venerdì 1 marzo 2013

A proposito di lupi...

Mi volevo riallacciare ad un post di qualche tempo fa di Madre Creativa: trattavasi di libri a tema comune, e si parlava di lupi.
Mi colpì perché da bambina il personaggio del lupo per me godeva di grande fascino, un'attrazione-repulsione che difficilmente poteva essere eguagliata da quella suscitata da qualsiasi altro personaggio delle fiabe. Il lupo delle fiabe ovviamente mi faceva paura, ma allo stesso tempo, visto che, come tutti i cattivi che si rispettino finiva sempre per fare una brutta fine, e in fondo in fondo, a pensarci bene, non è che fosse davvero cattivo, era solo che aveva fame, e qualcosa doveva pur mangiare, insomma, allo stesso tempo mi ispirava simpatia  con una puntina di compassione solidale.
Vedevo il lupo come un animale molto sfortunato, costretto a vagare solitario nei boschi, sempre affamato e in cerca di qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti, e un poco sentivo come un'ingiustizia il fatto che tutti lo dovessero considerato come il cattivo della situazione.

Eppure c'era poco da fare: il lupo di Cappuccetto Rosso ERA cattivo. Era cattivo e consapevole, intenzionalmente doloso, ingannatore e spietato, e pure un po' stupido, a ben guardare, se se ne rimaneva come uno scemo a russare nel letto della nonna, anziché andarsi a imboscare in qualche grotta fino a digestione ultimata.
Ma comunque accadde che un carnevale di non so quanti anni fa, dissi che mi sarei voluta vestire da lupo. E così fu. Mio fratello ancora mi prende in giro perché pare che la maestra della materna mi scambiò per una pecorella e se ne uscì con un'osservazione molto infelice riguardante il mio muso di cartone, rigorosamente home-made. Un altro carnevale rovinato... ma va be', lasciamo perdere.

Insomma, povero lupo: ancora oggi nella narrativa per bambini finisce per essere emblema del prepotente per antonomasia, ingordo, egoista, e nemmeno troppo furbo. Il problema è che ha finito per incarnare non tanto la figura del cattivo per eccellenza, quanto le paure stesse dei piccoli lettori.
E allora ecco un libro che parla espressamente di quelle paure: della paura del lupo cattivo, e lo fa senza indugiarci su più di tanto, con grande libertà e fantasia, tendenza a sdrammatizzare, e forse pure qualcosa d'altro, di ordine un pochino più complesso, che ne fa, forse, un libro più adatto a bambini che si avvicinano ai tre anni, e che hanno già elaborato una propria forma visiva interna del mondo, che siano già capaci di estrapolare significati e conclusioni da messaggi parziali sulla base dell'esperienza sensoriale maturata.
Ma andiamo per ordine.

Titolo: Lupo lupo, ma ci sei?

Autore: Giusi Quarenghi

Illustratore: Giulia Orecchia

Editore: Giunti Kids

Età: dai 2-3 anni

Voto: 8

Ho acquistato questo libro un po' di tempo fa, all'appropinquarsi del giro del secondo anno di vita di Mimi, e credendo, erroneamente che fosse un libro di facile e immediata comprensione e di grande elementarità narrativa.
In effetti di narrativo c'è ben poco: l'intero libro è giocato sull'equivoco visivo, sull'allusione scontata, ma poi immediatamente smentita, in cui gioca un ruolo determinante non solo l'aspettativa del lettore (aspettativa indotta in primis dal titolo, dall'immagine di copertina, ma poi anche dalla presenza del personaggio di Cappuccetto Rosso, con cui scatta l'immediata identificazione), ma anche e soprattutto la sua paura. La paura del materializzarsi completo della minaccia, della sua rivelazione, paura di cui si fa portavoce Cappuccetto Rosso: l'ingenua e sprovveduta bambina divorata dal lupo cattivo è ormai una smaliziata scopritrice di lupi, e ne avverte ovunque la minaccia e la potenziale presenza.
Le cose però, ci dicono le autrici, non sempre sono come appaiono a prima vista.
Con una grande verve inventiva (che giusto in alcuni passaggi si perde, credo per esaurimento della materia e necessità di riempire le pagine), viene eviscerato il tema dell'illusione percettiva, di quel che sembra e che invece è tutt'altro, del dissolversi della paura con la scoperta.

E però: all'inizio ho pensato che il libro fosse un flop. Mimi non dimostrava un particolare apprezzamento né stupore nella rivelazione delle scene illustrate che si aprivano dietro il risvolto di ogni pagina, dissolvendo l'ambiguità delle finestre visive, che di quella realtà mostravano solo una porzione isolata, parziale, fuorviante.
Non riusciva ad apprezzare l'espediente visivo, il virtuosismo illusionistico quanto riuscivo ad apprezzarlo io. Perché?
Solo di recente mi sono accorta che il libro sta vivendo una sorta di rinata fortuna di pubblico: lei lo sceglie spesso, lo sfoglia e lo commenta da sola, dimostrando di averne colto appieno il potenziale e la peculiarità. Allora la senti che parla da sola e fa, tipo:
"Cappuccetto Losso hai paua del lupo? Ma noooooo! Sono gli occhi del pa-vo-ne! Vedi? Cappuccetto Losso, non devi avele paua del lupo, lo sai?"

Quindi, siccome sono una madre un po' secchiona, mi sono ricordata della mia tesina sulla teoria della visione, che tanto era stata lodata dal mio prof di critica d'arte, e di quanto mi aveva affascinato il processo di sintesi attuato dal cervello nel dare un senso ai messaggi puramente visivi dell'occhio:
La teoria percettiva, che nell’ultimo secolo ha praticamente dominato la scena della psicologia, afferma che la nostra esperienza ci insegna come trarre conclusioni generali sul mondo a partire da informazioni sensoriali molto limitate.
Evidentemente questo processo, che tendiamo a considerare scontato e immediato, nei bambini molto piccoli non lo è affatto. Ecco perché mi azzarderei a dire che forse ho toppato in pieno nell'attribuire a questo libro una eccessiva semplicità di ricezione, ed ecco perché credo che vada bene per i bimbi che si avviano ai tre, piuttosto che ai due anni.

Ma comunque: siccome che sono anche molto orgogliosa delle recensioni attribuite alla penna di Mimi e pubblicate sul suo profilo Anobii che nessuno si fila, ecco quella riferita al libro di cui, in un sobrio equilibrio di serietà e idiozia. Enjoy yourselves:

Ambiguità percettiva o disturbo paranoide?

- Lupo, lupo, ma ci sei?
- Se ci fossi ti mangerei!
Per nulla rassicurante, come risposta, direi!
Niente da stupirsi se la povera Cappuccetto Rosso ha finito col maturare, sin dalla più tenera età, una palese sindrome paranoico-persecutoria che la induce a vedere o a immaginare lupi in agguato dietro ogni pagina... del resto la piccola cova nel profondo della sua psiche i postumi di un trauma di non facile rimozione, se si pensa alle ore che ha dovuto passare costipata nella cavità gastrica del lupo in compagnia di sua nonna.
O forse sta solo giocando con le forme e i colori, con i motivi della collana di mamma e le ombre nodose dei tronchi d'albero, e ci mostra come sia facile lasciarsi ingannare dai sensi, fuorviare da facili aspettative, e correre a conclusioni affrettate là dove non vediamo chiaro, trasfigurando nelle nostre più grandi paure ogni singolo aspetto del reale, che siano fiori, pesci, pavoni o ragni pelosi...


(Mamma, guadda: semblo io!)

 

 
     (Mamma, guadda: sembli te!)


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