sabato 29 giugno 2013

Non ci facciamo mancare niente.

La soluzione per una giornata difficile, bimba grande ingestibile, bimba piccola insonne, sono, naturalmente, i giardini.
Con mio grandissimo sollievo e soddisfazione la piccola collassa nella sua capsula simil-space-shuttle quasi immediatamente, cullata dallo sciabordio delle ruote sul selciato sconnesso del marciapiedi, prima ancora di arrivare, e rimarrà in quello stato per tutta la durata di nostra sortita (dimentichiamocene pure, dunque).
La grande si fa circa un'ora di altalena, ché io conosco le mie pollastrelle: dormire non se ne parla più di pomeriggio, ma mica tante energie per scorrazzare qua e là.
Comunque dopo essermi fatta venire la lombalgia a furia di spingerla, azzardo la mossa strategica di panchinarmi.
Novità assoluta questa, per la quale giudico oramai i tempi siano maturi.
Lei un poco ci prova, a distrarmi dalle mie velleità di mamma da panchina, ma so aggirare l'ostacolo con elegante non-chalance.
- Mamma, mamma vieni commé a laccogliele i fioli?
- Sì sì, ora vengo, ora però vai tu, bella a mammà, ché io ti aspetto qui seduta, ok? E portami un bel mazzolino di fiori... mmmh... gialli!
- Babbene, mamma. Appettami qui, eh! Ola ti polto i fioli gialli.
(Sì, ecco, brava: vai. Madre degenere io).



Sbolognata la grande, azzardo ora la seconda mossa.
Estraggo lentamente dal borsone attaccato allo space-shuttle piccolo oggetto parallelopipede, all'apparenza compatto, ma composto di un discreto numero di sottili lamine di carta unite assieme da un lato, tutte minuziosamente vergate di caratteri stampati ad inchiostro.
Dicasi libro: è un oggetto che si usava prima dell'avvento di quegli affari chiamati tablet.
E ora a noi due, commissario Montalbano.

- Mamma! Mamma, guadda: guadda che melavigliosi fioli gialli ti ho pledo! Mamma, ola vieni a laccogliele i fioli commée?
- Oh! Che meravigliosi fiori gialli! Mimi me ne porti anche di bianchi per favore?
- Mamma, dai, vieni commé a laccogliele i fioli bianchi?
- Oh, Mimi, sono stanca: vai tu per favore. (Che merda).
- Ok, mamma. Tu appettami qui eh!
(Sì sì, e chi si muove).

Dunque si diceva. Miì, che scassamento questa Livia! Ma ancora non si è deciso a accannarla lui?
- Mamma mamma!
('Azz!)

Parecchi fioli dopo, e all'in circa una pagina e mezza dopo, vedo Mimi coinvolta nel gioco da un gruppetto di bimbi di molto più grandi. La cosa non può farmi che piacere, anche se ogni tanto la perdo di vista, ché scompare nel folto di un grande cespuglio di alloro che immagino sia la casetta.
Potrei anche avvicinarmi, ma... aspè: arrivo alla fine del capitolo e poi mi alzo, eh.

- Mamma, mamma. Io e i miei amici glandi siamo andati nella folesta dove c'elano le bestie feloci! E... e... allola io ho pledo un bastone e... PUM! Gli ho ppalato!
- Oh, povere bestie feroci.
- Mamma, vieni a giocale con i miei amici nella nottla cadetta?
- Mh, sì, ora vengo. Tu intanto vai eh! Ti raggiungo.
(Ti pare che non c'era pure a 'sta botta la solita bonazza di turno morta ammazzata in circostanze pruriginose?)
- Mamma mamma guaddami! Tono nella mia cadetta!
- Sì brava!
(Continuo a sentirmi un po' degenere, ma sono curiosa di sapere cosa ne dirà il PM Tommaseo...)

- Mamma, i miei amici tono andati via, vieni commé nel sentielo?
- Nel sentiero? No, Mimi, come faccio? Ho la carrozzina, non posso fare i gradoni con Rania che dorme. Aspetta un po' che finisco questa pagina poi andiamo a fare una passeggiata.
- Mamma, mamma: io vado sul sentielo, tu appettami qui eh!
- No, Mimi: aspè... 'ndò vai? Non andare lì da sola. Aspettami che ora andiamo insieme.
- Mamma mamma guadda: quanti fioli!
(Scompare alla vista).

Oh, beh, mo' torna, vedrai. Dove vuoi che vada. Finisco questo capoverso e la seguo. Mica posso lasciare la piccola qui da sola.
- Mimiiii! Torna qui! (E insomma, ma quanto magna 'sto Montalbano!)

Passa un tempo non ben precisato.
- Mimi? MIIIIIMIIIIII!

DLIN DLON
E' stata ritrovata una bambina... (No, ti pare? Non dirmi che... ma no! Figurati se...) ...di circa tre anni... (beh, suppongo... che potrebbe essere chiunque...) ... indossa un vestitino a fiori... (Ma porca miseria! Sì ok, ditemelo pure: madre degenere totale!) ...i genitori sono pregati di recarsi a...BUAAAAAAAH! (Cazzo di bambino! proprio ora doveva mettersi a urlare? Dov'è che devo recarmi?)

MISSING!
Sì va be': madre degenere. Sono d'accordo con voi. Certo che uno abbassa la guardia un attimo e... va bene va bene: non ho scusanti. E però riconoscere bisogna che ho avuto l'onestà di contarvela tutta, e non solo "la mezza missa" come direbbe... mah, non saprei proprio chi...
Comunque dopo essermi recata ovunque, visto che l'annuncio non si ripeté, la trovai che dissertava come (perdonate il paragone blasfemo) Gesù tra i dottori, al centro di un capannello di preoccupate e sollecite signore cotonate, a cui spiegava con dovizia di particolari quanto lei amasse i fiori e come appunto si stesse dedicando all'assidua ricerca degli stessi nel momento in cui era stata fermata.
- Ma come ti chiami bimba?
- Non me lo licoldo come mi chiamo signola.
(Arrivo io, trafelata).
- Eccomi! Grazie mille! Scusate... Stavo... allattando la piccola (immagino a 'sto punto di essere arrossita fino alle orecchie. Il commissario Montalbano mi avrebbe sgamata subito che era una farfanteria).
- Mamma, e ccuda: io stavo laccogliendo i fioli petté che eli malata!
- Amore, ma non devi andare in giro da sola!
- Bisogna fare attenzione, signora, di questi tempi.
- Sì ha ragione.
- Ah, eccola! Stavo chiamando i carabinieri!
- Sì, mi scusi, non avevo capito dove...

Va be'. E' andata.
Non è mica (solo) colpa mia, però (anzi: è tutta colpa tua, Montalbà!).
E ora scusatemi: ne approfitto (ché loro ancora dormono) per finire il libro.

Autoritratto con libro e fioli.

martedì 25 giugno 2013

Un giro di sole: quando tutto ha avuto inizio.


Un anno fa, quando tutto ha avuto inizio, più o meno, non pensavo a te, minimamente.
Tu oggi compi tre mesi: hai cosce con le pieghe, guance da Cicciobello, tantissimi capelli, un nasino alla francese e obliqui occhi grigi.
Hai tre mesi e dici "nghé" alla perfezione. Chiami se ti senti sola, ridi se ti sorridono, tieni su la capocciona tentennando un poco, seria, concentrata. Tu che aggrotti le ciglia, che sospiri nel sonno, che vorresti già stare seduta, che protesti piano, che convivi con la raucedine, che sopporti paziente, che non piangi se non ne hai un buon motivo, che ti addormenti accanto a me, che quando mi vedi scalci, che scruti il mondo con occhi profondi.



Dunque tutto è iniziato un anno fa: 9+3 fa un anno, non ci piove.
Te che non ti aspettavo, te che volevo ma non osavo. Te che ho temuto, te che ho aspettato.
Tu non hai chiesto il permesso, tu che mi hai colta impreparata e pavida.
Tu: sono sicura, me lo sento, stavolta è maschio.
Tu che, ancora, mi hai smentito.
Io che al sesto senso materno non ci credo più.
Io che avevo paura di non farcela.
Io che ho pianto nel letto tante notti insonni, pensando di non farcela.
Io che temevo di non riuscire ad amarti, che mi chiedevo come avrei fatto ad amarti.
Io che ti chiedevo di aspettare, di non farmi scherzi. E tu hai aspettato.
Io che ti chiedevo di essere puntuale, e tu lo sei stata.
Io che ti chiedevo di fare in fretta. E tu. Sei stata bravissima, efficientissima, puntualissima.
Ma quella capoccia lì, che ti ritrovi... 'Cidenti!



Tutto ebbe inizio, dunque, all'in circa un anno fa?
Un anno fa quando preparavo l'esame di arte.
Che la mia mente era altrove.
Che mi immergevo ancora una volta nei libri e ne uscivo distrutta.
Che mi chiedevo dove avrei trovato il mio posto.
Che vedevo crescere mia figlia e credevo di esserne ormai fuori.
Che pensavo di aver archiviato ciucci e pannolini, almeno per un po'.
Che un po' mi piangeva il cuore a vederla crescere sola, e forse allora ti ho pensata, un po'.
E' stato allora che ti sei materializzata?
In quale nicchia tra il rimpianto e il desiderio?



Tu che sei l'evidenza dell'imponderabile, del desiderio represso, della gioia che ti sorprende, a tradimento.
Tu che non mi hai mai avuta tutta per te ma ti accontenti.
Proprio te oggi guardavo, nell'immagine riflessa dallo specchio, di me, che ti tenevo, la testa reclinata sulla tua, e ci ho viste come nel celeberrimo dipinto di Klimt, tu proprio tu, io qualche capello fa.
(Tu che mi hai fatta tagliare i capelli.)
E mi viene da chiedermi come sia possibile non averti amata da sempre, tu che mi sei entrata dentro da subito, o quasi.
Perché i secondogeniti, mi sa, campano un poco di rendita, di quell'amore sofferto che la prima volta hai dovuto costruire a fatica, mattone dopo mattone, spaventandoti a volte nel non riconoscerti più in quella che eri, e che la seconda volta è già lì, pronto per rinnovarsi in un nuovo rapporto.

Un giro di sole: nel tempo di un moto completo di rivoluzione ti sei materializzata nell'immagine che è per me ennesima potenza dell'amore materno. Tu, la bambina del quadro. Io, la mamma innamorata.
In quel giro di sole che è risultato di gravità e centrifuga, attrazione e repulsione, amore e paura, poi, finalmente, ritorno, vita.


lunedì 24 giugno 2013

Fate e trolls.


Sulle altalene.
Cinque bambine.
Cinque gonnelle svolazzanti alla leggera brezza di inizio estate.
Creature eteree, leggiadre, che fluttuano nell'aere senza mai toccar terra, sfiorando il suolo come galleggiando nello spazio. Creature fatate, creature ridenti, che giocano a venirsi incontro, e creano pittoresche geometrie di corpi al convergere delle punte dei loro piedini affusolati, tesi nello slancio, nel fendere l'aria aggraziati. Calzano tutte sandaletti con fibbie, tranne una, che per andare a giocare ai giardini si è impuntata a voler mettere le scarpette di vernice chiuse, col fiocco di lato. La più piccola del gruppo, l'unica che non si spinge da sola sulla sua altalena, che ancora non lo sa fare, ma gongola nel sentirsi parte di un gruppo di splendide creature alate, dai dieci anni a scendere, che oscillano armoniose e in sincronia, in simmetrie stellate.
Su e giù su e giù. Avanti indietro.
Elfiche figure, fatine dell'aria, ninfe dei boschi.
Su e giù.
Libellule leggere, silfidi delicate, trepidi colibrì.
Su e giù. I piedi a sfiorarsi, e poi di nuovo indietro.
Su e giù. Risate argentine. Capelli al vento. Svolazzare d'orli e trine.
- Mamma che bello! Guadda come siamo melavigliode! Tiamo ploplio pplendide plincipesse!
Entusiasmo e fomento

Cambio.
La prima aggraziata creatura scende dal suo aereo sedile. Al suo posto sale un piccolo troll con jean's al ginocchio e una faccia mostruosa stampata sulla T-shirt. Nel giro di otto secondi altre tre fatine seguono l'esempio della prima.
Prima di poter dire "Gasp!" quattro esseri vocianti e sguaiati si sono sostituiti all'elfico coro di vestitini svolazzanti ed è tutto un tirarsi pedate, lanciarsi motteggi, tutto un dondolio spericolato, uno scalciare sconclusionato.
Su e giù. Urla selvagge.
Su e giù. Calci e spintoni.
Su e giù. Scontri di scarpe, agitar di membra, sussultar di catene.
Rallento l'andatura dell'altalena di Mimi per evitare che si becchi un calcione in pieno viso.

-Mamma voglio scendele. Non mi piace giocale coi maschi.

Questioni di genere.
Come darle torto.
Sono grezzi, che farci.

sabato 22 giugno 2013

On a limb (bah!)


Ah, come vorrei iniziare a scrivere un post e riuscire a finirlo.
Magari non glie ne frega niente a nessuno di quello che ho intenzione di scrivere qui, ma sono fatta in un modo in cui, un modo strambo in cui, finché non riesco a concretizzare quello che mi frulla nella testa mi permane un senso di insoddisfatto malessere che mi getta in un turbine di nuove inconcludenze e nuovi malumori. Non solo nel blog: ultimamente mi sembra di concludere poco e nulla, rispetto ai miei ottimi propositi.
La prima ondata di calore che è arrivata l'avete vista tutti, inutile che mi ci soffermi anche io, oltretutto ieri Studio Aperto ne ha minuziosamente dissertato per un buon venti minuti: era la notizia del giorno a quanto pare.
Qui la conseguenza immediata è stata una terrificante insonnia asincrona delle due beauty&the-beast, senza stare a cincischiare su quale delle due sia la bella, e quale la bestia, possiamo dire che a turno fanno l'una e l'altra, a seconda che dormano o che veglino...

Nel frattempo con grazia equina i sempre più solerti  operai albanesi che da mesi bazzicano intorno a casa nostra, senza che ben si capisca che accidenti stiano combinando, sferragliano da un terrazzo all'altro, defenestrando calcinacci e rottami metallici direttamente sulla tettoia in eternit sottostante la nostra povera bicocca, facendo sussultare la povera piccola fatina dormiente e provocandomi accessi di bile non indifferente, mentre si urlano cose indecifrabili da un piano all'altro, o dissotterrano senza motivo le nostre incolpevoli piante grasse, cose che comporta litigi sfrenati con Hasuna che sovente poi conclude minacciandoli di morte, prima di offrirgli l'ennesimo thé verde beduino; o mi sbatacchiano sulla persiana chiusa al gran calore mattutino chiamandomi a gran voce per mezz'ora, anche se io faccio orecchio da mercante sordo e mi dico che prima o poi si arrenderanno all'evidenza che non ho voglia di rispondere e continuo a fingermi morta, tanto ho sempre la scusa che stavo allattando, ma poi alla fine faccio prima a desistere io e vado ad aprire solo per sentirmi dire: "Scusa non volevo disturbarti (ah, noo?), mica avresti un..." segue nome del più improbabile strumento di manovalanza pesante, che io, ovviamente, non possiedo, e solo dieci minuti li perdo a capire di che si tratta, e intanto mando in cuor mio i peggio accidenti a loro e ai loro morti. Sì, lo so, è brutto, non si fa. Ma...

Intanto nel blog vorrei parlare di questo e quell'altro e non mi ci incastra mai, ché il mio bioritmo non va di pari passo con i momenti di mia relativa libertà dal fare, e quasi sempre quando potrei casco dal sonno, oppure mi dorme l'emisfero sinistro del cervello e mi sonnecchiano le sinapsi, cosicché non connetto. Oppure, tho! Si sveglia la fatina.
Sì lo so che non morirete se anche non vi parlerò del fatto che avevo ricevuto la parte del Pesciolino Ugo alla recita del nido, ma che poi sono stata rimpiazzata perché arrivavo tardi alla festa per colpa di una principessa col vestito a fioli viola e le scappette di clistallo "coi tacchi", che pretende di fare tutta la strada a piedi da casa all'asilo camminando dunque in punta di piedi (e lo farà, a discapito della futura tornitura dei suoi polpacci, che le auguro non le vengan su massicci quanto quelli materni).
O se non vi racconto di come abbiamo trascorso il così diciamo, decimo anniversario della nostra prolifica unione d'amorosi sensi, in concomitanza con la festa patronale della città, quando immolo la mattina a lavar piumoni in lavanderia con Mimi, e poi parto alla ricerca di palloncini per sopperire a quello che non abbiamo comprato la sera prima durante la festa del detto patrono, con lumini alle facciate delle case e fuochi d'artifizio,e  due bimbe stanche morte.

Pensavo che avrei finalmente rimpiazzato la coccinella fuggiasca di un anno fa...
Invece Mimi ha visto e anelato da subito un'orrida principessa che io ho ribattezzato con discutibile fantasia Rosaspina (pron: Lodappina), ma che sospetto essere nient'altro che una vile e commercialissima Barbie principessa. Va be', ma che importanza ha, se a lei piace (sigh, sob! Quante aspettative malriposte!), e se è rimasta un'ora intera in adorante contemplazione della sua, così dice lei, "amata plincipessa", e se ancora ora che dopo giorni cinque, e un tre-quattro gonfia-sgonfia dopo, è ridotta a un floscio ammasso di plastica metallizzata da cui a tratti è venuto via il colore, ancora ora, dico, continua a rivolgerle lodi degne del più fervido cuore innamorato, del tipo: "Oh, plincipessa mia, come tei melaviglioooousa! (notare la "S" sonorissima [z] che si arrotonda sulla "O") Che melaviglioso viso pplendido! Oh, mia amata! Io ti volevo! Ho pianto pelché volevo te! E dopo ti ho vista e ti ho pleda! Noi ci amiamo: guadda mamma come ci amiamo io e la mia amata!"
Insomma, 'sta principessa del piffero, a parte che è quasi un metro di palloncino e sta sempre in mezzo ai piedi perché da mo' che non vola più, e lei se la porta pure a letto, cosa che rende di gran lunga più lungo e laborioso il processo di addormentamento, perché sfrigola e co'sto caldo si appiccica alla pelle sudata, ma poi oltre tutto è pure incinta, e Mimi continua a chiedermi di farla partorire perché da sola non ci riesce.
E va be'.
Meno male che, dicevo, non ve ne avrei parlato.

Così come non vi racconterò dell'imbarazzante riunione dei genitori di fine anno (ah, ma come mi piacerebbe parlarne invece!), quando ho avuto l'ennesima conferma della mia riluttanza patologica ad inserirmi nel gruppo genitoriale, malgrado le passate e millantate vittorie.
O di come la fatina si sganasci dalle risate e si schernisca nascondendo il viso quando uno gioca con lei e le fa le facce buffe, o di come sia concentratissima nell'arduo intento di voltarsi a panza sotto, e rimanga incastrata con un braccio bloccato sotto al petto tipo camicia di forza e allora inizia a chiamarti "Oh!" per farsi liberare.

Medito intanto la dissociazione del mio io virtuale, ipotizzando uno spazio parallelo a questo ove lasciar dispiegare le involuzioni del mio lato oscuro, ché qui non mi riesce e prevale l'autocensura, e la volontà di parlar di tutto quando alla fine non mi basta il tempo e nell'imbarazzo della scelta finisco sempre a scriver cose lontano da quel che volevo.
Un luogo dell'anonimato ove nessuno mi conosca, senza immediati riferimenti alla mia persona dove sparare a zero su tutto e tutti, dove fregarmene dei contatti e delle visite.
Nell'ultimo anno di bloggerato ho perso diversi contatti a cui ero particolarmente affezionata, altri hanno cambiato piattaforma o hanno aperto nuovi blog e mi sento un pochino come in terra deserta, lasciata indietro, mentre tutti sono impegnati altrove.

Nella vita non rispondo mai al telefono, per esempio. Infatti ho perso per questo il posto alla materna: perché non ho risposto, e così hanno chiamato quello dopo di me in graduatoria. L'ho scoperto sempre alla festa del nido, parlando con la mamma che era dopo di me in graduatoria.
Così impari a non rispondere al telefono.
Sono sempre in ritardo sulle mie tabelle di marcia e non ho mai preparato niente per cena quando torno a casa troppo tardi per qualsiasi possibile attività, mi chiedo quale e dove sarà il nostro immediato futuro e faccio finta di non essere preoccupata. Diciamo che funziona: alla fine smetti di preoccuparti per davvero. Hakuna Matata.
Nella vita mi rendo conto che rimango per settimane e forse mesi senza vedere, a volte senza sentire le persone a cui più tengo al mondo, ché tutti hanno i loro impegni, tutti hanno una vita altrove, laddove un tempo condividevamo quasi tutto.
Non è triste, ma anche qui ti senti, a volte, come tagliato fuori da quella che un tempo era la tua vita affettiva, e ti chiedi di cosa tu stia vivendo in questo momento. A parte le bimbe intendo.

Nel blog non bastano le conoscenze che fai per farti sentire appagato nelle relazioni.
E comunque non ti basterebbe stare una vita al pc per fare davvero del blog ciò che vorresti.
E comunque non hai lo smartphone e ti rinnovi nel proposito di non averlo mai, di non giocare a Ruzzle se non col telefono di tuo fratello, le rare volte in cui lo vai a pizzicare a casa sua, che un tempo era anche la tua, ma ora ci torni quasi mai.
E comunque rimani un quarto d'ora a sentirti la promoter della TRE che ti espone i vantaggi dell'abbonamento internet sullo smartphone.
Rimani invece nella tua nicchia, in una sorta di limbo tra il se e il ma.
Scrivi post che iniziano in un modo e finiscono in tutt'atro. Nel mezzo ci hai infilato di tutto.
Stai sempre sconnessa, e ti va bene così.

Magari mi piacerebbe andare al cinema, ogni tanto.
Nel frattempo ci sono le bimbe, che non ti lasciano il tempo di elucubrare troppo.
Rimango sul mio ramo (on a limb, come il video di Cip&Ciop e Paperino, ché sono rimasta a chiedermi per giorni che volesse dire la parole "limb")
Va bene per ora, questo limbo.


lunedì 17 giugno 2013

La grande paura.

Eccoci qua. Le pupe son crollate.
Il pomeriggio al mare, pizza gelato, poi di corsa in città, stasera c'è la Luminara.
Malgrado lo sforzo immane siamo riuscirti a vedere solo i fuochi di mezzanotte, di sguincio, ché sul Lungarno c'era tanto di gente da svenire prima ancora di provare a penetrare la cortina umana a suon di ruote di passeggino sugli stinchi.
- Certo che portare bambini così piccoli in mezzo a una tale confusione ci vuole un bel coraggio...
Faccio finta di non sentire e tiro dritto.
Mimi crolla sulla via del ritorno, piangendo stanca per il mancato palloncino.
La piccola è crollata già dal mare.
La guardo dormire, le palpebre sottili che sembrano quasi trasparenti, i lineamenti perfetti.
Se sapesse, la signora che ha parlato, quello che mi porto dentro, oggi.
Potrebbe essere tutto come ieri ma non lo è.
In casa entriamo e si soffoca.
Apro le finestre: entrano rumore di traffico, sirene d'ambulanze e profumo di gelsomini.
Zanzare a go go.
Crollato anche il padre.
Tanto vale buttare giù un po' d'inquietudine.

In quel momento sembra che tutto di botto si fermi.
Invece no: sei tu che sei ferma, immobilizzata, paralizzata dal terrore.
Stringi lei al petto e dondoli frenetica, ma non ti esce una parola dalla gola, forse tremi, hai gli occhi sbarrati, senti il cuore che ti batte forte.
Lei piange, di un pianto che ti trapassa l'anima più e più volte, e vorresti piuttosto morire te che sentirlo.
E' un momento lunghissimo che tu continui a stare immobile, come chi stia tentando invano di fare un passo indietro. Come se il tempo si potesse riavvolgere e non si può.
Come se facciamo finta che non è successo niente. Una distrazione. Una stupida distrazione.
Ho sbagliato: la rifacciamo questa scena? Io non mi muovo finché non si torna indietro.
Ma invece nessuno ascolta.
Ho sbagliato ho sbagliato: vi prego un'altra chance!
Invece no.
Come vorresti non esser stata tanto superficiale e stupidamente distratta.
Ma è successo, e tu sei lì, nel momento del dopo, dell'immediato dopo, che non riesci a capire quanto sia durato, trapassata dal suo pianto, la gola serrata, bianca come un cencio.
E'stata colpa mia, cazzo, e ora?
E tuo malgrado continui a risentire quel tonfo, che già da solo basterebbe a farti perdere qualche anno di vita. A rivederla a terra, come un pupazzo rotto.
Sei in un istante cosciente di un sacco di cose, e maledici la tua trascorsa incoscienza, la tua idiota incoscienza.
E riconsideri in un lampo tutto il tempo, pochissimo, che avete avuto insieme finora, e come ti potresti essere giocata per sempre, una volta per tutte, tutto quello restante, da qui in poi, per un attimo di incoscienza, perché ti sei voltata a sciacquare l'asciugamano nel lavandino.
Ma era solo cacca, perdio! era solo un po' di cacca, non potevo aspettare?
Oh, vita mia, dimmi che va tutto bene, ti supplico, non piangere più, dimmi che funzioni ancora tutta come prima, dimmi che sono ancora in tempo per imparare dai miei errori.
La guardo e ha i lacrimoni agli occhi. Ha smesso di piangere perché è brava, e non piange mai a lungo, ma Cristo ne avrebbe il diritto! La guardo tonda tonda, che sembrerebbe di gommapiuma, ma sai che non lo è, che sotto tutta quella ciccia ci sono pure delle ossa ancora non del tutto formate. Che quella cresta di capelli non basta ad attutire il colpo, ché se li tocchi sono fini fini come piume di un pulcino, e lei è fragile e indifesa proprio come un pulcino.

Lei si è ripresa, pare.
Io no.
Non è che mando avanti la solita menata dei sensi di colpa materni per sentirmi dire che sono una bravissima mamma anche se un po' rincoglionita.
E' che quando di colpo, in una stupida mattina, in uno stupido minuto insignificante, ti rendi conto che potresti aver perso tutto, ed essere per sempre infelice, la paura non te la levi di dosso tanto facilmente.
E si dice che la prospettiva di perdere chi ami debba renderti più consapevole della tua fortuna e della tua felicità.
Io invece me lo sento sul collo come una minaccia perenne: attenta che la tua attuale felicità è fragile e precaria, e in un soffio la perdi.
Come un palloncino che vola via.
Perché la felicità comporta una grande responsabilità. Non sia data a chi è distratto, o incosciente, o superficiale.
Questa paura oggi mi si è attaccata addosso, e ancora tremo dentro, malgrado l'aria di mare e il sole, e lei che poi ancora mi sorrideva, ma non ha più voluto esser lasciata sola.
Chissà cosa si prova a precipitare nel vuoto a due mesi e mezzo.

Diciamo che ho avuto culo.
Ma tremo per i tanti altrimenti ben meno indolori.


sabato 15 giugno 2013

Playground a Pisa: il nostro terreno di gioco.

Quando Mary mi ha gentilmente contattata invitandomi a fornirle informazioni sui "playground" di Pisa, per prima cosa sono andata a googolare la parola "playground" per capire che roba fosse (scherzo, eddai!), poi mi sono fomentata e mi son detta : "Daye! Famolo 'sto post!"
Poi ho impiegato tipo due mesi per raccogliere il materiale fotografico da inserirvi, nell'attesa piuttosto vana che il tempo "volgesse in caldo" e io potessi recarmi con le bimbe nei luoghi interessati a realizzare scatti adeguati.
Alla fine mi sono arresa e mi son detta: farò con quel che ho.
Perdonatemi dunque la miscellanea temporale di fotografie che spaziano da una Mimi di pochi mesi, allo scorso novembre: lei sarà la testimonial ufficiale dei luoghi che sto per illustrarvi.

Dopo averci pensato su sono giunta alla conclusione di circoscrivere questa mia analisi al solo centro storico della città, dato che, immagino, per chi vi arriva da visitatore, interesse
rà poco conoscere la miriade di piccoli parchetti che sorgono nella sua immediata periferia.

Una delle prima cose che notai arrivando a Pisa anni or sono, fu che, pur essendo una città molto verde, e pur possedendo essa un centro storico a misura d'uomo, tuttavia vi mancano giardini pubblici di rilevanti dimensioni. Non so cosa mi aspettassi, ma provenendo io da una città come Roma, ricca di ville e grandi parchi storici, la cosa mi saltò subito all'occhio.
Gli spazi verdi ci sono, ma sono il più delle volte inaccessibili, spesso nascosti da alte mura, rinchiusi entro chiostre e cortili interni di complessi edilizi di antica costruzione, il che rispecchia la natura privata dell'assetto urbanistico comunale della città storica.
Da mamma più tardi non ho potuto fare a meno di notare che, oltretutto, anche gli spazi aperti disponibili e praticabili al gioco dei bambini, le sue belle piazze lastricate e alberate, sono generalmente privi di un vero e proprio spazio preposto al gioco: quello a cui daremo la definizione di "playground".
Vi sono però due importanti eccezioni: una è il bellissimo Giardino Scotto, ospitato all'interno della Cittadella Nuova, storica roccaforte della città della quale ancora possiamo ammirare mura e bastioni.
L'altro è il parco urbano delle Piagge, di cui mi riservo di parlare prossimamente, se no non finiamo più.
Ma ora concentriamoci sull'altro, sul Giardino Scotto.
Ne ho già parlato su queste pagine, in più di un'occasione:
qui lo presentavo durante una delle mie primissime passeggiate invernali con neonata al seguito;
qui ne davo una mia interpretazione "poetica", suggestionata dall'idea che in un luogo pensato e costruito in relazione alla guerra oggi si potesse andare per cercare relax o divertimento;
qui infine ne coglievo il sapore dolce-amaro nelle tinte di un autunno caldo e luminoso.
Tanto per farvi un'idea della location.

Oggi però mi concentrerò essenzialmente sul nostro bel playground.

Che fino a qualche anno fa si presentava così:

Photos of Giardino Scotto - Attraction Images
(Immagine presa da qui)

Un anonimo quanto comune insieme di giochini in legno tali e quali a quelli che ricordo aver allietato la mia infanzia (non che sia un secolo fa, però...).
Ma poi qualche anno fa il giardino è stato restaurato, e in questa occasione è stata rimessa a nuovo anche l'area destinata a Playground che ha subito un processo, diciamo così, di ammodernamento, se pure a mio parere l'intenzione estetica legata alla rappresentanza del luogo è stata privilegiata a discapito della fruibilità dei giochi da parte dei bambini.
Poi spiegherò il perché ma andiamo con ordine.

Ubicazione.

Il playground è situato in prossimità di uno dei due accessi del Giardino Scotto, ovvero quello che dà sul Lungarno, nelle vicinanze del ponte della Fortezza, piuttosto spostato verso est rispetto al nucleo centrale della città storica (qui la mappa), ma comunque, raggiungibilissimo anche a piedi per chi si trovi a visitare Pisa e voglia concedersi una pausa di relax, uno svago ai propri bambini, e inoltre visitare un luogo di grande interesse storico-culturale e bellezza urbanistica.

Accesso e praticabilità del playground.

Trovandosi il playground all'interno del suddetto giardino storico, esso è accessibile e praticabile solo entro gli orari di apertura del giardino stesso, che durante le ore notturne chiude ai visitatori. Questo fatto, se da un lato garantisce (ma nemmeno del tutto) il mantenimento dell'integrità dei giochi, che così si salvano da eventuali vandalizzazioni ad opera di visitatori notturni, dall'altro preclude di molto la godibilità delle aree, soprattutto nei mesi invernali, quando, in accordo con le ore di luce, il giardino chiude alle cinque del pomeriggio.
Tante volte sono arrivata ai giardini intorno alle quattro e mezzo, dopo aver preso Mimi dal nido, e ci è capitato che ci buttassero fuori dopo nemmeno un quarto d'ora. Ma va bene: basta saperlo.
Gli orari sono infatti i seguenti:

da novembre a gennaio 8.00-17.00,
febbraio-marzo 8.00-17.30,
aprile  e ottobre 8.00-19.00,
maggio e settembre 8.00-20.00,
da giugno ad agosto 8.00-20.30.
(Chiuso 1° gennaio, Pasqua, 1° Maggio, 25 Dicembre)

Chiarissimo no? E ora ricordateveli tutti!
Per il resto il fatto che sia inserito entro un'area verde più grande, e comunque protetta, lo rende un luogo di facile gestione per un genitore che vi porti anche più figli di diverse età, poiché, pur non essendo il playground recintato, i viali del giardino sono interdetti al traffico di veicoli (anche a quello ciclabile). I bambini insomma possono sciamare all'interno dell'area gioco in relativa sicurezza, evitando patemi d'animo al genitore affaccendato magari con l'ultimo nato.

Assetto del nuovo playgronud.



Il nuovo playground è articolato in due aree principali, intramezzate da una piccola aiuola con una fontana in pietra, quasi sempre asciutta e popolata da stormi di numerosi piccioni cittadini.
Le aree del playground sono delimitate da tappeti in gomma antitrauma dai disegni vivaci, cosa che rende questa area particolarmente adatta ai bambini più piccoli in fase di gattonamento o pre-gattonamento, o in fase di primi passi, a patto di preservarli dalle esuberanze dei bimbi più grandi, dal momento che, pur essendovi due distinte aree dedicate ad utenze di differenti fasce di età, non c'è una vera e propria zona off-limits protetta deputata ai soli neonati.
Mimi per esempio intorno ai 18 mesi è stata investita da un ciclista in erba che spingeva a gran velocità la sua mini-bici priva di pedali, ma non per questo l'impatto è stato meno traumatico.
Credo che l'architetto ideatore di questi giochi non dovesse avere grande dimestichezza con bambini piccoli, altrimenti non si spiegherebbe come minimo la scelta di piazzare proprio nel bel mezzo del parco giochi l'aggraziata struttura esagona delle altalene "gaudiane" (così le chiamo io), cosa che giornalmente fa sfiorare l'infarto di almeno una decina di genitori di figli under 2 che si avventurano incauti tra i dondolii spericolati di altalenisti ben più grandi.






I giochi.

Ma passiamo all'offerta ludico-ricreativa, che si articola come segue:
Primo nucleo: giostra e sfera rotante.



Nell'immediata vicinanza dell'ingresso principale troviamo la prima area di gioco. Qui le attrazioni sono essenzialmente due, come già esposto: la giostra e la sfera rotante.

Giostra:


Un'elegante struttura metallica che rievoca atmosfere di padiglioni principeschi a sostituzione del classico girello (funziona a trazione umana, piede a terra, ma ha un prolungato moto di inerzia, quindi possiamo dire una buona autonomia).

Qui la velocità di rotazione si fa più tollerabile, rispetto appunto ai girelli tradizionali, anche per utenti che abbiano superato i 12 anni di età, e si evitano di massima le svomitazzate epiche di cui mantengo ancora memoria nei ricordi dei miei anni di asilo.

In generale è una passatempo piacevole per collettività miste (genitori e nonni inclusi).





Sfera rotante:


La sfera rotante invece è rigorosamente monoposto e si utilizza così:


Al termine potrete comodamente ritirare vostro figlio ubriaco che come minimo per una quindicina di minuti eviterà di darvi troppo da fare perché troppo impegnato a recuperare il perduto orientamento spaziale.











Secondo nucleo: area grandi e piccoli.


Se ce la fate a superare indenni la pompa dell'acqua, senza che vostro figlio decida di volersi fare una bella doccia fredda fuori stagione, arrivate al secondo nucleo di giochi del nostro playground, articolato a sua volta in due aree che approssimativamente possono individuare due diverse utenze di età: la prima è indirizzata ad utenti almeno dai tre anni in su, dispone di strumenti di gioco molto complessi, a mio dire. La seconda al contrario offre strumenti di intrattenimento per utenti molto piccoli.
Mi chiedo perché mai non si sia pensato a vie di mezzo: nell'interregno che va dai 18 mesi a tutto il terzo anno di età (e forse anche oltre).

Ma proseguiamo col consueto ordine fin qui adottato.

Area gioco grandi
Dispone di attrazione invero particolari (oltre che spettacolari e gradevoli alla vista), ma a mio umile parere, non sempre adeguate alle esigenze ludiche dei bambini, almeno non  prima degli 8-9 anni. In ogni caso non mi sarebbe sembrato superfluo se, accanto a giochi così particolari si fosse trovato il posto per un tradizionalissimo scivolo, che non è dire troppo e soddisfa un ampio intervallo di età.
Ma ecco quanto abbiamo:

Il tappeto elastico:


Qui presentatovi da Mimi, attrae grandi e piccini, che spesso dai grandi finiscono travolti, nella foga di balzi da canguro da un trampolino all'altro. Tuttavia è un buon compromesso adatto a tutte le età. La mattina, quando i bimbi più grandi sono a scuola, offre diletto anche ai piccolissimi visitatori, che però non sempre sono in grado di utilizzarlo a dovere. La mia ha iniziato a saper compiere veri salti dopo il compimento del secondo anno di età.
Quasi sempre sovraffollato comunque dà spesso adito a vere e proprie faide territoriali.
Richiede quindi grandi abilità diplomatiche da parte del genitore accompagnante.

Esempio di Mimi grande (saltans).
Esempio di Mimi piccola (non-saltans).

La pertica:


Non so voi ma io non sarei stata capace di arrampicarmi in cima a quest'attrezzo in nessuna delle mie età passate, e non conto di recuperare la mancanza in nessuna delle mie prossime future.
Ma poniamo che le nuove generazioni siano di gran lunga più atleticamente preparate di quanto non lo fossi io. Ho visto invero bimbetti sgambettare fino quasi ad arrivare a premere l'ambito pulsante della sfera in cima, per quanto io non abbia mai assistito al suo raggiungimento e non sia quindi nella condizione di dire cosa succede se ciò avviene (si apre la sfera ed escono coriandoli e stelle filanti e un clown che suona un fischietto a bocca? mah!). Però il punto è che da madre neppure troppo ansiosa, quest'affare mi incute un certo terrore venerando, perché non dev'essere proprio indolore precipitare da lassù. Ribadisco: io avrei preferito lo scivolo. Ma comunque.

Altalene gaudiane (altalene grandi):


Come già detto bellissime ed eleganti, ma assai infelice la scelta di piazzarle proprio nel bel mezzo del playground, laddove scorrazzano brade torme di persone sotto il metro di altezza.
E vabé sono sempre la solita criticona. La struttura però è davvero bella e non vi dico che meraviglia quando le altalene sono tutte in movimento in contemporanea: davvero spettacolare, e ottimo il fatto che ce ne siano tante a disposizione.

Area piccoli
O forse dovrei dire piccolissimi. Qui ci sono un paio di strutture stramboidi diversamente assemblate oltre a una classicissima altalena a seggiolino chiuso.

Casetta con tubo:



Una semplice casetta per giocare, ma dotata di tubo.


Attenzione: le dimensioni sono davvero ridotte, e infatti in genere ci vedo giocare bimbi sotto i due anni (Mimi nella foto ha 10 mesi). I più grandicelli in genere ci si arrampicano sopra tipo scimmie, quelli dell'età di Mimi (intorno ai tre anni) già la usano poco.

Scivolo mini:

 

No ma è davvero mini.
Al punto che non fai a tempo a prender velocità che è già finito. Non credo superi il mezzo metro da terra. Roba che manco arrivi a vincere l'attrito iniziale.
Ottimo per i bimbi che iniziano a muovere i primi passi in autonomia.
Però crescendo si stufano presto.

 

Altalene piccole:


Cosa obiettare alle altalene. Le altalene sono un evergreen. L'unica pecca è che ce ne sono solo due, e questo significa lunghe file di attesa che spesso portano ad un brevissimo tempo di permanenza.

Giudizio mio.

Insomma, alla fin di tutto, un'area gioco abbastanza particolare, ampia e sicura, pulita e con una buona manutenzione dei giochi (i giochi rotti vengono puntualmente sostituiti piuttosto che lasciati decadere), dotata di panchine salva-nonni e ben raggiungibile dal centro città; gode inoltre del fatto di essere situata in un contesto verde di grande fruibilità e piacevolezza.
Infatti generalmente noi trascorriamo più tempo andandocene a zonzo per il giardino che rimanendo nell'area gioco vera e propria.
Ma è che ho una figlia strana, che si entusiasma quando vede un fiore o un piccione, e non disdegna di camminare piuttosto che fare la fila all'altalena o a cazzotti sul trampolino elastico.
Eccovi comunque qualche scorcio del resto del giardino, perché una volta esaurite le potenzialità del playground rimane pur sempre un luogo molto godibile in cui passeggiare.




Con questo post partecipo all'iniziativa di Playground around the corner:

Leggi il post che presenta il progetto

domenica 9 giugno 2013

Papaveri.

Un viaggio di cinque ore in macchina con due pupe di cui una di soli due mesi è sempre un po' un massacro.
Ma poi arrivi che sono quasi le undici di sera e scopri che il piazzale davanti casa è pieno zeppo di papaveri, e allora pensi: domani quando lei li vedrà impazzirà.
Perché lei per ora è crollata addormentata nel seggiolino, con il collo a 90°, dopo esser stata vigile quasi per l'intero tragitto.


I papaveri sono fiori generosi: si regalano al passante anche negli scorci altrimenti squallidi di marciapiedi di periferia, accendono l'asfalto di sfarfallanti rossi, ed è come se ti dicessero: lo vedi? La civiltà non l'avrà mai del tutto vinta su Madre Natura. Tutto il petrolio del mondo non basterà ad asfaltare l'intera sua superficie. Noi siamo tra tutti i fiori i più umili, i più effimeri, i meno pregiati, ma bastiamo a regalare gioia alle mani di una bambina che ci cerca sui bordi dei marciapiedi.



Noi veniam fuori dalle fessure tra il cemento e il marmo, ci accontentiamo di poco, da quel duro terreno tiriamo fuori il nostro nutrimento. Tanto domani, al più doman l'altro, già non ci saremo più.

 

E ci prestiamo a quei giochi un po' crudeli che affrettano la fine di nostra già così breve e precaria esistenza.

Per donarle l'emozione di una sorpresa, nelle sfumature rosate dei nostri boccioli.


Così dicono, i papaveri, mi par di sentirli, mentre lei li sfoglia, attenta.


Lo sai che i papaveri...

 

... son alti alti alti!





E tu sei piccolina.



E vide degli alti papaveri al sole brillar


e lì s'incantò.