mercoledì 5 giugno 2013

Incontri ravvicinati del V tipo*.

* Incontri bilaterali posti in essere tramite iniziative umane coscienti, volontarie ed attive, o tramite la comunicazione cooperativa con intelligenze extraterrestri.




La prima volta che ebbi modo di entrare in contatto con loro fu quando Mimi si approssimava a iniziare il suo primo anno di nido.
Allora ne isolai alcuni esemplari la cui osservazione ritenni di enorme interesse scientifico e antropologico, ma data la difficoltà di interazione che provavo nei loro riguardi, non riuscii a tirarne fuori un campionario strutturato, né a cogliere i nessi relazionali che correvano tra i diversi esemplari, il come e il perché si riunissero e si disunissero in gruppi più o meno omogenei di individui, il come il dove e il quando riuscissero a intessere relazioni più intense del semplice buon giorno e arrivederci dal quale io non mi schiodavo, e per finire non riuscivo nemmeno a giungere a una conclusione sull'opportunità o meno di approfondire in questo senso la mia conoscenza-dimestichezza col loro mondo.

E' andata avanti così per un annetto.
Io li guardavo a distanza, ritenendoli degli strani esseri che, pur vivendo la loro esistenza in parallelo alla mia, in qualche modo lo facessero per altre vie, degli esseri con i quali ogni forma di comunicazione "superiore" o intesa emotiva era destinata a rimanere interdetta.
Intrattenevo qualche sporadica conversazione che piano piano mi lasciò intravedere spiragli insperati di intesa, e, forse, di normalità.
E' che forse ero partita troppo prevenuta.
Forse non ero ancora entrata abbastanza nel ruolo e tra di loro mi sentivo più un'intrusa, un'infiltrata, una clandestina, che un membro effettivo del gruppo.
Io NON ero per davvero un genitore.
Ero un quasi-genitore che ancora non si dava ragione di esserlo, e mi chiedevo ancora se fosse il caso di autodefinirmi così.
Ero una che aveva una figlia piccola, ecco.
E per forza di cose era costretta a frequentare, pur se di striscio e alla chetichella, luoghi in cui si trovavano dei GENITORI.

Conoscevo però per nome tutti i loro figli, tutti i 23 compagnucci di Mimi della classe "medi" più qualcuno dei piccoli e quasi tutti i grandi. Li salutavo chiamandoli per nome e proseguivamo spesso discorsi lasciati a metà nella confusione del "arriva-svesti-cambia-metti e togli le scarpe-saluta-vai via" come per esempio: "Oh, Pietro, ma oggi dove l'hai lasciato il dinosauro?" "Matilde come sei elegante oggi!" e ne ricevevo a volte occhiate storte da "I genitori", altre volte espressioni sorprese o sorrisi inaspettati. Se per caso li incontravo per strada, loro, i bambini, mi riconoscevano e mi salutavano anche: "Ciao, mamma di Yasmin!", ma in quanto agli altri, "I genitori", non avrei saputo dire il nome di uno solo. Né mi era mai venuto in mente di chiederlo. Mi sembrava quasi un tabù. I genitori non devono avere un nome: basta che siano la mamma o il babbo di Federica/Emma/Lorenzo. Che importa? Cioè: che mi frega?

Poi la svolta, inattesa.
L'estate, e con l'arrivo di lei, l'arrivo anche di una nuova consapevolezza: l'arrivo di una nuova vita. Dentro di me.
La città deserta e un agosto che ce l'ha messa tutta per stenderci a tappeto, tutti quanti, agonizzanti, implorando pietà pietà!
Lei era una de "I genitori", aveva una bimba in classe con la mia e un'altra di pochi mesi.
Frequentavamo il giardino pubblico, per sopravvivere alla calura, nel tardo pomeriggio.
Ci incrociavamo, ci salutavamo, ci sorridevamo. La guardavo con la coda nell'occhio, lei alzava lo sguardo, risorridevo e distoglievo il mio. Avrei voluto, non osavo però.
Lei mi sembrava sulle sue. Forse anche io lo sono sempre sembrata.
Mi era simpatica però, a pelle, e ne cercavo la vicinanza. Mi sembrava di pedinarla, ma per un certo periodo, dovunque andassi, capitava di incontrarla.
Alla fine, conversando del più e dell'immancabile meno, le confido il mio "segreto". Lo sai che... anche io starei aspettando la seconda...
E dovevo avere una pessima cera, ero stanca e avevo le nausee. Avevo caldo, stavo male.
Mimi intanto raccoglieva fiori nelle aiuole. Lei la vedo piacevolmente sorpresa e lusingata della mia confidenza. E' scattato qualcosa, sì.
Poi l'inverno. Io col pancione crescente, lei in maternità. Il primo caffè insieme, ed ero titubante come un'adolescente a un primo appuntamento. Sarò inopportuna? Sarò una piattola? Avrà accettato per cortesia?
Un periodo per me un po' difficile, di scelte, cambiamenti: le mie confidenze, le mie paure, le mie disperate ricerche di casa (la starò ammorbando? Le sembrerò idiota?).
Invece suoi consigli, la sua partecipazione, la sua comprensione.

Una domenica di dicembre accogliamo l'invito ad andare a uno spettacolo di burattini a teatro, in centro,con le bimbe, e poi: perché non venite a cena da noi? Abitiamo qua dietro.
Ecco, era fatta. Due coppie con figli coetanei, a chiaccherare piacevolmente.
Ed eccoci a scambiarci ricette per il pane, salse piccanti, vestitini da neonato e sdraiette per il bagno, marsupi e sformati abiti pre-maman, a mandarci messaggini per incontrarci ai giardini con le bimbe, messaggini sulla riuscita del pane, ed ecco i nostri uomini contattarsi e mettersi d'accordo per andare a pesca insieme, ed eccomi inclusa nella lista di quelli che andranno alla festa di compleanno.
Era tutto vero?
Avevamo davvero fatto amicizia con dei "genitori"?
Eravamo dunque pure noi assurti al rango di "genitori"?

Scoprii pian piano che quegli alieni che a lungo avevo guardato col telescopio da distanze siderali, non erano poi così inaccessibili.
Scoprii che a guardar meglio e avvicinandosi un tantino, ve n'erano di esemplari la cui compagnia trovavo addirittura piacevole, talvolta preferibile a quella dei miei "vecchi" amici senza prole, perché loro  finalmente "capivano".
Scoprii anche che avevano dei nomi propri, oltre al titolo di Mamma-di o Papà-di.
Scoprii che potevo parlare con loro per lunghe mezz'ore fuori dal nido, dopo aver scaricato la pupa, senza che ciò comportasse un dovere sociale, ma per puro piacere.
Scoprii che molti erano simpatici (sì, persino lei: l'avresti mai detto?).
Scoprii che non era vero, come mi ero figurata, che le loro vite fossero troppo dissimili dalle mie per poterci intendere.
Per esempio scoprii che anche buona parte di loro viveva in affitto, che avevano lavori precari, o non ne avevano, che molti possedevano una casa sì, ma che era un bilocale di 40 mq e che pur portando a casa due stipendi non si trovavano in questa condizione di benessere da me supposta tale da render loro incomprensibile una mia difficoltà economica per esempio nel dare i soldi per la gita di fine anno.
Scoprii che potevo parlare tranquillamente di questo senza dovermi sentire una mosca bianca, o, peggio, essere compianta come una pezzente.
Scoprii anche che loro pure avevano i loro dubbi, i loro complessi genitoriali, che anche molti di loro, forse, avevano difficoltà a riconoscersi in un gruppo che dal loro punto di vista vedevano come compatto ed estraneo.
Scoprii che proprio nessuno stava lì a giudicarmi quando la mattina arrivavo trafelata sgommando in bici sotto la pioggia o il vento battenti con lei intirizzita sul suo seggiolino, e faticavo a convincere una pupa recalcitrante e urlante dei suoi terrible two a lasciarsi infilare le scarpine del nido.
Scoprii che lì in mezzo, a mia insaputa, godevo di grande simpatia, e finanche di un certo credito.
Pure se mi pulivo gli occhiali con lo stesso fazzoletto con cui avevo appena pulito il naso a mia figlia, e distribuivo biscotti di straforo senza chiedere il permesso, e a volte mi è capitato pure di soffiare il naso a qualche figlio altrui.
E che era divertente gareggiare ogni mattina con i soliti noti per evitarsi il podio dell'ultimo arrivato del giorno.
Scoprii che qualcuno, come poi mi confessò, mi aveva guardato con ammirazione in più di un'occasione ("Ma come fai ad essere sempre così tranquilla?" Chi, io?).
E mi scoprii a dare informazioni e dritte su questo o quel prodotto, sul portare i bimbi al Museo di Storia Naturale o all'acquario, su complicate trafile burocratiche di cui avevo imparato i trucchi, sulle complesse procedure di iscrizione alla scuola dell'infanzia.
Insomma scoprii che in fondo, non ero mica male come "genitore"!

E mi sono sorpresa a dire: "Dai, speriamo che ce li mettono nella stessa sezione alla materna!"

Quando non l'avresti mai detto.

Oddio... ci ho messo ben due anni, ma alla fine ce l'ho fatta.
Proprio ora che tutto sta per finire...
E mo' mi tocca ricominciare da capo!




E a proposito di genitori... questo mio post cadeva a fagiolo per il tema del mese proposto da GenitoriCrescono per il Blogstorming.
E così, visto che oramai ci ho preso gusto:



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