mercoledì 28 ottobre 2015

Autunno molesto.

Sì sì, capisco perfettamente perché i giorni a cavallo tra ottobre e novembre vengono deputati da svariate tradizioni culturali al culto dei morti.
Interiormente per me questo periodo è assimilabile a una lenta discesa agli inferi. Sarà che non riesco mai a scindere del tutto i miei stati d'animo interiori dagli stati d'animo meteorologici.
Oggi per esempio veniva giù acqua a secchiate da un cielo cupo e uniforme. Sono venute giù secchiate d'acqua tutta la notte, una notte fredda e scrosciante che tu vuoi solo farti piccola piccola sotto il piumone, nella tua bolla di tepore e sonno, mentre dall'altra stanza provengono i respiri regolari delle tue bambine, che ogni tanto senti mugolare, oppure parlare nel sonno, o lamentarsi, perché da quando sei madre hai sviluppato questa cosa incredibile della coscienza notturna, che sei continuamente consapevole di quel che accade nel mondo dei vigili anche mentre dormi, e come le senti chiamare il tuo nome, ovvero quello di mamma, corrispondente al tuo ruolo nei loro confronti, sei già in piedi, alla faccia del piumone e della tua bolla di tepore umano, del tuo sonno ovattato dallo scroscio continuo dell'acqua fuori, sopra il tetto, tra i rami degli alberi e sulla tettoia della terrazza.

Insomma, sì, una di quelle mattine che ti svegli e ti pare che non ne valga la pena, ché fuori è più grigio della penombra della tua camera, e dentro di te è grigio uguale, un grigiore emotivo da perderci qualsiasi velleità di rivalsa, e l'aria è umida come i tuoi panni stesi sotto la tettoia, che se li avessi ritirati l'altro pomeriggio ora li avresti tutti asciutti e piegati nei rispettivi cassetti, ma non importa, meglio così, che hai portato le bimbe al parco, giacché ci faceva la grazia del sole e del cielo azzurro, ché dei panni stesi ce ne saranno a centinaia di migliaia nella tua vita, di giornate da passare al parco con le tue bambine chissà.
E quindi ti costringi a iniziare un'altra giornata di mezza stagione inoltrata nel grigiore dentro e fuori di te, ti sforzi di non lasciar trapelare questo grigiore dal tono della tua voce quando tenti di scuotere dal sonno la tua figlia maggiore, che a dispetto del ritorno dell'ora solare, continua a sostare nel letto ben oltre l'orario consentito dal buon senso dei preparativi mattutini, e in fondo ti chiedi a che pro tutta questa fatica, quando basterebbe arrendersi all'evidenza meteorologica, per lasciar scorrere questa giornata grigia via, come acqua nella grondaia e svegliarsi domani con la speranza del sol dell'avvenire.

C'è che ti senti stanchissima e demotivata e che in fondo in fondo, ma neanche troppo in fondo, sai di non averne il diritto, che non hai nessun diritto di lamentarti della tua sorte né di sentirti scontenta, e te lo dici e te lo ridici, e pensi a quelle persone che ogni giorno macinano chilometri e chilometri e chilometri e passano frontiere e si aprono varchi, che hanno perso tutto e non hanno più niente da perdere, e arrivano in Paesi stranieri dove devono costruire tutto e non sanno dove finiranno, che marciano attraverso l'Europa con figli in braccio, per mano, o al seguito, e le vesciche ai piedi, e la polizia contro, e l'ostilità spesso di chi li vede arrivare, tanti, troppi, troppo disperati.
Io sto qui, col culo al caldo e la mia bolla di tepore sotto il piumone, affrontando ogni giorno la fatica immane di dover accompagnare le mie figlie a scuola dribblando ostruzionismi tenaci e malumori sacrosanti, perché pure a loro gireranno le scatole a doversi tuffare in questa grigia giornatina piovosa, e penso e penso che non mi basta tutto ciò, che vorrei anche fare e sperimentare altro, che avrei voluto arrivare altrove, misurarmi, imparare, crescere, diventare, e mai mai e poi mai mi sarei rassegnata a questa vita casalinga, una casalinga mediocre con una casa non sua che non riesce ad amare del tutto, che detesta fare le pulizie, che si spacca le palle a dover pensare a cosa metter su per cena ogni santo giorno, che a parte accompagnare le sue figlie a scuola non ha grandi motivazioni per alzarsi dal letto in una grigia mattina di fine ottobre, ed ha la sensazione che l'autunno che avanza sia una graduale discesa agli inferi dell'anima, e cerca rifugio in un libro, sperando di poter evadere almeno con la testa.
Penso da privilegiata e ragiono da privilegiata, non ho avuto finora la forza di cambiare, e in definitiva considero una parte della mia vita un totale fallimento.

In autunno la mia casa diventa più piccola, e meno luminosa. Piove sulla terrazza e fuori non si può uscire tutti i giorni. I pomeriggi in casa mi gettano nello sconforto più totale, il buio che avanza di giorno in giorno e ci riduce alla luce artificiale delle lampadine mi deprime.
Penso che tra poco si vedranno spuntare i primi alberelli di Natale per le strade, perché la gente funziona così, quando non ha niente da aspettare, inizia ad aspettare la prima cosa che arriverà, anche se mancano ancora due mesi buoni, e la cosa mi deprime ulteriormente.

E così, mi chiedo quanto ci metterò a risalire dai miei inferi pensieri.
Vorrei fare altro, invece di impantanarmi così, vorrei scrivere per esempio, di cose fatte e viste, dei libri, per esempio, ché ne abbiamo di belli, delle cose che impariamo insieme, dei pensieri che a volte mi vengono, quelli utili, non quelli deprimenti, quelli che mi accorgo che mi aprono prospettive sul mondo che non avevo considerato, e allora quasi quasi, mi dico, pazienza se del mondo non vedrò tanto come avevo sperato quando ero piccola giovano più giovane, mi accontenterò di guardare almeno in profondità, mi sforzerò di guardare più in profondità di quanto non faccia la maggior parte della gente che si lascia vivere.
Ma poi non riesco a fare niente, e non so se mi manchi il tempo, o la concentrazione, o se siano tutte scuse, e in realtà mi manchi proprio la capacità di fare, la motivazione del fare, se sia io a lasciarmi vivere, aspettando che passi, ché tanto prima o poi passa.
E quindi alla fine finisce che scrivo perché ne ho bisogno, e finisco per vomitare rospi, e chi legge ne ha piene le scatole di leggere di gente che si lamenta, mentre il mondo è in fermento, e la gente a migliaia passa a piedi le frontiere trasportando fagotti con dentro figli neonati, e sembra che io non veda la meraviglia intorno a me e non ne sia grata, infinitamente grata, perché nulla di quel che ho è scontato.

Quel che non si capisce è che lo sono, immensamente grata della meraviglia, che la meraviglia la vedo e la sento, che a volte ne sono sopraffatta e non so gestirla, e non me ne sento all'altezza; che il mondo è grande e non saprei da che parte cominciare per esplorarlo tutto, che non me ne vorrei perdere neanche un pezzettino e ogni giorno resto indietro di un giorno, che le bambine mi aiutano a vedere le cose nella giusta prospettiva, anche nelle giornate in cui non vedo le montagne all'orizzonte, ma solo grigio e grigio fuori e grigio dentro.
Quel che forse non si capisce e che mi sento dilaniata dentro, lacerata tra la mia insoddisfazione cronica e questa immensa meraviglia, tra la mia apatia e l'amore che provo per loro, che mi fa trovare ogni giorno la forza per giocare a nascondino nel parco anche se non ne ho voglia.
Tipo domenica siamo andati a raccogliere le castagne, in cima al monte, e c'era un po' di foschia ma si stava bene, e l'aria era leggera e anche io stavo bene.
Mimi correva per il sentiero con le amichette e diceva che per tutta la vita aveva sognato di vivere avventure come quella, e progettava di trasferirci sulla montagna, una volta che avremo restituito la nostra casa al nostro padrone di casa.
Rania teneva dietro con un biscotto in ogni mano e si fermava ogni volta che trovava una castagna.
Ha fatto buio presto e siamo rientrate a casa assai dopo il tramonto.
Tutto era molto caldo e a misura nostra, e sapeva di famiglia e di tutto quel che vorresti dalla tua vita, come quando eri piccola e ti addormentavi sul sedile posteriore dell'auto di tuo padre e ti affidavi alla sua guida sicura, perché tanto sapevi che tutto sarebbe andato bene, che ti saresti svegliata nel tuo letto, al caldo, che potevi lasciarti cullare dallo sciabordio dell'auto nelle curve  e delle frenate ai semafori, perché quello era esattamente il posto in cui dovevi stare e non saresti voluta essere in nessun altro posto.

La certezza di trovarti proprio dove devi stare. E' quella che mi salva.
E poi ci sono cose che mi lasciano ancora senza fiato.
Anche se è la solita visuale di tutti i giorni, dalle scale di casa, che guardano il carcere, anche se si tratta solo della striscia di verde che circonda il carcere, anche se ogni giorno è la stessa, ma ancora rimani lì come una fessa, a guardare, a commuoverti di quanta bellezza ci sia nel mondo, appena fuori da casa tua.

Dalle scale di casa verso il carcere.

12 commenti:

  1. La bellezza è certamente il punto di partenza, la difficoltà per me è rimanerci attaccata, perché a volte la stanchezza e la pigrizia vincono, ma credo sia il lavoro quotidiano di tutti. Ricominciare.

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    1. Verissimo. Non credo ci sia bisogno di tenere sempre presente la bellezza. Io spesso ho la sensazione che sia lei a venirmi a cercare, con un certo tono di rimprovero nella voce, per esser stata troppo distratta, in quei giorni in cui ci sono passata accanto senza particolari fremiti dell'animo. L'unica paura a volte che ho è quella di non riuscire più a vederla, che il grigio arrivi a ricoprire tutto, anche le emozioni.

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  2. ed io mi butto dicendoti che tu DOVRESTI SCRIVERE.
    ne hai le capacità. Hai l'enorme capacità di buttare vita in ogni parola, in ogni sillaba, in ogni lettera dell'alfabeto: non fosse altro che, con ogni tua parola, arrivi nel profondo.Sei la freccia che va diritta al centro.
    secondo me ne hai anche la e le motivazioni. Hai un sacco di cose da dire. E, di conseguenza, da dare.
    E non è il tuo raccontare della tua vita di tutti i giorni. del cielo grigio. del buio presto la sera ( che io, a 57 anni, non smetto di odiare e maledire).
    Delle tue bambine. dei vostri libri. delle storie che inventate.
    Dei panni che non si asciugano, con sto tempo del c....o.
    non è questa la motivazione. non sono queste le ragioni.E' questo, tutto questo ed è altro.
    il fatto è che chi ha un dono, chi ha un talento lo deve coltivare e deve buttarlo fuori, se no gli resta in gola e rischia di soffocare.
    e tu hai un talento enorme ed io non sono nessuno per dirlo....ma lo so riconoscere.
    ...che poi questo tuo sentirti divisa tra insoddisfazione e meraviglia ce l'avrai sempre.....ma ti devi buttare fuori.
    Emanuela
    PS. Scusami, per queste parole, che mi sono uscite di getto come alla peggiore delle mamme rompiballe.Che sicuramente è quello che sono per i miei figli. Ma la peggiore delle mamme rompiballe vorrebbe il meglio per i suoi figli. ed il meglio è soltanto che riconoscessero le proprie capacità

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    1. Invece questa tua fiducia mi fa bene, e mi fa sorridere, anche.
      Non so se davvero potrei provare a scrivere in maniera più sistematica (certo è che non ho alcun romanzo nel cassetto, e non ho nemmeno mai pensato di cimentarmi in cotanta impresa); scrivere continua ad essere per me prevalentemente una valvola di sfogo.
      Quel che è certo è che mi sento una persona solo parzialmente realizzata, sento di aver perso qualcosa lungo il percorso, e di non esser riuscita a mettermi a frutto come avrei voluto. Capire in quale modo farlo però, è una sfida immensa

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  3. Mi piace troppo leggerti forse perché mi ritrovo praticamente in tutto, così semplicemente complicate vibrazioni del sentire. Buona giornata.

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    1. Sono felice che tu lo senta.
      Grazie e buona giornata a te! Mai grigia. :-)

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  4. Mi catturi sempre col tuo modo, semplice e fantastico, di mettere in luce i "MIEI" pensieri :)
    sottoscrivo ciò che dice emanuela... pensa a qualcosa da mettere in quel cassetto :P !!!

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    1. E' pieno di sogni irranciditi e andati a male. Sarà ora di fare un po' di ricambio?
      Grazie per seguirmi sempre. <3

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  5. Risposte
    1. Davvero, grazie. Anche se non capisco bene per cosa. A volte ricevo tanti apprezzamenti del tutto inaspettati dopo aver buttato giù pensieri a mio dire sconnessi e sfoghi esantematici. Non quando invece mi applico a scrivere cose che mi piacciono e realizzano. Ciò mi fa riflettere sulla mia distorta percezione di ciò che faccio e sulla mia incapacità a comunicare e a intendermi con il mio pubblico |-P

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