venerdì 30 marzo 2012

Pop-up, banane e capitomboli

Per rimanere sulla linea pop-up, questa settimana voglio partecipare alla rubrica "I venerdì del libro" con un altro libro della pupa, e precisamente questo:


Titolo: Banane Slurp (The mouse who ate bananas)

Testo: Keith Faulkner

Illustrato da: Rory Tyger

Edizione italiana: De Agostini, 2004

Voto: 8-1/2
Consigliato: dai 12-18 mesi d'età.




Questo è stato il nostro secondo pop-up.
Partiamo dal titolo, che come al solito mi lascia piuttosto perplessa.

Difatti la pupa quando lo legge, ovvero quando se lo fa leggere da me, interpolando la narrazione con le sue solite interpunzioni (tipo "Allo'a" "Poi?" "Chìé?") è solita aggiungere un sottotitolo: "La storia di Topino", non molto lontano dal titolo originale inglese "Il topo che mangiava le banane".
In ogni caso la scelta di inserire un'onomatopea nel titolo non è del tutto immotivata, dato che nella storia di Topino STUMP, CLIP-CLOP, ZOMP e soprattutto PATAPUM, la fanno da padroni e scandiscono la divertente narrazione con attesa regolarità.

La particolarità di questo pop-up è il fatto che ogni pagina rappresenti un breve episodio a sé, protagonista un diverso animale della giungla, che puntualmente finirà per inciampare in una delle bucce di banana disseminate in terra dal distratto e insolente Topino, che di banane va ghiotto, e ne divora in gran quantità. Le grandi pagine doppie si aprono orizzontalmente offrendo allo spettatore-lettore un'ampia visuale panoramica delle conseguenze catastrofiche dell'incauto gesto di Topino, unito al distratto e ignaro trotterellare dei grandi pachidermi, del regale leone e dell'elegante giraffa, che compiranno grandi evoluzioni in aria prima di capitombolare a terra uno per uno riportando varie e gravi lesioni corporali, motivo per cui alla fine, tutti molto arrabbiati e acciaccati, pretenderanno che il responsabile renda loro conto dei danni causati dalla sua villania.

Naturalmente il finale è a effetto, ma a questo punto già il piccolo lettore si aspetterà come minimo il ripetersi di un'ennesimo capitombolo, che arriverà puntuale a saldare i conti tra il colpevole e i danneggiati.

Molto divertente questo libro, di grande formato e grandi disegni ad acquarello, umoristici, essenziali, molto in linea col tono spensierato ella narrazione.
Per lettori ancora in erba un agevole passaggio dalla forma cadenzata della filastrocca e della canzone, a quella più discorsiva della narrazione, facilitata dalle frequenti incursioni nell'ambito dell'effetto sonoro che accompagnano la trama molto semplice e basata su elementi primordiali del comico: la banana, lo scivolone, il ripristino dell'equilibrio sul finale che serve da lezione per il simpatico protagonista, tanto incurante dei guai altrui, artefice per contrappasso del suo stesso castigo; un'allusione moraleggiante al chi la fa l'aspetti...














Consultate pure, se vi pare:

domenica 25 marzo 2012

Memorie libiche: spazio e tempo...

Mi è difficile riprendere in mano i miei appunti e cercare di restituire loro l'ordine che mi ero originariamente proposta. Nel frattempo è passato tempo, son sfiorite impressioni e allontanata l'immediatezza del ricordo.
Fortuna che ho sempre il quaderno, perché invece il desiderio di fissare i pensieri c'è sempre, anche se l'essere finalmente tornata tutta di qua, pure con la mente, cosa che mi ha richiesto un bel po' di tempo, ora che primavera si affaccia radiosa su paesaggi a me più familiari, mi rende quei ricordi a tratti faticosi...

Ma andrò avanti seguendo l'ordine enciclopedico stabilito inizialmente, che mi aiuta e mi dà modo di mostrare qualche veduta di quella che è stata per un mese la realtà spaziale entro cui mi sono mossa, e i soliti pensieri annotati...


Natura.
Questo Paese non è certo ridondante di offerte naturalistiche, pullulante di delizie paesistiche, lussureggiante di tesori ambientali. Beh, il Paese ha pure le sue bellezze, basterebbe andarle a trovare. Il nostro rimanere circoscritti all'area cittadina di Misurata ha ridotto però le nostre occasioni di esplorazione.
La natura elargisce qui i suoi doni con parsimonia e direi quasi col contagocce.
Ma si avverte un rapporto molto immediato dell'uomo con la terra, gli animali, il lavoro, i frutti. Difficile trovare in giro per alimentari prodotti fuori stagione, e questo in inverno limita la scelta ortofrutticola a un ristretto ventaglio di tuberi , banane e agrumi.
Questa però è anche per loro la stagione più verde, in che dà da pensare a come dev'essere il resto dell'anno, ché se non ci fossi già stata non l'immaginerei, così rossa la vidi arrivando dall'alto, in aereo, e senza il più piccolo quadrato di verde, ma nemmeno di giallo paglierino: solo terra rossa e polvere, chiazze di palmeti dai rami grigio-argentei.

Ah! E poi gli uliveti! Ci sono anche gli ulivi, aggrappati tenacemente a quella terra dura, a produrre ombra, fruscio di fronde e ristoro all'occhio desolato dall'estrema piattezza di un orizzonte sempre troppo spoglio.
Campagne e coste sempre un po' selvatiche, pascoli un po' troppo brulli, greggi di pecore e capre e mucche solitarie che vagano a brucare i radi ciuffi d'erba.
Nel giardino della casa Mimi si è divertita ad inseguire papere e galline, a veder volare i piccioni a ogni battito di mani dei bambini più grandi, a osservare le galoppate brade della cavallina e a scoprire che il mulo fa "Ooh-ih-ooh" come l'asino, ma anche "Hihihihihi!", come il cavallo.
Niente di diverso da una qualsiasi campagna nostrana, in fondo. Solo tutto un po' più "approssimativo", apparentemente lasciato a se stesso, molto alla libica insomma.

Un mare selvatico più che mai abbatte le sue onde su coste scoscese e poco frequentate, sacchi di spazzatura si ammassano a ridosso delle dune sormontate ancora una volta da file di palme, cani randagi e uccelli ne fanno pastura. L'ambiente non è ancora sentito come un patrimonio comune da preservare e tutelare, il rapporto dell'uomo con esso è ancora condotto ad un livello prettamente utilitaristico e poco incline a cadute sentimentali e deliqui estatici.

Parlare di raccolta differenziata quaggiù sarebbe fantascienza, se già solo raccogliere e incenerire i rifiuti è prassi non ancora ben consolidata, e comunque  vien sbrigata per iniziativa di privati cittadini, non provvedendovi le istituzioni pubbliche.
Gli avanzi dei pasti, invece, finiscono alle bestie di cortile, ché ogni casa ha i suoi, com'era forse un tempo da noi, almeno nei piccoli centri: cani, gatti, asini e galline si affollano alla rinfusa intorno a quel che resta del pranzo e della cena, che anche per questa ragione, vengono preparati sempre in abbondanza, in previsione di un avanzo certo mai sprecato.
Un'economia domestica in parte autosufficiente alla cui gestione collaborano anche i più piccoli di casa, incaricati di radunare e riportare al chiuso le pecore alla sera, indaffarati a cercare e raccogliere uova deposte da galline razzolanti negli anfratti della vasta campagna di famiglia.


Orari.
La vita qui scorre su binari più rallentati: parlare di orari non è cosa propriamente conveniente quando si tratta di traffici, incontri o semplici programmi per la giornata.
Gli orologi sono pezzi ornamentali, e comunque non si usano poi troppo, non se ne vedono esposti da nessuna parte. Io ne soffro, un certo senso di smarrimento e perdita delle coordinate, ma a quanto pare solo io.
Quando è pronto da mangiare, si mangia; quando ci si sveglia, ci si alza; quando si è stanchi, si va a letto. Se poi avanza sonno, si recupera nella giornata.
Ho visto negozianti apparecchiarsi un giaciglio sul pavimento del proprio negozio e stendersi per una pennica lasciando aperta la bottega nella pausa pranzo.
Se poi arriva un cliente, poco male: ci si alza e lo si serve, poi ci si torna a coricare.
Detta così sembra il paradiso del relax e della vita  senza pensieri.
"Hakuna matata" insomma.
In realtà una gran rottura di maroni: impossibile fare dei programmi, impensabile prendere dei ritmi, capire come regolarti anche solo in relazione alle funzioni base della vita, mangiare, dormire. Con una bambina piccola dietro questo disagio è stato amplificato. Diciamo che se avessi continuato a impuntarmi perché la pupa mantenesse gli orari dei sonnellini e dei pasti che con fatica ero riuscita a regolarizzarle, sarei impazzita. Ma con grande lungimiranza, sin dal secondo giorno ho capito che su questo punto dovevo mostrarmi laggiù un poco flessibile, in fondo eravamo in vacanza, niente di male a sbragarci un po'.
Quel che non ti spieghi è come riuscire a vivere così 365 giorni l'anno. Bambini che gironzolavano arzilli come grilli fino a tarda ora della notte, che vedevi emergere dal loro sonno notturno a mattinata inoltrata barcollanti come zombie, e che consumavano una colazione di pane fritto e latte condensato saltellando per il giardino con una scarpa sì e una no, mentre la madre sbraitava per chiamarli in casa e vestirli, che ci inseguivano fermandoci quando stavamo per uscire in macchina chiedendoci di portarli a scuola, ché ancora non si erano organizzati per capire chi avrebbe dovuto accompagnarli. E poi aspetta ancora per mezz'ora a motore acceso l'ultima che sta pettinandosi i capelli e non esce ancora di casa...
- Ma è l'una e mezza: a che ora entrano a scuola?
Chiedo sbalordita.
- Entrano all'una... Infatti sono in ritardo.
- !!!
Che poi ti chiedi anche che razza di orario è per un bambino, andare a scuola all'una, quando si sa che sono le ore immediatamente seguenti al risveglio quelle in cui il cervello carbura di più. Ma è che lì le scuole fanno i turni: alcuni bambini frequentano la mattina, e altri il pomeriggio.

Solo ora riesco davvero a capire fino in fondo  il motivo dell'incapacità cronica del beduino ad avere degli orari decenti, e il suo concetto assai vago e vasto di puntualità...

Spazio.
E' un paese molto orizzontale la Libia, e in generale assai poco vario, in paesaggi e conformazione del suolo. Ché ti si impigrisce pure l'occhio alla fine, dall'esser poco stimolato dal cambiamento, dalla varietà. E perdi pure il senso della profondità, della distanza, ché non hai punti di riferimento intermedi e tanti spazi liberi, su cui lo sguardo dilaga, ma senza realmente annotare nulla di saliente, ché i pochi particolari sono talmente diluiti in quella vastità davanti a te da sparire o perdere rilevanza, e non hai chiare le coordinate della tua posizione né di quella del luogo in cui intendi arrivare, perché magari in mezzo c'è solo strada piatta, e il ripetersi cadenzato e ossessivo di elementi sempre piuttosto identici ai precedenti, ché ti passa pure la voglia di prender nota, e memorizzare.
Poche tracce dell'attività umana, nelle campagne, un paesaggio rilassato, che ti invita a fare altrettanto.

Tempo.
Thomas Mann scrive: "Laddove c'è tanto spazio, c'è anche tanto tempo".
Ecco che la Libia mi conferma in maniera inconfutabile questo assioma.
C'è spazio, tanto. C'è tempo, pare che nessuna delle due cose rappresenti una preoccupazione per i suoi abitanti, assai poco abituati a doverne fare economia.
Di spazio, di tempo, che importa? Ce n'è in abbondanza.
Scandita dalle cinque preghiere prescritte dall'Islam, ogni giornata fila liscia come una ruota ben oliata e non si ha mai l'impressione che il tempo non basti.
Ma ti basterebbe scorrere l'occhio su questi paesaggi sonnolenti, rallentati, sempre uguali a se stessi, per capire davvero il reale valore di quell'affermazione. Il tempo è in quello spazio che non può certo dirsi a misura d'uomo: è l'uomo che vi si adegua, che vi si adagia pigramente, senza affannarsi a coprirne le distanze, o a riempirne gli spazi vuoti, a metterlo tutto a frutto, proprio come la campagna chiazzata di terra polverosa, da cui prendi quel che si può. E ciò che non si può far oggi, si farà domani.























venerdì 23 marzo 2012

Libri per bambini... a più dimensioni.

Ci sono, a volte, opinioni che vanno smentite, giudizi a priori, o presunte verità che si infrangono di fronte al filtro dell'esperienza: quello che credevi valido prima ora ti appare in tutt'altra maniera.
E ci sono periodi della vita in cui tutto ciò diventa più palese, più evidente, forse perché, semplicemente hai più occasioni per confrontarti con le tue precedenti certezze, prive di reali e solide basi, forse perché ti costringono ad una crescita e ad un adattamento costante.
Ovviamente sto parlando della maternità...

Si cresce tanto, insieme ai figli, sin da subito, non si scappa. Si cresce però con cognizione di causa e consapevolezza solamente se si ha la pazienza e la volontà di prestare loro attenzione, orecchio e sguardo, se si prova a percepire il mondo dal loro punto di vista, attraverso i loro strumenti.


Quello che impari tra le altre cose è quali strumenti mettere a loro disposizione per facilitare la loro conoscenza del mondo, per affinarne le capacità logiche e comunicative.
Per quanto mi riguarda, sin da molto presto, complice una sorella-zia che di bambini piccoli se ne intende per lavoro e vocazione, ho iniziato a rapportarmi alla pupa e al gioco con lei attraverso lo strumento del libro.
Il libro, io ritengo sia uno strumento fantastico, multifunzionale, pratico.
Un libro da leggere, fin da tenerissima età (noi, dicevo, abbiamo iniziato intorno ai 10 mesi) può essere un'attività rilassante per una madre che impazzisce dietro a un bambino con una soglia di attenzione minima, e dall'altro lato insegna al bambino a mantenere l'attenzione più a lungo su un'unica attività.

Per me un buon libro per bambini deve gode re di alcuni requisiti imprescindibili:
essere facilmente trasportabile, ché in viaggio o in giro per sale d'attesa può salvarti la vita più di qualsiasi giocattolo, che stufa presto;
essere maneggiabile, e non maneggevole: maneggiabile si intende che deve essere resistente ad urti, cadute, strappi, trazione, sbatacchiamenti... insomma, da battaglia. Un bambino deve essere libero di sfogliarlo e toccarlo da solo, anche senza l'intervento di un adulto senza minarne l'integrità;
essere sintetico, sia per quanto riguarda il testo che le immagini: il testo deve essere facilmente memorizzabile, comprensibile, ma soprattutto, non stufare, sovrabbondando di troppi aggettivi e avverbi (poco utili alla sostanza della storia) e descrizioni. (Non dimentichiamo poi che alla mamma toccherà leggerlo più e più volte anche in uno stesso giorno, quindi, l'essenzialità è basilare).

Per quanto riguarda le illustrazioni, dopo essermi fatta una certa gavetta, devo dire che, per quanto riguarda i bambini molto piccoli (prima fascia di lettori: sotto i 2 anni), un'immagine per essere fruibile e godibile da un bambino deve essere:
Coerente con il testo, così da esemplificare la lettura;
Intellegibile: una grafica eccessivamente elaborata, costruzioni complesse e ridondanti di elementi non necessari penalizza la comprensione della scena; per questo anche molti illustratori di libri per bambini elaborano uno stile volutamente "infantile", almeno solo in apparenza, poiché mutua solo alcune tecniche rappresentative dal disegno dei bambini, per esempio forme molto semplici, spazialità appiattita, un forte schematismo.
Non fuorviante: perché mi sono ritrovata troppo spesso davanti a illustrazioni brutte di cavalli che parevan cani, formiche simili a scimmie, difficilmente identificabili anche per un adulto, che del mondo dovrebbe già possedere una conoscenza e un bagaglio di nozioni abbastanza completo, figuriamoci per un bambino che quel bagaglio di nozioni inizia solo ora a costruirselo, e come è normale che sia, già è tanto se in due anni di vita può aver visto un paio di volte una mucca, figuriamoci un elefante o una scimmia...

Fatto questo lungo preambolo, arriverò a parlare di quel che mi premeva: i libri a tre dimensioni (anche detti pop-up).
Allora (come esordisce sempre la pupa quando si accinge ad aprire uno dei suoi libretti): partiamo dal presupposto che a me non sono mai piaciuti, pur avendone maneggiati assai pochi in vita mia.
E' che questi libri, fragilissime filigrane di cartone, origami progettati per aprirsi a corolla ad ogni nuovo voltarsi di pagina, mi sembravano contravvenire in primo luogo al punto 2 del mio prontuario: un libro del genere in mano a un bambino finisce assai presto in coriandoli, oppure, se il genitore è ordinato e maniaco della disciplina e del controllo, lo mostrerà al bambino SOLO ed esclusivamente dalle sue mani -guardare ma non toccare- e smorzerà con toni aspri qualsiasi intervento esuberante della sua irruenta manina appiccicaticcia di banana e yogurt.
A me piace che mia figlia possa prendere da sola i suoi libri, sfogliarli per conto suo, e ultimamente la sorprendo sempre più spesso a confabulare tra sé mentre ne scorre le pagine. Dal suo punto di vista... sta leggendo!
Mi piace che prenda dimestichezza con questi preziosi strumenti-compagni di gioco-porte per mondi immaginari fin da piccolissima. Per questo non mi è mai piaciuta l'idea di un libro fragile, da non-sfogliare, o sfogliare coi guanti.

Secondo: un libro di per sè è già un oggetto dotato di molteplici dimensioni.
C'è la dimensione narrativa, temporale, della storia che si dipana sotto le sue dita, attraverso le pagine.
C'è quella spaziale, delle illustrazioni bidimensionali, me nelle quali lui/lei imparano a individuare e a immaginare la profondità, simulata dalla prospettiva del disegno.
C'è quella materica, del libro fatto di pagine, che è un oggetto solo, ma è anche tanti oggetti, perché a ogni nuova svolta di pagina si apre una nuova visione, un diverso momento della narrazione, diversi ambienti e personaggi diversamente atteggiati.
C'è quella sonora, della voce della mamma (o dell'adulto) che legge, che interpreta, e ogni volta è come uno spettacolo che viene messo in scena ogni sera su uno stesso soggetto, ma mai uguale alla volta precedente; la scrittura, per loro ancora misteriosa e intellegibile, si traduce in linguaggio e suoni, talvolta musicali, ritmati, in rima o anche in canzoni.
A volte c'è la dimensione musicale dei libri con cd, ma lì già siamo ad un livello più complesso dal semplice libro.
Insomma io non la vedevo proprio la necessità di introdurre nel libro la terza dimensione. La vedevo più come un vezzo raffinato assai più gratificante per gli adulti che per i bambini, o almeno adatto a bambini un po' più grandi, ma comunque abbastanza superfluo.

Poi è successo che ne abbiamo ricevuto uno in regalo, ed è stato questo:


Titolo: La gallina sbarazzina
Autore:Jack Tickle
Editore: De Agostini

Voto: 8





Niente di che: il solito tema trito della fattoria e dei versi degli animali, che la pupa conosce ancora prima di dire "mamma" (infatti la prima parola "sensata" che ha detto è stata "bé-bé").
I vari animali sono accompagnati da filastrocche un po' sceme, dalla metrica pure un po' forzata, ma poco male: per lo meno hanno il pregio di essere brevi e concise.
Il pregio del libro dunque sta tutto nelle immagini, e devo dire che i disegni sono proprio graziosi e simpatici, e anche la loro animazione (a mezzo pop-up) è realizzata in maniera originale e divertente, a volte geniale!
L'asino che tira fuori la lingua quando raglia, la gallina che fa l'uovo, il topolino che si nasconde dentro a un coccio di vaso per sfuggire alle grinfie del gatto...

Devo dire che mi sono ricreduta: La gallina sbarazzina è una delle fisse della pupa del momento, ed ora che inizia ad essere un po' più grande e consapevole della funzione delle cose (e con i libri ha ormai una dimestichezza assodata) riesce a sfogliarlo anche da sola senza rovinarlo, e si diverte un sacco a far muovere le allegre bestiole, una volta che è riuscita a penetrare il meccanismo di causa-effetto che lega il voltar pagina con il moto della testa della mucca.
Solo una perplessità su questo libro: ma chi cavolo l'ha scelto il titolo? (E secondo quale criterio???)





 Ci sto mettendo una vita, ma piano piano sto illustrando i libri che costituiscono la personale piccola biblioteca della pupa: ci tengo a precisare (giusto per chi non mi conoscesse per quella minchiona che sono) che non sono una studiosa né un'esperta di pensiero cognitivo né di pedagogia. Le mie osservazioni su questo argomento sono puramente empiriche e speculative, e riflettono un mio personale parere in merito.
E' che per i libri per l'infanzia ci ho proprio un chiodo fisso: mi piacciono troppo, se no non avrei resistito ad una loro lettura reiterata incessante e continua per mesi e mesi!

Se vi può interessare leggere le altre recensioni consultate pure l'etichetta Libri di pupa.

Qui trovate la libreria completa della pupa su Anobii, con le recensioni scritte da miafiglia-piccolo-genio-letterario di suo proprio pugno (e vabbé, non credeteci allora!).

Qui invece trovate il link all'iniziativa I venerdì del libro, di Homemademamma: se non la conoscete andate a dare una sbirciata. E' un secolo che voglio partecipare e non lo faccio.
Chissà se accetterà il contributo di questo mio post oceanico...

giovedì 22 marzo 2012

Bianco.

E all'improvviso è fiorito il nostro susino, ed è esploso il bianco...







Se c'è una cosa per cui sono affezionata a questa casa da me tanto bistrattata, è il fuori, nella bella stagione.
Io e la pupa ci ricarichiamo del profumo e della vista di questa nuvola di luce e ce ne andiamo a spasso.


mercoledì 21 marzo 2012

Effetti collaterali dell'avere un blog.


Ci sono cose che al momento di aprire un blog non avevi messo in conto.

Quando decidevi di avere un tuo spazio on line su cui scrivere, pensavi soprattutto ad una sorta di diario della tua "maternità improvvisata", dove fare il punto e tenere al corrente amici e familiari, per lo più lontani, ma anche vicini, dei cambiamenti della pupa, della sua crescita, delle vostre avventure tragicomiche e della vostra vita un po' a gambe all'aria.
Eh, sì: l'ennesimo blog di una madre svampita che pretende di imporre il proprio originalissimo punto di vista alternativo sulla maternità, quando oramai la rete pullula di materiale del genere, anche assai meglio organizzato e gestito.
Ma non ti sei scoraggiata. Rimaneva il proposito iniziale del diario della tua maternità improvvisata, per quanto strada facendo ci hai ficcato dentro di tutto un po', senza metodo né continuità.

Ciò che ci si deve aspettare, è che qualsiasi cosa che nasca da noi, ma sia esterno a noi, finisce inevitabilmente per prendere forme da noi non previste nè contemplate inizialmente.

Ciò che non ci si può aspettare è che tu, che continui a non capire l'80 % della terminologia correntemente utilizzata on-line, che non sai cosa sia un tumbrl né a cosa serva (figuriamoci poi se sai come si scrive), che ti rifiuti categoricamente di farti l'account Twitter, tanto poi non lo sapresti usare, (e poi per scriverci che?), che per pigrizia rinunci preventivamente a comprendere il funzionamento della maggior parte dei programmi che possiedi, e il 90 % delle funzioni di quei pochi che utilizzi, e che mandi in stand-by il cervello ogni qualvolta qualcuno che ne sa più di te cerca con pazienza di spiegartene i rudimenti più elementari, tanto da poter quasi giurare di aver sentito pronunciare da lui (dal tuo cervello) la frase "Tu resta pure; io me la squaglio", tanto per citare Homer Simpson... proprio tu ora parli utilizzando termini astrusi, annoi tutti conversando amenamente di craft e mommy-blog, di contest e giveaway, usi la parola "feed" al posto della più ordinaria "commento", "follower" al posto di "lettore", e "spam" al posto di "rottura di coglioni", "linkare" e "postare" come se piovesse, cosa che ti eri sempre riproposta di non fare...

Ciò che non ti saresti aspettata era che avresti passato molto tempo a informarti sull'apprendimento cognitivo dei bambini, che avresti illustrato alle tue amiche l'importanza dei travasi montessoriani, che, no, non c'entrano niente con i travasi di bile, che avresti conosciuto il significato di cose della cui esistenza non credevi avresti mai avuto esigenza di cognizione, quali "hand made toys" o "homeschooling" (a proposito, ma un tempo non ti stava sulle palle chi abusava a ogni pié sospinto di terminologia anglofona?); che avresti storto il naso di fronte a una di quelle stratosferiche moto elettriche che da piccola ti facevano sbavare sullo schermo della tv quando le vedevi in pubblicità, anche se alzavi le spalle con noncuranza e superiorità, tanto sapevi che non ne avresti mai avuta una; ora invece passi in rassegna su e-bay i veicoli cavalcabili in "materiale naturale" senza pedali per tua figlia con un entusiasmo pari forse a quello di allora e smanii per quella mucchina di legno dipinto su ruote, che tuo fratello definisce orrenda.

Non ti saresti mai aspettata di girare dieci supermercati alla ricerca di non ben identificati coloranti alimentari per dolci, pur di emulare le attività intelligenti e creative viste in rete senza per questo intossicare tua figlia che ingurgita ettolitri di tempere non ingeribili...

Né ti saresti aspettata che da quel momento in poi (dall'apertura del blog in avanti) avresti catalogato mentalmente ogni minimo fatto della tua ordinaria esistenza sotto le diciture "lo metto nel blog" e "non lo metto nel blog", ammettendo infine una terza categoria: "forse lo metto nel blog". E non immaginavi che avresti oberato la memoria già affaticata del tuo pc con una quantità imbarazzante di foto idiote che prima mai ti saresti sognata di conservare, in vista della pubblicazione di post che mai hanno poi visto la luce effettiva del lap-top.

Non ti saresti aspettata che i tuoi amici ti avrebbero letto con una regolarità che ancora una volta sei costretta a definire imbarazzante, ché ogni volta che vi sentite per telefono, una delle prime cose che ti dicono è: "Ah! Ti leggo sempre sul blog!" e questo ti fa pensare che prima o poi dovresti affiggere in bella vista sulla home-page (ah! Una volta avresti detto "in prima pagina", da brava ignorante!) le prime due regole del Fight Club applicate al tuo blog ("Prima regola del Blog: non parlate mai del Blog. Seconda regola del Blog: non dovete parlare MAI del Blog."), visto che non ti sei mai premurata di renderlo anonimo e riservato...

Ciò che non ti saresti aspettata era che qualcuno che non hai mai conosciuto di persona, che vive a parecchi chilometri di distanza da te e che con buona probabilità mai incontrerai nella vita, potesse pensare a te, informarsi dei tuoi casi quando ti sa lontana, pensare che sarebbe bello passare a farti una visita quando sa che sei sola, chiederti se va tutto bene quando è da un po' che non ti fai sentire, o sentire la tua mancanza dopo una lunga assenza. Non ti saresti mai aspettata di ricevere inviti, regali e pacchi postali, proposte di incontri, esultanze per i traguardi di tua figlia, congratulazioni sulla sua crescita e dichiarazioni di affetto, entusiasmo per ciò che racconti, riconoscimenti e incoraggiamenti a continuare, partecipazione ai tuoi dubbi e ai tuoi scleri quotidiani, e persino tante adesioni alla tua rubrica idiota!

Che dire?
La vita è piena di sorprese...

martedì 20 marzo 2012

Aspettando Panzumen...


A loro piace dormire così...

Edizione lampo di Roba da gatti, la rubrica aperiodica del martedì.
Si accettano partecipazioni s. v. p.

Questa settimana Roba da gatti di:

domenica 18 marzo 2012

En plein air...

Non ci credo che è passata anche un'altra settimana con lei a casa. E' stata una lunga convalescenza, ma sono contenta di aver avuto il buon senso di aspettare che malanni vari fossero debellati del tutto prima di affrettare il rientro al nido. Dopo tutto, come mi dicono tutte, ma proprio tutte, le madri con cui ho occasione di parlare ai giardini, io non lavoro, "me lo posso permettere".
Ecco la mia grande vergogna: il non lavorare. Come se non mi pesasse già abbastanza sentirmi un'eterna mantenuta (da mia madre, da Hasuna, che differenza fa?)

In ogni caso ci si abitua presto alle comodità, e mandare lei al nido, sia pur per poche ore al giorno è stata per me una svolta, anche solo per sbrigare faccende di normalissima amministrazione senza averla tra i piedi.
Quando è malata poi mi è proprio impossibile uscire di casa, visto che ciò comporterebbe il caricarmela dietro in bicicletta.
Visto però il bel tempo di questi giorni e l'umore decisamente migliorato di lei, abbiamo avuto diverse occasioni per uscire all'aria, alla luce al vento e al sole. Io e lei in casa chiuse a lungo patiamo. La solitudine, la ristrettezza, l'isolamento, la lunghezza del tempo, la noia, il non sopportarci più a vicenda.


E invece ci piace, ci piace da matte riscoprire ogni giorno insieme il nostro solito mondo fatto di innumerevoli piccoli particolari sempre diversi, o guardati con diversi occhi da una bambina che cresce, e cresce in maniera sbalorditiva soprattutto da un punto di vista cognitivo. E ogni cosa per lei ora acquista un senso preciso, in rapporto al tempo, quello trascorso insieme, e mi accorgo con stupore e tenerezza di come lavori incessantemente per crearsi un proprio mondo interiore, una propria catalogazione delle cose e delle esperienze, richiamando in continuazione alla memoria ricordi di episodi vissuti in precedenza, in un profluvio di "Ti 'icoddii?"  a me indirizzati, e soprattutto quando realmente non ricordo qualcosa di cui lei mi parla, o non capisco quello che si sforza di dirmi.
E poi capisco ed è in genere: "Aaaah! E' vero! Sì mi ricordo: qui rpima c'era una capanna, e ora non c'è più. Brava!" oppure: "Ah! Ho capito! I pipistrelli (dopo mezz'ora che mi ripeteva "Ipi-pittè-lli"): è vero, qui una volta ti ho fatto vedere i pipistrelli!"
E insomma, questa cosa mi riempie davvero di tenerezza, mi accorgo di quanto sia importante per lei rendermi partecipe delle sue acquisizioni e continuo a stupirmi di come una bambina così piccola possa già padroneggiare con tale disinvoltura i propri ricordi, di come infine abbia afferrato alla perfezione il senso di parole e concetti così astratti, come il "ricordare", di come abbia consapevolezza di eventi collocabili in un passato, e di una continuità esistente tra noi ora e questo passato.
Tornare nei suoi luoghi di gioco dopo un'assenza tanto prolungata evidentemente deve aver suscitato in lei una gran moltitudine di ricordi che per il momento doveva aver archiviato, presa com'era a fare la conoscenza di tante novità.
E ora che abbiamo osato, che abbiamo superato il nostro timore di cambiare luoghi e tempi, consuetudini e relazioni, mi sento in dovere di ricrearle delle abitudini stabili, azioni di cui conosca la routine, luoghi in cui si riconosca...

E lo vedo da come non sfugge al richiamo della parola "passeggiata", l'unica capace di farle mollare seduta stante i suoi innumerevoli librini e farla precipitare alla porta, e poi sul terrazzo di casa, con me che la inseguo con le scarpe o la giacca da infilarle.
Da come riconosce le strade e i percorsi, come quando capisce che mi sto dirigendo verso casa e protesta "Non ci piace!" perché vorrebbe ancora stare in giro ("Anco'a patteggiata! Anco'a patteggiata").
Da come si aspetta che io mi fermi di fronte al primo albero fiorito che incontriamo, e sa che io lo farò, perché lei mi possa chiedere: "Che colo'e-è?" per poi rispondersi senza neanche lasciarmi il tempo: "Giallo!", da come poi pretenda che io parta col solito ritornello "A marzo nei prati ora sbocciano i fiori, che accendono il verde di..." per poter completare lei la strofa: "Millecololi!"

Da come si butti in primo luogo a raccogliere margheritine dal prato (prima fase: non si scappa), e poi vada alla ricerca del famoso carretto...



Qualcuno, forse ritrovandosi tra i piedi questo carretto un po' scalcagnato mentre ripuliva il garage o la cantina di casa, ha avuto la bella idea di mollarlo qui, in questo giardino, in maniera che i bimbi ci potessero giocare, o almeno questa è l'idea che mi sono fatta io delle origini misteriose di questo carretto.
Un'altra costante immancabile è il gatto Fri Fri (anche detto "gatto pipì"), nome documentato da apposita medaglietta riportata sul collare del suddetto gatto, che poi sarebbe anche una gatta, ma non ci formalizziamo.
Il gatto Fri Fri è una delle principali attrazioni di questo giardinetto.



Alla pupa piace raccogliere fiori e porgerli poi con estrema delicatezza alla narice del gatto Fri Fri, perché ne possa fiutare l'inesistente aroma, per quanto lei sia convintissima che tutto ciò che abbia forma e parvenza di fiore possieda anche immancabilmente un irresistibile profumo...
Alla mamma invece piace che lei si relazioni in maniera così spontanea e alla pari con qualsiasi creatura vivente, e sia desiderosa di condividere con essa creatura (fosse anche una formica) l'eccezionalità di una propria esperienza sensoriale degna di nota.



Alla pupa piace correre, e le piace rincorrere e dare calci in corsa alla sua palla viola, due cose che rappresentano una novità nel ventaglio delle sue capacità motorie. Corre dicendo: "Veloce! Veloce!", e realmente è convinta di essere molto veloce, per quanto devo osservare che la corsa in questo momento non l'avvantaggi di molto rispetto alla camminata...
Naturalmente anche al gatto Fri Fri viene proposto di giocare con la palla viola, ma lei non sembra esser troppo grata dell'invito.
Alla mamma piace che la pupa si senta veloce, anche quando non lo è, e le piace che questa cosa di essere veloce la faccia gasare al punto di lasciarsi andare ad una risata esaltata, che certo non facilita la corsa a livello di dosaggio del fiato.
Le piace anche che saltuariamente la pupa sia disposta a far partecipare ai suoi giochi altri bambini (e non solo gatti), ma su questo punto c'è ancora da lavorare...




Alla pupa piace fare ginnastica sul suo pallone viola.
La mamma si chiede dove mai sua figlia abbia visto fare questa cosa, ma non le dispiace che lei sperimenti.


Alla pupa piace portare alla mamma ogni tanto un fiore, e lo porge con garbo dicendo "Gaaaatte!", quando invece sarei io a dover ringraziare, ma comunque...
...alla mamma piace che lei usi tanto spesso e con tanta disinvoltura la parola "grazie", anche senza bisogno che io le rompa i (parola che non si può dire) per mezz'ora, come vedo spesso fare ad alcuni genitori quando i loro figli ricevono una gentilezza o un gioco in prestito da qualcun altro.


E alla pupa piace assaggiare il parapetto dello scivolo.
Questo non piace tanto alla mamma, ma le piace che lei ora svetti con fierezza da quel parapetto dal quale fino a qualche mese fa non riusciva a sporgere la testa, e le piace anche che lei sia consapevole di essere cresciuta, e che vada ripetendo "Alta! Alta! Alta!", quando sbuca all'improvviso da lì dietro dopo lunghe sparizioni durante le quali, se la mamma non ha già iniziato per conto suo a chiamarla a gran voce, è lei stessa a suggerirle di cercarla ("Amiiiin!" "Ah, sì, scusa: Yasmiiin, dove seiii?")
Alla mamma piace che la bambina sia convinta di essere così furba e se la rida divertita da dietro al suo nascondiglio!


Alla pupa piace quando vede le tartarughe sui tetti...
"Scusa Mimi, ma quali tartarughe dici di aver visto? Io non ne vedo!"
"Eccola llààà!"
Esclama lei puntando il dito trionfante.


Alla mamma piace che la pupa veda le tartarughe sui tetti, e non se la sente di correggerla e spiegarle che sono comignoli. De resto, che è un comignolo?


Alla pupa piace quando vede danzare nel vento un filo di bucato e i suoi panni stesi gonfiarsi ondeggiando nell'aria, che sembrano muoversi al tempo di un lontano Bolero di Ravel proveniente da chissà quale altra finestra socchiusa.
Alla mamma piace che la bambina si entusiasmi per questi particolari ordinari della vita, ma si chiede quanto può averla influenzata la sua passione per il bucato alle finestre?


Alla pupa piacciono anche le sfere di metallo che girano riflettendo il bagliore del sole di mezzogiorno, e le piacciono gli alberi di limoni.
Alla mamma piace tenere un segno di queste piccole passioni, attimi fuggevoli di vita, e scatta foto su foto di ciò che piace alla bambina, di tutto ciò che è stato degno di un suo indice puntato in alto, o in basso, a seconda dei casi, per quanto banali possano essere questi soggetti.




Alla pupa piace far esplodere le bolle di sapone. Ma le piacerebbe anche saperle fare.
Peccato che non sia disposta a lasciarsi spiegare come tenere il cerchietto...

Alla pupa piace arrampicarsi...






Alla mamma piace che lei sia un po' scavezzacollo, per quanto si renda conto che non sia proprio una bambina dalla conformazione fisica agilissima, e che anzi spesso e volentieri ruzzoli in terra per effettuare manovre semplicissime, e però ci si rivede un poco, lei da piccola, con quelle ginocchia da giocatore di hokey intenta ad inerpicarsi su per tronchi d'albero e balaustre.

Alla pupa piace sedersi di fianco a mamma, sulla panchina, e farsi cantare una canzone. Una canzone che si intitola "Io e te", e che rappresenta forse la summa del kitsch degli anni '80 televisivi, ma che noi conosciamo grazie alla inossidabile memoria (e alle assidue performances canore) di Nenne. Se volete farvi un'idea di cosa nonna e nipote mi costringano quotidianamente a cantare (ahimè), date pure un'occhiata qui.
Alla mamma non piace particolarmente doversi sottoporre all'interpretazione di questo imbarazzante pezzo, ma le piace che la bambina le chieda di cantare una canzone che parla di "io e te", e le piace che ogni volta finisca immancabilmente col commentare: "Nonna!" Nel senso che è la canzone che canta nonna. E poi alla mamma piace anche quando lei prova a cantare a sua volta le canzoni che conosce, ché fa scompisciare a sentirla, e non è mica facile identificare i brani a partire dalla sua esecuzione degli stessi!

(foto scattata in modalità "Io e te")

Alla pupa piacciono le lumache.
Nella fattispecie le piacciono queste due lumache qui:



Così ogni volta, tornando dalle nostre passeggiate, passiamo a salutare "le lumache".
Peccato che lei poi pretenda di passare attraverso le inferriate del cancello per introdursi nel giardino di cui i due lumaconi sono custodi, a visitare il resto della popolazione lapidea che vi abita le ridenti aiuole.


Alla mamma non piace molto trovarsi in queste situazioni da scassinatrice, però le piace potersi risparmiare di dover dire: "Non si può", perché tanto sa che lei non riuscirà mai a passare tra quelle sbarre...