lunedì 15 settembre 2014

Sul lago.

Settembre è al giro di boa e ci regala scampoli d'estate che un pochino, almeno credo, rinfrancano quanti hanno sofferto le bizze dei trascorsi mesi di una stagione che si è detto esser stata "atipica".
Poi ci sono quelli che come me non riescono ad essere polemici persino con il meteo, e che in fondo, senza darlo troppo a vedere onde evitar pubblici linciaggi, hanno apprezzato il fresco, accolto di buon grado le giornate incerte, fatto buon viso all'arrivo di trombe d'aria in spiaggia, allargato le braccia di fronte al prospettarsi di una nuova ripassata di pioggia.
Un'estate ombrosa, un po' capricciosa, che ci rallegriamo di aver messo a frutto per quanto ci è stato possibile

Sul Lago Trasimeno

Sul lago è stata l'ultima tappa della nostra vacanza itinerante, mia e delle bimbe, mentre il beduino, cointestatario di questo blog, continua a latitare, ma finché siamo state lontane da casa l'eccezionalità della situazione vacanziera credo abbia attutito questa assenza, la vicinanza di zii e cugini, la ricchezza dei luoghi nuovi che abbiamo visitato appresso a loro.

Ci son stati giorni in cui ci siamo dedicati unicamente al lago.
Allora lontano da itinerari etno-storico-enogastronomici, ti inoltravi nel silenzio e nella solitudo, e poteva capitare di imbatterti in quieti scenari, di un lirismo degno di un paesaggista romantico; il cielo, l'acqua, la terra, vegetazione palustre, e in mezzo a tutto ciò, barche ormeggiate, quasi solo a vantaggio del panorama, in rappresentanza di una muta e insolente presenza umana.



Il vento muoveva i giunchi e le foglie vibravano riverberi del sole; spazzava via le nuvole giocando a disporle in cumuli polimorfi e risparpagliandole quindi un momento dopo; increspava la superficie del lago, quieta distesa d'acqua dalla funzione prettamente poetica, ma fino a quel momento innocua, ché non gli avresti mai attribuito potenzialità fatali.



Ce ne andavam bel belli cercando more, ottimisticamente muniti di ampio canestro in vimini, destinato a rimaner pressoché vacante causa la penuria dei rovi striminziti da noi intercettati.
Tanto che qualcuno ben presto si diede alla raccolta indiscriminata di tutt'altre forme vegetali.




Sempre su di noi vegliavano solenni i grandi fiori di Van Gogh, il capo reclinato umilmente come per umiltà, a volte.
Altre volte insolenti ti voltavan le spalle, ostinati a voler inseguire i raggi di quel sole che si dice baci solo i belli... Ma qualcuno sostiene anche che invece i fortunati prescelti siano i brutti, ché i belli pare li bacino tutti...
Ditelo un poco ai girasoli!




Ovunque un po' qua un po' là, gli occhi spaziavano sul paesaggio, le mani sul volante a volte riuscivano a strappargli di straforo una foto (al paesaggio, non al volante, scriverebbe a questo punto un Baricco, sentendosi molto divertente e arguto, per quanto banale, ma io no, è solo per dissolvere l'ambiguità della frase, senz'alcuna velleità di simpatia né di arguzia), e riprendevano poi il loro posto, contente come matte, soddisfatte di quelle immagini carpite, a tradimento, andando sulla strada intorno al lago, di abbandono e segni di un tempo che passa inesorabile su tutto quanto l'essere umano dispone come duraturo.


C'era una porticina, all'interno di un cortile, che era all'interno di un antico frantoio, che era all'interno di un certo paese di cui ora non ricordo il nome, ma potrei risalirvi, eppure preferisco che rimanga così, indefinito luogo fisico della narrazione, perché ancor più suggestivo mi sembra così immaginare il mondo al di là di quella porticina di legno scrostata, un al di là dello specchio di giardini di rose rosse e vecchie pompe arrugginite, pochi lastroni di pietra sulla soglia a dare una tracia del cammino, come a invitare a entrare...
C'era una scala di pietra ove sostare e una fontanella d'acqua stillante da cui attingere se avevi sete.
In fondo basta davvero poco per sentirsi accolti.

 

 

Ma il vento poi si alza ancora, e piega le chiome degli alberi tutte da un lato.
Il quieto lago si fa cupo, ora minacciosa distesa d'acqua, sciaborda sulle rive sbatacchiando povere incolpevoli barche tra giunchi e fanghiglia.
Mai fidarsi dei laghi, creature subdole e insidiose.
Stai alla larga dai laghi, credi a me.




Passavano i nostri prodi gloriosi sul molo, tra due ali d'acqua tormentate per raggiungere la terraferma, dove prosegue il cammino, impervio ed erto.



Però a noi tutto sommato questo lago non sta antipatico, come il bizzarro mutarsi del cielo in questi capricci d'estate, ora azzurro intenso, ora fosco e minaccioso, ora elettrico e burrascoso, ora slapito di foschia, come queste giornate ombrose e incostanti, tanto noi non ci spaventa niente e nessuno, ardite sfoderiamo anche la mutanda multicolor, se è il caso, e il lago ce lo addomestichiamo.




2 commenti:

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