìa, chiudiamo un occhio sul vestito da principessa, che le è garbato così tanto...).
Ovvero: poco ingombranti che non ti riempiano casa (ci siamo riusciti secondo voi? Mah!), ragionevolmente sporchevoli e moderatamente futili.
Dicevo: poco ingombrantiiii!


Uff! che fatica farsi ascoltare! E poi alla fine passi per la madre bacchettona rompiballe, proprio tu che hai ordinato la bicicletta su quel sito di giocattoli all'ingrosso, coinvolgendo anche l'amica tua nel folle ordine di un mega pacco cumulativo di baloccaglia varia, però poi, temendo che non arrivasse in tempo per la data X, ti sei premurata di procurarti anche un secondo regalo di riserva.
E pensare che Mimi aveva espressamente avanzato due sole richieste: "un librino da leggere" e "l'ombrello delle principesse" (daje co'ste principesse!). Fatto. Fatto. Ci ha pensato mamma, ovviamente. Anche se lei si è dichiarata ormai stanca di scartare regali e si è concessa quell'ultima proroga giusto perché erano da parte mia. E comunque...
Una sorpresa al risveglio. Non ha prezzo!


 


Per dire: a lei bastavano pure i soli personaggi di Cenerentola e Biancaneba, giunti balzellon balzelloni da Roma impacchettati in fila indiana come i nani di ritorno dalla miniera di diamanti, per potersi ritenere pienamente soddisfatta del giorno del suo compleanno. Non si può rendere una bambina felice ancora più felice. Si rischia solo di sovraccaricarla. Ecco perché per il prossimo anno ci siamo imposte di comune accordo io e lei il limite massimo di due regali. L'ha deciso lei. E ho un anno intero per sceglierli con cura, senza sgarrare (stai a vedé).
Soffiare le candeline con un'amica. E' fondamentale ad una buona riuscita di un compleanno per il resto piuttosto disastroso. Ma in fondo: un giorno forse tutto questo dolore mi sarà utile. Mah!