mercoledì 29 maggio 2013

Ho messo via.

Disclaimer (trad. "mettiamo le mani avanti"): la citazione di Ligabue non era intenzionale a ricevere un maggior numero di visualizzazioni. Peraltro immagino lo stato d'animo rancoroso e le "Madonne" che mi lanceranno i fan del Liga quando, googolando la celebre canzone si ritroveranno sul mio blog. Ci ho pensato pure, a cambiare il titolo onde evitare equivoci e false aspettative, ma poi mi son detta: "Oh, be'! Fatti loro. Perchè complicarmi la vita".

Admission (mea culpa): attenzione,questo è uno di quei post in cui si ripete continuamente l'enunciato di cui al titolo, fino al punto da sfinire il lettore. Trattasi di espediente retorico* abbastanza sputtanato, cui ricorrono volentieri e sovente scrittori dilettanti allo scopo di rendere più accattivanti scritti altrimenti di modesto interesse pubblico. Fa sempre figo ed è di facile utilizzo. Basta non esagerare.

Detto questo cominciamo pure.
Ahem...


Ho messo via un mezzo quintale di vestitini taglia 0 mesi. E fin qui, tutto bene.
Temo che tra poco mi accingerò a metterne via un altro pacco taglia 1-3 mesi rigorosamente estivi, senza aver neppure avuto l'opportunità di usarne neppure uno. Questa stagione è stata sufficientemente stronza da impedirmi di vestire mia figlia con pagliaccetti smanicati e completini canottiera-culotte fino alle soglie di giugno, e tuttavia la bimba in questione ha ricevuto una caterva di doni vestiari sul genere "bellezze-in-spiaggia" relative proprio a questi mesi di vento burrascoso, piogge itineranti e grandine repentina. Potevo almeno evitare di togliere le etichette e rivendermeli per nuovi. Invece ho avuto l'alzata d'ingegno di buttarli tutti in un primo ciclo di lavatrice. E vabbé.
Ne ho messo via un altro pacco esclusivamente di tutine pesanti in ciniglia, mini-piumini imbottiti e scafandri da palombaro di taglia 3-6 mesi, visto che mi auguro almeno che tra giugno e agosto (quando le dovrebbero calzare) possiamo farne tranquillamente a meno.
Non che non mi siano girate un po' la palle eh!
Vorrà dire che mi toccherà programmare una terza pupa che venga alla luce intorno a giugno, onde poter riutilizzare il tutto.

Ho messo via anche una buona quantità di miei vestiti vecchi, che avevano tutti, chi più chi meno, un'età pari a tre-quattro volte quella di Mimi. Li ho messi via nel senso che ne ho fatto due bustone e li ho infilato nel cassone della Caritas...
E' stato faticoso separarmi dai miei abiti decennali, ma ho dovuto fare i conti col fatto che da anni ormai giacevano lì inutilizzati, vuoi per un personale cambio di stile e gusti (non ho detto che sia stato in meglio), vuoi per una mutata conformazione fisica della sottoscritta (non ho detto ch'io sia più magra ora o più grassa, ma ho avuto due figlie, e vuoi non vuoi sono cambiata), vuoi per lo stato pietoso in cui li avevo ridotti in anni di utilizzo, centrifughe selvagge e unghie di gatto. Sì, anche quel fantastico maglione turchese comprato durante il mio Erasmus a Madrid in saldo da Zara (e non ricordo neppure di esser mai riuscita a metterlo); sì, anche quello bordeaux comprato alla bancarella cinese il mio primo anno di università a 2000 lire (che detto così sembra tanto, ma vallo a trovare ora un maglione a un euro!); la gonna di lino giallo-senape che non so chi mi aveva rifilato... Stavano lì a occupare spazio: tzè! Ne ho fatto un gran fagotto e via.
Ci ho guadagnato due scatole da guardaroba libere.
Che soddisfazione.
E mo' mi voglio vedere a novembre, quando imprecherò contro un armadio semi-deserto!

Ho messo via un bel po' di capelli.
Sognavo di farlo da un po'. Ora l'ho fatto.
Certo: ho dovuto scassare i cabasisi al beduino per un buon mesetto, intensificare lo scassamento degli stessi nel corso dell'ultima giornata di domenica, in cui miracolosamente ci siamo ritrovati a casa in una relativa tranquillità domestica.
Alla fine ha ceduto: mi ha rapata... oddio: rapata è una parolona. Lui si è limitato a eliminare le "lunghezze", lasciandomi in testa un panettone degno della più cotonata delle sessantenni.
Ho dovuto provvedere da me misma, concludendo il lavoro a colpi di sforbiciate davanti allo specchio del bagno.
Alla fine Mimi ha detto: "Mamma, mi sembri un pulcino spennacchiato". Sempre gentile, lei.

Ho messo via anche un discreto numero di libri. Ohibò.
Confesso che è stato un po' straziante separarmene. Ne ho fatta una cernita e li ho spediti via corriere espresso all'amica-di-sempre come regalo di compleanno... si dice che la crisi porti a rivalutare l'abitudine al riuso. Ecco: mi chiedo cosa ci stiano a fare una montagna di libri letti a prendere polvere su uno scaffale quando potrebbero viaggiare, e far viaggiare altre menti, visto che alla mia raramente piace percorrere sentieri già battuti. Ovvero: non rileggo quasi mai un libro già letto. Figuriamoci ora che strappo alla lettura clandestina attimi di pausa tra un mamma-vieni-a vedele-che-bel-fiole-ho-tlovato e un uè-uè. Tanto vale farli circolare, far girare immagini, parole, emozioni. Che vivano in altre teste. Anzi: ci sto pensando, quasi quasi, di disfarmi di tutti i miei volumi cartacei, magari aprendo una pagina del blog o altrove che si chiami "lo scambialibro" o algo asì (oggi non lo so perché ma mi sale il castigliano).
Certo la mia collezione di Montalbano...
I miei amati Saramago...
I miei gratificanti mattonazzi storici (del resto l'amica-di-sempre mi ha espressamente dichiarato di non esservi interessata)...
I conturbanti McEwan...
Espiazione poi... ah! Espiazione! No: Espiazione non ce l'ho fatta. Troppe emozioni mi ha fatto rivivere aprendolo e leggendo la data di quel lontano 2010 in cui lo lessi con Mimi nella panza.
Ho sovente l'abitudine di apporre la data in cui finisco di leggere alcuni libri. E questo è un deterrente al darli via. Ma, orsù: questa era solo la prima tranche. Una prima ondata della mia eredità letteraria.
Mi riprometto di svacantare quello scaffale. E poi, magari un giorno, di riempirlo con altri nuovi.
Che le pagine lette rimangano dentro di me, come in Farenheit 451 di Bradbury e quelle scritte vadano ad imprimersi altrove...

E' un periodo che, dopo anni di accumulo, miro allo svacantare.
Che senso possa avere tutto ciò non saprei, ma se, dopo questa carrellata di ho messo via, avete avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui, forse ci posso provare.
Avere l'urgenza di riempire e poi sentire l'esigenza di fare spazio. Tutto ciò ha davvero assai poco senso, è chiaro. E' un circolo vizioso dell'esistenza, che tende a cercare un'autodefinizione attraverso il possesso di oggetti.
E poi ti ritrovi casa piena zeppa di stronzate cianfrusaglie, ma non sai dove tenere l'essenziale.

La mia urgenza di preparare il guardaroba per la nascitura, per esempio: un guardaroba resosi superfluo nel giro di un paio di mesi. O quel formicolio che provai quando finalmente ebbi montati in camera i tanto agognati scaffali su ci allineare il mio patrimonio librario.
Per far cosa poi? Per rimirarmeli?
Questa smania che abbiamo noi esseri umani di collezionare, mettere insieme, allineare oggetti come rappresentanti di tappe del nostro vissuto. Ma non è così.
Il nostro vissuto è altrove: non in quegli oggetti.
Con tutto il rispetto che ancora non riesco a smettere di provare verso l'oggetto-libro, per esempio (ok, bruciarli come in Bradbury no), mi rendo conto che il valore di tale oggetto permane solo se gli viene data la possibilità di circolare.
E i pantaloni che portavo in-quel-favoloso-inverno-in-cui, per quanto rappresentino un'immagine concreta di molti episodi in cui essi figurarono indosso a me in quella o quell'altra circostanza, rimangono pur sempre dei pantaloni vecchi.
E poi finisci a guardare sconsolata un armadio stracolmo e a dire: "Minchia mi metto?".

Ok. E i capelli?
I capelli non avevo più il tempo per lavarli, lo confesso.
L'ultima volta li tenni zozzi per ben tre settimane. Quando finalmente arrivai a farmi lo shampoo, si era creato in cima alla testa un mega nodo indistricabile, e mentre combattevo con la spazzola sotto la doccia, dietro la porta del bagno si affollava gente che reclamava il mio intervento perché "La piccola piange", "Vieni a vedele che bel castello ho fatto", o "Miao-miao".
In un raptus ho tagliato di netto il nodo gordiano... ecco perché la rapatura si era resa necessaria già da un po'...
Ma volendo potrei dire che avevo voglia di dar aria alle mie idee, o di alleggerirmi la testa, fate un po' voi.

Insomma: sto facendo un po' di posto. Che mi aspetto? Chi lo sa... ops! Ci sono ricascata...

(Avete qualche Ho messo via da aggiungere? Non capita anche a voi di avere questo bisogno di svacantare? O è solo una cosa mia e di Luciano?)


 





 

*Anàfora (dal greco ἀναφορά, «ripresa») è una figura retorica che consiste nel riprendere, ripetendola, una parola o un'espressione all'inizio di frasi o di versi successivi, per sottolineare un'immagine o un concetto. L'effetto è tanto maggiore quanto più numerose sono le ripetizioni.
(wikipedia)

Disposofobia (o accumulo patologico o accaparramento compulsivo) è un disturbo mentale caratterizzato da un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili, pericolosi, o insalubri.
(sempre wikipedia)

(Che razza di post... mah!)

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