lunedì 4 febbraio 2013

Cattivissima me. Cattivissima ed esaurita.


Allora, facciamo il punto della situazione.
Gennaio è finito, mi pare, già da qualche giorno, se non sbaglio.
Ora: che si fa?
La domanda sorge spontanea: mi pigli per il culo o cosa?
No, perché io mi ci son messa d'impegno: fatti andare giù liscia una cosa che proprio ti s'incaglia in mezzo al gozzo. Sì, insomma: In tutto ciò che tocca far, il lato bello puoi trovar... a averne la fantasia.
E non posso nemmeno dire che non sia del tutto colpa mia, che non me la sia andata, in parte, a cercare.
E non posso nemmeno dire che l'esperienza non mi abbia insegnato qualcosa negli anni addietro, nei bei nostri anni cazzoni e spensierati (per quanto non meno arraffazzonati di quanto non siamo ora): in anni di studentato in convivenza ho imparato a dividere i miei spazi e i miei tempi con la gente più disparata, ho imparato a conciliare gli attriti, a temperare le intemperanze, a scendere a compromessi, a lasciar correre le inezie, a condividere tutto e più di tutto. Mi son ritrovata a ospitare gente mai vista né conosciuta, a mettere casa mia a disposizione di tutti e pure degli amici degli amici di tutti, ho rinunciato alla mia privacy, al mio riposo, alla mia cucina, i miei orari, ai momenti in cui avrei preferito cento volte il sonno alla compagnia forzata di una decina di ospiti, tornando da lavoro alle due di notte distrutta, sai, non è che alla fine hai tantissima voglia di folleggiare fino all'alba, considerando pure che il giorno dopo ti toccherà pulire montagne di piatti e pentole accumulate nel lavello, buttare sacchi di spazzatura stracolmi e passare lo straccio su pavimenti appiccicosi.

Però posso dire che tutto ciò ha avuto un senso: perché ho imparato a mettere limiti. Ho, abbiamo, goduto della compagnia altrui finché ne abbiamo avvertito la necessità, della vita in comunione, di azzerare per un certo periodo i confini convenzionali della proprietà di diritto, di distinguere tra il mio e il tuo, il mio e il tuo tempo, il mio e il tuo lavoro, il mio e il tuo spazio, i miei e i tuoi averi, in virtù del bello che ti portava la condivisione incondizionata.
Ma i conti non tornano mai. Arrivano sempre le frustrazioni, le delusioni, i rinfacciamenti, l'assoluta mancanza di comprensione e gratitudine che ti fanno fare più di un passo indietro, e mettere paletti.
Se prima dicevo cose tipo: "Non chiedermelo neanche!" "Fai come se fosse casa tua!" "Ma scherzi?  resta pure tutto il tempo che desideri!" "Se hai bisogno di qualcosa non farti problemi a prenderlo!"
Ora ho imparato a dire cose tipo: " Se hai bisogno di qualcosa, chiedi pure"; "Per quanto tempo avresti bisogno di essere ospitato?"; "Magari vedi se trovi prima un'altra soluzione"; "Vedrò se posso aiutarti, ma preferirei di no".
E, credetemi, ci vuole una bella faccia da culo, eppure me la son fatta. Ho dovuto. I primi tempi è stata dura, ma alla fine capiscono, e non te lo chiedono più.
Del resto ha una bella faccia da culo anche chi, dopo tre mesi o un anno che mi fa la muffa in casa (gratis, ci tengo a specificarlo), ha avuto il coraggio di dirmi: "Ma mi avevi detto che potevo restare finché ne avessi avuto bisogno", o anche: "Io credo che voi siate falsi, perché vi siete stancati di me ma non avete il coraggio di dirmelo" (Ma se l'hai capito, allora...), o ancora: "In questa casa c'è sempre casino, se uno vuole concentrarsi come fa?" (Si cerca una casa e se la paga?).

Ma sto divagando.
Questo per dire che la generosità idiota non paga. Mai.
La disponibilità a zerbino è altamente controproducente, e ho smesso di praticarla da anni.
Finché per un bizzarro inciucio del destino (e varie nostre peripezie immobiliari) non ci siamo trovati punto e a capo.
Lei è arrivata dicendo che aveva trovato lavoro, e avrebbe pagato la sua parte di affitto.
Lui voleva liberarsi la casa sotto, e ce l'ha praticamente appioppata.
Noi programmavamo imminenti trasferimenti, ottimisti e fiduciosi nelle nostre capacità d'acquisto sul mercato immobiliare.
A noi non faceva schifo dividere l'affitto finché non avessimo sloggiato, viste le spese che poi il trasloco ci avrebbe comportato.
Noi eravamo abituati alla convivenza estrema, avremmo tollerato per qualche mese ancora.

Del resto avevo trovato i lati positivi in tutto ciò:
  • lei mi passava i suoi vestiti taglia 50 che non le stavano più (!), perfetti per la mia pancia gravidica (ma immettibili, avrei scoperto dopo, assolutamente orripilanti);
  • Lei a volte intrattiene Mimi mentre io ho da fare, sto cucinando o chessoìo (salvo impellente fiction televisiva che non può permettersi di perdere, allora non manca occasione di farmi capire indirettamente che preferirebbe non avere Mimi tra le scatole. Basta fare orecchio da mercante e fingersi distratti);
  • Lei in fondo sta sempre chiusa in camera sua a guardare la tv, mangia in camera, vive in camera. Chiusa. Pure le serrande: tappata dentro. La qual cosa a me va benissimo. L'effetto ci-sono-ma-non-mi-vedi è pur sempre meglio che averla sempre tra i piedi.
  • Lei mangia una tantum alla giornata, ad orari improbabili, intorno alle 5 del pomeriggio: si spadella il suo mezzo Kg di spaghetti e si porta la padella nel loculo. Sospetto lo faccia perché non ha voglia di mangiare con noi. Non mi pronuncio sull'abitudine di consumare i pasti in camera da letto, che trovo rivoltante, per inciso (fatti suoi), ma apprezzo l'idea di non dover condividere con lei la cucina all'ora dei NOSTRI pasti;
  • I nostri rapporti sono improntati su un generale disinteresse e distacco (cortese, per carità, e finanche simpatico distacco, ma pur sempre tale), la qual cosa mi permette di farmi allegramente i fatti miei, senza dover mantenere in piedi la farsa di improbabili legami affettivi.
E però, cara la mia Lia:
  • se tu hai sempre l'accortezza di chiuderti per bene in camera, credi sia normale entrare nella mia mentre sto facendo i cavoli miei?
  • Perchè quando Mimi sta mangiando senza fare storie, esci proprio per rompere le palle con la tua pedagogia becera ("Mmmm, che buona la pappa, ora me la mangio io!"), così che lei alla fine s'incazza di brutto e parte coi suoi capricci infiniti, m'incazzo io pure e la serata finisce a schifìo? No, perchè lo fai con una puntualità sconcertante! Direi che il messaggio più chiaro non poteva essere: quando mangio lasciami in pace. Ma lo fai apposta? Non le cogli le mie occhiate assassine?
  • Visto che nessuno ti ha chiesto mai, né pretende che tu faccia le pulizie in casa, perché quando ti accorgi che io sto pulendo, ti affacci a chiedermi se per caso non ho bisogno di una mano e rimani lì a ostacolarmi con il tuo ingombrante deretano mentre passo lo straccio? C'è bisogno che ti spieghi che, se vuoi, puoi tranquillamente pulire casa in mia assenza?
  • Perchè, visto che nessuno ti ha mai fatto pesare la cosa, ti ostini a ripetere che tu, tanto in casa, non consumi quasi niente, e fosse per te potrei anche spegnere il riscaldamento che tanto ti metti le bottiglie di acqua bollente dentro al letto e a te basta così? A parte che nessuno te lo chiede, ma credi che il gas che usi per far bollire litri e litri d'acqua per scaldarti il letto, lo eroghi gratuitamente la Caritas?
  • Perché quando mi metto in santa pace al PC ti senti in dovere di venire a fare conversazione e ritieni di poterti mettere a guardare e sindacare su quello che sto facendo? (Poi dici che uno risponde male...)
  • Ma soprattutto: perchè mai pensavi che se non avessi mai toccato l'argomento noi non ci saremmo accorti che tu hai smesso di pagare l'affitto già da tre mesi? Cosa ti faceva credere che, avendo tu detto che a febbraio schiodavi, siamo al 4 febbraio e tu ancora non accenni ad alzare il culo? E se non te lo facevo notare nemmeno avevi incominciato a fare le valigie? Cosa ti spingeva a credere che saresti potuta rimanere qui vita natural durante? Pensavi che avessi avuto problemi a dirtelo apertamente?
No, come vedi. Mi so accollare anche la parte della stronza, se serve, e me ne fotto, oramai.
Certo: che situazione di merda, me ne rendo anche conto.
Ma non venirmi a piangere che vai a stare per strada al freddo: primo, perché hai avuto tutto il tempo per cercare altre soluzioni; secondo, perchè te ne abbiamo trovate anche noi, di soluzioni alternative, e allora le rifiutasti, schifata, dicendo che la signora TizioCaio ti dava casa gratis... (strano che ora non voglia più dartela. Mi chiedo come mai...); terzo, perché se non schiodi ora,  mi sa che non schiodi nemmeno tra un mese.
Curioso che io non riesca più a fidarmi di te: mi dici che a marzo hai trovato lavoro a Roma e vai a stare da una famiglia come governante alla pari. Sicuro che tra un mese mi racconterai che sono tutti crepati in un incendio, o che una Filippina ti ha soffiato il posto, e allora non voglio che siano fatti miei.
Ma poi: che razza di giochetto è questo?
Noi diamo la disdetta della casa, per non costringerti a sloggiare, e il giorno dopo la dai tu pure.
Allora ti maledissi, ché avevo già dato la caparra per un'altra casa.
Poi (lo spiegavo qui) la casa non ce la diedero più, e noi facemmo dietro front: se la casa rimane tutta per noi, allora chi ci costringe a lasciarla?
Tu dovevi sgombrare entro febbraio, ricordi? Febbraio.
Ma qualcosa mi dice che sei un pochino paracula. No?
Che fai: noi rimaniamo, e allora tu pure? Ti sei così affezionata che non vuoi più lasciarci?

Sì, lo so: me l'avevate detto. Me l'avevate detto tutti. Dovevo saperlo.
Del resto: meglio tardi che mai.
E non è bello, no. Non sono contenta di me. Non sarò una persona più felice o più appagata, ora.
Non avete mai dovuto dire a una persona: "Te ne devi andare, non m'importa dove"?
Be', è uno schifo, ve l'assicuro.
Un vero schifo.
Ma fare beneficenza con il cuore pieno di trasporto emotivo, è una cosa. Farla per un pungolo della coscienza, e rimanere incacchiati e astiosi con una persona che finisci per avere sempre sotto gli occhi, e detestarla ogni minuto per ogni scemenza, e a detestare tutte le sue abitudini, perché avevi messo il pane in congelatore e quando lo cerchi non lo trovi più, perché vuoi tirare fuori dagli scatoloni i vestitini taglia 0 mesi e lavarli, e riporli in un luogo pulito, e non puoi farlo perché non sapresti dove; perché da sola occupa una stanza della casa e voi in tre ne occupate un'altra (e la pagate per intero); per il solo fatto che esiste... no. Ti fa capire che non sei in grado, che la tolleranza non è più una tua virtù, che non vuoi, e allora facciamola finita, e che trionfi per una volta il sano egoismo.

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