domenica 5 luglio 2015

Con gli occhi, con le orecchie, e con la sabbia tra le dita dei piedi.


Vorrei prendere in prestito i vostri occhi, e con quelli guardare il volo degli aerei, quando passano sopra le nostre teste, bassi, e per qualche secondo non si sente altro che il frastuono del motore, e le vostre vocine che ancora salutano un babbo lontano, che invece è già qui con noi da un po'.
Quegli occhi a cui non sfuggono i dettagli, quando camminiamo tra gli alti platani del parco e rimanete a guardare il percorso di un insetto tra le cortecce screziate, frastagliate come i pezzi scomposti di un complicato puzzle, quando vi fermate sul ciglio del marciapiede di colpo perché avete visto un fiore di malva e discutete sul colore, se sia viola oppure rosa; quando la pineta è la foresta incantata e il cespuglio dell'alloro è il rifugio in cui nascondersi per sfuggire al T-rex.

Con le vostre orecchie vorrei immergermi tra i canti di cicala nel caldo di luglio, sotto l'ombra verde del viale di pioppi sul lungofiume, in bicicletta, l'aria tiepida sulla faccia, quanto più è caldo il sole, tanto più forte strillano loro; "Mamma, sono grandi le cicale?" perché chi riesce a produrre tutto quel fracasso deve essere necessariamente una bestia enorme. Enomme! Così dice Rania. Vorrei le tue gambe quando ti accingi a fare "un satto enomme" dal penultimo gradino, quando balli di entusiasmo sulla ghiaia; quando nella foga della corsa e del trotto incespichi e ti spatasci sull'asfalto sbucciandoti per l'ennesima volta le ginocchia già sbucciate, e piangi più per l'umiliazione che per lo spavento o il dolore; vorrei quella voglia che hai tu di correre e saltare e sgambettare, quell'energia che si espone al rischio di cadere e del ridicolo.

L'odore del sale marino sulle vostre pelli bambine, ancora perfette, quell'odore che ricorderete finché vivrete, dell'estate, del mare addosso, di ritorno dalla spiaggia, della crema solare, l'attrito granuloso della sabbia tra le dita dei piedi e nelle pieghe del costume, il ricordo caldo del sole estivo sulle spalle, le ciocche indurite di capelli incollate alla fronte, quell'insieme di sensazioni di generale fastidio-piacere del dopo, che si imprime nella memoria e mai sarà così intenso come alla vostra età,mai così marcato come adesso che ogni vostra giornata è un universo a sé stante e il dopo non esiste finché non arriva.
Vorrei sapere cosa vedete in quei granelli di sabbia che scorrete tra le dita all'infinito, che vi lasciate colare bagnata addosso come lava vulcanica per studiarne i disegni e gli arabeschi sulla pelle e dentro e fuori e dentro e fuori dall'acqua senza stancarvi mai.

Vorrei sapere se un giorno il richiamo notturno dei grilli e l'odore della terra bagnata quando al crepuscolo annaffiamo insieme le piante, vi richiameranno alla memoria le cene in terrazza di questa vostra prima casa, scalcinata solo ai miei occhi, ai vostri un castello, ogni nuova volta che l'estate si riaffaccerà nel giro dell'anno solare, ché le sensazioni che rimangono più impresse alla memoria sono quelle dell'infanzia, e ritornano intatte ogni volta che le ritroviamo sul nostro percorso.

Vorrei sapere se un giorno, in un futuro che non riesco a figurarmi, ripenserete con dolcezza e nostalgia a questo nostro presente che troppo spesso sento tanto incompleto, e faticoso, e approssimativo, e inadeguato, e che invece alla luce benevola del ricordo sarà forse l'immagine più vivida delle felicità possibili, perché ne resterà solo questo: odore di gelsomino in una sera d'estate, il canto dei grilli quando tacciono finalmente le cicale, cercare nel buio del giardino di sotto i puntolini luminosi e fluttuanti di un volo di lucciole, che io non ricordo di aver mai visto, da piccola.

Vorrei tenere con me tutta questa meraviglia per sempre, la meraviglia dei vostri sensi vigili sul mondo intorno, grande e piccolissimo, prima che diventi tutta abitudine, prima che il verso della gazza appollaiata sul tetto di fronte non ci faccia più ridere e nessuno mi chiederà più dove sono le cicale, e come facciamo a sentirle se non le vediamo, e perché strillano così tanto, e mi accorgerò che sta passando un aereo sopra la mia testa solo quando starò parlando al telefono, quando il rombo del motore mi impedirà di sentire il mio interlocutore e dovrò alzare la voce per sentire la mia.








2 commenti:

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