venerdì 13 marzo 2015

Principesse o no?


Era da un po' che mi proponevo di farlo.
E' giunto il momento di affrontare il mostro.
Tra i libri della nostra personale libreria casalinga ce n'è un buon numero etichettabili alla voce: "Principesse". Chissà perché poi.
Inizialmente non ero proprio entusiasta di questa smaccata predilizione di mia figlia per la suddetta categoria di personaggi.
Ma vincendo la mia recalcitranza e il mio snobismo, mi sono, per amor suo, forzata la mano.
E andiamo a vedere quindi oltre le etichette, perché le principesse non sono tutte uguali, e per fortuna non sono solo di marca Disney.

Oggi vi presento queste:

Titolo: La principessa Sbadiglio

Autore: Carmen Gil (qui il suo portale di letteratura per l'infanzia)

Illustratore: Elena Odriozola

Editore: Logos

Età: dai 3-4 anni




Titolo: Principessa Domitilla. La principessa che non dormiva mai.

Autore/illustratore: An & Louise Leysen

Editore: Clavis

Età: dai 3-4 anni






Titolo: La principessa ribelle

Autore: Anna Kemp

Illustratore: Sara Ogilvie

Traduttore: Marinella Barigazzi

Editore: Nord-Sud Edizioni

Età: dai 3 (ma Rania lo segue divertita, e non ne ha 2)

E dunque, conosciamole meglio.
La Principessa Sbadiglio, raccontata da Carmen Gil e illustrata da Elena Odriozola, è una principessa non meglio nota, che, come tutte le principesse delle fiabe che si rispettino, aveva, naturalmente, un problema.
E il suo problema era quello (forse l'avrete già intuito) di sbadigliare in continuazione.


E siccome i problemi che affliggono i reali spesso e volentieri, nelle fiabe come nella realtà, finiscono per affliggere l'intero reame, qui non poteva andare diversamente: infatti assieme alla principessa sbadigliavano un po' tutti (si sa che gli sbadigli sono irresistibilmente contagiosi), persino, sarà questa la tiritera che tutti i lettori, grandi e piccoli, si aspettano al termine di ogni "capitolo" della sua enigmatica vicenda, persino il cane e il gatto del giardiniere.



Ma perché sbadiglia tanto la principessa? Si chiedeva il re, naturalmente preoccupato per quel curioso fenomeno che affliggeva sua figlia. E intanto non faceva che andare
in su e in giù, e avanti e indietro, sul suo ricco, regale tappeto.
Si arrovella, il regal padre, e le pensa davvero tutte: sarà per fame? Sarà per sonno! No, aspetta: sarà per noia...
E siccome qui di regali si parla, naturalmente non mancavano al genitore le risorse per mettere in atto sontuose strategie di contenimento dell'allarmante fenomeno: egli farà portare specialità gastronomiche da ogni angolo del globo terracqueo, farà preparare letti morbidissimi ornati di drappi finissimi, e si procurerà persino una gialla elefantessa ammaestrata, venuta apposta dalle lontane Indie, pur di porre fine agli sbadigli di sua figlia.
In un susseguirsi di cromie cilestri, rosa e gialline, percorriamo come in un catalogo di parati, le varie sale del palazzo, dove la principessa, con una pazienza principesca, si sottopone a tutte le improbabili cure paterne: e su unguenti, e giù sciroppi, pareva proprio che non ci fosse nulla da fare.



Ma noi che di storie ne leggiamo e ne abbiam lette, e ascoltate, in vita nostra, sappiamo che adesso arriva l'"Un giorno": perchè poi "un giorno" arriva sempre nelle storie, ché altrimenti non svolterebbero, e rimarrebbero incomprensibili casi clinici di principesse afflitte da forme anomale di ipersbadigliosi.
Magari ora arriva un mago, o una fata a spezzare l'incantesimo, o il famoso principe che con un bacio romperà l'incantamento?
No, niente di tutto ciò: un giorno passa di lì il figlio dell'usciere, che vede la principessa passeggiare nel giardino e le si avvicina...
Cosa mai accadrà?
Lui la porta a divertirsi con tutti quei giochi che alla principessa erano sempre stati proibiti: i due bambini ora non sono più la principessa e il figlio dell'usciere, ma solo due bambini che giocano insieme a fare capriole sul fianco della collina e a catturare grilli.
Fuori dalle mura del palazzo, senza più carte da parati con motivi di fiori stampati, ma un paesaggio delineato con pochi elementi salienti: tronchi d'albero, la linea del prato verde, anch'esso stampato di fiori stilizzati, che si incontra con l'azzurro fumoso del cielo, in questo quadro più "ordinario", lontano da gialle elefantesse e processioni di pietanze esotiche, certo qualcosa di nuovo accadrà alla principessa Sbadiglio, che forse ha tovato da sé la soluzione al suo atavico problema, e alle angustie paterne.



La storia è semplice e prevedibilmente ricalcata sulla struttura tradizionale della fiaba classica: c'è un problema (strano), tutti provano, nessuno riesce, finché arriva l'imponderabile, il personaggio atteso-inatteso che trova la soluzione.
Trovo però che al di là della prevedibilità della trama, la narrazione sia condita di una leggerezza e un'ironia che la rendono piacevole senza troppe pretese, leggerezza che va di pari passo con la stilizzazione caricaturale delle figure, le rotondità dei corpi-palloncino, le fisionomie appena acennate, la scelta di rappresentare preferibilmente i profili dei personaggi; anche nella forma narrativa si recuperano alcuni topoi del racconto tradizionale orale, come la ripetizione di formule stereotipate, la climax ascendente dei continui tentativi, frustrati, del re di venire a capo della faccenda, gli elenchi infiniti dei piatti preparati per la principessa.
Alla fine ho apprezzato anche l'accenno, garbato e non pontificato alle tematiche dell'amicizia e della necessità dei bambini di poter fare semplicemente i bambini, al di là delle paturnie genitoriali.

Ma ora passiamo alla Principessa Domitilla, che, come la sua predecessora (sì, fa schifo, ma leggo che il termine corretto al femminile è proprio questo) ha qualcosa che la contraddistingue, stavolta in negativo, dalla gente "normale": se la principessa Sbadiglio, sbadigliava troppo, Domitilla, invece "non dormiva MAI".
E anche nel caso di Domitilla, il problema diventa ben presto di ordine collettivo, infatti pare proprio che, come spesso accade anche nelle migliori famiglie, la principessa non lasciasse dormire neppure l'umanità intorno a sé.


Finché il re suo padre, anche in questo caso, non ne può più, e prorompendo in un'esclamazione corsiva coniata sulla ben nota citazione, dà inizio alla sfilata dei volenterosi.


Si susseguono pastori, nobildonne virtuose di musica, coraggiosi cavalieri visionari, e persino la strega Malefica con il suo famoso arcolaio soporifero, ma niente sembra avere effetto sull'ostinata insonnia di Domitilla.



Il "finché un giorno" stavolta arriva davvero sotto le sembianze di un principe, un principe guarda caso amante del sonno e della quiete che, trovandosi di passaggio rimane piuttosto seccato dal trambusto creato dagli ospiti di Domitilla al castello.
Non si riesce a capire come né perchè, ma la sola vista del principe basta perché Domitilla a un tratto sprofondi in un sonno incurante e indifferente ai baccani di pecore e nobildonne.
Il libro si conclude un po' frettolosamente con uno scarto improvviso e una poco convincente chiosa sull'amore che può tutto, ricordandomi un po' il finale arrangiaticcio dell'arcinoto film di animazione Frozen, che io tanto detesto, soprattutto per la sciocca retorica sull'amore, che per l'appunto, anche in quel frangente, si scopre essere l'inaspettata chiave di volta per schiodare da un'inschiodabile altrimenti situazione. Ma non divaghiamo.


Insomma, confesso che nutrivo immotivate aspettative su questo libro che immaginavo trattasse in maniera divertente e "di rosa vestita" l'annoso problema dei bambini (/e) che non vogliono dormire mai, offrendo loro una morale fruibile sull'utilità salvifica delle sante ninne; sono invece rimasta un po' perplessa per quel finale sconfinato sulla terza di copertina, proprio come se non fosse rimasto più spazio sufficiente a trovarne uno un po' più costruito e sensato, ma in fin dei conti la cosa avrebbe messo in imbarazzo chiunque; suppongo che il problema sia in definitiva sine solutio.
Forse la lezione finale, per i poveri genitori in cerca di risposte, non può che essere la solita: cari genitori, lo so che cercavate prodigi e magiche pozioni per uscire dalle vostre notti tormentate di mostri e bicchier d'acqua, e posso venire nel lettone con voi, ma purtroppo non abbiamo altra verità che questa, che coi figli l'unica strada è l'amore, e tanta santa pazienza, che prima o poi crollano anche loro, anche se ogni sera dovrete voi stessi inscenare il teatrino dei mille figuranti, tra ninne nanne, caccia ai draghi e letture infinite di storie della buonanotte.
Forse giusto se il bel principe Attilio avesse dato a Domitilla una potente randellata in testa ne saremmo potuti venire a capo, ma per quanto riguarda l'aspetto educativo della faccenda, non saprei se il messaggio sarebbe stato positivo.
Beh, sciocchezzuole a parte (ammetto che ho autocensurato un primitivo "minchiate"), di questo libro la mia aspirante principessa ha apprezzato molto la veste grafica, la grazia un po' leziosa delle illustrazioni, il font goticheggiante e svolazzante del testo, la texture un po' rococò dei fondopagina, tutti elementi molto, molto, molto ammiccantemente e ruffianamente principeschi.
Io ho apprezzato il faccino tondo e le guanciotte rosee di Domitilla, assieme alla sua vitalità e curiosità bambina, che malgrado tutti gli svolazzi e i merletti ho trovato molto autentiche.
Rania ha apprezzato le pecorelle che saltellano libere a tutta pagina e io la scenata isterica della strega Malefica che scaglia il suo arcolaio in un impeto di furore nella concitata "ammucchiata" finale.
Tutte quante abbiamo apprezzato l'autoritratto dell'autrice eseguito dalla sua piccola co-autrice, la cui mano è riconoscibile a sprazzi nel libro nelle cornicette dorate di cuoricini e piccole spirali e in alcuni dettagli che ho trovato davvero esilaranti (come il gallo nell'angolino che strilla: "Silenzio! Ho sonno!").
Credo che anche a Mimi sul suo esempio sia venuta voglia di illustrare le pagine di un libro...


Ed eccoci arrivati all'ultima tra le nostre principesse di oggi, ecco a voi: Carlotta!


Carlotta, non si sa come né perché, passa la vita chiusa dentro una torre (del resto esempi del genere si sprecano nel mondo delle fiabe) e si annoia terribilmente.
Non fa che aspettare che un principe la venga a salvare, e la porti lontano, lontano dalla torre e "da tutto quel verde noioso".
- Perchè, mamma, non le piace il verde?
- Perchè, Mimi, lei vuole vivere avventure mozzafiato, ed è stufa di starsene in campagna dove non succede mai niente. Vuole girare il mondo, vuole conoscere tutte le cose che ci sono da conoscere, vuole... ma andiamo avanti e vediamo che succede.


Insomma per non perder tempo prezioso, lei passa il tempo a leggere libri e naturalmente si riempie la testa di mille e una fantasia.
Finché un giorno!
Anche stavolta arriva un principe a portarla finalmente via.
- Perchè non se n'era andata da sola, mamma?
Bella la mia Mimi, indipendente e sicura di sé.
- Non lo so. Be', perchè forse credeva di non poterlo fare. Perché nelle fiabe succede sempre così,che uno deve aspettare il principe per poter realizzare i suoi sogni; non ci pensano mai, le principesse, che forse potrebbero realizzare i loro sogni senza dover aspettare che sia un altro a realizzarli per loro. Così anche lei... ma andiamo avanti.

Però questo principe ha qualcosa che non va.
Da subito non ci suscita proprio una gran simpatia.
Poi capiamo che questo principe è un borioso spocchioso maschilista che considera Carlotta come uno dei suoi trofei, la porta nel suo castello e le mostra quella che sarà la sua nuova stanza nella sua nuova torre: piena di vestitini e cappellini, specchi, merletti, e accessori per essere "sempre più fashion", come vogliono le réclame dei giocattoli per bambine su Rai Yoyò, e lei non ci sta.
Non ha aspettato tutta la vita in una torre solo per andare a stare in un'altra torre.
Così sale in cima alla torre e si mette a scrutare intorno col cannocchiale e vede...
Un grosso drago rosso dalle maniere posate e con sopiti motivi di astio verso il principe antipatico.
E così...




Beh, la storia si commenta da sola: per essere felici e contenti non sempre ci vuole un principe, a volte serve un drago.
E poi anche: a una principessa che legge non proporre vestiti e cappellini.
Ma soprattutto: mai, bambine care, accettate per buona una felicità predisposta per voi da altri, da altri che credono di sapere cosa a voi si convenga. Ma viaggiate, leggete, scoprite, e non abbiate paura di trovarvi faccia a faccia coi draghi, perché siete perfettamente capaci di montar loro in groppa e di domarli.
Del resto qui abbiamo una principessa con le Converse...

Sì, insomma, anche se recenti eroine, cinematografiche e non, ci hanno oramai abituato alla figura della principessa se non proprio ribelle almeno non più canonica, passiva attrice delle sue vicende, non è ancora arrivato il giorno in cui non faccia piacere leggere una storia che ha per protagonista una principessa disinibita e scapigliata, capace di voltare le spalle all'atteso principe una volta appurato che era un idiota, e di vivere la sua vita felicemente anche senza.
Le illustrazioni hanno un che di fumettistico, sono vivaci e senza fronzoli; niente fiocchetti principeschi e ghirigori dorati per Carlotta, che possiede un'espressività molto pronunciata.
Qualche perplessità sulle didascalie, non solo per la loro estrema concisione (decisamente privo di fronzoli anche il testo), che ricorda ancora, forse per la predilizione del discorso diretto, la sintassi del fumetto; forse noi siamo abituate già a testi un pochino più strutturati, e qui si poteva sprecare qualche parola in più. Ma anche, dicevo, perplessità per la non coincidenza in alcuni passi del testo con le immagini cui fa riferimento, che mi fa pensare a qualche possibile travisazione in fase di traduzione (il drago dice di essere arrabbiato ma non lo è nel disegno. Il fatto che distrugga la torre sembra più conseguenza di uno starnuto, ma il testo non ne parla).
Comunque la principessa Carlotta nel complesso piace.

Vi ho dato suggerimenti utili, o voi, madri e padri di aristocratiche damine con un chiodo fisso?
Mi auguro di sì.
Del resto siamo appena all'inizio della scalata (ce la farò a presentarvele tutte?).
Principesse o no, non è la forma che conta, ma sempre la sostanza. E' il trovare e il raccontare storie che piacciano, che funzionino, e che parlino alle loro destinatarie, usando il loro linguaggio ma veicolando anche significati apprezzabili, a misura di bambino. O forse sarà più onesto a questo punto scrivere: di bambina.
Decisamente femminile il target, non posso negarlo. Ma siamo pronti a farci smentire dai fatti.

Il post partecipa a : I Venerdì del libro.

Di seguito invece:


Alla prossima!

6 commenti:

  1. ogni generazione ha le sue principesse.
    ed ogni bambina ha le sue, sognando di assomigliar loro.
    ogni bambina, se ha accanto chi decodifica le immagini, le storie, le parole, i vestiti, le scarpe assurde e le vicissitudini ancora più assurde e gli avvenimenti. improbabili
    ogni bimba, lasciata libera di indossare gli abiti da principessa, pieni di lustrini,( che magari fanno anche un po' schifo)
    Ogni bimba così, con accanto chi le dimostra cosa significa davvero essere una principessa.. diventerà una principessa.
    Emanuela

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ogni bambina eccetto me
      A me hanno sempre fatto schifo! 😛

      Elimina
  2. sorrido, sai? Perchè anche le mie figlie non hanno mai amato le principesse.....forse perchè non ne avevano un gran modello? Non lo so....
    so che sono diventate due splendide donne, ognuna con la sua storia ed il suo percorso.
    Silvia, a 6 anni, viveva ballando Born in USA e girando per casa solo sui pattini a rotelle.
    Giulia nuotava come un pesce e mi diceva che il suo sogno più grande era vivere in una roulotte.
    Sono davvero due splendide persone.
    Emanuela

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non credo che i modello c' entri troppo... Non in maniera assoluta di certo, perché nemmeno io sono un gran modello principesco. 😜
      Credo però che sia importante lasciarle libere di sperimentare ( anche) modelli che non ci appartengono o che nonostante comprendiamo del tutto. Non sifnifica lasciarle in balìa dei discutibili modelli imposti dalla società ( niente Violetta da noi, se sai a cosa mi riferisco) ma solo osare discostarsi dai propri, pur proponendone di alternativi, perché loro poi sanno stupirti, e apprezzare.

      Elimina
  3. Mia figlia non va matta per le principesse. Anzi, alcune le piacciono (ma con moderazione), altre meno. Per il vdl della scorsa settimana noi abbiamo giusto giusto proposto uno dei libri che mostri tu nella carrellata... e ci è piaciuto davvero tanto.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La mia grande ha attraversato un picco cronico all'in circa un annetto fa, ed ora più che altro va in fissa con le eroine del momento. La piccola la segue a ruota in tutto ciò che fa, quindi... Il tuo post credo di averlo anche commentato: stai parlando della Principessa Piccolina, giusto? Sono sempre io ma ho fatto un po' di casino con gli account e ora dal telefono accedo con uno, dal pc con l'altro. ma cambiano solo i piedi: con pantofole o senza.

      Elimina

Che tu sia un lettore assiduo o un passante occasionale del web, ricevere un commento mi fa sempre piacere, purché inerente e garbato.
Grazie a chi avrà la pazienza e la gentilezza di lasciarmi un segno del suo passaggio.