lunedì 5 novembre 2012

Quel che di lei NON so.


Un bel giorno lei si infila finalmente le scarpine con le farfalle senza troppi psicodrammi, si lascia prendere per mano dalla sua amica Emma e si avvia senza fare una piega verso la sua mattinata in autonomia.
Confesso che all'inizio ho aspettato prima di emettere l'ennesimo grido di vittoria.
Invece era proprio fatta: mi volto verso la maestra Adriana e dico: "A quanto pare, l'inserimento è ultimato". "Già". Fa lei.
Ci son voluti un anno e due mesi di distacchi lacrimosi, ma ecco, il miracolo è avvenuto.
Un grande sollievo, lo confesso.

Ora va a scuola più o meno volentieri, talvolta mi saluta agitando la mano e dicendo: "Mamma, ciao, io vado a ccuola!" prima di scomparire nel corridoio trascinandosi dietro l'elefante a ruote.

Ora si lascia sfilare gli stivaletti neri acquistati al negozio dell'usato seduta tranquilla sulla panchetta bassa dell'area accoglienza del nido, mentre la maestra Lucia si affaccia periodicamente a metterle fretta senza peraltro essere degnata della minima attenzione (Sì, ho capito: lascia almeno che le cambi le scarpe, maestra Lucia! Non dimentichiamo che continuo a ritenerti in parte responsabile del pessimo inserimento di mia figlia, con le tue intrusioni da buldozer...).

Ora scende dalla panchetta a piedi scalzi e si dirige sicura verso il suo armadietto col nome scritto bene, mentre ancora un buon 50 % del personale docente continua a pronunciarlo alla cazzo di cane, ossia, come gli passa per la testa al momento, anche dopo più di un anno. Preleva le pantofoline con le farfalle (grande acquisto, per lusingare la femminilità della mia vanitosa miss che non vede l'ora di indossarle ogni mattina) e con aria solenne inizia il cerimoniale dell'impantofolamento, impiegando tre volte il tempo che impiegano gli altri bambini, visto che mentre io aspetto che abbia finito, ce ne passano puntualmente davanti almeno altri tre, cui i genitori provvedono sbrigativamente a cambiare le scarpine e ad indirizzare nel lungo lungo corridoio di cui sopra.

Ora le dico: "Ok, sei pronta. Vai: corri a cercare Emma!" E lei corre, nel lungo corridoio, lunghissimo se visto coi suoi occhi, e apre porte a caso, finché qualche maestra non esce a indirizzarla nella giusta area dove oggi si fa, che ne so, laboratorio di travestimenti o giochi con la sabbia, o nel motorio, o nella misteriosissima "sala di psico".

Dato che ai genitori è vietato l'ingresso oltre la soglia del lungo lungo corridoio su cui si aprono le porte delle varie sale attività, mi sono sempre chiesta in cosa concretamente queste attività consistano, e sarei davvero curiosa di assistere almeno ad una delle giornate tipo di mia figlia al nido.
E' vero che all'uscita troviamo annotato con cura sotto ai fogli del pranzo l'attività svolta dai nostri pargoli durante la mattinata. Tipo: "Rocco, Daniele e Tommaso laboratorio manuale, gli altri in sala di psico", ma cosa esattamente si faccia in sala di psico continua per me ad essere un gran mistero.

- Cosa hai fatto oggi Mimi?
- Ho dato la mano a Emma...
- Bene. Poi?
- Ho giocato con Emma...
- Mh. Siete andati in cortile?
- Tì, tono andata in battaglia. Ho patto la battaglia, poi Tommy piangeva, io gli ho detto "Pecché piangi Tommy?" Lui ha detto "Pecchè volevo la mia mamma, ccusa". Dopo volevo la lucettola e sono andata a letto.
- Ah. capisco... Interessante. Uhm. Avete... fatto altro?
- Tì. Tiamo andati in zzico.
- Ah! In psico? Figo! E che avete fatto in psico? Avete giocato coi cuscini?
- Tì.
- E poi?
- ...
'Cidenti! Nemmeno lei mi aiuta molto.

C'è qualcosa che di lei inizio a non sapere. E un  po' mi fa sorridere. Di una importante tenerezza. Che abbia una vita sua, se pure minuscola, ma sua in cui io non posso entrare: e in fondo potrei anche starmene buona a fare i fatti miei senza stare a indagare troppo su attività e rapporti interni. Dopo tutto quella è la SUA vita sociale, che inizia a non riguardarmi.

Più oscure continuano ad essermi le motivazioni per cui le educatrici non ritengano opportuno approfondire un poco con i genitori il discorso della didattica svolta nelle ore in cui i nostri figli stanno parcheggiati là. Dopotutto se ne fanno ampio vanto al momento della presentazione della struttura, ma poi, al concreto dei fatti, buio totale. Mah.
Pare che a noi madri (e padri) riguardi solo conoscere la quantità precisa delle varie portate ingurgitate dai pargoli durante il pasto. Su questo le annotazioni sono molto minuziose, e a quanto pare a scuola Mimi si ingozza come non mai, ma sarei proprio curiosa di vedere l'entità di quelle mini-porzioni, tali da consentirle di chiedere quotidianamente il bis, quando a casa smozzica appena due forchettate di farfalle al parmigiano e mezza mela diffondendo ovunque panico di materia alimentare.

Però a dirla tutta ciò che davvero mi piacerebbe è vedere come lei si destreggia in quel suo piccolo mondo di rapporti e relazioni elementari, ma non meno delicate e impegnative delle nostre.
Vederla intessere legami, esprimere la propria neonata personalità e le sue preferenze, scrutare le sue affinità elettive, destreggiarsi per risolvere conflitti di territorialità e di interesse, rapportarsi con l'autorità costituita da latri che non sia io, fare tutto ciò senza la sicurezza della mia presenza.

E così scruto quel suo microcosmo restando sulla soglia del lungo lungo corridoio e rivolgendole le solite inutili domande, le stesse che tutte le madri ripetono alla nausea ai propri figli di ritorno da scuola dalla notte dei tempi e fino alla notte dei tempi: "Ti sei divertita?" "Cosa hai fatto?" "Chi c'era?", e lei come da copione glissa per la maggior parte.

Ma ci sono cose che le maestre non immagino che io sappia su di loro e su quello che succede là dentro. Ho i miei informatori, diciamo, e di tutto rispetto pure.
So per esempio che questa settimana le maestre erano tutte malate, e che dovevano stare a letto perché avevano la febbre ed è venuto il dottore.
So che la maestra Lucia dice sempre: "Basta con tutto questo baccano!" E anche: "Non si mangia con le mani!" e altre amenità che ne fanno inoppugnabilmente la regina delle scassaballe, almeno dal mio personalissimo punto di vista.
So che Lorenzo è morditore. Del resto ne ho avuta chiara conferma pratica verso la fine dello scorso anno, quando Mimi tornò a casa con un inequivocabile marchio circolare sul polso, a mo' di orologio, dove si contavano la bellezza di almeno una dozzina di dentini da latte.
So che le maestre attaccano le caccole sulla faccia di Mimi, o almeno così sostiene lei.
So che Mimi va a dormire in un lettino bianco accanto a Gabriele e so che Gabriele piange sempre e Mimi gli dice "Non piangere, Gabriele", o almeno lei è convinta di dirglielo, anche se magari lo pensa e basta, o lo ricostruisce a posteriori.
So che la maestra Romina canta la canzone dell'ape nera e gialla che le piace svolazzar, sulle note dell'intro di Robin Hood e so che Antonella si è vestita da strega, però era una strega buona. E aveva anche la scopa per volare? Sì, aveva anche la scopa ed è volata via. Uhmmmm...
So che Antonella ha fatto il "Cattagnazzo" e che Mimi l'ha aiutata.
So che in giardino c'era una lumaca e Pietro l'ha schiacciata.

So poi un'infinità di cose su Emma, riassumibili fondamentalmente nel fatto che Emma e Mimi sono molto amiche e questa cosa ai miei ignorantissimi occhi è semplicemente sorprendente!
Per esempio: so che Emma e Mimi sono andate con la bichicletta, che era un ticiclo,e che Emma ha detto: "Mimi, vieni con la bichicletta con me" e Mimi ha detto: "Tì, Emma, adetto vengo", e so che hanno corrito velocittimo velocittimo.
So che Emma ha fatto dei disegni bellittimi, tra cui un orso grande e un orso piccolo, e poi tutte le maestre.
So che Emma e Mimi ballano quando la maestra Angela mette la musica.
So che quando alla fine dello scorso anno scolastico mi hanno consegnato il cd con le foto dei bimbi, in tutte quelle in cui compariva Mimi, accanto c'era sempre Emma.
E una volta che ero venuta a recuperare Mimi, le ho sbirciate dalla portafinestra che dà sul cortile della scuola: Mimi a panza in sotto sdraiata su di un basso tavolinetto azzurro si sporgeva dal bordo del tavolo per sorprendere una Emma acquattata sotto che si sganasciava dalle risate, e nello stato confusionale in cui ultimamente mi capita di trovarmi, quasi quasi mi salivano le lacrime agli occhi dalla tenerezza.

Ché quella che ancora saltuariamente chiamo la mia pupa mi sorprende, dimostrandomi di possedere una spiccata capacità relazionale ed elettiva, di essere capace di coltivare già rapporti esclusivi e speciali, di complicità e intesa, anche se fatti solo di risate e giochi elementari, e corse in triciclo e danze scatenate, rapporti che poi trasfigura nel suo fantasmagorico mondo di racconti interminabili e confusi.

Magari non saprò mai tutto tutto di lei, ma il suo mondo, visto e raccontato dai suoi occhi e dalla sua bocca è infinitamente più fiabesco e divertente.

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