domenica 7 dicembre 2014

Il ritorno del beduino.


Novembre ci ha riportato anche il Beduino a casa.
Anche nel vivere insieme o lontani si stabiliscono equilibri esistenziali che poi, ad ogni nuovo cambiamento vanno ritarati, e non è affatto semplice.

Ci si guarda e si sa che quello sguardo dietro la gioia e il sollievo di rivedersi dopo tanti mesi, si trascina dietro tutto un groppo di nodi mai venuti al pettine, che prima o poi toccherà sbrogliare.
Si sa che il rivedersi e lo stare insieme sarà ancora una volta un assetto temporaneo, cui seguiranno nuove separazioni e nuovi riassetti, nuove assenze da sforzarsi di colmare, quando sarai ancora una volta a tu per tu con le tue figlie, a dover gestire un'attesa cui non sai dare un termine preciso.
Sappiamo entrambi che non è una soluzione definitiva e sappiamo entrambi che al momento non abbiamo piani B, anzi, che non abbiamo affatto piani.

C'è del non detto che bussa, batte per farsi sentire, e a cui per ora non vogliamo dare la soddisfazione di aprire, perché è troppo faticoso, perché per il momento non vogliamo pensarci, perché l'abbiamo fatto tante e tante volte prima, e perché, infine, c'è sempre il timore di guardare in faccia all'effettiva sostanza del problema, il non trovarsi in sintonia riguardo i nostri progetti futuri, cosa che ti preclude in partenza la possibilità di farne.
C'è tutto questo nei non detti, e c'è la consapevolezza che la sua permanenza qui non sarà che una parentesi in un tempo indefinito e indeterminato che riproporrà sempre gli stessi problemi.

Ma nel frattempo, sì, lo ammetto, c'è un certo sollievo nel sapere di essere in due.

Abbiamo preparato l'accoglienza del babbo senza risparmiarci in palloncini: ne avevamo a decine avanzate dalla festa di Mimi, e, voglio dire, quando entri in una casa piena di palloncini colorati, non puoi che dedurne che il tuo arrivo sia stato atteso e gradito.
Abbiamo attaccato sulle ante dei nostri pensili sgangherati i disegni di Mimi che, da qualche tempo raffiguravano con insistenza immagini di famiglie felici, non famiglie qualsiasi: la nostra, con tanto di enormi sorrisi a U, boccoli biondi e grandi occhi cerulei, lunghi vestiti colorati per la mamma e Rania in mise da Biancaneve. Siccome non erano sufficienti a riempire tutti gli sportelli, abbiamo optato per alternarli con alcuni dei disegni della fase precedente, che ritraevano quasi sempre mamma da sola, con un'espressione sgomenta sul volto.
Quale più eloquente sunto della mutata percezione di famiglia...

A Mimi avevo spiegato qualche giorno prima che il babbo sarebbe tornato, lei che inizia ad avere un'idea del valore e della durata dei giorni che trascorrono, ma che ancora non riesce a collocarli nella giusta dimensione mentale quando travalicano il tempo di una settimana; il risultato è stato questo profluvio di famiglie occhicerulee che ha sostituito la mamma solitaria nel bagaglio dei suoi manufatti scolastici di cui mi faceva omaggio a ogni nuovo rientro da scuola.
Da Mimi ho capito che i malesseri dei bambini a volte sono invisibili, e si manifestano in maniere trasversali, spesso fastidiose e faticose per i grandi, che non ne colgono che la superficie.

Rania l'ho preparata solo la sera prima all'inatteso ritorno.
Chissà, mi dicevo, se nel suo piccolo universo permane l'idea di una famiglia da riunire, di una figura paterna mancante da ricollocare al suo posto. In fondo cinque mesi sono tantissimi, troppi per una che all'attivo ne ha 20 di vita.
Da Rania ho capito quanto troppo spesso tendiamo a sottovalutare le capacità ricettive dei piccoli, e di quanto invece siano consapevoli del loro mondo, e degli elementi salienti che lo costituiscono.

Dopo pranzo siamo andate tutte all'aeroporto, sferzate dall'acqua che intanto veniva giù a secchiate sul tettuccio dell'auto.
E' stato strano rivederci in un pomeriggio di fine autunno dopo esserci salutati in piena estate come se tutto il tempo in mezzo non fosse esistito.
Le bimbe, euforiche, sono rimaste tarantolate per l'intera giornata: guardarle giocare col padre mi ha dato un'ingiustificabile fitta al cuore, intuendo dietro quella gioia totale, come solo i bambini sono capaci di provare (vedi post) il riappropriarsi di un bene sottratto, una restituzione dopo una lunga, incomprensibile privazione.


 

 

A momenti riguardo indietro a questi mesi e mi sembra di aver compiuto un'impresa che ha del sovrumano. A momenti riconsidero la fatica dei giorni, la solitudine delle sere, l'angoscia di quei risvegli notturni quando ero sicura di aver sentito rumori in casa, vicini, alla porta, rumore di passi, voci di persone, e non chiudevo più occhio.
A momenti ripenso alla determinazione che finisci per tirare fuori quando non l'avresti mai detto, quando ti decidi a fare cose che prima avresti fatto di tutto per evitare, come prendere e partire da sola con due bambine, due gatti, una macchina di dubbia affidabilità.
Ripenso ai lunghi mesi senza scuola e alle numerose domeniche di battaglia alla malinconia domenicale, alla necessità vitale di essere sempre attiva, propositiva.
Ripenso a tutto questo in maniera vaga e confusa perché ormai è roba passata, e come tutti i ricordi, ti rimane l'impressione delle tue emozioni di allora, ma non arrivi a comprenderle fino in fondo, le contempli ormai con distacco dalla tua nuova posizione.
E ti rendi conto di quanto valga la presenza, la presenza di una persona accanto non perché io da sola non ce la farei: ce la faccio, l'ho sempre saputo, ma ora ne ho la prova, ma perché abbiamo scelto di essere in due, con tutti i nostri difetti, e differenze, e distanze a volta, e incomprensioni, e con tutte quelle zone d'ombra nelle quali è meglio non entrare per ora.

Per me la vita di coppia non deve essere necessariamente condividere tutto, essere uguali in tutto, e nemmeno comprendersi del tutto. Ci sono cose che non condividerò mai col Beduino, perché non fanno parte del suo modo d'essere. Ci sono altre persone nella mia vita con cui condividere quegli aspetti.
Ci sono cose di lui che non farò mai mie, perché ciò non è possibile, come la fede: la fede o c'è o non c'è, non puoi abbracciarla per solidarietà con qualcun altro.
Non ho mai visto la coppia come un annullarsi dell'individuo in una dualità inscindibile, piuttosto come una sommatoria di individualità distinte, che tentano di incastrarsi come meglio possono, smussando qualche angolo, qualche asperità, accrescendosi insieme in alcuni aspetti, trovando comunque dei lati in comune, delle prospettive, dei modi di vedere e intendere la vita, perché altrimenti non ci sarebbe motivo di stare insieme.
Il Beduino non mi ha mai chiesto di leggergli il mio blog, non sa nemmeno di esserne parte tanto rilevante da figurare addirittura nel titolo.
In fondo credo che l'averlo voluto rendere parte integrante di questo spazio proprio nel momento in cui fisicamente lontano, sia stato per me un riconoscerlo parte integrante del mio mondo interiore, non importa se qui non ne parlo praticamente mai. Forse non sono ancora pronta per eviscerare nero su bianco i temi dell'interculturalità vissuti sulla mia pelle, per quanto forse più appetibili ad un pubblico di lettori rispetto alle pippe mentali di una madre come tante.



Quello che ho capito dal Beduino è che scegliere l'altro, sceglierlo come compagno di una vita, o fin quando sarà, non significa necessariamente totale sovrapposizione all'altro, non assoluta identificazione né completa comprensione, ma fondamentalmente rispetto dell'altro, anche di quelle sue parti che mai riusciremo a fare nostre, anche quando ci accorgiamo che ci sono ambienti, stanze, ripostigli della sua anima che non ci ha schiuso, e con circospezione e discrezione, accettiamo anche di tenercene fuori, non perché non siamo ben accetti lì dentro, ma perché probabilmente, non tutto dell'altro ci è comprensibile.
Io non capirò mai cosa spinga il beduino, notoriamente amante del sonno fino a tarda ora, ad alzarsi all'alba per buttarsi ore su una spiaggia deserta al freddo con una canna da pesca in mano.

Lui che vive di fare e si circonda di persone, parla con tutti e di tutti si ricorda, lui che non legge libri perché, sostiene, non sono vita vera, non arriverà forse mai a capire la necessità di riversare pensieri e parte di vita privata su uno schermo, di condividere emozioni e riflessioni con emeriti sconosciuti.
Lui che in genere è promotore delle nostre pubbliche relazioni, non so cosa avrà capito quando, sulla strada tra le colline che ci conduceva al Paesino in culo ai lombrichi mi ha chiesto: "Ma insomma, non mi hai detto dove li hai conosciuti, questi ragazzi che andiamo a trovare...", quando, con aria imbarazzata gli ho risposto con riluttanza: "Ma come... te l'ho detto! Ehm... li ho conosciuti... tramite il blog..."

Non è mai troppo tardi per prendere atto che la tua compagna è socialmente disconnessa dal mondo reale.

7 commenti:

  1. Cara, spero che i vostri progetti futuri possano trovare un allineamento, se non proprio ora, al piu' presto possibile.
    Ti capisco, perche' quando DH dice che l'Italia non e' nel suo futuro a medio lungo termine, mi viene l'ansia, perche' per me invece, in questo momento, lo e' (la faccenda del vivere all'estero l'ho fatta e mi e' piaciuta, ma ora non mi interessa piu..)
    Speriamo!

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    1. Io ho sempre pensato di voler vivere qui. Ora non ne sono più tanto sicura. Questo Paese a tratti mi appare spacciato, meschino, provinciale, arretrato, corrotto... e avvilenti le prospettive che offre. Poi certo, uno lo ama... Irrazionalità del cuore! Prendere e partire però, senza progetti definiti, non è cosa che al momento potrei fare. Penso che a monte ci sia il problema del "cosa " fare prima del dove...
      E va be. Viviamoci su!

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  2. Poveraccio, io lo capisco.
    In più ce lo hai portato con l'idea delle fiabe, il castello etc etc etc e invece quei due là si sono addormentati.
    A mia consolazione, mi è piaciuto tanto conoscerlo e vedervi insieme.
    Anche se non ci si conosce mai del tutto, anche se le differenze permangono, e sono benedette, ma richiedono sforzo, umiltà, autocritica, in parole povere fatica.
    Mi pare ne valga la pena, tuttavia ;).

    A prestissimo,nella città palustre.

    Susibita

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    1. Poveraccio no, però, dai.
      Non preoccuparti, non è rimasto deluso dalla mancata sessione di lettura ad alta voce. Direi più sollevato, piuttosto.. ;-)
      Il beduino è proprio a-letterario.
      Ma sì ma sì, le differenze in fondo ci attraggono. Altre volte ci esasperano, ma è anche lì il bello... aspé... credo. :-\

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  3. Quello che scrivi sotto l'ultima foto anche io ci ho messo anni a capirlo. E anche se l'ho capito non è che certe volte il cuore non punga un poco, vero?

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    1. Beh... A me è stato chiaro abbastanza presto che eravamo mooolto diversi, e non solo per provenienza e matrice culturale.
      Le pulcette insegnano che in fondo è proprio questa differenza ad attrarci, anche se poi spesso col tempo ciò che prima attraeva, la convivenza lo esaspera e lo rende fastidioso.
      Proprio per questo credo sia bene che ognuno si conservi stanze private dell'essere, da lasciare magari socchiuse qualora l'altro volesse un giorno entrare, ma anche eventualmente considerare che potrebbero restare universi paralleli inviolati

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    2. Ecco, io faccio fatica a fare quel passo indietro. Come indago dentro me stessa farei con lui, ma mi rendo perfettamente conto che non può essere così e che non sarebbe per niente sano.
      Grazie per le tue riflessioni e per le tue risposte!

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