venerdì 27 febbraio 2015

Raccontare Modì: un bambino di nome Dedo.

Al Palazzo Blu di Pisa si è conclusa da qualche settimana la mostra Amedeo Modigliani et ses amis, di cui vi ho parlato qui.
Ho rimuginato a lungo sull'opportunità o meno di tornare alla mostra in compagnia di Mimi, poi gli impegni familiari ed extrafamiliari, i malanni e le incompatibilità di orari, oltre alla concomitante presenza di Rania e la mia indomita irresolutezza hanno fatto il resto, e più niente ne è stato.
Ah, madre pigra e inconcludente! Se tua figlia languirà nelle lande dell'ignoranza artistica ne avrai la tua buona fetta di responsabilità.
Il fatto è che mi sono a lungo interrogata, come dicevo più su, sull'opportunità o meno di portare la mia figlia maggiore, di età 4 anni e mezzo, alla mostra di Modigliani a Palazzo blu perché a mio parere e a mio personale sentire quelle opere erano particolarmente forti e impegnative da un punto di vista emotivo e anche concettuale.
Io ne sono uscita piuttosto scossa, e immancabilmente, come spesso facciamo, trasferendo su Mimi le mie emozioni, mi sono chiesta se e quanto lei avrebbe colto di quel dramma, di quella tormentosa ricerca e di quella forza scardinante, deformante ed autodistruttiva che ho avuto come l'impressione emanasse dalle opere, una sorta di violenta affermazione estetica.

Sì però, però... Forse se avessi saputo presentarglielo in maniera comprensibile, in maniera commestibile e digeribile, eliminando il dramma e lasciando il bello.
Sarei stata capace di farlo?
Fu così che un bel giorno mi sono recata alla libreria Blubook, una splendida e fornitissima libreria indipendente nata come book shop del Palazzo Blu e poi evolutasi in qualcosa di autonomo e splendido, e ho preso questo:





Titolo: Amedeo Modigliani. C'era una volta Dedo... There once was a boy called Dedo...

Autore: Daniela Sbrana

Editore: LibriVolanti, edizioni ISTOS

Età: dai 4-5 anni

Voto: 9






lunedì 23 febbraio 2015

Inverno e meditatio.

Inverno: è ora di piantare i bulbi, orsù!
Quale momento migliore di questo per riporre nel ventre della terra dormiente, la promessa di vita, il pretesto per l'attesa, la speranza di rinascita?
Ricordate solo, per l'occasione, di procurarvi un abbigliamento adeguato al lavoro pesante del floricoltore: ballerine di vernice rigorosamente bianche, calze di flanella rosse sotto una svolazzante gonna a balze a motivi da college britannico. Fatto? Ok: buon interramento!


giovedì 19 febbraio 2015

Questione di tempismo.

Il tempismo del salmone (non quello dell'orso), per capirci.
Noi abbiamo il tempismo nelle vene proprio.
Il nostro tempismo si trasmette per effusione di aura anche agli oggetti del nostro quotidiano.
Per esempio il lavello della cucina dimostra un tempismo da metronomo: con infallibile solerzia si è tornato ad intasare giusto il giorno prima della partenza del Beduino.
Stavo iniziando a preoccuparmi, infatti, che sgorgasse così bene, e a sentir nostalgia della bacinella da vuotare periodicamente nel water a ogni nuova tornata di piatti da lavare.

venerdì 13 febbraio 2015

Beatrice Alemagna: ode all'imperfezione.

Posso ormai dirmi un'ammiratrice ufficiale di Beatrice Alemagna (qui, qui, qui, qui, gli altri libri da me postati).
Perciò non starò a dilungarmi sul perché oggi vorrei presentare questo libro:

Autore-illustratore: Beatrice Alemagna
Editore: Topipittori
Età: dai 3-4 anni
Voto: 10

mercoledì 11 febbraio 2015

Quel che ho imparato dai Sioux.

Ritratto di me in una vita precedente (quando nacqui guerriero Sioux)
Scrive Vittorio Zucconi che quando gli europei sbarcarono in America, si trovarono a confronto per la prima volta due culture che avevano due visioni del mondo e della vita troppo in contrasto l'una con l'altra per poter convivere a lungo in pace:
fra la "cultura dell'essere" che gli indiani incarnavano nella loro tranquilla contentezza per quello che essi erano, e la "cultura del divenire", incarnata dagli inquieti europei, perennemente alla ricerca del nuovo e del diverso
scrive, a pagina 116 del libro che sto attualmente leggendo ormai da tempi immemori (questo).
E del "di più", aggiungevo io mentalmente soffermandomi un poco sulle righe appena lette, quella mattina, sul sedile del treno diretto a Empoli.

giovedì 5 febbraio 2015

Lettera ai passanti orfani di me.

Accordi neri. 
All'inizio, accordi tutti neri.
...
E poi delle piccole bolle di luce.
Ma con il contagocce, una bolla qui, una bolla là, una dopo l'altra...*
Queste righe mi sono balenate nella testa quando mi sono accorta che, nel buio più buio, qualcosa si muoveva.
Ché fa sempre bene, constatare che nella pressoché totale immobilità ancora è possibile spremere via qualcosa, e che se scavi e scavi e scavi, come diceva Mama Odie qualcosina verrà pur sempre fuori, fosse anche una goccia nel deserto.
Magari non ti disseterà, quella singola goccia, ma dà pur sempre speranza, dà pur sempre un senso al tuo continuare a scavare.