domenica 20 marzo 2011

No, oggi vado scalza.

- No: oggi vado scalza!
Rispondeva lanciando le scarpe buone nell'angolo più recondito della sua stanza, con un calcio. E via.
Giù per le scale di corsa e poi fuori dalla porta di casa, che sbatteva dietro di lei, per non perder tempo ad accompagnarla con la mano, mentre gridava un poco convinto "Scusa, ma'!", e le giungeva sovrapposta alla sua, la voce di lei da dentro, che già non sentiva più, ma che sapeva gridare qualcosa come: "La porta! non sbattere la porta!". E via.

Sua madre rimaneva a guardarla per un po' da una finestra del piano terra, seminascosta dalla tenda di pizzo, ma subito se ne tornava alle sue faccende scuotendo un poco la testa. In fondo meglio così: meglio non consumarle troppo le scarpe buone della domenica.
Lei era già corsa via, senza guardarsi indietro mai.
Giù per le vie lastricate del paese, sul liscio selciato, evitando i rigagnoli che correvano ai lati della strada, e su per le gradinate irregolari, fiancheggiando le facciate delle case, sull'ammattonato rosso della piazza principale.
E poi giù per i sentieri sconnessi più o meno accidentati, a grandi falcate come uno stambecco tra le sue rocce, scivolava come acqua di un torrente nel suo letto di pietre, si sentiva acqua a tratti e a tratti fuoco guizzante. Sentiva il suolo sotto i piedi restituirle la spinta delle sue gambe.
Correva e correva, i suoi piedi scalzi calpestavano ciottoli e ghiaia, affondavano della rena fina del ruscello e poi nell'acqua gelida di sorgente, sentivano le vibrazioni del terreno.
Evitavano il ramo spinoso di un rovo abbattuto a terra da un gruppo di bambini in cerca di more ancora acerbe, saltavano una pozzanghera,  residuo del temporale della sera prima. Ora il sole splendeva con tutte le sue forze, lanciando in giro i suoi raggi a colpire le foglie nuove degli alberi ancora gocciolanti di pioggia, che rifrangevano la luce scomponendola in una miriade di colori.
E intanto lei correva. Giù, per il sentiero sterrato: i suoi piedi erano avvezzi a terreni ben più accidentati, e non avvertiva quasi il fastidio del brecciolino sotto le piante. Solo ogni tanto le accadeva di sdrucciolare un poco in frenata, quando si trovava davanti improvvisamente un ostacolo inaspettato: un uomo con un asino dietro una curva, una coppia di anziane donne che si attardavano tornando dalla messa.
Correva e correva respirando quell'aria fresca e leggera che le bruciava nei polmoni e la faceva sentire viva, come i suoi piedi, che intanto accarezzavano ancora il terreno, toccandolo appena, quasi volando, e lei sentiva solleticarle tra le dita l'erba tenera appena spuntata, e pungerle le caviglie l'erba secca, alta d'estate. Ancora tagliava per un campo e sprofondava nelle zolle di terra morbida, poi su per un prato aperto, a schivare le cacche delle mucche. Quelle delle pecore erano più difficili da evitare, ma loro adesso erano più su, sui pascoli alti, e non c'era pericolo. I suoi piedi sentivano la terra, la tastavano palmo a palmo, la riconoscevano e l'assecondavano.
La terra calda come le ceneri di un falò, fredda come la condensa gelata al mattino presto, liscia come i sassi rotondi levigati dallo scorrere del fiume e della pioggia, ruvida come un campo non ancora arato, soffice come lo strato di foglie morte dei boschi alla fine dell'inverno, dura come la terra battuta delle piste di montagna dove passano i muli coi loro carichi di legna, umida come il muschio sulle pietre del ruscello, asciutta come il fieno lasciato ad asciugare nella stagione calda, viva come i lombrichi e gli insetti che ospita, come le piante che nutre, come i semi che cova nel suo grembo, viva come si sentiva lei a calpestarla, quella madre multiforme e infinita, che accoglieva ogni suo passo restituendole lo slancio necessario alla sua corsa.
Correva così da quando era bambina, e la bella stagione le restituiva quella libertà di sentirsi la terra sotto i piedi. Le sue corse la riportavano sempre ai soliti luoghi, dove lui la aspettava per giocare insieme e correre ancora.
Ma quell'anno una nuova gioia e una nuova impazienza le riempiva il petto ansimante già del tanto correre, ed era stato quel bacio, dato e ricevuto, atteso e inatteso, che trasformava all'improvviso quell'amicizia infantile in qualcosa di sconosciuto e nuovo, spaventoso e straordinario. Quella primavera aveva tredici anni. E così correva da lui, volava, e si sentiva viva, libera e leggera.

L'anno seguente era andata a studiare in città, ospite a casa di sua sorella, aveva messo le scarpe ai piedi e non le aveva tolte più. Tornava per le feste, e aveva smesso di correre. Non era più una bambina.

Era cresciuta ancora, quella bambina, aveva fatto l'università e aveva ora un bel lavoro, che la appagava, aveva un discreto successo sociale, aveva avuto alcuni uomini, e quell'amore ingenuo tra i sassi e gli alberi quasi non lo ricordava più.

Aveva tante scarpe. Le piacevano le scarpe: ne aveva tante, per ogni occasione, per ogni giorno, anzi, di più: per ogni momento della giornata.
Ne aveva basse per uscire a passeggiare nel parco col suo cane, un po' più alte, per uscire in città con le amiche, ne aveva altissime, per slanciarsi verso l'alto e farsi ammirare dagli uomini quando usciva a ballare la sera.
Aveva delle scarpe da ginnastica, per andare a fare footing la domenica mattina se c'era bel tempo, aveva quelle per la palestra, anche se non ci andava quasi mai, aveva quelle per la danza, anche se aveva smesso di frequentarla anni prima, per mancanza di tempo.
Ne aveva di tutti i colori; aveva tante paia di ballerine, da abbinare con jean's e gonne corte, pantaloni attillati e collant; ne aveva di spiritose, di serie, di ufficiali e di eleganti. Ne comprava un nuovo paio ogni volta che era invitata a un matrimonio o a una cerimonia importante, perché quelle che aveva non andavano mai bene con i vestiti che sceglieva per l'occasione.
Aveva anche degli scarponi da montagna, che aveva acquistato quando ancora stava insieme al suo ultimo ragazzo, che amava portarla in giro a fare escursioni, e si fingeva esperto, quando lei ne sapeva assai più di lui, di montagna, ma lo assecondava.
Aveva tante paia di stivali per l'inverno, e anche per l'estate, molto alla moda, che le fasciavano la gamba fino al ginocchio.
Aveva delle scarpe con gli occhi tristi, come quelle che sua madre le comprava da bambina, rosse, ma adesso erano una raffinatezza retrò.
Poi aveva tantissime scarpe da usare d'estate, sandali dorati, con perline, con pietre, con la fibbia, senza fibbia, con il laccio alla caviglia, con la zeppa alta, raso terra, aperte dietro, aperte davanti, con l'infradito, con i brillantini, con le paillettes. Molte di queste non le aveva nemmeno mai messe. Ma... non si sa mai.
Poteva mettere una scarpa diversa per ogni situazione, impersonare un'infinità di donne differenti, darsi arie da gran diva, guardando i maschi dall'alto in basso, giocare a fare la signora elegante di città, o la brava ragazza acqua e sapone, la femme fatale accattivante e misteriosa, sui suoi arditissimi tacchi a spillo. Ogni scarpa era un mondo a sé, e non le bastavano mai. Ne avrebbe volute altre e altre e altre ancora. Aveva un'intero armadio solo per le sue scarpe e ogni mattina amava fermarvisi a lungo davanti, e scegliere con calma, che tipo di donna sarebbe stata quel giorno.
Non toccava più la terra ora, la dominava, e l'addomesticava, misurandola a passi decisi e pacati.

Poi quella sera la telefonata di sua madre: "Non indovinerai mai chi è venuto a trovarci oggi! Mi ha chiesto di te, gli ho dato il tuo numero: ha detto che andava in città e voleva passare a salutarti. Ho fatto male?"

Quella sera ripensava a tante cose lontane, e poi più vicine. Ad una seconda telefonata seguita a quella di sua madre, ad uno scambio di battute, a una voce che stentava a riconoscere, alle risate al telefono, a un appuntamento preso, a una sensazione che non provava più da tanto tempo.

Aprì l'armadio dove teneva le sue innumerevoli scarpe: lui sarebbe arrivato a momenti e lei non aveva ancora scelto quale indossare.

- No: oggi vado scalza!

Questo post partecipa al contest di Nina: "L'amore non deve essere un segreto."

17 commenti:

  1. Ci stai tutta...:)

    Grazie,
    un bacio
    Nina

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  2. Scusa, sono ancora io. Primo: sono andata a sentire la canzone. mi ero preoccupata, parla di una vecchia che salta con l'asta...Ma non sono ancora vecchia! Poi però c'è anche un cavaliere, quindi mi sono tranquillizzata. Grazie!
    Secondo: ho visto il tuo profilo. Anch'io dico professione:mamma! E non CASALINGA (bleah), ma nessuno l'accetta. Sai che potremo farci un post noi due?

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  3. Mamme è quello che siamo cara 6cuori! Ti ho risposto sul tuo post: mi riferivo, ovviamente, al cavaliere, non certo alla vecchia! hihihi... non mi sarei mai permessa di darti della vecchia. E poi c'è anche un bambino che riposa chiuso nei petali come una rosa. E' molto bella.

    @Nina, grazie a te per avermi ammesso malgrado la mia tempistica risicata. Sia dato il via alle danze!

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  4. Mamma mia, Suster, questo racconto mi ha messo i brividi tanto mi è piaciuto!

    Dani

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  5. Ma grazie Dani! Allora si capisce qualcosa? no, perchè io l'ho riletto oggi e mi è parso di non capirci niente... meglio così: felice di averti elettrizzato la giornata, fosse anche solo un fenomeno circoscritto ai peli sulle braccia!

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  6. Non è giusto! Perchè fai tutte cose che mi piacciono? Biglietti d'auguri, viaggi, borse, Pupe, racconti... Adesso basta devo essere distaccata e imparziale:
    da grande voglio essere come Suster! =)
    Molto bello il racconto, peccato sia finito troppo presto.

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  7. Eh, sì, come no! Le mie borse erano così belle che mi son ben guardata dal ripetere l'esperimento di quel fatidico Natale, in cui mi mangiai un mese a fare orli e cuciture tutte storte per assecondare il mio insano desiderio di manualità. Uno o è portato o meglio che evita... E poi sei tu quella che fa un sacco di cose fighe: coperte bellissime, presine all'uncinetto, biscotti strabuoni, marmellate con tanto di vasetto artistico, pacchetti strabilianti. Io l'unica cosa che posso vantare di aver fatto bene è la pupa, ma in quello ho pochissima parte di merito. Ci ha messo lo zampino Madre Natura...
    (viaggi??? non muovo piede da questa megalopoli da almeno 3 anni!)

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  8. certo che si capisce ... sembra quasi di sentirla quella "terra sotto ai piedi"

    però io sono un'inguaribile romantica... aspetto il lieto fine! :D

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  9. Ciao Trimamma, grazie per la visita e per il commento! Ma sì: in fondo in fondo lo vedi che sono anch'io una romanticona.. chi lo avrebbe mai detto! Il lieto fine c'è già... ora sì che mi fai sospettare che non si capisce! :D
    (niente scarpe=lieto fine)

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  10. Bel racconto, intenso, descrittivo, romantico e nostalgico...con un pizzico di follia ( o è amore?) nel finale.
    :-)
    Brava!!

    Ciao...

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  11. Mah... ci doveva pur essere il finale ad effetto, se no che senso aveva tutto?
    Oggi vado scalza ossia: ritorno alle origini, abbandono gli artifici, riscopro la mia parte più autentica.

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  12. perdonami, ma sono un pò tonta, non ho visto la scritta "e vissero felici e senza scarpe" e non ci sono arrivata! Ma sono rimasta scottata dal"la solitudine dei numeri primi" e certe ferite lasciano il segno!

    ps.: grazie per il tuo post su quanto sta accadendo in Libia. l'ho linkato su FB!

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  13. Ah ah ah! Ma cosa dovrei perdonarti? Sono io che sono contorta! Sì è un po' surreale il finale. Immaginati questa tipa che esce in città senza scarpe per andare al suo appuntamento col primo amore della sua vita... Ma ecco, non è proprio una storia con i piedi per terra. é più una suggestione... boh! A me piace andare scalza. Il resto ci ho ricamato su.
    Non ho letto quel libro: sto cercando con tutte le mie forze di mantenermi alto il morale in mezzo a pensieri non proprio rosei e... in effetti mi sa un po' di pesantone, o almeno così ne ho sentito parlare e leggendo qua e là.
    grazie a te per avermi condiviso. Le notizie da laggiù non rassicurano affatto... magari si potesse scrivere il lieto fine anche nella realtà! "E tutti buttarono all'aria le scarpe e i missili, scesero dai loro carri armati, e vissero per sempre in pace e libertà..." }D

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  14. ora sono scalza, ti lascio un bacio e un grazie.
    http://sinfonina.blogspot.com/2011/04/laliseo-lamore-svelato-e-i-vincitori.html


    nina

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