venerdì 19 ottobre 2012

Comportamenti domestici anomali e loro possibili cause. Uno studio antropologico.


Ottima intuizione, direi, quella di mettermi a fare "il cambio dell'armadio" col caldo di stamani!
Ma tranquilli, non vi delizierò con la cronaca accurata dei miei inscatolamenti e sali scale e scendi scatoloni, e svuota cassetti, e dividi per mucchi:

  1. "roba estiva da mettere via",
  2. "roba troppo invernale e prematura da mettere in stand-by",
  3. "roba che con la stagione ci siamo ma che non mi ci entra manco una gamba da mettere in speranzosa attesa indeterminata"
  4. "roba che non avrei mai pensato avrei utilizzato più, ma che a quanto pare mai dire mai"
  5. "roba che finalmente conoscerà il cassonetto, dopo un soggiorno decennale nei miei meandri domestici".

E nemmeno vi delizierò con la terrificante fase "camerino di prova", quando il mucchio di roba di cui alla categoria 3 cresceva vertiginosamente inglobando pure i capi in cui riponevo disilluse speranze. Che poi quando è stato il momento di provare i maglioni peggio mi sono sentita, e allora sì che c'è stato da sudare. Lasciamo dunque stare, e per oggi rimandiamo pure il cambio di roba della pupa, che non è mica detto che un piccolo guardaroba dia problemi minori rispetto a uno grande.
Per esempio io il sistema di taglie per indumenti infantili non l'ho mica ancora del tutto metabolizzato in due anni e rotti di pratica.
Perché a un tratto gli abiti di taglia 2anni diventano enormi? E perchè la gente ha iniziato a regalarci abiti taglia 3anni saltando a piè pari la 2anni? E perchè le dimensioni dei suddetti abitini di medesima taglia variano anche di 15 centimetri col variare delle marche?
Fatto sta che nei cassetti della pupa c'è da impazzire, e sono costretta a vestirla ancora con il suo guardaroba dei 18mesi, visto che il 24mesi è prevalentemente costituito da capi estivi e come detto nei 2anni ci nuota... magari è un po' modello zompafosso, ma per ora ci adattiamo.

Giusto per specificare un poco di cosa si sta parlando quando vi parlo di "sindrome del nido".
Non è quella cosa che fa la pupa quando non ha voglia di andare al nido, cioè interpretare a meraviglia la parte della piccola Regan ne L'esorcista.

Trattasi invece di una serie di comportamenti e pulsioni anomale variamente giustificabili, ma che si tende a spiegare facendo riferimento in genere a uno stato di consolidata consapevolezza della propria gravidanza.

Il soggetto in questione in questi casi inizia a provare insofferenza e/o idiosincrasia per la casa in cui vive pacificamente da svariati anni, consulta ossessivamente annunci immobiliari cartacei e on line, perde sonno e salute psicofisica per star dietro a suoi standard abitativi difficilmente realizzabili, ed è sporadicamente colpito da raptus di riordino forsennato, pur sapendo che trattasi di impresa disperata.
Vuota armadi, setaccia vecchie carte e gode quando riesce a buttarne via una cospicua percentuale, spazza dietro a frigoriferi, si ripromette di dichiarare guerra alle ragnatele ed escogita nuove sistemazioni innegabilmente più logiche e gestibili per conservare oggetti di uso quotidiano, documenti e altro materiale di importanza vitale, di cui immancabilmente non riuscirà  rintracciare la nuova sede nel momento in cui ne avrà urgente necessità, e perderà giornate intere a buttare di nuovo all'aria tutto nel disperato tentativo di venirne a capo.

Ora però non è detto che tutte le donne in stato di gravidanza debbano necessariamente essere affette da tale pericolosa forma di psicosi.

Diciamo che una delle concause che può aiutare un suo manifestarsi è l'assenza prolungata di una pupa di due anni da casa, che giusto da pochi giorni ha iniziato l'inserimento al nido nel tempo pomeridiano, cosa che da un lato sgravia il soggetto in analisi da un serie di oneri gravosi, quali l'addormentamento diurno di detta pupa, sempre più lungo e combattuto, sempre più difficile da portare a buon fine e sempre più tardi. Dall'altra comporta nel soggetto in esame uno strano senso di vuoto esistenziale, un languore se vogliamo, accompagnato da dubbi amletici quali: "Ma sarà proprio necessario lasciarla lì tutto questo tempo visto che in fondo non ho una mazza da fare?"
E allora ecco che scatta la sindrome autogiustificante per attenuare forse il senso di colpa matterno neppure troppo latente.

E' che il soggetto in questione inizia a chiedersi come farà a gestire con panza un trasloco totale di tutto  ciò che possiede se dovrà anche star dietro al recupero della pupa dal nido e ai suoi sonni pomeridiani, e anche un poco teme il momento in cui dovrà gestire un pupo appena sfornato in concomitanza con una riottosa e scalpitante pupa lanciata sui due anni, e così alla fine, dopo una combattuta lotta interna e ripensamenti vari, ha deciso di provare con questa cosa del tempo pieno, giusto per veder come va.

Lei del resto, la pupa, pare che per ora si diverta un mondo a dormire al nido, con la sua amica Emma, e che finalmente si riesca ad addormentare ad orari decenti, e a svegliarsi a metà pomeriggio, quando ancora c'è luce e tempo a sufficienza per sfruttare un poco la giornata e stare all'aperto, e non al calar del crepuscolo, e la sera riesca infine ad andare a letto finalmente ad un'ora degna di una bambina di due anni, e non di un'adolescente scapestrata, e in fondo credo che ciò sia un bene, almeno finché dura.

Che poi questo c'entri qualcosa con la sindrome del nido, è ancora tutto da dimostrare.

CVD

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