sabato 19 marzo 2011

Non chiamatela pupa

Allora, anche se le maestre ci hanno sempre detto di non iniziare mai con questa parola, io sono finalmente libera dalle costrizioni scolastiche e non ho obblighi deontologici da rispettare, potrei persino permettermi qualche strafalcione ortografico, tanto l'unica ad essere lesa sarebbe la mia credibilità quale scrittrice dilettante che racconta nel suo piccolo insulso spazio personale tutto ciò che le passa per la testa di raccontare. Quindi, dunque, perciò, e così.
Allora, dicevo, dato che ieri decorreva l'ottavo mesiversario di me e pupa quali madre e figlia in rodaggio, vale a dire, l'ottavo pupa-day, forse avrei dovuto celebrarlo in maniera più degna qui, come finora vi ho abituato a vedermi fare.
Ma (e qui ci va un'altra bacchettata sintattica) non sono mai stata portata per la continuità, l'uniformità, il rispetto dei termini, la sistematicità e l'adozione di standard comportamentali. Mi riservo però di rimediare quanto prima alla mancanza, e di mantener fede alle promesse fatte più a me stessa che a chi capita di qui e mi legge sovente, che in fondo può sopravvivere anche senza essere informato puntualmente e periodicamente sulle ultime novità dello sviluppo psicomotorio e sociale di mia figlia, che continua incessante e costante, lui sì, malgrado le distrazioni materne, come del resto si addice allo sviluppo di tutti i bimbi dell'età della pupa, e anche oltre.
Eccola quindi sulla terza altalena della sua vita, le prime due mancai di immortalarle, e questo significa che non sono ancora del tutto stata inghiottita dalla spirale senza ritorno del rincoglionimento da madre fissata con le prime volte, anche le più insignificanti, della vita del proprio figlio (la prima pupù sul vasino, uh che amore!, la prima parolaccia in pubblico, lacrimuccia!, la prima corsa all'ospedale con la testa rotta, bei tempi!).
Però Suster, che in quanto a congiunzioni non scherza, deve ammettere a se stessa e a voi fratelli che ha molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Ammette di aver detto e ridetto e pensato e ripensato, e anelato in fondo all'anima, assieme a cieli immensi e immenso amore, anche la deprecabilissima frase: "Non vedo l'ora che cresca!". E anche quell'altra, forse pure più deprecabile: "Non rimpiangerò mai questi momenti!", e ora è giunta l'ora di fare due conti con la propria coscienza di madre. Sì perché Suster ora finalmente sta iniziando davvero a divertirsi, e ora sì che ci ha preso gusto e vorrebbe davvero chiedere una tregua al tempo, che rallenti, o che si fermi ora, ma ora eh, prima che il prossimo dente inizi a farci dannare di giorno e di notte e io mi scordi di nuovo le estasi dell'amore materno.
Si chiede, la nostra Suster, anche se ci sia un modo per saltarli a piè pari, quei terribili 4-5 mesi che precedono la trasformazione del neonato in bambino che interagisce in maniera gratificante, quella della mamma da esaurita totale con ben poco di materno a una che forse qualche speranza di restare viva e sana di mente ce l'ha, e quella del rapporto tra i due da "ho voluto la bicicletta e mo' pedalo" a "com'è bello passeggiar con pupa".
Inizia anche, seppure con infinite cautele e debite mani avanti, a considerare l'eventualità di poter un giorno ripetere l'esperimento, ma per ora non parliamone.
E già, perché i progressi della pupa sono sotto gli occhi di tutti, e, come dicevo, uno li dà anche abbastanza per scontati, ma quelli della mamma, nessuno ci pensa?

La pupa ormai va sull'altalena, gente! E' vero: in quell'altalena ce ne entrerebbero quattro di pupe, e lei ci sta tutta accasciata in avanti come una scimmietta di pezza, ma come ci si diverte!

La pupa ora fa ciao con la manina, anche se ancora non riesce proprio ad azzeccare la tempistica, e forse non mette nemmeno tanto in relazione il fare ciao con il concetto di salutare qualcuno, che non è poi un concetto tanto facile da acchiappare.

E la pupa ora inizia a fare esperimenti con le sillabe, le mette insieme a casaccio e oltre a dire "patata", una volta per caso, ieri ha detto anche "zeta" e "palla" (prendetele sempre con beneficio d'inventario), e poi, meraviglia delle meraviglie, collega le parole ai concetti, per quanto il suo vocabolario non sia certo tra i più ricchi in circolazione.
Dunque la pupa ha iniziato con "ba ba", che inizialmente indicava il verso delle pecore: trattasi delle pecorelle della sua giostrina, che la mamma sin dalla sua primissima infanzia ha fatto girare sulla sua capoccia a suon di be-be cantati sulla colonna sonora della Piccola Serenata Notturna di Mozart (oh, dicono che l'ascolto di Mozart stimoli l'accrescimento intellettivo dei neonati: io ci ho provato).
Poi un bel giorno la pupa mi guarda e dice canticchiando "Ba! Ba ba! Ba ba ba!". La mamma rimane un po' perplessa, poi incredula si guarda intorno, poi piano piano realizza la richiesta della pargola, e infine esegue la sua performance canora cantandole a cappella be be be mentre rotea in aria l'allegra giostrina di pecorelle variopinte.
Da lì in poi è stato tutto un susseguirsi di "ba ba": i cani erano "ba ba", le quintalate di pecore peluches che lei ha scoperto sulla mensola della camera della mia adolescenza (ho avuto a lungo un'insana passione per l'oggettistica ovina, assecondata e incoraggiata da amici e parenti con regali rispondenti al genere e alla specie) è stata salutata da lei con entusiastiche emissioni di esultanti ed eccitati "Ba ba ba ba!" accompagnati da dimenamenti di gambe e braccia. Ora "ba ba" è qualsiasi oggetto di sembianze zoomorfe, meglio se morbido e coccoloso, che si trovi a passare per caso o per necessità all'interno del suo campo visivo. Come se non bastasse anche i bimbi al parco sono stati ribattezzati "ba ba".
In poche parole, mentre "Mammammammamma!" rimane il termine delegato all'espressione di sentimenti di disperazione e angoscia, quali abbandono materno, " Ba ba" rappresenta tutto ciò che le piace e che la emoziona. Ingiustizie semantiche.

La pupa ormai fa lunghi viaggi in treno senza scomporsi, guarda dal finestrino, apprezza i paesaggi e ascolta la mamma che le canta le canzoni della sua infanzia per farla stare buona.
La pupa ha le sue preferenza in fatto di musica e le palesa senza complimenti.

La pupa vorrebbe alzarsi in piedi, ma da sola non ce la fa, vorrebbe potersi muovere, ma ancora ci sta lavorando sopra, alle dinamiche del gattonare. La pupa rosica quando vede gli altri bambini scorrazzarle intorno a velocità per lei impensabili, e si arrabbia molto.

La pupa ama fare la camminata del pinguino sui piedi della mamma e si sente molto brava in questo, si guarda intorno soddisfatta e fissa gli astanti negli occhi, come a reclamare un applauso.

La pupa ha imparato a strizzare gli oggetti per vagliare il loro grado di resistenza e morbidezza.

La pupa si guarda orgogliosa e concentrata la mano che si apre e si chiude e ne studia il funzionamento.


La mamma da parte sua ha imparato un sacco di cose:

Ha imparato a non crearsi aspettative di alcun genere, che conviene ed è più intelligente prendere le cose per come vengono, che poi come vengono nessuno lo sa.

Ha imparato ad avere pazienza, a vivere ai ritmi dettati dalla necessità, a saper rinunciare alla necessità di riempire per forza di azioni superflue ogni singolo istante del suo tempo.

Ha imparato che una giornata può considerarsi ben riuscita anche senza dover per forza espletare a incombenze sociali pratiche o burocratiche, se si riesce a portarla a termine senza turbarne i delicati equilibri umorali che la accompagnano.

Ha imparato a rinunciare agli obblighi inutili, quali regali di compleanno, visite di circostanza e presenzialità dovute, e a dare priorità all'essenziale.

Ha imparato in meno di un anno a organizzare e a pianificare il suo tempo e le sue azioni meglio di quanto non sia riuscita a fare nei primi 28 anni di sua esistenza.

Ha imparato ad accettare i propri limiti e a ridimensionare le proprie esigenze personali.
Ha accettato anche di non essere in grado di concentrarsi contemporaneamente su più di una questione per volta, di limitare le proprie attività ai momenti in cui lei dorme, di rimandare la lettura di un libro dall'inizio alla fine a quando le sue energie glie lo consentiranno, ossia a data da destinarsi.

Ha imparato a declinare con garbo gli inviti, a limitare con fermezza le visite ai momenti giusti, dando assoluta priorità alla tempistica di sonnellini e pappe, a troncare le telefonate infinite in caso di esigenze pupesche urgenti con richiesta immediata di intervento in loco.

Ha imparato a tenere testa e a stemperare per quanto le riesce i propri sbalzi di umore in funzione di una sua necessaria presenza e prontezza di spirito costante e a far appello a tutte le sue energie fisiche e mentali anche quando non ne avrebbe proprio voglia.

Ha imparato a fare a meno delle giornate di recupero affaticamento fisico e degli attardati risvegli almeno una volta a settimana, del poltrire a letto e dell'"oggi non ho voglia di fare niente".

Ha imparato in parte a fregarsene anche delle aspettative altrui, del come ti vedono gli altri, del "questo non si addice alla mia attuale condizione" e a non peritarsi di fare le cose a modo suo con o senza pupa.

Ha appreso ed elaborato tutta una serie di escamotage per facilitarsi le normali operazioni di sopravvvivenza quotidiana.

Ha imparato a non rispondere sempre alla domanda: "Come va?" con la frase "Insomma, sono un po' stanca".

Ha imparato che se i tuoi programmi della giornata vanno a farsi friggere causa maltempo, pazienza. Che se i tuoi programmi della giornata vanno a farsi friggere causa inspiegabile e immotivato attacco letargico diurno della pupa, tanto meglio. Che se i tuoi programmi della giornata vanno a farsi friggere causa mancanza di energie materne, meglio capirlo in tempo e desistere o potresti pagarla molto cara.

Ha imparato che meglio non fare programmi.

Ha imparato a fare attenzione ai particolari e alle sfumature.

Ha imparato che prima o poi le cose vanno meglio, che è inutile fasciarsi la testa prima di romperla e che è deleterio dare ascolto a chiunque abbia voglia di dar fiato alla bocca.

Ha imparato a non dar peso a certi commenti, ma guarda e passa.

Ha imparato a non pensare troppo al futuro, che in qualche modo si farà.

Ha trovato delle alternative di realizzazione e ha imparato ad essere felice così.

Ha imparato anche a infilare una magliettina senza che la testa della pupa vi rimanga incastrata dentro per mezz'ora... mezz'ora di pianti disperati! (Il segreto è infilarla prima dietro e poi davanti, cioè partendo dalla nuca. Sfilarla invece prima davanti e poi dietro, cioè partendo dalla faccia. Lo sapevate già? Beh, io no.)

Magari ogni tanto, come in questo caso, le sembra di aver perso la verve goliardica che la contraddistingue e l'immagine di quella che non deve chiedere MAI.
Ma forse, anche quando scrive queste pappardelle molto Dawson's Creek è segno tutto sommato che impara a fregarsene.
O sarà che ha iniziato oramai la sua lenta e inesorabile nonchè irreversibile metamorfosi da demente totale con velleità da fricchettona a madre in progress pronta a commuoversi a ogni nuovo delizioso ruttino, meglio se accompagnato da rigurgito!

1 commento:

  1. allora tanti auguri a pupacchiotta bella anche qui! è gia stupefacente vederla in foto quanto è scesciuta chiassà dal vivo che emozione!!!
    meraviglia delle meraviglie continua a crescere così bella felice e divertita! quanti progressi Susa...sono molto orgogliosa di te! un abbraccio

    Dani

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