martedì 28 giugno 2011

Roba da gatti. Se lo ami lascialo andare


Sono vergognosamente in ritardo anche questa settimana, tanto da rischiare di rendere poco credibile questa rispettabilissima rubrica.
Se sapeste che giornata del piffero ho avuto, sono sicura, mi perdonereste.
Indovinate: chi è quel ragazzino coi calzoncini rossi e i capelli a casco semi-integrale abbarbicato al gatto nero come a una boa galleggiante uno che non sa nuotare?
Esatto: sempre la nostra Suster, alla tenera età di (qui siamo già cresciutelle rispetto al gatto Biscotto) circa sette anni.
L'altro è mio fratello Ergino, ma qui non ci interessiamo di lui, almeno per ora.
Si tratta del mio secondo gatto. Il gatto che con la sua triste dipartita in giovane età mi spezzò il cuore e mi mise per la prima volta di fronte alla realtà dura e crudele che la vita, ahinoi, non è eterna.
Che ve dovevo dì? Ah, sì: la gatta Fufola, accidenti a lei, è tornata sana e salva, per chi ancora fosse in pena per lei. La bastardella si è presentata fresca come una rosa una bella mattina di qualche giorno successivo all'aggressione notturna consumata ai danni della qui scrivente.
L'inconsolabile Master nel frattempo aveva già pianto irrecuperabili lacrime amare sulla presunta sua scomparsa definitiva, lacrime accompagnate da diversi " Lo sapevo, è colpa mia, non dovevo portarla qui".
Alle quali affermazioni Suster, da esperta gattara quale si ritiene, rispondeva più o meno su questo tono: "Ma no, vedrai che torna. E se pure non dovesse tornare (ma vedrai che torna) tu hai fatto bene a darle l'opportunità di vivere la sua vita come voleva lei".
Ora lo so che questa verità non a tutti può suonare del tutto giusta, ma ecco: io l'ho talmente interiorizzata da esserne profondamente convinta.
Qui mi riallaccio al gattino nero della foto.
Si chiamava, povero lui, Zuppa. In casa nostra, chissà com'era nata quest'usanza di dare ai gatti nomi alimentari. Fatto sta che questo era il nome, malgrado poi lo si scoprì maschietto. Era stato salvato, se ben ricordo, dal motore di un'auto parcheggiata in strada, che aveva pochi mesi, il gatto non l'auto, ché l'auto lo ignoro quanto tempo avesse, e poi adottato da noi, dopo un'assenza di diversi anni di componenti di specie felina all'interno del nucleo familiare.
In quanto maschietto sentì ben presto il desiderio di evadere dall'amorevole prigione che gli era stata di ricovero durante i tempi infami dei vagabondaggi dell'infanzia, e spinto dai naturali richiami di tutto un altro genere di amore, anche lui prese ad assentarsi per lunghi, per me interminabili, periodi, periodi durante i quali la bambina amante dei gatti, soffriva incredibilmente per la sorte del suo amato compagno di vita.
E quindi un giorno, dopo che lui era tornato da una delle sue avventurose assenze con un buco pululento sul fianco destro, che impiegò circa un mesetto a guarire del tutto, pur lasciando ancora per diverso tempo una chiazza spelacchiata in corrispondenza del buco rimarginato, la nostra giovane prende una decisione: basta; tu di casa non esci più.
Ecco il sistema più efficace per garantire l'incolumità e avere la certezza del benessere e della protezione da pericoli di ogni sorta all'oggetto del proprio amore. Ecco come evitare patemi d'animo del tipo torna non torna, stavolta non torna me lo sento, chissà se gli è successo qualcosa di brutto, chissà in che mani è finito, e invece magari torna chissà, ma poi mangia, se la dorme un po' e già vuole di nuovo andare via.
Pensavo che fosse più facile così.
Invece no. Invece mi ritrovai a piangere accovacciata davanti l'uscio di casa a supplicare il mio gatto di smetterla di raschiare la porta e di lamentarsi in quel modo perché mi si strappava il cuore a vederlo così disperato, imprigionato, guardarmi implorante aspettando che gli donassi ancora una volta la tanto agognata libertà, che io, per troppo amore gli negavo.
Una scena patetica davvero, a ripensarci. Ma io ero così: che farci?
Eh eh: salvare capra e cavoli non si può mica. Nemmeno botte piena e moglie ubriaca, si dice, a meno che uno non abbia in casa due botti, o una moglie cui basta un sorso di vino per inciuccarsi. Ma insomma: avete capito, no?
E così ricordo l'intervento di mio padre che mi disse, press'a poco che, insomma: che volevo fare?
Volevo che stesse bene e che stesse con me? Allora dovevo tenerlo chiuso in casa e accettare che lui soffrisse la prigionia, almeno finchè non si fosse abituato.
Volevo lasciare che si godesse la libertà che tanto implorava e che apparteneva alla sua essenza felina?
Allora dovevo accettare la possibilità che forse un giorno potesse anche non tornare, o tornare zoppo, sciancato, malato, moribondo.
E difatti un brutto giorno tornò malato, o avvelenato non saprei dire. E pure se non avevamo in famiglia l'abitudine di spendere vagonate di soldi appresso ai veterinari, all'epoca, ce lo portammo, ma la cosa non fu di aiuto alcuno e il mio gatto ben presto se ne andò... cioè: crepò, e scusate la mancanza di delicatezza nella scelta del verbo, ma fu quello che fece, e io piansi ancora amarissime lacrime e a lungo non mi capacitai che quella creatura che avevo visto viva e capace di aspirazioni tanto simili alle mie, capace di ricambiare i miei sentimenti e di instaurare un rapporto specifico con altri esseri, ad un certo punto avesse cessato di esistere e di far parte della mia vita.
Ma io avevo scelto la seconda opzione: amare e lasciare libero.
E così continuo ancora oggi a credere in questo principio, che l'amore non vada d'accordo con il possesso, che la nostra felicità di avere vicino chi amiamo a volte può non coincidere con la sua felicità, che lasciare libero l'oggetto del nostro amore di realizzare le proprie volontà e aspirazioni a volte può causare dolore e portare conseguenze nefaste, ma anche che non sempre è giusto proteggere l'altro da ogni possibile male, che non sempre è possibile, che non sempre è amore, e che il massimo forse dell'espressione di amore è lasciare all'altro anche la possibilità di venirci sottratto.
Non so se ho sragionato, poichè qui stiamo parlando di un gatto.
Ma credetemi una volta di più se vi dico che osservando e osservando i miei gatti, e riflettendo, ho imparato anche alcune cose riguardo l'essere umano.

Questo post fa parte dell'arcinota rubrica web Roba da gatti, e lo dedico a Owl, che lo sa lei il perché.
E chi volesse partecipare può, come sempre, aggiungre il suo link qui sotto.
Facciamo che potete scrivere il vostro post nel corso di tutta la settimana, entro il prossimo martedì, che così è più facile e meno stressante partecipare alla rubrica.
Comunque se vi dovesse interessare proprio tanto l'argomento "piccoli felini domestici", potete sempre andare a dare una sbirciata nella roba da gatti internazionale: Cats on tuesday.


10 commenti:

  1. Per noi il gatto È un animale che va lasciato libero di uscire.
    Per evitare fughe troppo lunghe lo abbiamo tristemente spalleggiato in tenera età...
    Da allora solo una volta è sparito per qualche giorno, devo scriverne martedì prossimo :)

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  2. Emily (sloggata): Su, anche io la penso come te... Se amiamo qualcuno e vogliamo la sua felicità, dobbiamo lasciarlo andare (ANCHE SE SI TRATTA DI UN GATTO)... è dura, ma vederlo soffrire fa ancora più male!

    grazie della proroga.. Scriverò un post al più presto, ieri nn ce l'ho fatta..

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  3. Prima o poi (famoso prima o poi) riuscirò a postare anch'io in questa rubrica...
    Sono contenta che Fufola "stronzina" sia tornata sana e salva. Per tutto il resto... mi sembra che non sragioni mai!!!

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  4. Ooooh Zuppa come eri bello!!
    I gatti tutti neri sono sempre stati i miei preferiti. Anche se poi con gli anni ho imparato ad apprezzarne di tutti i tipi.

    Mah io non credo che ci riuscirei a lasciarli andare.
    Cioe', se mi capitasse di adottare un gatto che ormai e' abituato a uscire e andare in liberta', probabilmente mi rassegnerei a lasciarlo libero.
    Ma un gatto preso fin da piccolissimo, io lo castro e via. Oddio che atricita' ho detto. Ci penso, ogni tanto, al fatto che io sono animalista e vegetariana, e poi castro il gatto - non e' molto coerente. Pero' mi sembra l'unico compromesso: non avendo piu tutta questa smani adi libeerta', almeno stanno al protetto senza patire brame di infinito...

    Comunque, meno male che Fufola e' tornata!!

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  5. Cara Sfolli, accetto tutte le scelte e non pretendo di possedere verità rivelate. Credo che ognuno debba regolarsi in alcuni casi in relazione alla propria indole e al proprio modo di essere e di sentire. Molti mi criticherebbero per come lascio vivere i miei gatti, ma io non riuscirei ad essere diversa da come sono. uguale con mia figlia. Credo che l'importante sia cercare di dare ciò che crediamo sia il meglio per chi amiamo. Come lo facciamo dipende da noi e da nessun altro. (e non credo che tu sia incoerente, poichè cerchi di rendere sopportabile la cattività al tuo gatto).Grazie per il tuo intervento!

    Alle altre: allora meno male, non mi sento sola. Lo so che non tutti possono condividere questo punto di vista, ma...
    Aspetto i vostri post, quando e se arriveranno. No problem. Grazie a tutte

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  6. ma che brava che sei riuscita a lasciarli andare, io non ce l'avrei mai fatta!!!!!per me i gatti sono miei...anche se loro hanno uno spirito di indipendenza fortissimo!!!!!bellissimo post!!!!

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  7. Quanto ho ancora da imparare... e non solo sui gatti! Questa cosa dell'"If you love somebody, set them free" è molto, molto faticosa. Forse perché per lasciare libero qualcuno, bisogna sentirsi liberi e io non so mica se lo sono!
    Eppure Sting mi piace un casino!!!

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  8. @tata: io in realtà non credo di aver effettuato una vera e propria scelta; mi comporto semplicemente secondo quello che mi detta la mia indole e, forse, in questo c'è anche qualcosa del modo in cui sono stata cresciuta, sempre rispettando le mie scelte piuttosto che condizionandole, malgrado esse non sempre hanno rappresentato la via più facile per la mia vita, anzi, quasi mai. I miei due gatti, è vero, potrebbero andarsene dove pare a loro, e invece non lo fanno: sono due bamboccioni irrecuperabili (soprattutto Panza),e chi li smuove da casa? Non credo neanche che abbiano mai avuto un incontro carnale con una femmina, alla rispettabile età di 3 anni suonati... e non sono nemmeno castrati!Allora lo vedi che funziona l'equazione "se vuoi legare davvero qualcuno lascialo libero"? ;)

    @Nuvole Gialle: Condivido la tua riflessione sulla libertà. E' vero: per lasciare libero qualcuno, bisogna sentirsi liberi. Come per poter amare bisognerebbe aver provato ad essere amati...

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  9. Li leggi i commenti ai post vecchi? Spero di sì, ero al mare infarcita di virus e non avevo letto questo post.
    Grazie della dedica, e si lo so, e non sai quanto cade a fagiolo in questo momento! Ancora una volta grazie!

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  10. Owl sì, li leggo: sono una un po' in fissa coi commenti... Ma tu le leggi le risposte ai commenti ai post vecchi? ;D

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